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Autore: Evil_Queen2291    20/09/2014    5 recensioni
Dopo il ritorno di Marian, Regina deve sopportare, ancora una volta, le conseguenze delle azioni altrui. Ed Emma è disposta a tutto pur di recuperare il loro rapporto.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Uhm..Ruby?”
 
“Si?”
 
“Non ho chiesto altro caffè…” Emma indicò con gli occhi la tazza, appena riempita, che la cameriera le aveva posato di fronte.
 
“No, tu no.” Fu la sola risposta che ottenne, accompagnata da un sorriso.
 
“Perché allora l’hai portata a me?”
 
“Perché voi due aveva bisogno di parlare, Emma. E subito.”
 
Emma non ebbe bisogno di voltarsi per sapere a chi si riferisse Ruby. Aveva visto Regina, seduta all’ultimo tavolo nella sala, non appena aveva messo piede nel locale. Non aveva incrociato i suoi occhi, ma succedeva di rado in quei giorni. Non perché Emma non ci provasse, ma Regina aveva deciso di ignorarla totalmente.
 
“Ruby, ne abbiamo già parlato… Non vuole parlarmi, non posso costringerla. Ci ho provato, davvero.”
 
“Ne sei sicura?”
 
Emma la guardò interrogativa, aggrottando le sopracciglia. “Certo che ne sono sicura! Neppure mi guarda e se ha bisogno di farmi sapere qualcosa per Henry, ne parla con SNOW!” cominciava a perdere la pazienza, perché lei ci aveva provato.
 
Ruby scosse la testa, posandole la mano sull’avambraccio. “Sai che non sono certo una sua grande fan, Emma, ma guardala…non l’ho più vista così da quando eravamo nella Foresta Incantata.”
 
“Cosa vuoi dire?”
 
“Portale il caffè, Emma. Parlale.” Ruby spinse verso di lei la tazza, incoraggiandola.
 
Emma prese un profondo respiro. Del resto, cosa aveva da perdere? Aveva passato due ore alla sua porta, bussando incessantemente: portare un caffè non era poi la fine del mondo.
 
Raggiunse il tavolo di Regina in pochi passi decisi, la tazza fermamente in mano. Si sedette di fronte alla bruna, protetta dal giornale. Le avvicinò la tazza, aspettando in silenzio.
 
“Sceriffo Swan, non sapevo stesse pensando ad un cambio di carriera.”
 
“Nessun cambio di carriera, Regina. Volevo parl…”
 
Regina non si preoccupò neppure di aspettare che finisse la frase. Poggiò una banconota sul tavolo, raccolse le sue cose e si diresse verso l’uscita. Accanto al bancone si voltò verso Ruby, come per dire qualcosa, ma si limitò a scuotere la testa ed uscire.
 
“Vai!!!”
 
Emma si alzò di scatto, inseguendola rapidamente.
 
“Regina, aspetta…” le afferrò un braccio, all’altezza del gomito, ma Regina si ritrasse di scatto, come se fosse stata toccata da qualcosa di bollente.
 
“Non provi a toccarmi!” ringhiò, a denti stretti. “Non provi neppure ad avvicinarsi. Non oggi, non domani, mai più!” la sua voce era poco più di sussurro ma aveva l’intensità di un urlo.
 
“Regina, ti prego…lasciami…”
 
“Cosa, Emma? Cosa?” era esasperata e stentava a mantenere il controllo, le mani che si stringevano ritmicamente a pungo.
 
“Lasciami spiegare…” la supplicò Emma, allungando una mano verso di lei, ma la regina fece un altro passo indietro, aumentando la distanza tra di loro.
 
“Non c’è nulla da dire. Nulla che voglia ascoltare. Ora, se non le dispiace, ho del lavoro da fare.” Le diede le spalle, allontanandosi di nuovo. Emma non vide la lacrima che le percorse, quasi invisibile, il viso.
 
 
 
“Ma?!?” la voce di Henry la strappò dai suoi pensieri.
 
“Cosa c’è, ragazzino?” gli fece cenno di sedersi accanto a lei sul divano, per poi spostargli i capelli dal viso. Ha decisamente bisogno di un taglio di capelli, devo chiedere a Regina…
 
“MA!” questa volta Henry la fece letteralmente sobbalzare, urlandole praticamente nelle orecchie. “È la terza volta che smetti di ascoltarmi!” si lamentò, cercando di ottenere la sua attenzione tenendole il braccio.
 
“Hai ragione, scusa… Cosa volevi dirmi?” Emma si costrinse a concentrarsi, girandosi di fianco sul divano e poggiando il gomito sulla spalliera, così da guardarlo negli occhi.
 
“Ho detto, per la terza volta, che non voglio andare con Hook oggi.”
 
Emma sbatté le palpebre, decisamente sorpresa. “Cosa vuol dire che non vuoi andare con Hook? Pensavo ti piacesse passare del tempo in mare.”
 
“Mi piaceva prima che recuperassi la memoria… Ora non fa altro che lamentarsi di come la sua barca faccia schifo e di quanto sia stato difficile per lui” Henry assunse l’espressione drammatica di Killian, imitandone perfettamente l’accento nostalgico “Abbandonare la sua amata Jolly Roger
 
Emma cercò di trattenere una risata. Henry, effettivamente, aveva ragione. Ultimamente era un argomento ricorrente, anche quando erano soli.
 
“Poi non mi piace come parla della mamma…” aggiunse, guardandosi le mani.
 
Ok, questo non va bene. “Di cosa stai parlando, Henry?”
 
Il ragazzino stava per dire qualcosa, ma si interruppe quando sentirono bussare alla porta. Piuttosto insistentemente. Henry abbracciò la madre di slancio, stringendole le braccia al collo. “Non voglio andarci, Ma. Per favore”
 
Emma lo rassicurò, accarezzandogli la schiena. “Va bene, Henry. Adesso gli dico che non ci vai, sta tranquillo. Hai già altri programmi?”
 
Il ragazzino annuì entusiasta, volando letteralmente verso la sua camera.
 
I colpi sulla porta non si erano fermati un attimo ed Emma aprì sbuffando. Di certo, il sorriso soddisfatto che esibiva Killian non fu d’aiuto.
 
“Che piacevole sorpresa, tesoro. Il marinaio è pronto?” aveva già un piede oltre la soglia quando Emma lo fermò, tenendolo a distanza.
 
“Oggi non viene, non sta bene…” Ok, non era esattamente la verità, ma non era dell’umore giusto per dargli spiegazioni sulle scelte di Henry. Del resto, non erano neppure fatti suoi.
 
“A me sembra stia piuttosto bene, invece” Hook indicò con l’uncino verso l’interno dell’appartamento, dove Henry si era materializzato, intento a metter qualcosa nello zaino, il cappotto già sulle spalle.
 
“Killian, ti ho detto che non viene. Ne riparliamo un’altra volta…”
 
“Quando, Swan?” fece un passo verso di lei, decisamente all’interno del suo spazio personale, mettendole una mano sul fianco. “Vuoi forse accompagnarmi tu in questa traversata?”
 
Emma lo spinse via con entrambe le mani. “Dannazione, Killian!” aveva alzato la voce abbastanza da attirare l’attenzione di Henry, che ora la guardava con espressione preoccupata. Gli fece cenno di star tranquillo con la mano, poi uscì sul pianerottolo, socchiudendosi la porta alle spalle.
 
“Devo prenderlo per un sì, Swan?” Killian fece per avvicinarsi di nuovo, ma questa volta era pronta.
 
“Fai un altro passo e giuro che ti mando giù per le scale senza pensarci, Hook
 
Il pirata sembrò ferito nel sentirle pronunciare il suo nome così minacciosa, ma ebbe il buon senso di non avvicinarsi oltre. “Qual è il problema, Swan? Sembrava andasse tutto bene tra noi ed il ragazzino…”
 
“Henry non vuole venire” lo interruppe, incrociando le braccia sul petto e lanciandogli un’occhiataccia. Degna di Regina, pensò involontariamente.
 
“Perché?”
 
“Non è affar tuo. Non vuole venire, tanto ti basti.”
 
“È per via della regina, non è vero?” l’espressione di Killian era passata dal ferito all’indignato in un attimo.
 
“Cosa c’entra Regina?”
 
“Oh, lei c’entra sempre. Il ragazzino ha un debole per lei…”
 
Emma prese un respiro profondo, poi contò fino a dieci. “Un debole? Killian, Regina è sua madre”
 
“Pensavo fossi tu sua madre”
 
“Lo siamo entrambe” ribatté, seccata dalla piega che la discussione stava prendendo. “E la cosa non ti riguarda”
 
“Mi riguarda se quella…donna gli riempie la testa contro di me”
 
“Abbassa la voce” Emma si avvicinò, minacciosa. “Regina è sua madre. Punto.”
 
“Quelle scariche non dovevano essere poi così forti…” mormorò a mezza voce, ma Emma non ebbe problemi a sentire esattamente le sue parole.
 
“Quali scariche?”
 
“Niente, tesoro…” il pirata cercò di avvicinarsi di nuovo, sorridendole. “Questo…”
 
“Non te lo chiedo un’altra volta. Quali scariche?”
 
Killian esitò alcuni istanti, guardandola negli occhi, ma si trovò di fronte un’espressione impenetrabile. “Mendell”
 
“E tu cosa ne sai?”
 
“Andiamo, Swan, adesso siamo andati avanti…”
 
Improvvisamente, qualcosa scattò nella mente di Emma. “Oddio, sei stato tu!” lo guardò disgustata, indietreggiando. “Sapevi cosa le avrebbero fatto e non hai mosso un dito!”
 
“Swan…”
 
“Vai via.”
 
“Emma…”
 
“Hook, fai un altro passo e giuro che non rispondo delle mie azioni. Vai via. Ora.”
 
Il pirata la guardò, indeciso su cosa fare. Parve valutare l’ipotesi di un ultimo tentativo, ma la postura rigida di Emma ed il suo sguardo furono sufficienti a farlo desistere. Senza dire altro, girò i tacchi, dileguandosi per le scale.
 
“Ma…?” Henry fece capolino sul pianerottolo. La Salvatrice gli sorrise, rientrando in casa.
 
“Allora, ragazzino” notò che era pronto: cappotto abbottonato, sciarpa e zaino in spalla. “Cosa vuoi fare oggi?”
 
Henry sembrò indeciso e cominciò a giocare con il bordo del cappotto. “Ecco, pensavo di andare da mamma. Mi ha detto che oggi non sarebbe stata in ufficio…”
 
Emma gli sorrise. Regina aveva fatto un ottimo lavoro con Henry. Gli accarezzò la guancia, facendogli sollevare gli occhi. “Andiamo allora, ti accompagno.”
 
“Ecco…” Henry esitò di nuovo. “C’è un problema…”
 
“Quale?”
 
“Le ho mandato qualche messaggio oggi, ma non mi ha risposto… Mentre parlavi con Hook ho anche provato a telefonarle, ma non risponde ed il cellulare è staccato…”
 
Emma aggrottò la fronte. Regina non ignorerebbe mai i messaggi di Henry. Quella mattina sembrava essere a posto, ma, dopotutto, erano a Storybrooke. Poteva esser successa qualsiasi cosa.
 
“OK, Henry…ho un’idea” si abbassò, raggiungendo i suoi occhi. “Che dici se ora ti porto da Granny mentre io controllo che Regina sia a casa? Appena sono lì ti chiamo, ok?”
 
Il ragazzino annuì, entusiasta, e si precipitò fuori dalla porta. Emma scosse la testa mentre prendeva le chiavi del Maggiolino ed il cappotto.
 
 
 
Il 108 sulla porta di legno bianco non le era mai sembrato tanto imponente. La Mercedes era nel vialetto, quindi Regina era a casa. Suonò il campanello, aspettando nel patio. Fece passare alcuni minuti, poi suonò di nuovo. Nulla. Optò per una telefonata, ma il cellulare era ancora staccato e la linea di casa suonava a vuoto.
 
Dannazione, Regina. Rispondi!
 
Un rumore al secondo piano attirò la sua attenzione. Ok, Henry le aveva dato la chiave in caso di emergenza e quella era decisamente un’emergenza. La infilò nella serratura, entrando nella villa.
 
“Regina!” la chiamò dall’ingresso, sperando che le rispondesse. Cercò velocemente in cucina ed in sala, ma erano entrambe vuote. Le chiavi dell’auto erano sul mobile all’ingresso ed il suo cappotto era all’appendiabiti. Non aveva dubbi sul fatto che fosse in casa.
 
Si avviò verso lo studio, cauta. “Regina…” spinse la porta lentamente, esaminando l’interno della stanza. Era sul punto di richiuderla quando un riflesso attirò la sua attenzione. Una scarpa. Un decolté perfettamente lucido era gettato distrattamente a terra, accanto al divano. Emma avanzò lentamente. Sul tavolino era poggiata una bottiglia, praticamente vuota. Sidro di mele.
 
“Regina!” Emma avrebbe voluto urlare, ma la donna sembrava profondamente addormentata. Sicuramente il sidro le ha dato una mano. Si accostò al divano, accovacciandosi. Emma esitò un istante, prima di svegliarla. La gonna le era salita fino a metà coscia, esponendo parte di una giarrettiera, mentre la camicia era stropicciata e semiaperta. Non l’aveva mai vista così…scomposta, ma si fece coraggio e le appoggiò lentamente una mano sulla spalla.
 
“Regina…” la chiamò a bassa voce, scuotendola appena. “Regina…”
 
La donna sbatté le palpebre alcune volte, richiudendole immediatamente al primo accenno di luce. Si massaggiò gli occhi, cercando di scacciar via il sonno e, probabilmente, alleviare la tensione per il mal di testa che le martellava le tempie.
 
Emma non insistette, aspettando che recuperasse un po’ di lucidità. Quando, poi, aprì gli occhi e mise a fuoco il viso della bionda, cercò di mettersi a sedere di scatto, ma venne trattenuta da un’ondata di nausea.
 
“Piano, tigre” Emma le sorrise, avvicinandosi ed aiutandola a tirarsi su.
 
“Cosa diavolo ci fai qui?” Regina le allontanò le mani, ma la sua vista era ancora sfocata ed i movimenti decisamente incerti.
 
“Henry ti ha cercata ed era preoccupato…” la bionda tornò a distanza di sicurezza, lasciandole lo spazio per ricomporsi da sola.
 
“Henry è sulla nave di quel pirata, non ha motivo di cercarmi” Emma notò come le sue parole fosse leggermente biascicate. A quanto pare non abbiamo smaltito il carico, sua maestà.
 
“No, Henry non è con Hook e non credo si vedranno a breve.”
 
Anche se sotto gli effetti dell’alcool, Regina riuscì ad inarcare perfettamente un sopracciglio. Emma non trattenne un sorriso: come facesse quella donna ad essere così regale anche da ubriaca, non sarebbe mai riuscita a spiegarselo.
 
“Che dici se ti aiuto ad andare di sopra? Fai una doccia, prendi qualcosa e porto qui Henry quando sei pronta?”
 
Regina sbatté le palpebre, sinceramente spiazzata. Poi corrugò la fronte. “Così puoi passare la serata con il tuo fidanzato senza mano?”
 
Per un attimo Emma non rispose. Era il solito sarcasmo di Regina o c’era una nota diversa? Gelosia, forse? Ma per favore!
 
“Non è il mio fidanzato, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Ora alzati, dai.”
 
Regina si lasciò sfuggire un suono tra la risata e lo sbuffo, decisamente poco elegante, senza dar segno di volersi muovere. “Non ho bisogno del tuo aiuto, non ne ho mai avuto bisogno e non ne avrò mai bisogno.” Imitò le sue parole, senza batter ciglio.
 
Ok, forse non è poi così ubriaca.
 
“Regina, non so davvero come dirtelo…Mi dispiace per Robin, non sapevo che…”
 
“Avresti fatto la stessa cosa” il tono di Regina era piatto, quasi clinico. Fece per alzarsi, oscillando appena, incerta sulla sua capacità di rimanere in equilibrio. Emma osservò ogni suo movimento, pronta a scattare al minimo cenno di caduta.
 
“Anche se avessi saputo che quella donna era Marian, avresti fatto la stessa cosa.” Insistette Regina. “È quello che fate voi eroi” riuscì, in qualche modo, a farlo sembrare davvero un insulto. “Voi eroi salvate le persone da noi cattivi.”
 
Accennò qualche passo, le braccia leggermente rivolte all’esterno per mantenersi stabile. Emma si sollevò, seguendola.
 
“Regina, lascia solo che…”
 
 “Cosa? Che mi aiuti? Non credo proprio…” continuò a camminare, senza neppure girarsi. “Se ora non le dispiace, signorina Swan, gradirei che lasciasse casa mia. Henry può esser qui per cena, se vuole.”
 
“Sai una cosa, Regina? Hai ragione” Emma la sorpassò, guardandola dritto negli occhi. “Se lo avessi saputo, l’avrei salvata lo stesso, perché non meritava di morire. Non sarebbe stato giusto.”
 
“La vita non è giusta, sceriffo” Regina sfidò il suo sguardo, anche se i suoi occhi erano velati. “Neppure Daniel meritava di morire, eppure eccoci qui” si lasciò andare ad una piccola risata amara. “Ora, se non le dispiace…”
 
“Regina…Io…” Emma allungò un braccio per trattenerla, ma la bruna si scostò rapidamente, vacillando.
 
“Tu cosa? Ancora una volta la tua famiglia mi ha strappato la possibilità di avere il mio lieto fine…”
 
“Andiamo, Regina… Ho parlato con Snow, ha detto che tu e Robin vi sopportavate appena nella Foresta Incantata e tutto d’un tratto ora è diventato il tuo lieto fine?” si pentì delle sue parole nel momento stesso in cui le uscirono di bocca. Fantastico, Emma, davvero. Bel colpo.
 
Regina non le rispose neppure, scuotendo la testa, dirigendosi verso la scalinata.
 
“No, aspetta, mi dispiace… Io non intendevo…”
 
“È questo il suo problema, signorina Swan. Non pensa mai alle conseguenze… Avevo la possibilità di scegliere” la voce di Regina s’incrinò leggermente, ma trattenne testardamente le lacrime. “Per una volta nella mia vita, avevo la possibilità di scegliere. Così come avevo scelto di fuggire con Daniel prima che tua madre me lo portasse via…”
 
“Non…”


Regina alzò una mano, minacciosa, imponendole il silenzio. “Voleva parlare, signorina Swan? Bene, parliamo. Tutta la mia vita sono stata costretta a prendere scelte che non mi appartenevano” si avvicinò, fino ad essere ad un passo dal suo viso. “Ho passato la mia vita pagando le conseguenze di scelte non mie e con Robin avevo scelto di provarci. Io avevo scelto di provarci. Sarebbe stato il mio lieto fine? Non lo so, ma ora, grazie a te, non lo saprò mai.”
 
Emma si morse il labbro inferiore, cercando disperatamente qualcosa da dire, ma l’onestà di Regina l’aveva lasciata senza parole.
 
“Bene” la bruna annuì, soddisfatta. “Vedo che siamo arrivate al punto in cui ha finito gli argomenti. Ora, se non le dispiace, ho una cena da preparare per Henry. Gli dica pure di farmi sapere se vuole rimanere anche stanotte.”
 
Senza aggiungere altro, tornò a dirigersi verso le scale, senza voltarsi indietro.
 
Questa volta, Emma non cercò di fermarla.  
   
 
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