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Autore: Water_wolf    22/09/2014    12 recensioni
ATTENZIONE: Seguito di "Sangue del Nord" e "Venti del Nord".
Percy Jackson? Scomparso? Alex, Astrid ed Einar non riescono credere alle loro orecchie. Eppure, è proprio Annabeth, arrivata al Campo Nord da Long Island, ad annunciarlo. Chiede aiuto: forse il suo fidanzato è stato portato in Norvegia. Nel frattempo, Gea sta risorgendo e ci sarà bisogno di tutte le forze disponibili per salvare il mondo… e non solo da lei.
«Dimmi, Leo. Cosa faresti tu al posto mio?»(…) «Non lo so» ammisi. «Forse scapperei, o cercherei di sdrammatizzare con qualche battuta idiota. Dopotutto è quello che ho sempre fatto.» «Ma non questa volta, vero?» (…) «No. Forse perché so che questo posto mi avrebbe dato qualcosa di più… una nuova casa, uno scopo. Ma che dico, io non sono adatto a fare questi discorsi tragici» dissi, tornando a sorridere.
Le stelle bruciavano la notte sopra di noi. Nuotavamo nell’inchiostro che, forse, qualcuno avrebbe usato per scrivere la nostra storia. Eravamo giovani ed eravamo folli ed eravamo felici. || C’era qualcosa di magico, nella durezza che assumeva ogni profilo durante la tempesta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Piper McLean, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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Dispersi nel Nord

I sogni dei semidei portano solo guai

•Alex•
 
Ero in un sogno, ne ero certo.
Era buio. Molto buio, come solo le notti senza luna a nord possono essere.
Mi guardavo intorno alla ricerca di qualsiasi punto di riferimento potesse aiutarmi a capire dove mi trovassi. Era di certo una foresta. I grandi pini si ergevano maestosi, come giganti addormentati verso il cielo, mentre rovi e cespugli mi circondavano. Di certo mi sarei punto se fossi stato lì veramente, ma, essendo solo un’emanazione onirica dei miei sensi e dei miei pensieri, non percepivo nulla.
Avevo imparato a non sottovalutare i sogni. Raramente un mezzosangue immagina qualcosa di anomalo, anzi. Non è difficile che essi siano messaggi da altre parti del mondo. O dagli Dèi.
Finalmente, vidi poco lontano, tra i rami della foresta, quella che sembrava una luce. La luce di un fuoco da campo.
Mi avvicinai senza far rumore – ovvio, dato che non potevo –, per vedere di cosa si trattasse e, finalmente, ecco davanti a me presentarsi tre persone, più precisamente tre ragazze che conoscevo molto bene. Annabeth, una mia cara amica, figlia di Atena, insieme ad Alyssa, figlia di Loki e anche lei amica mia, più Margit, una sedicenne figlia di Skadi ed esploratrice molto abile, pure lei dell’Orda del Drago.
Non capivo come mai il sogno mi mostrasse loro. Erano passati pochi giorni da quando erano partite per una spedizione nel profondo del territorio nordico e, da allora, nessun allarme e nessuna richiesta di soccorso. Insomma, tutto normale.
«Allora… Come va a casa, Alyssa? Tu e tuo padre avete fatto pace?» stava chiedendo Annabeth alla figlia di Loki, che attizzava il fuoco accigliata.
«No. Quello stronzo potrebbe anche morire, per me. Mi ha fatto passare gli anni peggiori della mia vita» replicò seccamente quella, senza distogliere lo sguardo dal focolare.
Normale amministrazione, per un semidio. Raramente i miei amici avevano un buon rapporto con il loro genitore mortale, come io ce l’avevo con mia mamma. Figuriamoci, poi, i genitori divini che, se avevi fortuna, li vedevi una volta nella vita.
«Quindi non intendi tornare a casa, conclusa questa missione?» chiese la figlia di Skadi, intenta a controllare la corda del suo arco.
«Piuttosto fatemi passare le pene dell’Hellheim! Intendo rimanere al Campo per i prossimi tre anni.»
Le due nordiche risero, mentre Annabeth si limitò a sbuffare con l’aria corrucciata. Anche quando era arrivata sembrava preoccupata per qualcosa. Doveva aver a che fare con la scomparsa di Percy, dato che erano giorni che lui non si faceva vivo.
All’inizio nemmeno io lo sapevo, ma, dopo che il tuo miglior amico di penna americano non ti manda nemmeno un messaggio Iride, be’… inizi ad avere dei dubbi.
Poi era arrivata Annabeth, che aveva confermato la sua scomparsa. Non c’era da sorprendersi che lei si sentisse in quel modo.
Osservai le tre ragazze intente a chiacchierare, finché un rumore non attirò la mia e la loro attenzione. Improvvisamente si fecero guardinghe. Annabeth estrasse il suo pugnale in bronzo celeste, Alyssa la sua spada in acciaio asgardiano e Margit tese l’arco.
«C’è qualcuno» sussurrò la figlia di Skadi, stringendo le palpebre.
Per un attimo un silenzio tombale cadde sulla valle, facendomi percorrere la schiena da un brivido che poco aveva a che fare con il freddo.
Poi, dalla foresta, emerse un gruppo di zombie armato di spade in ferro arrugginito. Sembrava una scena di quel telefilm, The Wolking Dead, ma, in realtà, sapevo bene che quelli altri non erano che i non-morti di Hell.
«Dannazione, scappate!» urlò Margit, scoccando una freccia, per afferrarne subito una seconda, e abbattendo nemici ad ogni freccia.
Ma quelli continuavano ad avanzare, incuranti delle perdite. Tipico vantaggio se si è già morti. Annabeth strinse i denti e abbatté due nemici, mentre Alyssa evocava delle illusioni, che confusero il gruppo di non-morti.
«Approfittiamone!» disse, indicando un piccolo sentiero sterrato che attraversava la foresta.
Nessuna delle altre se lo fece ripetere e, mentre gli zombie tentavano di colpire le immagini illusorie, si misero a correre. Ma per Margit durò poco. Una freccia la colpì alla schiena all’altezza del cuore. Un colpo preciso e mortale.
«No!» gridò Alyssa, tornando indietro. «Dannazione, per Thor, non puoi andartene!»
Ma era troppo tardi. Vidi chiaramente l’anima della figlia di Skadi scindersi dal corpo, in attesa che le Valchirie reclamassero la sua presenza nel Valhalla.
«Non possiamo fare nulla, Alyssa! Corri!» la incoraggiò Annabeth, tirandola via a forza, indicando i non-morti che, ormai, si erano ripresi.
Se avessi potuto, le avrei aiutate, ma ero solo un fantasma, un essere incorporeo, completamente impotente. Potei unicamente osservare, mentre le due semidee corsero veloci come non mai, inseguite dai servi di Hell.
Scapparono per diverse ore nella foresta, fino a raggiungere una valle senza alcuna protezione naturale. Fu allora che altre frecce sibilarono tra gli alberi e colpirono Alyssa alla schiena. Mente Annabeth si fermava per soccorrerla, altri non-morti emersero dai cespugli, circondandola.
«Indietro!» urlò la figlia di Atena brandendo il pugnale, conscia quanto me, però, che difficilmente sarebbe sopravvissuta.
In quel momento, dall’orda emerse una figura diversa dalle altre: un gigantesco guerriero in armatura in acciaio Asgardiano. Al contrario degli altri non-morti, questo sembrava abbastanza integro e, sotto l’elmo, due occhi grigi rilucevano di malvagità. Lo riconobbi: era lo stesso individuo che, durante la battaglia di Manhattan, si era opposto a me con la magia di Odino.
Annabeth puntò subito il pugnale contro di lui, ma quel misterioso guerriero alzò la mano, puntando l’indice contro l’arma, e subito la figlia di Atena urlò, lasciando la presa. L’arma si era fatta incandescente.
«Ora stai buona, ragazzina. La mia signora ha bisogno di te viva, anche se non ha specificato incolume» sottolineò lui, tamburellando con le dita sulla spada che portava al fianco.
Annabeth strinse i denti e si tenne la mano scottata, maledicendo sottovoce il suo aggressore. Mi sentii dannatamente impotente. Se solo non fossi stato un fantasma e avessi avuto la spada a portata di mano, avrei potuto aiutarle. Invece ero costretto a fare da spettatore a quella strage. Maledissi tutti gli Dèi, fino all’ultimo, per quella dannata situazione, mentre il sogno si faceva più annebbiato.
L’ultima cosa che vidi fu un’ombra che sovrastava Annabeth. Negli occhi della figlia di Atena scorsi un barlume di stupore misto a comprensione. Chiunque fosse la “signora” di quel maledetto, doveva essere una persona che lei conosceva bene. 
 
 
Mi svegliai di soprassalto, sudato e ansimante.
Mi guardai intorno. Ero nella mia stanza, al Campo Nord. La console era al suo posto, i miei libri erano ancora nella libreria e tutto era a posto. Io adoravo leggere e sia la camera a casa mia che quella al Campo erano piene di manoscritti, quasi tutti libri per ragazzi. Non potevo credere che, per ironia della sorte, mi piacesse Harry Potter e che mio padre fosse un dio della magia. Ironie divine.
Ma non era quello a preoccuparmi, in quel momento. Dovevo assolutamente sapere se quanto avevo sognato era vero.
Scesi dal letto e indossai calzini e scarpe, per poi uscire di corsa diretto al tempio di mio padre. Superai di corsa il corridoio del secondo piano, scesi due rampe di scale e uscii dalla porta della sala comune, pregando mio padre che il mio sogno fosse un’invenzione della mia mente o, magari, lo scherzo di poco gusto di qualche divinità.
Ma, in cuor mio, già sapevo che avevo visto qualcosa di reale. La mia era solo una vana speranza.
Attraversai le porte del tempio e mi ritrovai davanti ad un corvo nero che becchettava la testa dorata di mio padre.
«Hugin!» lo salutai, con un sorriso tirato. «Come va?»
«Ciao, figlio del capo. Hai l’aria stravolta» commentò il corvo, iniziando a becchettarsi l’ala.
«In effetti, avrei bisogno del tuo aiuto» dissi, allungando il braccio in modo che si potesse posare su di esso.
«Cosa devo mostrarti?» chiese il corvo, poggiandosi docilmente sulla mia spalla.
«Hai presente Annabeth? È nel nostro territorio. Ho avuto un sogno… Temo che i semidei che la accompagnavano e lei siano morti, ma non ne sono certo. Potresti controllare per me?» spiegai, offrendogli una cosa che avevo preso dalla mia stanza: una barretta di cioccolato. Incredibile che a quel corvaccio piacesse la cioccolata.
«Andrò e vedrò che posso fare» rispose, dopo aver mangiato, per darsi la spinta e partire con una velocità che i jet moderni si sognavano.
«Speriamo che mi stia sbagliando» mi augurai, osservando intensamente la statua di mio padre. Non che fossimo in buoni rapporti, ma, forse, almeno una volta, mi avrebbe ascoltato.
 
 
Il giorno dopo non passai nemmeno dal via. Ero appena entrato nella sala comune, dove tutti facevano colazione, quando presi Marcus, Einar e Lars da parte. Loro erano i miei secondi in comando e dovevo assolutamente parlare con gli altri capi delle Orde per discutere della situazione.
«Lars, vai all’Orda del Sangue ed informa Rebekka e anche mia sorella Nora. Einar, va’ all’Orda dello Scudo e parla con Grete; deve venire anche lei. Einar, occupati sempre tu d’informare Eric. Io mi penserò di Johannes, tanto lo devo incontrare adesso. Marcus, vai da Hermdor, digli che è urgente» dissi, non appena finimmo di fare colazione.
Se Hugin aveva fatto il suo dovere, sarebbe tornato presto.
Mentre gli altri se ne andavano, Astrid si avvicinò. Era ancora assonnata, ma sembrava un po’ in ansia. Che avesse fatto anche lei un sogno simile al mio? Non potevo saperlo.
«Che succede, Alex?» chiese, poggiando una mano sul mio braccio sinistro. «Hai un’aria terribile.»
«Problemi, Astrid.» Le accarezzai i capelli sospirando dispiaciuto. Ultimamente lei e Annabeth erano diventate molto amiche. «Temo che sia successo qualcosa ad Annabeth, ma, per ora, nulla di sicuro. Devo ancora accertarmene. Ma se qualcosa fosse andato storto, allora ci saranno delle conseguenze.»
«Per questo mandi messaggi a tutti i capi delle altre Orde, vero?» notò, mentre mi seguiva all’uscita. Aveva l’aria accigliata e un po’ triste. Stava già elaborando il peggio, ne ero certo.
«Sì, ma spero siano solo mie sensazioni» risposi,  stringendole la mano.
Ultimamente eravamo diventati sempre più vicini, nonostante certe questioni… divine che riguardavano i nostri genitori.
«Spero bene per lei che non le sia successo nulla. O la picchierò appena la ritroviamo per avermi fatto preoccupare per nulla» sbuffò, cercando di sorridere.
Appena uscimmo, un ragazzone biondo di nostra conoscenza, armato di un pesante martello da guerra, ci si parò davanti.
«Questa volta ti spaccherò la faccia, Dahl» ghignò, roteando la sua arma.
Era troppo pesante per chiunque tranne che per Johannes, il quale, oltre ad essere comandante dell’Orda della Spada, era uno dei più potenti figli di Thor del Campo.
«Continua a sognare, Berg. Intanto, niente allenamento. Tu ed io andiamo al Forte Principale. Dobbiamo riunirci per un consiglio speciale» lo fermai, alzando la mano, prima che mi saltasse addosso.
Astrid si era già messa in posizione difensiva. Era molto combattiva e, se c’era un pericolo – pericolo che minacciava soprattutto me –, si metteva subito all’erta, che fossero altri mezzosangue nordici o mostri. Anche se pochi lo sapevano, i suoi  orecchini erano letali mezzelune camuffate. Insomma, non sottovalutatela mai.
Johannes si accigliò. Era un grande guerriero, ma un pessimo pensatore.
«Spero che sia importante» sbuffò, contrariato.  «E non solo un modo per saltare l’allenamento.»
Negli ultimi tempi, Johannes si era preso a cuore l’idea di sconfiggermi da quando avevo iniziato a battere tutti, al Campo Nord. Ormai eravamo solo noi due quelli abbastanza abili da affrontarci in duello e lui si era fissato con l’idea di mettermi KO. Io, però, volevo solo allenarmi.
Da quando avevo combattuto nella battaglia di Manhattan, ero stato battuto già un paio di volte da Luke. Nonostante fossi sopravvissuto, l’occhio in meno era una cicatrice che mi ricordava quanto fosse facile essere sconfitti. Dovevo migliorare.
Così, avevo intensificato i miei allenamenti per diventare abilissimo negli scontri corpo a corpo. Ed Excalibur era diventata, ormai, un estensione del mio braccio e facevo di tutto perché non perdessi questa affinità.
Mentre il figlio di Thor si allontanava per parlare con la sua Orda, io ed Astrid ci incamminammo insieme verso il Forte, prendendo, però, un giro più lungo. Volevo stare un po’ da solo con lei, prima di dover affrontare il terzo grado del direttore del Campo.
«Ho una brutta sensazione» sussurrai, abbassando le mie difese. Di solito non lo facevo, ma con lei mi sentivo sicuro di poter trovare una persona comprensiva, però, allo stesso tempo, diretta e sincera. «Se fosse successo loro qualcosa… ah, sarei dovuto andarci di persona.»
«Non dire idiozie. Non potevi sapere cosa sarebbe successo. Inoltre, Alyssa e Margit erano ottime guerriere. Hai fatto bene a rimanere» commentò lei, accigliata.
Avevo la sensazione che volesse dire qualcos’altro, ma non commentai. Mi limitai a cingerle le spalle e avvicinarla a me.
«D’accordo, testona» dissi, voltandomi verso di lei. «Sono felice di essere rimasto con te. Anche se ora devo scoprire cos’è successo ad Annabeth.»
Astrid arrossì un po’, ma non perse il suo contegno. «Parli un po’ troppo di lei, non vorrei diventare gelosa» mi punzecchiò con un sorrisetto.
«Ma smettila! Ti pare che rubi la ragazza a Percy?» sbuffai io, ridendo.
«Non si sa mai. Ti terrò d’occhio, mio caro figlio di Odino» mi avvertì lei, battendo più volte il dito sul mio petto.
 
 
Ci volle un po’, ma, alla fine, tutti i capi delle Orde si riunirono. Con me c’erano Astrid ed Einar. Mia sorella, accanto a Rebekka, mi salutò con un sorriso, mentre la figlia di Freyja lanciava a me ed Astrid un sorriso divertito e complice. Mi piaceva poco il fatto che, da un po’ di tempo in qua, lei e le sue sorelle ci guardassero come due animali alla fiera dell’esposizione.
Ignorai la sensazione e, con gli altri, ci sedemmo alla tavola circolare dove ci riunivamo ogni volta che c’era un emergenza.
Astrid alla mia destra, Einar a sinistra. Johannes, poco lontano, stava giocando con un pugnale – dato che era proibito portare armi pesanti, all’interno del Forte). Hermdor si sedette al mio opposto.
Il nostro direttore era un tipo pericoloso. E teoricamente era mio fratello. Con in mezzo qualche centinaio di generazioni, ovvio. Era un figlio di Odino molto potente e che aveva ricevuto la vita eterna da Odino dopo che questi aveva salvato Baldr dall’Hellheim.
Lunga storia.
Era un uomo gigantesco e, soprattutto, un grande esperto di armi, intuibile dallo spadone più grosso di me che si portava sulla schiena.
«Allora, Dahl. Spiegaci come mai hai indetto questa riunione d’emergenza, interrompendo tutte le altre attività del Campo» domandò, annoiato.
«Una cosa importante, sì» iniziai, alzandomi. C’era sempre tensione durante i consigli, ma, stranamente, quel giorno la si sentiva più del solito. «Credo che Annabeth Chase sia in pericolo. ‘Sta notte ho sognato che uccidevano lei e le sue compagne di viaggio.»
Tutti si guardarono con aria perplessa. Hermdor strinse le palpebre come se volesse scansionarmi.
«E che ce ne frega, se quella greca è morta?» chiese Eric, sbuffando annoiato.
«Centra che è mia amica, biondino!» sbottò Astrid, prima che la potessi fermare.
«E a me non me ne fotte nulla delle tue amiche!» ribatté l’altro, stringendo i pugni.
«BASTA!» urlò il nostro direttore, prima che potessimo passare alle mani.
Da tempo, ormai, il Campo era spaccato in due. Da quando si era combattuta la battaglia di Manhattan, una parte di noi si era rivelata favorevole a continuare i rapporti con i nostri amici oltreoceano.
Poi, però, pochi mesi fa, qualcosa era andato storto. I Greci avevano iniziato a tagliare i contatti. L’unica cosa che sapevo era che Percy, uno dei miei migliori amici greci, era sparito. Annabeth, senza dire molto, mi aveva chiesto di cercarlo e, così, il Campo Nord, aveva iniziato  a fare delle ricerche.
Diversi di noi erano rimasti feriti e i rapporti si erano incrinarono. Adesso alcuni di noi stavano iniziando ad essere di nuovo diffidenti nei confronti del Campo Mezzosangue.
Avevo sperato che l’arrivo di Annabeth risolvesse le cose. Invece mi aveva chiesto di poter fare delle ricerche lei da sola, con pochi miei compagni al massimo, e aveva parlato con Hermdor di qualcosa di cui non sapevo niente.
E ora c’era anche quella questione della sua scomparsa.
«Sei sicuro che sia successo? O è solo un sogno?» chiese il direttore, guardandomi intensamente.
«No, signore… È solo un sogno, ma ho mandato Hugin a controllare» risposi deciso.
Prima che qualcuno potesse ribattere, come se avesse sentito pronunciare il suo nome, un corvo nero come la notte superò la finestra che dava sull’esterno e atterrò al centro del grande tavolo. Era proprio Hugin, uno dei corvi di mio padre.
«Salve, figli del capo!» salutò il volatile sia a me che ad Hermdor.
«Salve, Hugin. Che notizie porti?» domandò lui, fissandolo.
Il corvo sbatté le ali nervosamente, esitando. Poi, con la sua lingua che solo noi potevamo capire, disse: «Temo che sia vero. Sorvolando una foresta a nord di Rindal ho visto due cadaveri di due semidei. Ho avvisato le Valchirie, in modo che possano raccogliere le spoglie dei caduti prima che i mortali li trovino.»
«Solo due?» chiesi, sorpreso. Se una era sopravvissuta, forse c’era ancora speranza di trovarla viva.
«Sì. La Greca non era con loro. Chiunque sia stato, l’ha portata via… o ha portato via il suo corpo» spiegò il l’animale, sbattendo di nuovo le ali.
«Mmmmmmmh… preoccupante» commentò Hermdor, lisciandosi la barba.
Dopo aver informato tutti – dato che, a parte noi, nessuno parlava la lingua dei corvi – gli altri ragazzi si agitarono.
«Chiunque le abbia uccise deve pagare!» urlò Rebekka, piantando un pugnale nel legno del tavolo.
«Questo è certo» assicurò il direttore. «Invieremo una spedizione per recuperare i corpi dei nostri caduti e per preparare le onoranze funebri. Ora, però, dobbiamo anche fare un’altra cosa. Dobbiamo avvertire i Greci e dare inizio ad una spedizione per salvare la ragazza dispersa.»
«E perché mai? Lasciamola in pasto ai mostri del nord, non è affar nostro» borbottò Johannes, contrariato.
«Ma stai zitto, tu!» sbottammo io e Astrid contemporaneamente.
Il suo modo di fare stava davvero iniziando a darmi sui nervi. E anche alla mia ragazza. Lui si limitò a sbuffare e non aggiunse nient’altro.
«Alex, dato il silenzio dei Greci, credo che debba essere tu ad andare personalmente da loro ed informarli della scomparsa della loro capogruppo. Sarà necessaria un’azione condivisa per iniziare la ricerca. Io supervisionerò personalmente la ricerca dei corpi e la rotta dei responsabili» sentenziò Hermdor, lanciando un’occhiataccia a tutti, prima di sciogliere la seduta.
Einar ci precedette senza dire una parola. Cosa molto strana per uno come lui. Avrei voluto raggiungerlo per dirgli due parole, ma Astrid mi fermò.
«Non parlargli ancora, Alex. Lascia che sbollisca, sarà sicuramente distrutto. Alyssa era una delle sorelle a lui più care» spiegò, guardandolo dispiaciuta.
Era da molto tempo che noi tre ci sentivamo spesso. Mi dispiaceva non poterlo aiutare.
«Hai ragione. Solo… Non mi va di lasciarlo andare così» sospirai, in colpa.
Era difficile, per me, sentirmi accettato davvero come amico.
Essere figlio di Odino, a volte, significa sentirsi soli e, quando qualcuno è addolorato, la mia presenza sembrava parecchio fastidiosa. Come quando, in tv, senti di un autorità ad un funerale di una persona e capisci che è impastata fino al collo nella politica.
Era un’immagine di me che mi dava fastidio e, spesso, mi faceva pentire di essere figlio di Odino.
Einar era mio amico, avrei voluto stargli vicino.
Sospirai e decisi di seguire il consiglio di Astrid.
Così, ci dirigemmo insieme all’officina sotterranea del Campo dove era stata ormeggiata la Skidbladnir. La nave magica del dio Freyr ci era stata donata proprio da lui dopo che Einar gli aveva fatto un favore. Era una nave enorme, creata da Volund e i suoi figli. Essa era in grado di diventare minuscola, tanto da poter essere messa in tasca. Ora che era in mano nostra avevamo deciso di fare delle migliorie.
Ad occuparsene era Charles Beckendorf, un figlio di Efesto che era venuto al Campo Nord insieme alla sua ragazza: Silena Beauregard. La loro storia era strana, dato che lei si era inizialmente schierata con Crono, per poi redimersi e tornare con noi.
I loro genitori divini, però, non avevano apprezzato il loro intervento e, così, si erano uniti a noi per non incorrere nelle ire degli Dei Greci. In questo modo, almeno per un po’ sarebbero stati al sicuro.
I due si erano integrati bene al Campo e Beckendorf si era molto impressionato per la cura con cui i figli di Volund avevano costruito la nave magica. Si era fissato che poteva migliorarla. Così, insieme ad altri figli del dio forgiatore, si era messo a lavoro per progettare dei potenziamenti. Fui molto sorpreso quando, dopo due mesi, riuscirono a farla volare.
«Non c’è molto da fare, è già perfetta così» aveva detto il figlio di Efesto, quando mi aveva mostrato quello che aveva fatto, facendomi scoppiare a ridere.
Non erano molti quelli in grado di far volare navi e lui c’era riuscito sul serio. E alla grande.
Quel giorno era impegnato a calibrare gli armamenti, quando lo raggiunsi. Insieme a lui c’era Silena.
«Allora? È vero che Annabeth è sparita?» chiese la ragazza, in ansia.
«Sì. Ma non è detto che sia morta» le ricordai, cercando di tranquillizzarla.
«Speriamo che sia viva, davvero» commentò, per nulla calmata.
«Se continua così, comunque, partiremo ‘sta sera. Ho quasi finito e il motore è a posto» disse il suo ragazzo, rimettendo a posto il pannello di protezione. «Questa nave è praticamente perfetta.»
«Speriamo… Dobbiamo fare in fretta a raggiungere il Campo Mezzosangue, prima che succeda qualcosa ad Annabeth» gli ricordai, tamburellando nervosamente le dita sul parapetto di legno.
«Prima Percy, poi lei… Sta succedendo qualcosa di strano, qui» fece notare la figlia di Afrodite, accigliata.
«Questo è vero» risposi, voltandomi verso di loro. «Sicuri di non sapere nulla?»
Entrambi si guardarono un po’ atterriti, poi scossero la testa contemporaneamente.
«Mi dispiace, ma non sappiamo nulla. Se lo sapessimo l’avremmo già detto» disse Beckendorf, asciugandosi le mani.
«Come volete.»
Che strano. Ultimamente tutti si comportavano in modo strano, come se fossi una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Tutti mi evitavano, o meglio, evitavano l’argomento “Campo Mezzosangue”. Sembrava che ci fosse qualcosa che volessero tenermi nascosto. Qualcosa di pericoloso con la P maiuscola.
Tanto sto per tornarci, al Campo Mezzosangue. Presto lo scoprirò, cosa sta succedendo, pensai, affondando le mani in tasca, uscendo dalla fucina.
Presto sarebbe successo qualcosa.
E le nuvole grigie che sovrastavano il Campo ne erano una prova.

 
koala's corner.
Oggi, 22 Settembre 2014, alle ore 16.00 AxXx, Water_wolf e il koala sono lieti di presentare al pubblico il terzo capitolo della saga "Cronache del Nord"!

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Se ancora non ci conosceste, io sono AxXx e scriverò sempre in rosso fuoco di Leo che non c'è su efp (y)
Mentre io sono Water_wolf una decerebrata e scriverò in verde Katniss sarebbe fiera di me u.u
Questo capitolo, scritto da me, introduce la storia "Dispersi nel Nord" che - udite udite - non sarà un rifacimento di SON, ma una creazione del tutto originale. Perché noi può.
Pubblicheremo settimanalmente - dobbiamo ancora decidere il giorno preciso - per evitare ogni possibile ritardo.
Non stanno parlano di me, noooo.
Ovviamente! Come avete potute vedere, abbiamo già deciso di uccidere due personaggi :D
Diteci se non siamo dei bravi disceboli di troll Rick ^_^
Ci saranno anche i POV di personaggi di Eroi dell'Olimpo, alias Leo, Piper, Jason etc. così da rendere più variegato il tutto.
Prima di chiudere questo capitolo - siamo un tantino logorroici, eh - vogliamo davvero ringraziarvi per il modo in cui vi siete affezionati alla saga. Quindi, davvero GRAZIE.
Venti del Nord è preferita da ben 39, 9 ricordate e 16 seguite; mentre Sangue del Nord è preferita e seguita e ricordata da ancora più persone, ed è solo grazie a voi se abbiamo toccato le 2000 visite per i primi capitoli e tantissime altre per quelli seguenti.
You rock, guys!
Siete fantastici, ragazzi, continuate così! Speriamo che questa storia non deluda le vostre aspettative ^^
Ooora che abbiamo fatto questa piccola/grossa parentisi, vi lasciamo andare hahah
Alla prossima!

Soon on Dispersi del Nord: POV Annabeth/Astrid/Piper - la nostra idea di giornata di merda ;)
 
  
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