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Autore: Rozen Kokoro    22/09/2014    8 recensioni
Nico si era sempre chiesto chi fosse l’idiota che avesse sempre lo stereo a portata di mano per mettere quelle fastidiosissime musichette. “Piantala, Grace! Io non canto! Ti vuole entrare in quella dannatissima testa?!”
[Friendship!Jasico | OneSide!Percico | AU!High School Musical (??)| Spoiler HoH!]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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E' la mia primissima volta che pubblico qualcosa sul fandom di pjo e sono leggermente nervosa duh-- Anche perché mi presento con una storia veramente demenziale - credo, nata da scleri random con le mie amiche. In realtà questa storia neanche era nata per essere pubblicata, sinceramente l'avevo scritta molto random e per cazzeggiare con la mia amiketta (??). Volevamo fare delle AU con i personaggi di Percy Jackson: io ho scelto una Jasico versione High School Musical. Ovviamente la storia non ha per niente la trama del film, ma diciamo l'impostazione è quella. Spero di non essere stata OOC con i personaggi, in caso ho messo l'avvertimento per non creare danni (?). Con questa storia ho provato a fare anche un POV di Nico, come ci sarà in BoO (ma ovviamente non l'ho ancora letto quindi non ho la minima idea di come sia impostato, mi sono messa in gioco lol). 
Se vogliamo vedere questa storia con una trama più vicina a quella di hsm, Jason sarebbe Troy e Nico Gabriella (???) (molto più emo e complessata). Non è proprio una Jasico, però adoro il loro rapporto perché nghghg- sono due idioti bellixximi(?) che meritano di essere felici INSIEME e quindi si devono volere bene. Detto ciò, vi lascio allo sclero.
Attenzione! Questa storia, anche se indirettamente, presenta spoiler di La Casa di Ade!






 
«Io non canto!»
 




Il suono della campanella si sentiva perfettamente anche attraverso le cuffie, che diffondevano in tutto il suo corpo una canzone metal a volume massimo. Fece una smorfia piuttosto scocciata, infilando una mano del taschino del suo giubbotto d’aviatore – un pezzo molto raro, ne andava abbastanza fiero – e stoppando il suo iPod, prima di strapparsi quasi con violenza le cuffie dalle orecchie.
I suoi occhi nero petrolio si guardarono intorno, studiando l’ambiente con fare critico ma al contempo infastidito, come se la realtà non fosse il posto adatto a lui. Amava esternarsi dal mondo, rifugiarsi nel suo piccolo universo di complessi, di paure e di dubbi. Era l’unico luogo in cui si sentiva compreso, in cui poteva essere lui stesso ed essere accettato, senza sentire il peso dei suoi difetti comprimerlo e impedirgli di fuggire.
Ma il silenzio si interruppe non appena un fragoroso rumore di passi e risate invase il corridoio, portando con sé un fiume di studenti allegri e pimpanti per l’inizio del weekend. Superavano Nico come se fosse un fantasma – d’altro canto l’avevano rinominato Re degli Spettri - , a volte spintonandolo, a volte lanciandogli sguardi divertiti e qualche risatina. Era così diverso da loro che faticavano ad accettare che facesse parte di quella scuola.
Un liceo per ragazzi perfetti, non certo per Nico. Ovviamente quest’ultimo se ne infischiava altamente, ignorando tutto ciò che in qualche modo gli potesse recare dolore. Forse era un gesto un po’ da codardi, ma per il Di Angelo non c’erano altre alternative se non quella di fuggire e nascondersi nell’ombra.
Mentre si accingeva ad uscire da quel dannato istituto, una porta alla sua destra si spalancò di colpo e gli occhi di tutti i presenti si posarono sulle figure che uscivano in quel momento. La squadra di nuoto si faceva largo fra la folla di ragazzi, che si aprivano per lasciarli passare, quasi con riverenza. Erano piuttosto popolari, avevano raggiunto molti traguardi e vinto numerosi trofei, dando sempre più onore all’Istituto Olympus.
Lo sguardo di Nico si illuminò improvvisamente non appena incontrò gli occhi verde-acqua splendenti del capitano della squadra, tanto che l’alone nero che circondava i suoi sembrò svanire in un attimo. Percy rise insieme ai suoi compagni, salutando dei passanti casuali, sorridendo a tutti. Adoravano questo del capitano Jackson: la spensieratezza che metteva in tutto ciò che faceva.
Questo era forse il motivo principale che l’aveva sempre più avvicinato a lui. Si conoscevano da molto tempo loro due, in quanto compagni di classe sin dalle medie; ma Percy non aveva mai avuto un grande affetto nei suoi confronti. Preferiva salutarlo appena, qualche pacca sulla schiena, qualche Yo! detto solo per non risultare maleducato.
Eppure in quel momento, non appena i loro sguardi si incrociarono, lo sguardo di Percy aveva in sé una luce diversa, qualcosa che scombussolò completamente l’animo di Nico.
Studiando attentamente i suoi occhi, penetrando all’interno di quelle iridi splendenti, riuscì finalmente a vedere quel fuoco che da tanto tempo aveva atteso, sperato con tutto il suo cuore.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso raggiante, carico d’affetto e… di amore. Alzò la mano, salutandolo con allegria ed entusiasmo, come se non aspettasse altro che incontrarlo. Nico si diede diversi pizzicotti per svegliarsi da quello stato di trance. Il cuore gli batteva forte in gola, impedendogli quasi di respirare.
Ci fu qualche secondo di panico. Rispondere al saluto con lo stesso entusiasmo, oppure rimanere freddo e distaccato come al solito? Ma i suoi gesti furono automatici. Tolse lentamente una mano dal taschino dei pantaloni, mentre la sua pelle lattea andò ad imporporarsi di un leggero imbarazzo. Le sue labbra provarono a piegarsi un timido sorriso e la mano, tremolante, si alzava sempre di più, sempre più in alto, quasi titubante.
Ma ad un tratto qualcuno lo superò di scatto, dandogli una piccola botta con la spalla. Nico vacillò leggermente, scostando lo sguardo alla sua sinistra. Non vide altro che una massa di capelli color grano, legati accuratamente da un fermaglio, ondeggiare lungo le spalle di una ragazza alta e slanciata.
Annabeth si fiondò tra le braccia di Percy, rispondendo al sorriso allegro del suo ragazzo. Poi gli diede un piccolo bacio sulle labbra, che fece arrossire tutti e due, dato che si sentivano gli sguardi di tutti i presenti puntati addosso – molti li invidiavano, sfortunatamente. Ma lo sguardo che più si sentivano addosso, senza neanche rendersene conto, era quello di Nico.
Il bagliore che splendeva nei suoi occhi era del tutto sparito, lasciando posto ad un’ombra tetra che abbracciava il suo sguardo. Era carico di delusione, di speranze svanite, di rassegnazione. Come ha potuto credere che stesse sorridendo così a lui…? La realtà era ben diversa dalla sua immaginazione.
La coppietta si girò verso di lui ed entrambi lo salutarono con un cenno, accennando un sorriso, per poi allontanarsi via insieme ai loro amici.
Cosa hai pensato, idiota? Per Percy non esisto e mai esisterò.
Nico fece per girare i tacchi e andarsene, ormai stanco di stare in quel posto, quando qualcuno si parò davanti a lui. Oh, già sapeva di chi si trattasse. Neanche alzò lo sguardo, anzi lo superò con una certa fretta, ignorandolo del tutto. Ma a quanto pare la persona in questione non demordeva, dato che lo aveva bloccato afferrandolo per un polso.
“Nico! Non avevi promesso di aspettarmi?” Domandò l’altro ragazzo, fingendo di essersi profondamente offeso. Mise anche il labbruccio in fuori per fare più scena.
Nico roteò gli occhi, cercando di strattonarsi dalla sua presa. “Se fai tardi è normale che ad un tratto me ne vada, Grace.” Sibilò, voltandosi verso di lui e assottigliando lo sguardo.
“Ah-ah! Quante volte ti ho detto di non chiamarmi per cognome?” Disse Jason, incrociando le braccia e facendo un’espressione quasi saccente.
“… D’accordo, Jason. Comunque puoi anche tornare a casa con il tuo amichetto Leo e la tua fidanzatina Piper, eh… Oggi voglio stare un po’ da solo.” Abbassò prontamente lo sguardo, giusto per non dover reggere quello cristallino dell’altro ragazzo. Infatti negli occhi di Jason c’era un misto di preoccupazione e confusione, dovute al fatto che sì, Nico era intrattabile e piuttosto freddo, ma almeno non si lamentava di fare la strada insieme a lui.
“Ehi, ehi! E’ successo qualcosa?” Domandò Jason, inclinando la testa per riuscire a guardare negli occhi il suo amico. Ma questo si voltò prontamente, iniziando a camminare.
“Non… non è niente.” Disse Nico, attraversando il corridoio ormai vuoto con passi lenti e pesanti. Forse era la presenza di Jason a farlo restare ancorato lì. Ha sempre pensato che Jason avesse qualche strano potere che faceva attirare le persone a lui: insomma, era capitano della squadra di basket, tutti lo conoscevano ed era il ragazzo di tutte. Magari si era messo un po’ di calamite in quella felpa viola scuro.
“Bugiardo.” Disse Jason, parandosi di nuovo davanti a lui. “Hai rivisto Percy, non è così? E non ti ha filato come al solito, vero?” Il tono della sua voce era piuttosto alto e udibile, quindi Nico si buttò su di lui e gli tappò la bocca con una mano. Il suo sguardo fece un giro di ricognizione per il corridoio, poi quelle due pozze nere lo fulminarono, facendolo raggelare.
“Sei matto?! Chiunque qui potrebbe sentirti!” Sibilò a pochi centimetri dal suo viso, prima di allontanarsi da lui. In quel momento si stava pentendo amaramente di aver parlato del suo problema con Jason.
Era accaduto pochi mesi prima. Nico si trovava comodamente seduto su una panchina del cortile insieme alla sua sorellastra Hazel. Stanco di tenersi tutto dentro, le aveva confessato la sua cotta per Percy, facendole promettere di tenere l’acqua in bocca. Sarebbe andato tutto secondo i piani, se in quel momento Jason non si fosse messo ad origliare la loro conversazione. Da quel momento, il Grace non aveva fatto altro che appiccicarsi a Nico come una ventosa, cercando di consolarlo anche quando non ce n’era bisogno, sedendosi al tavolo con lui in mensa, andandolo a trovare a casa per studiare insieme.
Certo, a Nico faceva piacere avere un amico su cui contare, però delle volte aveva la sensazione che i gesti del suo amico fossero dettati più dalla compassione che dalla spontaneità. Forse era per questo motivo che non riusciva ad essere completamente se stesso con lui.
“Scusa, amico.” Disse Jason, leggermente mortificato. “Se… se vuoi puoi parlarne.” Ecco, la solita frase che tirava fuori quando Nico era leggermente depresso. La diceva così tante volte che ormai a Nico quasi infastidiva. Infatti strinse i pugni, cercando di placare il nervoso.
“Perché non ti fai gli affari tuoi? Hai la squadra di basket, tutta la scuola ai tuoi piedi! Sei il Ragazzo d’Oro dell’Istituto, perché perdi ancora tempo con uno me?!” Esclamò Nico, strattonandosi da lui e guardandolo con rabbia repressa. Non sopportava dover sfogare la sua furia su Jason, ma ormai i suoi gesti uscivano fuori involontari.
Jason non rispondeva, si limitava a guardarlo con quei suoi occhi azzurri come il cielo, profondamente ferito. Nico si sentì improvvisamente in colpa per aver usato toni tanto forti con lui, l’unico che gli sorrideva come se fosse la sola cosa al mondo che lo rendesse felice.
Abbassò lo sguardo, voltandosi per non mostrare le sue vere emozioni davanti a Jason. “Senti… scusami, ma non mi va proprio di parlarne.” Sussurrò, lanciandogli un ultimo sguardo leggermente dispiaciuto. Per oggi mi sono sentito da schifo già abbastanza, meglio andarmene a casa.
Fece per andare via di lì, quando sentì ad un tratto Jason dietro di lui chiamarlo.
Sai, non dovresti tenerti tutto dentro…
Oh no. Non dirmi che sta cantando? Nico gelò improvvisamente, guardandolo con un misto di paura e sgomento.
Gli amici parlano, servono a questo!♪♫” La voce di Jason faceva eco fra il corridoio vuoto, cantando quella canzone che probabilmente si era inventato sul momento - come tutte le altre, del resto.
Nico si massaggiò la radice del naso, in preda ad un esaurimento nervoso. “Jason, non ci provare. Non mi metto a fare un duetto con te.” Sibilò, prima di allontanarsi di lì con passo più svelto. Non ci sarebbe riuscito a coinvolgerlo di nuovo in una sceneggiata così patetica.
Ma Jason lo raggiunse. “♫Ma gli amici fanno questo!♪” Cantò, prendendo Nico per una spalla e facendogli fare una piroetta.
Nico vacillò leggermente, perdendo l’equilibro. Si appoggiò ad uno degli armadietti, prima di ringhiare in direzione del suo amico. “Lasciami in pace!” Esclamò, prima di allontanarsi a grandi falcate. Era la terza volta in una sola settimana che aveva provato a coinvolgerlo in un duetto – ovviamente senza grandi risultati – e Nico era veramente stanco di dover sempre sorbirsi tutta quella cosa inutile e ridicola.
Uscì in cortile, superando gruppi di cheerleader e ragazzi del team di Rugby, ma Jason continuava a cantare dietro di lui. “Ti stanno vicino, ti aiutano nei momenti del bisogno! Non è così? Yeah!♪♫” Era impossibile ignorarlo, tanto che tutti si voltarono a guardarlo.
Una strana musichetta cominciò a spandersi nell’aria, uscita fuori da chissà dove. Nico si era sempre chiesto chi fosse l’idiota che avesse sempre lo stereo a portata di mano per mettere quelle fastidiosissime musichette. “Piantala, Grace! Io non canto! Ti vuole entrare in quella dannatissima testa?!” Esclamò Nico, ma era ormai troppo tardi.
Tutto il cortile ronzava intorno a Jason, tutti contratti dalla vena canterina del capitano di basket. Le cheerleader facevano da coriste, si esibivano in coreografie super complesse ed erano anche perfettamente coordinate! I ragazzi del team di Rugby seguivano il testo improvvisato di Jason, facendo acrobazie degne del campione mondiale di hip hop.
Nico si era sempre chiesto come facessero tutti a sapere sempre alla perfezione le canzoncine improbabili di Jason. Si erano forse messi d’accordo, avevano organizzato qualche flash mob e lui non ne sapeva nulla? Oppure semplicemente la gente di quel liceo era fissata con canzoni e balletti vari.
Ogni tanto si mettevano anche a cantare in mensa, in palestra, durante le gare, durante le lezioni, addirittura in bagno! Solo Nico, ovviamente, era talmente stonato che neanche ci provava a mettere insieme due note.
In quell’istante fissava tutto lo spettacolino montato su da Jason, al limite dell’esasperazione. Non ce la faceva più, il suo amico cercava sempre di coinvolgerlo in quella cosa talmente ridicola che lo metteva sempre in imbarazzo.
Jason si parò davanti a lui, con il sorriso più smagliante di sempre. “Allora Nico, canti?” Domandò, con il fiatone.
“… Te lo puoi scordare, idiota.” Sibilò Nico, voltandosi verso l’uscita e raggiungendola a grandi falcate. Sentì una risatina dietro di lui e Jason lo raggiunse, sempre allegro come non mai, lasciando gli altri ragazzi nel cortile a continuare il loro stupido balletto.
E’ questo lo spirito giusto, amico! ~” Canticchiò Jason, mettendo un braccio intorno alle spalle di Nico e strattonandolo leggermente. Continuarono a camminare verso casa, con Jason che urlava ‘Nico, canta!’ e l’altro ragazzo che rispondeva con dei sonori ‘No’ seguiti da diversi spintoni.
Ma in quell’istante tutti le sue paure erano sparite, tutti i complessi erano svaniti sotto lo sguardo cristallino di Jason. Quel ragazzo riusciva sempre a fargli dimenticare tutti i suoi problemi, anche a costo di fare la figura del completo idiota di fronte ai passanti.
Istintivamente gli venne da sorridere nel vedere Jason così felice e spensierato.

        Forse non te lo dico spesso, ma sono grato di avere te, Jason.


 
   
 
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