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Autore: millyray    26/09/2014    1 recensioni
Pare che finalmente la vita di Max e del suo Stormo stia per prendere una svolta decisamente importante e, forse, persino irreversibile con l'incontro di due ragazze, Jo e Shary, non molto diverse da loro, che sanno cosa significa essere in fuga, rischiare la vita e vivere nella paura.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA LUCE DEI MIEI OCCHI

CAPITOLO VENTICINQUE

Amy rientrò a casa piuttosto stanca. Quella giornata di lavoro era stata pesante e ora non vedeva soltanto l’ora di abbracciare sua figlia e mettere qualcosa sotto i denti.

Peccato che quello che si trovò davanti non appena fu entrata in cucina non era esattamente quello che si aspettava. Sopra il tavolo vide un sacco di fotografie sparse, quelle fotografie che aveva nascosto nel fondo del suo cassetto per non rischiare di ritrovarsele tra le mani, benché non avesse avuto il coraggio di disfarsene completamente, e il suo diario aperto sulle ultime pagine. E davanti a quel tavolo, ferma in piedi, c’era sua figlia, Charley, con un’espressione che non prometteva nulla di buono. Era la tipica espressione che assumeva quando succedeva qualcosa che non le piaceva, la sua tipica espressione da infuriata che però cerca di trattenere le lacrime. Stavolta era anche peggio; sul suo volto riusciva a leggere altre emozioni: rabbia, tristezza, sorpresa e delusione.

“Charley”, sussurrò la madre guardando la ragazza con occhi spalancati, non sapendo bene se arrabbiarsi anche lei oppure preoccuparsi per la scoperta che aveva fatto la figlia. Perché sicuramente aveva scoperto qualcosa, per forza doveva aver scoperto qualcosa. “Dove hai trovato queste cose?” intuiva già la risposta a quella domanda ma voleva che Charley le spiegasse perché si fosse messa a rovistare nei suoi cassetti.

“Non è importante questo”, le rispose la ragazza con voce fredda, guardandola di sbieco. “Adesso mi spieghi”. Non era una richiesta, né una domanda. Era un ordine.

Amy sospirò affranta. In fondo, dentro di sé, aveva sempre sospettato che questo momento prima o poi sarebbe arrivato, che non avrebbe più potuto tergiversare e che le domande della figlia sul padre si sarebbero fatte sempre più insistenti. Charley era troppo curiosa, non le piaceva non sapere, specialmente se si trattava di lei.  Però, aveva sempre cercato di scacciare questo pensiero, continuando a ripetersi che la ragazza non avrebbe mai potuto scoprire niente.

“Sai Charley, ci sono alcune cose troppo dolorose e troppo crudeli da raccontare a qualcuno giovane come te, specialmente se lo riguardano in prima persona”.

“Oh, non mi rifilare questa stupida storia del sei- troppo- giovane. È squallida e pure troppo usata!” urlò la ragazza, sbattendo le mani sul tavolo e guardando la madre con uno sguardo di fuoco che la fece indietreggiare.

La donna abbassò lo sguardo rassegnata. Era arrivato il momento, sua figlia voleva la verità e doveva raccontargliela. L’unica cosa che la spaventava era la sua reazione: l’avrebbe odiata dopo? Oppure avrebbe capito e sarebbe andata avanti? Ne dubitava, lei stessa ancora aveva gli incubi per quello che era successo quattordici anni fa e si sentiva mordere dai sensi di colpa.

Amy si sedette su una sedia e fece segno a Charley di fare lo stesso. La ragazza ubbidì senza togliere gli occhi dal viso della madre, probabilmente per studiarne le espressioni dalle quali sperava di cogliere qualche sensazione.

“Come sai io sono rimasta incinta di te a diciassette anni”, iniziò la donna con voce bassa, evitando lo sguardo della ragazza. “Ma non c’eri solo tu… avevi anche un fratello… gemello”.

Charley sbuffò: questo lo aveva già capito da sola. Voleva sapere il resto. Ma decise lo stesso di non interrompere la madre, voleva comunque tutta la storia per filo e per segno.

“Allora abitavo ancora a New York dove avevo conosciuto Robert, tuo padre e… io lo amavo molto, mi fidavo molto di lui. Ma ero anche ingenua e, quando rimasi incinta di t… di voi, lui mi disse che sarebbe andato tutto bene. Mi aveva consigliato lui un ginecologo, ma io ti giuro… ti giuro che non lo sapevo…”. Lacrime calde cominciarono a solcare il viso della donna. “Non lo sapevo che lui faceva degli esperimenti. Questo medico lavorava per una compagnia o un’associazione, non so bene, che faceva esperimenti sui bambini per qualcosa che non ho mai ben capito. Ha cominciato a farli finché voi due eravate in pancia e Bob ha pure ricevuto dei soldi per questo. Lui era d’accordo col medico e lo aveva fatto solo per i soldi. Poi tu e Adam siete nati, ma… pochi giorni dopo tuo fratello era scomparso e di quel medico non c’era più nessuna traccia. Abbiamo chiamato anche la polizia, ma niente. Solo allora Bob mi ha confessato quello che era successo in realtà, del fatto che aveva ricevuto dei soldi perché vi facessero degli esperimenti. Ma anche lui era stato ingannato, così almeno aveva cercato di spiegarmi. Pensava che fosse una cosa innocente, che quelle iniezioni servissero solo per testare qualche cosa su di voi o rendevi immuni da qualche malattia, non pensava che avrebbero portato via Adam. Aveva pensato solo ai soldi, pensava che così avrebbe potuto avvantaggiarci in qualche modo, visto che erano un bel po’, così non vi avremmo fatto mancare niente”. Fece una pausa prima di proseguire. Si vedeva lontano un miglio quanto quella storia la facesse stare male. Ciò però non fece impietosire Charley che, in certi momenti, sapeva essere molto dura e fredda. “Io però non mi fidavo più di lui ed ero disperata, rivolevo il mio Adam. Vi volevo già bene, molto, ad entrambi… così l’ho lasciato. Lui però non voleva rassegnarsi, continuava a dirmi che gli dispiaceva. Perciò ci siamo trasferiti qui in California, io, te e i nonni. Volevo dimenticarlo”.

Cadde un silenzio tombale, non si sentiva volare una mosca. Amy piangeva silenziosamente spostando gli occhi su quelle fotografie che la ritraevano con Bob. Charley, invece, era ancora seduta con lo sguardo rivolto al pavimento. La donna non riusciva a capire che cosa provasse, sembrava completamente indifferente.

“E immagino che non sai dove si trovi ora”.

“No, ma lo vorrei tanto. Vorrei tanto sapere dove si trova, che cosa stia facendo, come sta”.

Charley ghignò, alzandosi dalla sedia per dirigersi al piano superiore

“Dove vai?” le chiese la madre spaventata e preoccupata.

“A schiarirmi le idee”.

 

Guidava alla massima velocità che le consentiva la sua moto, zaino e chitarra in spalla, in una notte piuttosto scura, con i capelli sparsi al vento e gli occhi che le pizzicavano per le lacrime a cui stava impedendo di scendere.

Dopo che aveva sentito tutta la storia, era salita in camera sua e aveva buttato in un borsone le cose più essenziali, decisa ad andarsene di casa almeno per un po’. La madre aveva tentato di fermarla, ma lei non aveva voluto sentir ragioni. Solo ora si stava rendendo conto che, forse, aveva esagerato un pochino, che la sua reazione era stata un po’ spropositata. Però… beh, questa non era una cosa che avrebbe potuto dimenticare tanto facilmente, non era come se sua madre le avesse semplicemente tenuto nascosto di aver buttato via un suo spartito o qualcosa del genere. Sua madre le aveva tenuto nascosto un fatto importantissimo della sua vita, le aveva tenuto nascosto di avere un fratello gemello. E le aveva anche mentito su suo padre. Anche se, comunque, restava sempre un bastardo egoista. Li aveva venduti, aveva venduto i suoi stessi figli.

Per non parlare del fatto, poi, che si sentiva terribilmente tradita da sua madre, della quale, invece, si era sempre fidata ciecamente.

Ma non era scappata solo per questo. Non appena aveva sentito del medico e degli esperimenti, un terribile dubbio l’aveva assalita.

Laboratori.

Scienziati.

I ragazzi mutanti.

Lo Stormo.

Fang.

Adam.

 

Era una tranquilla serata un po’ afosa, i ragazzi dello Stormo se ne stavano seduti in salotto, chi a guardare la Tv, chi al computer, chi a leggere qualcosa e chi a sbaciucchiarsi comodamente su una poltrona.

A un tratto, a disturbare quella tranquillità, si sentì lo squillante suono del campanello che fece fare un balzo a tutti quanti. Dopo di quello, ne seguirono altri, uno dopo l’altro, segno che la persona fuori dalla porta non aveva molta pazienza.

I ragazzi si chiesero immediatamente e con un leggero senso di panico chi mai poteva essere.

“Vado io”, disse Fang alzandosi dalla sua poltrona e posando il portatile sul tavolino di legno.

Si diresse alla porta con passo sicuro; non si sarebbe mai immaginato di trovare quello che trovò dall’altra parte: Charley, tutta spettinata e con uno zaino in spalla, se ne stava esitante sulla soglia della porta. Quello che lo stupì di più, però, erano le lacrime che le solcavano il viso. Stava visibilmente piangendo e non faceva niente per nasconderlo. Non la conosceva da tanto tempo, ma l’aveva osservata attentamente in questi giorni e poteva dire, senza esitazioni, che non gli sembrava per niente una ragazza dalla lacrima facile, anche quando accadeva qualcosa di brutto era il tipo che si teneva tutto dentro.

E, senza aspettarselo minimamente, vide la ragazza buttare a terra la borsa e la chitarra e lanciarsi su di lui, circondandogli il collo con le braccia e affondando la testa nel suo petto. Scoppiò a piangere più di prima.

Fang rimase lì, completamente spiazzato, non sapendo bene che fare. Non gli era mai capitato di dover consolare qualcuno, tanto meno una ragazza. Se qualcuno dello Stormo piangeva, c’era sempre Max per quello.  Così, fece l’unica cosa sensata che gli venne in mente: circondò la vita della ragazza con le braccia, poggiandole una mano sul capo e prendendo a cullarla dolcemente per calmare il tremolio che l’aveva presa per colpa dei singhiozzi.

Riuscì, infine, a trascinarla in salotto dove i presenti rimasero sbigottiti non appena la videro così.

“Charley!” esclamò Shary scattando dal divano come una molla per la sorpresa. Non aveva mai visto la sua amica così, non l’aveva mai vista piangere. “Oh, mio Dio! Che è successo?”

“Mia madre… è una bugiarda…”, bofonchiò la mora tra le lacrime. “Avevo un fratello”.

“Cosa?! Aspetta, raccontaci tutto come si deve”.

E così Charley raccontò tutta la storia che aveva raccontato sua madre a lei, senza tralasciare nessun dettaglio. E, man mano che raccontava, anche le lacrime iniziavano a diminuire e lei cominciava a calmarsi pian piano.

I ragazzi rimasero sbigottiti e soprattutto dispiaciuti per tutta quella storia. Cercarono tutti quanti di consolarla e di dirle che non doveva starci così male. L’unico che non si espresse fu Fang. Come Charley, aveva un terribile dubbio ma nemmeno lui voleva crearsi false speranze.

 

Amy se ne stava seduta al tavolo della cucina, dove c’erano ancora le fotografie sparse che non aveva avuto la forza di raccogliere. Non riusciva nemmeno a fermare quelle lacrime che continuavano a bagnarle il viso.

Quando aveva visto la figlia varcare la porta di casa con l’intenzione di non tornare quella notte, si era sentita morire. Aveva tutte le ragioni per odiarla, le aveva mentito, le aveva tenuto nascosta una parte della sua vita molto importante.

Lei stessa si sentiva una merda, era ancora piena di sensi di colpa che le mordevano il culo. In fondo, in parte era pure colpa sua se avevano preso Adam.

Sperava solo che Charley avesse bisogno semplicemente di schiarirsi le idee e che tornasse presto.

Non poteva perdere anche lei.

 

Charley si precipitò giù dalle scale come una furia.

Era rimasta a dormire a casa di Jo e Shary, visto che aveva deciso di rimanere da loro per un po’. Voleva anche indagare su Fang, voleva essere assolutamente certa che fosse lui, sebbene tutti i suoi sensi le dicessero che era così.

Ma adesso… adesso, dopo quel terribile sogno che aveva fatto, tutti gli indizi portavano a lui. Non era niente di concreto, si trattava solo di un sogno e da un sogno non si potevano avere indizi certi, ma… lei se lo sentiva, era una cosa di… non sapeva spiegarlo nemmeno lei. Ma ne era certa e non poteva più stare zitta.

Quello che però non si aspettava assolutamente, fu la presenza di Fang in salotto, ancora in maglietta e boxer coi quali aveva dormito, spettinato, pallido e sudato.

Immediatamente, a Charley passarono di nuovo per la mente le immagini del sogno, o meglio, dell’incubo: una donna che urlava per il dolore, due bambini che piangevano nelle culle, uno di loro che veniva portato via da due mani rudi, il viso di Fang e una voce femminile che gridava: “Adaaaaaaaaaaaaaam!”

“Charley!” esclamò Fang sorpreso, voltandosi verso di lei e spalancando gli occhi.

“Fang”, sussurrò la ragazza.

Restarono lì per qualche minuto a guardarsi, occhi negli occhi, due paia di occhi identici, cogliendo solo adesso tutte le somiglianze che c’erano fra loro.

“Io… io, ti ho sognato”, disse di nuovo la ragazza, non sapendo bene come spiegare la cosa.

“Anch’io”, la interruppe Fang, guardandola deciso negli occhi.

“Allora, credo che dovremmo parlare, Adam”.

 

 

MILLY’S SPACE

Buonsalve : )

Lo so, sono in un terribile ritardo, anche con l’aggiornamento della altre fic. Ma ho da poco iniziato l’università e mi sono dovuta trasferire in un’altra città e l’ispirazione, oltre che la voglia e il tempo, mi è mancata per un po’. Tuttavia, eccomi di nuovo qui.
Spero vi piaccia questo capitolo dove finalmente viene rivelato un fatto piuttosto crudo e inaspettato ^^ che dite??
Fatemi sapere…

Bacioni,

Millyray

MAXBARBIE: io sono molto grata delle tue recensioni sempre così belle e soprattutto perché mi fai notare i miei sbadati e vergognosi errori : ) grazie mille.
Spero di risentirti. Un abbraccio.

  
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