蝇 - Mosche



Erano seduti al tavolo da dieci minuti quando Maddie Hughes domandò l’ora al marito. Richard diede una scrollata al polso in modo tale da girare l’orologio, una patacca spacciata per Rolex regalatagli dalla moglie, fermamente convinta che il marito non lo sapesse. Probabilmente anche lei, dopo aver ripetuto per anni la storia del Rolex, aveva finito per crederci sul serio.
Un giorno o l’altro glielo dirò, pensò Richard, che questo schifo di orologio lo hanno capito pure i ciechi che è una patacca.
«Un quarto alle nove.», asserì Richard, lanciandosi un’occhiata intorno. Sedevano a un tavolo per due, che ad essere sinceri non sarebbe stato abbastanza grande neppure per un bambino, ma se l’erano fatto bastare. “Se paghi poco, poche pretese”, ripeteva sempre Richard, Richard Hughes soprannominato Rich, che era ricco solo di nome e non di fatto.
La tovaglia era grigia a strisce, così come i tovaglioli, ed era macchiata qua e là da residui di cibo e vino quasi non fosse mai stata cambiata. Un libretto rivestito di pelle con la copertina recante la scritta “Menu” era appoggiato ad un sostegno di metallo, che ospitava anche i contenitori per sale e pepe. Contenitori che, notò, erano vuoti. L’altro menu era in mano a Maddie, che sfogliava le pagine avidamente e si soffermava a leggere ogni pietanza, quasi volesse ordinare l’intero ristorante e, pensò Richard, pure il cuoco.
«Un quarto alle nove.», ripeté, vedendo che la moglie non lo stava ascoltando.
«Non sono sorda, Richie.», rispose lei accentuando quel nomignolo stupido.
Il marito sembrò non prestarle attenzione, dal momento che tutti i suoi pensieri erano ora rivolti ad una mosca che svolazzava attorno al suo bicchiere. Dopo un po’ di giri si posò sul bordo e iniziò a sfregarsi le zampe anteriori, si fermò, si mosse appena e ricominciò il suo sfregamento. Richard la guardava come rapito da quel suo gioco, un gioco piuttosto fastidioso giacché si svolgeva sul suo bicchiere. Nel momento in cui decise di cacciarla, Maddie appoggiò il menu al tavolo facendo volare via la mosca. «Ho scelto cosa ordinare. Primo, un piatto di spaghetti di soia, poi gamberi… e patate fritte, giusto. Poi…»
«Maddie, risparmia il fiato per il cameriere.» sempre che arrivi, un cameriere. Mancavano cinque minuti alle nove, e Richard si stupì di aver passato tanto tempo a osservare una mosca. Non si stupì invece di quanto tempo Maddie avesse impiegato a scegliere cosa ordinare.
«Non essere acido, Richie.» asserì la donna. «Sentiamo, cos’hai scelto, tu? Non hai neppure aperto il menu, come minimo ordinerai una pizza…»
«Hai ragione, ordinerò una pizza, se e quando arriverà qualcuno. Neanche il pane, ci hanno portato.»
Richard si guardò intorno. Agli altri tavoli sedevano giovani coppie e famiglie numerose, tutti con un piatto davanti, tutti con il pane e il vino, tutti intenti a mangiare. Tutti asiatici, constatò, un ristorante cinese, Dio! Non se n’era accorto, o sicuramente non sarebbe neppure entrato, giacché odiava i ristoranti cinesi e il loro cibo cinese dal sapore cinese. L’idea di alzarsi e uscire s’insinuò nella sua mente, ma svanì subito sommersa da un’ondata di altri pensieri probabilmente meno importanti o probabilmente essenziali.
Guardò nuovamente la patacca che portava al polso, che ora segnava le nove. Venticinque minuti e non hanno ancora preso l’ordinazione, perdio!, pensò, e di nuovo il pensiero di andarsene si ripresentò alle porte della sua mente. Stava quasi per dare forma verbale alla sua idea, quando una giovane asiatica si presentò al loro tavolo, quasi avesse percepito le intenzioni di Richard.
«Scusate pel il litaldo signoli, volete oldinale…?» disse la ragazza con un forte accento che infastidì leggermente Richard. Non distolse per un attimo gli occhi dalla cameriera che indossava un vestitino corto con un grembiule bianco, delle calze e delle scarpette nere da bambolina, quasi fosse uscita direttamente da un cartone animato. Maddie aveva iniziato a ordinare, e le sue parole arrivavano sotto forma di brusio indefinito alle orecchie di Richard, intento a scrutare il vestito troppo corto della ragazza. Non deve avere più di sedici anni.
«E Lei, signole?» esclamò la cameriera.
«Come?» chiese Rich, riavendosi all’improvviso dai suoi pensieri.
«Ti ha chiesto cosa ordini.» sbottò Maddie, lanciandogli un’occhiataccia.
«Oh, giusto. Fai una pizza margherita, e da bere una bottiglia d’acqua minerale.»
La ragazza segnò tutto sul suo taccuino, sorrise e poi sparì tra i tavoli. Mentre si allontanava, Richard notò che in testa portava un paio di orecchie da coniglio di peluche, attaccate a un cerchietto che si perdeva tra i suoi capelli neri e svolazzanti. Capelli da cinese.
Gli giunse inaspettato il pensiero di Maddie con un paio di orecchie da coniglio, e non poté trattenere un risolino.
Te le strappo a morsi, quelle orecchie, pensò. Prontamente una voce gli rispose, ed era così vera da risultare quasi tangibile. Non ci provare, aveva detto. Richard sussultò, e lanciò un’occhiata alla moglie intenta a giocare con le posate. Era una donna grossa, con dei capelli scialbi e tinti di rosso, gli occhi spenti e il viso tutt’altro che scarno. Non si poteva definire certo una bellezza, ma quando Richard l’aveva conosciuta possedeva delle qualità apprezzabili. Scrutò ancora la moglie, che non sembrava interessarsi a lui più di quanto non facesse con le posate, e domandò «Come dici?»
«Non ho detto nulla.» rispose Maddie, senza distogliere l’attenzione da un paio di bacchette di legno che aveva appena scovato dentro il tovagliolo.
«Credevo… lascia stare.»
Chi è stato, allora?, pensò Richard, senza tuttavia trovare una spiegazione logica a quello che aveva appena sentito. “Non ci provare”, aveva detto quella voce. Gli aveva letto nel pensiero e gli aveva risposto, e più di tutto l’aveva inquietato. E non poco. Lanciò un’altra occhiata alla saletta in cui si trovavano, ma non vide nulla di strano. Nulla a parte una donna asiatica che lo fissava senza dare segnale di voler smettere. Richard si voltò.
Guardò l’orologio. Le nove e dieci, e ancora nessuna traccia del cibo. Non chiedeva tanto, solo un po’ di pane e dell’acqua, giacché la sua gola stava iniziando a diventare secca. Deglutì, e iniziò a osservare il bicchiere. Lo vedeva pieno d’acqua, pieno fino al bordo d’acqua fresca, acqua che gocciolava fin sulla tovaglia pulendola dalle macchie. Un ronzio lo riportò alla realtà: una mosca si era posata nuovamente sul suo bicchiere, e zampettava lungo il bordo.
Ancora tu!, pensò Richard, e la scacciò con la mano. L’insetto volò via ronzando, e dopo pochi secondi ritornò per poi posarsi sulla sua forchetta. Spazientito, Rich iniziò ad agitare la forchetta imprecando sottovoce. Aveva sempre odiato gli insetti, le mosche poi… si posavano ovunque, con quelle zampette schifose, e poi volavano allegramente sul cibo, sul tuo cibo.
Iniziò a tamburellare le dita sul tavolo, un tic che si ripresentava ogni volta che era nervoso da che ne aveva memoria. Maddie gli lanciò un’altra delle sue occhiatacce, poi scosse la testa e riprese a giocare con le bacchette cinesi.
Rich stava quasi per alzarsi dal tavolo quando improvvisamente la cameriera vestita da cartone animato entrò nella saletta, con un piatto argentato in mano. Si diresse a un tavolo, dove sedevano un uomo e la donna che, notò Richard, lo aveva fissato e lo fissava tuttora. La ragazza scambiò qualche parola con i due asiatici e lasciò loro qualcosa che prese direttamente dal piatto, quindi si diresse verso di lui.
E ora che fa?, pensò, incantato dai suoi movimenti.
«Ci scusiamo pel il litaldo signoli, vogliate accettale questo omaggio dalla casa. Biscotti della foltuna, li selviamo alla fine del pasto ma pel voi…» si interruppe, guardandosi intorno «pel voi possiamo fale un’eccezione.»
«Lasciali pure giù, grazie» rispose velocemente Richard, che vedeva finalmente la possibilità di mettere qualcosa sotto i denti dopo quasi tre quarti d’ora.
La cameriera lasciò loro due biscottini a forma di mezzaluna, spiegando loro come aprirli, quindi se ne andò a passo spedito col vassoio in equilibrio precario.
Richard arraffò il suo biscotto in fretta e furia, e lo aprì rivelando il foglietto contenuto all’interno. Non che gli interessasse davvero cosa ci fosse scritto in quel bigliettino, ma una strana curiosità si fece strada nella sua mente, sopprimendo ogni altro pensiero. Aprì il foglietto con mani tremanti, quasi avesse paura di scoprire il messaggio al suo interno. Magari è un augurio di morte.
Per un attimo rimase basito. Sul foglietto era riportato solo un simbolo in cinese.
蝇
«Ma che diamine…» sbottò Richard.
Come se conoscessi il cinese. Voltò il bigliettino un paio di volte, e si accorse che la scritta era mutata. “Mosche”, diceva. Richard si passò una mano sulla bocca, e deglutì. Possibile che la fame giochi questi brutti scherzi?
Girò il foglietto più e più volte, ma la dicitura sembrava rimanere sempre quella. “Mosche”. Si ritrovò a pensare a cosa volesse dire “mosche”, si ritrovò a pensare di star dando di matto, si ritrovò a pensare di volersene andare il più presto possibile.
Non mangiare il biscotto, disse una voce, e Richard fu certo che fosse la stessa che gli aveva parlato una decina di minuti prima. E fu certo che quella voce fosse reale, e non solo frutto della sua immaginazione.
Si voltò improvvisamente verso la donna che lo aveva fissato poco prima, e represse a stento un conato di vomito. Aveva la bocca spalancata e gli occhi vuoti, la pelle cadaverica e quasi evanescente, e uno sciame di mosche le ronzava attorno. Alcune s’infilavano nelle orbite vuote, altre le uscivano dalla bocca. Una in particolare era posata sulla punta del suo naso, e ora si alzava in volo verso Richard. Si posò sulla sua mano, e lui la ritrasse istintivamente. La mosca gli ronzò attorno, poi si posò sul suo bicchiere.
Rich sentì vicinissimo il desiderio di allontanarsi e di scappare il più lontano possibile da quel luogo. Fece per parlare a Maddie, che stava aprendo il suo biscotto.
«Buttalo Maddie!» strillò.
«Calmati Richie, non essere sempre così acido.» rispose. La donna aprì il biscotto, dal quale si levò un nugolo di mosche che iniziarono a ronzarle intorno. Alcune erano rimaste al suo interno, mentre lei lo portava alla bocca.
«Maddie!» gridò Richard in preda al panico «Butta quel biscotto! Non le vedi Maddie? Non le vedi?»
«Vedere cosa, Richie?»
La donna masticava il biscotto rumorosamente, e un ronzio ovattato usciva dalla sua bocca. Alcune mosche iniziavano a camminarle sul volto, altre si posavano sui suoi capelli sporchi.
«Le mosche, Maddie! LE MOSCHE!»
«Smettila.»
«Maddie…»
«Smettila.»
Richard si alzò dalla sedia, facendola cadere a terra. Maddie aveva finito di mangiare il biscotto, e ora lo fissava a bocca aperta. Un nugolo di mosche uscì dalle sue labbra secche e si diresse verso Richard. Si posarono sui vestiti, sui capelli, sulle scarpe, fino a circondarlo completamente. Alcune s’infilarono nelle narici, impedendogli di respirare. Provò ad urlare, provò a scacciare quegli insetti fastidiosi senza alcun risultato. In breve tempo all’uomo mancò il respiro, e si accasciò a terra.
 
 
«Ci scusiamo pel il litaldo signoli, vogliate accettale questo omaggio dalla casa. Biscotti della foltuna, li selviamo alla fine del pasto ma pel voi…» si interruppe, guardandosi intorno «pel voi possiamo fale un’eccezione.»
La voce della cameriera fece rinvenire Richard, che sussultò. Hai le allucinazioni, vecchio mio, pensò. Eppure gli era parso tutto così reale, così...
«Grazie, lasciali pure giù.» disse Maddie, sorridendo alla ragazza che lasciò loro due biscottini a forma di mezzaluna. Spiegò come aprirli, quindi se ne andò col vassoio in equilibrio precario.
Richard guardò i biscotti, Maddie, e ancora i biscotti.
«Non lo prendi, Richie?» disse lei.
«Oh… giusto…» rispose. Prese un biscottino, lo aprì, ed estrasse il biglietto sapendo già cosa vi avrebbe trovato scritto. Lo srotolò tremando, e rimase allibito e al contempo sorpreso quando vide che vi era scritto “Prenditi cura dei tuoi cari”. Sollevato guardò Maddie, che sembrava invece perplessa.
«Che c’è scritto, cara?» chiese Richard.
«Oh, io… non lo so.» rispose lei, mostrando il bigliettino a Richard.
C’era solo un simbolo.
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Richard rabbrividì, e sentì appena la voce incredula di Maddie che gli parlava.
«Sai cosa significa?»
 




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Angolo autrice:

Per chi ancora è rimasto in questa pagina, per chi ancora non ha chiuso questa storia, per chi non si è lasciato abbattere dalla lunghezza del racconto e ora sta leggendo qui, è per tutti voi che scrivo. Scrivo per donare qualche minuto di evasione a chi ha il coraggio di leggere le mie storie.
A tutti quelli che hanno letto fin qui, dico grazie. Grazie per aver perso qualche minuto del vostro tempo a leggere questo "racconto", e grazie anticipatamente a chi vorrà perderne qualche altro scrivendomi un parere.

Un bacio,
Clarice