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Autore: KagomeSmile    05/10/2014    1 recensioni
"Tutti mi odiano... Nessuno mi vuole... Io non servo a niente e nessuno... Voglio morire..." Ficcy che ho scritto pensando al mio passato, romanzando un pò, per creare la mia Alice Rossi (già protagonista nella mia one shot "Christine". Può essere un pò cruda in certe parti, quindi la sconsiglio ai deboli di cuore, ai depressi o a chi si impressiona troppo ;D
PS: Ho messo come genere "What if..?" in quanto è una versione alternativa della vita della mia Alice. :3
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Fai schifo, puttana!-

-Sei proprio cretina, Alice!-

-Fai schifo, non mi toccare! Potrei ammalarmi di Alicite acuta, sfigata!-

-Perchè non sparisci?!?-

Queste sono solo le paole più dolci che le persone che mi circondano mi ripetono ogni giorno, da qualche anno. Quelle più dure me le dicono anche a bassa voce, durante le lezioni o mentre passo davanti a loro durante l'intervallo.

Mi chiamo Alice. Alice Rossi. Frequento la scuola media vicino al mio paesino. Ricordo che gli atti di bullismo sono iniziati al primo anno delle medie. Penso che avessi fatto arrabbiare "la reginetta" della scuola.

Sembra quasi la solita storia dolescenziale americana, vero? Ebbene, però quelle storie solitamente finiscono sempre bene. La mia invece no.

La "reginetta" si chiamava Giulia Fassaron e l'avevo conosciuta d'estate, ai campi estivi. Mi si era avvicinata lei mi pare per chiacchierare. Io ero timida e vedere una ragazza che si avvicinava a me per fare amicizia mi aveva reso felice. Accettai la richiesta d'amicizia (no, facebook non c'era ancora) e iniziai a frequentare lei e il suo gruppetto di amici. Un pomeriggio mi invitarono al bar, pensavo per giocare e per chiacchierare e invece volevano disubbidire alle regole comprando snack e dolciumi al bar (cosa che il Don ci aveva espressamente vietato). Tra i vari sorrini che si scambiano il commesso e le ragazze, notai che mentre Giulia distraeva l'uomo, le altre ragazze si intascavano Duplo, Tronky e quant'altro. Rimasi senza parola. Giulia sorridendo mi fece segno di non dire nulla. -Se poi vieni con noi ti diamo qualcosa del bottino. Tu devi solo stare al tavolo e fare da palo.- Al termine della "bravata" le ragazze mi condussero nella loro camera e mi diedero un quarto di KitKat come ricompensa.

Sono sempre stata una "brava bambina" e questa cosa mi stava mettendo tanta ansia. Non sapevo cosa fare... Ero in lotta come stessa. Dato che sono sempre stata mammona, ho chiamata mia madre e le ho raccontato tutto. Mia madre mi ascoltava, in silenzio. A fine racconto mi disse semplicemente: -Tu sei una brava bambina, e non è detto che la storia potrebbe venire fuori più avanti... e se capitasse potresti rimanere coinvolta! Credo che ti convenga raccontare tutto al Don, ma dicendogli di non dire che sei stata tu a raccontarlo-

Quando tornai in camera le mie compagne di stanza mi chiesero cosa fosse successo e così raccontai pure a loro. Anche loro erano d'accordo con mia madre e mi convinsero a dire la verità al Don.

Sfortunatamente feci la mossa sbagliata... La sera stessa, in lacrime come una bambina che è pentita di aver fatto cadere il vaso preferito della mamma, raccontai tutto al Don che mi ascoltò in silenzio, assorto e serio. -Bene, Alice. Torna in camera ora. Ci penso io. Sei stata brava a dirmi tutto. Sei proprio una brava bambina.- mi accarezzo la testa in modo affettuoso e poi si allontanò a grandi passi.

Mezz'ora dopo, quando ci stavamo preparando per fare una scampagnata col Don e gli animatori in montagna, Giulia venne verso di me, con la faccia arrabbiatissima. -TU! Brutta schifosa stronza di merda!- mi insultò appena mi venne davanti.

Spaventata finì spiacciacata al muro dietro di me, con la faccia terrorizzata e disperata insieme. C'erano tutte le altre ragazze a vedere la scena, anche le mie amiche... Ma nessuno disse o fece nulla.

Giulia continuò: -Cosa cazzo ti è venuto in mente di raccontare tutto a quel coglione del Don?!? Ora dovremo pagare e avvertiranno i nostri genitori! Sei proprio una bastarda!-

Andò avanti ad insultarmi per più di 10 minuti, o almeno credo. A me sembrò un'eternità. Quando si allontanò le altre che avevano visto la scena fecero finta di nulla e seguirono animatori e Don.

Io mi accasciai a terra, piangendo. "Io pensavo di fare la cosa giusta..."

La cosa giusta? Non farmi abbindolare da quella strega di Giulia.

Da quella sera la mia vita si trasformò in un inferno.

Cominciata la scuola tutti mi deridevano, i miei amici mi voltarono le spalle, ero considerata meno di una cacca e mi evitavano come la peste. Tutto perchè avevo fatto arrabbiare lei. La reginetta arrabbiata.

-Non dovevi metterti contro di lei! Lei è come una diva qui dentro... Finirai male... adesso ti renderà la vita impossibile...-

E così in effetti fu...Pian piano gli scherzi, le battute e i dispetti divennero sempre più fastidiosie cattivi, perchè si sa, la cattiveria fa parte dell'essere umano... In me stava crescendo la tristezza e il vuoto. Non l'odio, perchè se avessi avuto il cuore colmo di questo, sarebbe stato pur sempre un sentimento. Ma la tristezza e il vuoto invece ti lasciano senza vita: sei praticamente una bambola, o un robot.

Qualche settimana dopo l'inizio della scuola, la mia classe stava scendendo le scale per dirigersi verso l'aula di musica. Nello stesso momento la 1°G, la classe di Giulia stava salendo quella stessa scala. La bionda Giulia mi vede, fa un ghigno perfido e quando le passo accanto mi affionda un calcio nel polpaccio facendomi cadere dalle scale. Fortunatamente riesco ad aggrapparmi al corrimano prima di farmi molto male.

-Hey, cretina ma ci vedi?- mi dice lei ghignando. Gli altri ridono. Ridono e si prendono gioco di me ancora e ancora.

 

Una altro avvenimento che ricordo era un giorno di scuola, forse tra un'ora e l'altra o in un'ora buca. Non ricordo bene. Mi avvicinai ad una mia "amica" e compagna di classe: Sara Railondi.

-Scusa Sara... Posso...?-

-Non parlami sfigata.-

-Ma come? Sara non eravamo amiche?-

-Chi? Io e te??! Ma sei cretina? Col cavolo che sono amica tua!- con una gomitata mi fece quasi cadere e si allontanò.

 

Una mattina beccai una mia amica che conoscevo dalle elementari che parlava male di me in bagno, insieme ad altre due nostre amiche. In seguito provai a chiarire con lei.

-Valentina perchè fai così? Non eravamo amiche?-

-Non sono mai stata amica tua. Semplicemente sei brava in italiano e mi servivi per i temi e i compiti a casa... Sfigata-

Le altre due con stava parlando, Laura e Gessica, colsero al volo la prima occasione stupida per "litigare" con me e troncare l'amicizia appena nata.

 

Dentro di me cresceva la disperazione, la depressione, l'ansia e la tristezza. Mi sentiva sola. Sola contro il mondo. Non capivo perchè ce l'avessero tutti con me. Non lo capivo e mi faceva male. Tutti gli amici che avevo prima di tutto il casino scomparvero: mi voltarono tutti le spalle, contribuendo agli insulti e alla vita di merda che conducevo. Non riuscivo a capire cosa le avessi fatto di tanto grave per meritarmi tutto questo.
Ok, sarà stata messa in castigo dai suoi genitori, ma non mi sembra di aver fatto qualcosa di così tanto grave!
La cosa peggiore fu quando gli scherzi e le cattiverie iniziarono a farsi vedere anche durante le lezioni, durante le quali i professori chiudevano gli occhi e ignoravano completamente il mio SOS.

Mi sentivo invisibile, mi sentivo quasi morta....

D'un tratto ero in un Buco Nero: non vivevo più veramente, i miei occhi si fecero vitrei, come quelli di un fantasma, mi ero creata nella testa un'amica, Christine, che quando gli altri mi prendevano in giro nella mia testa mi diceva "Non preoccuparti, Ali! Ci sono io!" e mi stringeva la mano, come per darmi forza. Ma non bastava... Non mi bastava una "presenza".Accidenti, io volevo un calore umano, una persona vera al mio fianco!

Spesso immaginavo di buttarmi da qualche parte, di morire. E in quei momenti pensavo che sarebbe stato meglio, in quanto ormai nella mia vita nulla andava bene: a scuola, con i compagni, coi professori, a casa,.... Tutto storto! Mille problemi, mille pianti, tanta disperazione e niente gioie! Ormai neanche leggere mi aiutava.

I dispetti, le cattiverie e le frasi cattive aumentavano sempre di più, ed io ero sempre più in fondo dentro il Buco Nero. Sempre più giù... Non vedevo più una luce, nemmeno Christine mi bastava per sentirmi "umana" per sentirmi "viva".

Dopo l'ennesimo litigio coi miei e gli ennesimi insulti a scuola, sconvolta, in preda alla disperazione più totale, nel mio Buco Nero trovai qualcosa che luccicava e che tagliava: un coltello. 
Mentre mi tagliavo sulla gamba destra piangevo e urlavo con più fiato avevo in corpo. Urlavo disperata come non mai, invocando la morte. La notte stessa feci degli incubi spaventosi. Ma che erano comunque meglio della realtà del mattino dopo.

Iniziai ogni giorno e ogni sera a pregare Dio di uccidermi. Non m'importava come. Ma volevo morire a tutti i costi, volevo porre fine ad una vita così inutile e vuota.
Ma Dio non ascoltava. Forse era impegnato in altro, chissà. E così decisi di aiutarlo nell'impresa.

Ogni qualvolta che uscivo di casa facevo di tutto per mettermi nei guai: andavo in strade pericolose, attraversavo la strada senza guardare, in bici stavo in mezzo alla strada, ... Facevo di tutto per far si che Dio potesse farmi finalmente morire.

Anche la sera tra le lacrime e la disperazione, dopo altri tagli sulla gamba, imploravo Dio di uccidermi, di togliermi la mia vita come volesse lui. Non voleva uccidermi da sveglia? Allora fammi morire mentre dormo, ma ti supplico: poni fine alla mia squallida vita, te ne prego,perchè io non ce la faccio più. Purtroppo però al mattimo mi svegliavo sempre, col cuore che funzionava ancora a meraviglia.

 

Le giornate a scuola erano sempre le stesse, forse ancor più dure, e la mia disperazione cresceva di giorno in giorno, di ora in ora... di minuto in minuto. Avevo bisogno di aiuto, di ascolto, e pensai di rivolgermi a quei numeri per il sostegno dei giovani.
Purtroppo però, per non so che motivo, non riuscivo a raccontare la MIA storia: magari iniziavo a dire della storia della "Reginetta", ma poi mentivo e sviavo il discorso con altri problemi che mi assillavano (problemi veri, ma altri).
Diciamo anche che le persone dall'altra parte della cornetta non è che mi aiutassero granchè. Mi consolavano dicendo tranquillamente "E' una fase, poi passa tutto". Grazie al cavolo che è una fase, per Dio! Io ho bisogno di vedere la luce adesso, non fra 5/10 anni! ORA!

 

Ma nel Buco Nero non vedi una fine, non vedi la luce della speranza... Vedi solo disperazione, tristezza, ansia, lacrime, dolore (tanto dolore...) e morte. Forse la morte è la cosa più desiderata quando sei lì dentro. Che diventi un'amica? Forse. E sicuramente la brami più di qualsiasi altra cosa al mondo.

 

Un pomeriggio, dopo una giornata di scuola particolarmente pesante e dura, chiamai quel numero.

-Pronto? Qui Telefono Amico!-

-Ciao. Ho chiamato diverse volte qui... Parlavo con una donna di nome Angela...-

-Mi spiace ma qui ci giriamo e non sempre si riesce a parlare con...-

La interrompo e continuo a parlare: -Non mi importa. Basta solo che le dici che io non vedo la luce. Sono stanca. Adesso farò una cosa che avrei dovuto fare già da tempo.-

-Come?!- la sua voce si fece allarmata, come se avesse già capito dove volevo andare a parare. -A...aspetta, tesoro .....parliamone un attimo... Vedrai che ...- Buffo come solo in quel momento erano davvero intenzionati ad aiutarmi, ma come fossero arrivati tardi, perchè avevo già preso la mia decisione.

La interrompo di nuovo: -"Vedrai che" niente. La mia vita è solo dolore. Non ho nessuno. Ho bisogno di qualcuno. Ma non ho nessuno. Tanto meglio chiudere qui questa schifosa e insulsa vita...-

Sento che la donna sta per ribattare, ma io metto giù. Poco dopo esco di casa e prendo la mia bicicletta.

 

La mia camera l'avevo lasciata uguale al giorno prima. Solo con un foglio in più. Una letterà in cui ho raccontato tutta la mia storia. La mia disperazione, la mia solitudine, il mio dolore in quel lungo foglio a quadretti piccoli. 

 

Una volta fuori mi guardai attorno. Esiste davvero qualcosa per cui vale la pena vivere per me?

Mi scappò un sorriso, seguito da una calda lacrima. "No, non scherziamo. Io non ho niente. Non ho nessuno. Se morissi tutto il mondo sarebbe più contento. Sono sola.... Sola.... Contro il mondo... Non ho nessuno... Possibile che non ci sia nessuno ad aver bisogno di me?" scoppiai in lacrime.

Ora sono decisa. Inizio a pedalare verso la fine di questa inutile vita.

 

E poi ero già lassù, all'8 piano di un palazzo che nemmeno conosco, ma convinta di quello che sto per fare. Guardai giù. "E' altissimo... Mi ammazzerò sicuramente subito..." Avanzai un piede verso il vuoto e attesi.

"Un segno... Datemi un segno che a qualcuno importi di me e non mi butterò..." pensai tra le lacrime, forse sparando in cuor mio in qualche miracolo. Che però non avvenne. 

 

E così, mentre piangevo a dirotto, mi buttai dall'8 piano di quel palazzo sconosciuto, tra persone sconosciute a cui non importava un accidenti se una ragazzina, brutta e stolta, si uccideva.

Mentre precipitavo mi vennero in mente tantissimi ricordi: la prima caduta quando imparavo a camminare, la mia primi bicicletta, le mie prime amichette, la prima cotta, il primo brutto voto... La mia famiglia, la nascita del mio fratellino, il sorriso di mia madre, lo sguardo imperturbabile di mio padre, la vivacità di mio fratello,.... La scuola, l'inferno di quei giorni, le prese in giro, gli scherzi, le cattiverie, i nomignoli.... Il dolore e la solitudine.

 

E ora sono qui: metà ricordo e metà fantasma che gironozolo in giro per le vie che ho attraversato, le case che ho visitato e i posti i cui sono andata. Ogni tanto vedo i miei genitori. Mio fratello è muto, mio padre come al solito non esterna nulla. Mia madre sembra invecchiata di botto di 30'anni.
Vedo i miei ex compagni di scuola: ridono, scherzano e burlano la sfigata dei tre paesini che si è buttata. Solo qualcuno è dispiaciuto e sgrida gli altri.

Che ipocriti. Molti di questi "difensori" mi hanno esclusa e derisa fino all'altro ieri.

Una cosa è vera: mi sento molto più leggera, i miei problemi sono spariti, così come le ferite sul mio cuore (e sulla mia gamba).

Però... ogni tanto, quando guardo mia madre negli occhi... ho un rimorso. Temo di aver ricevuto un segno troppo tardi.

 

Ma ormai, è andata. Io non sono più Alice.

 

Il suo nome era Alice. Una ragazza che da una buona azione è riuscita a rovinarsi la vita, finendo nel Buco Nero, un luogo in cui è facile entrare, ma molto difficile uscire. E infatti, questa ragazzina non è più tra noi.

 

 

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Spero di non avervi annoiato e depresso troppo xD Ma spero anche che siete riusciti a capirci qualcosa... Per me è un argomento molto delicato (anche io in passato sono stata una piccola Alice nel Buco Nero), e ho cercato di scrivere più emozioni possibili. Fatemi sapere cosa ne pensate :3

   
 
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