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Autore: ManuFury    05/10/2014    4 recensioni
Duncan delle Lame... Gladiatore ed esiliato.. potrà uscire dall'Arena in soli due modi: da vincitore o da cadavere.
Warren Velenodikobra... discendete in una delle più nobili casate di Cavalieri di Drago... vuole ottenere una sola cosa, l'approvazione di suo padre.
Sasha l'Ardente... spadaccina infallibile... che vuole solo scoprire chi è in realtà.
E Dagh dagli Occhi d'Argento... Protettore di Drakkas... offrirà loro un'avventura indimenticabile!
[Storia scritta per la Challenge: "L'ondata Fantasy" indetta da _ovest_]
Dal Capitolo 5...
“Gli occhi azzurrissimi del ragazzo si alzarono a quella colonna che aveva visto in sogno, verso quella figura avvolta dalla tenebre che ora, approfittando del velo sottile del fumo, era sparita.
Duncan non sapeva più che pensare: aveva smesso di porsi tante domande in vita sua, di capire le azioni e gli avvenimenti che si abbattevano su di lui come un’onda si abbatte su uno scoglio, aveva semplicemente smesso di lottare per capire e si limitava a farsi trascinare dalla corrente."
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Drakkas'
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La luce investì Duncan così forte da accecarlo per una manciata di secondi: era così brillante e calda da sembrare un inno alla vita, piuttosto che alla morte.
Il gladiatore si schermì gli occhi sensibili con una mano, mentre la folla esplodeva in un urlo poderoso alla sua vista, al suo gesto scambiato dai più per un saluto. Non era quello che il giovane voleva far credere, cercava sempre di mantenere un certo distacco, perché quella massa scalpitante e rumorosa, che allungava il collo e si spintonava per godersi al meglio lo spettacolo, non meritava la sua attenzione: la morte non doveva essere vista come un divertimento, perché non lo era.
Sospirò, avanzando ancora nella luce che lo abbracciava con dolcezza e nell’afa che invadeva l’Arena dei Perduti: il calore e la luce erano sprigionati da grandi bracieri che ardevano un po’ ovunque. Con lo sguardo spaziò per l’enorme area ovoidale coperta da sabbia del deserto divenuta rossa per il troppo sangue versato su di essa.
Qualcuno parlò, sovrastando il tornado di voci che vorticava come impazzito attorno a Duncan, presentando il giovane gladiatore: descrivendolo come tra i più abili che avesse mai visto, giurando che vederlo combattere era un piacere per gli occhi e per il cuore e tante altre parole, un fiume che sembrava infinito e che il ragazzo non sentì per intero.
La sua attenzione era per altro: al fondo dell’Arena un grosso portone di legno e piastre rinforzate di ferro si stava lentamente aprendo, emettendo qualche gemito, rivelando dietro le sue porte spesse un antro buio, ma fremente di vita.
Gli occhi di Duncan si assottigliarono leggermente, mentre la presa sulla spada si faceva più salda e i primi rivoli di sudore gli scorrevano sulla fronte e sulle braccia scoperte come tanti serpenti d’acqua tiepida. Fissava quell’oscurità come se si aspettasse che emergesse qualcosa di spaventoso, un incubo a occhi aperti, persino peggiore di quello che stava vivendo in quel momento, in quella vita che non era più vita.
Qualche minuto di attesa, quasi ad aumentare maggiormente la tensione che aveva fatto zittire il pubblico, con il fiato sospeso per lo scontro imminente; poi, nel nero dell’antro che sembrava un passaggio per gli Inferi, presero ad accendersi tanti piccoli bracieri rossi come il sangue e pericolosi come il fuoco. Pochi secondi dopo due Tessitori di Fuoco zampettarono avanti, mostrandosi alla luce del sole in tutta la loro orrenda forma: erano ragni enormi e repellenti, con il corpo scuro coperto da una peluria ispida e brillante, intervallata solo a momenti da strani tribali rossi, brillanti come lava fusa. Erano poco più grandi di un cavallo, ma le loro otto robuste e lunghe zampe li facevano sembrare molto più alti… e decisamente pericolosi.
Cosa che erano, in realtà.
Duncan provò un moto di disgusto a trovarsi faccia a faccia con quelle belve sputate dal più oscuro e remoto angolo di Drakkas, dimenticato dagli uomini e, forse, persino dagli Déi.
Le due creature avanzarono ancora di qualche passo, guardinghe, sondando la zona con i loro tanti occhietti rossi e vuoti; solo dopo un largo giro del perimetro dell’Arena, il loro sguardo si puntò sul giovane.
Quello li osservò con astio, avanzando con calma, la spada con la punta spezzata stretta nel pugno destro, lo scudo saldo al braccio sinistro.
Un passo… stringi la spada e chiudi gli occhi, gli suggerì la voce di suo padre e lui eseguì.
Due passi… svuota la mente e ascolta il tuo corpo, gli ordinò la voce del suo istruttore dell’accademia, emergendo da ricordi sepolti sotto strati e strati di polvere.
E il ragazzo eseguì, sentiva la folla scalpitare, trattenendo con lui il fiato, gli occhi incollati sull’Arena mentre i Tessitori di Fuoco iniziavano ad agitarsi, emettendo fischi acuti e fastidiosi, per allontanare quella minuta creatura che osava avvicinarsi così tanto a loro.
Tre passi… apri gli occhi, disse la sua amata e Duncan li aprì.
Scattò in quello stesso istante, letale e preciso come un Mastino da Guerra, veloce come un Sauro del Sud, tanto che furono in pochi a seguire il suo movimento.
Arrivò con la rapidità di una folgore tra i due grandi ragni, così vicino da sentire il loro odore ripugnante quasi al pari dell’aspetto: odore di morte e putrefazione, di vittime intrappolate, private di ogni difesa e uccise nel modo più disonorevole e immondo mai conosciuto. Quelle sensazioni gli fecero storcere con disgusto e rabbia il naso, tanto che non esitò a tirare un primo fendente all’addome rigonfio e pulsante come un cuore di una delle creature; la spada si fece largo facilmente tra la carne tenera dell’animale, lacerando più che tagliando e facendo emergere dalla ferita appena inflitta del sangue che sembrava più una linfa densa, di un giallo malato, come di pus vomitato da una ferita infetta.
Il Tessitore di Fuoco urlò dal dolore, un lamento lungo e acuto che aveva un qualcosa di simile a quello di un lupo ferito, ma che fu in parte sovrastato da un primo applauso di incoraggiamento dalla folla. Un attimo dopo, l’animale si avventò con forza contro il giovane, solo che quello si era già abilmente allontanato con una capriola, prevedendo un colpo.
Duncan ebbe giusto il tempo di riprendere fiato che dovette schivare un colpo inferto dall’altra creatura, una delle sue zampe si schiantò al suolo, sollevando una nuvola rossa di polvere. Il gladiatore approfittò di quel gesto impetuoso e istintivo per menare un fendente, colpendo l’animale alla zampa, coprendosi subito il viso con lo scudo.
Un altro grido di dolore, acuto e lamentoso come il primo seguito quasi immediatamente da un altro suono: come di una pioggerella che picchiettava sul legno dello scudo, seguita poi da un lieve crepitare.
Duncan indietreggiò, guardando frettolosamente lo scudo: sulle insegne rosse e sbiadiate dal tempo si erano aperte delle larghe macchie nerastre dalle quali si levava un sottile filo di fumo, la superficie sembrava corrosa da un qualche acido.
L’occhio gli cadde con sospetto sulla lama della spada, coperta da quella linfa giallastra che ancora colava lenta sul metallo, deformandolo velocemente.
Imprecò a denti stretti, continuando a indietreggiare, cercando di scavare nella propria memoria le parole dei vecchi veterani che avevano prestato servizio sotto di lui e che avevano affrontato e sconfitto quelle bestie più di una volta. Ma i ricordi pesavano come macigni e non tornavano a galla, bensì restavano sepolti nei mari più oscuri della sua memoria.
Evitò un colpo inferto con furia dal primo Tessitore di Fuoco che aveva colpito: l’animale attaccava alla cieca, come una qualsiasi fiera ferita e come tale era molto pericoloso, troppo imprevedibile nei suoi movimenti.
Per levarsi da quella situazione, Duncan eseguì un’altra capriola, trovandosi proprio sotto al corpo della creatura, che si mosse frenetica alla sua ricerca, zampettando in maniera scomposta. Il giovane si portò lo scudo davanti al viso e affondò la spada fino all’elsa nel corpo dell’animale. Strinse i denti quando lo sentì stridere dal dolore e si morse le labbra per non urlare a sua volta quando avvertì la linfa vitale della bestia fluire dal suo corpo orrendo, scorrendo sulla lama della spada, poi sull’elsa, sull’impugnatura consumata e sulla sua mano, bruciando la pelle, penetrandogli nella carne a voler far ribollire il midollo delle ossa. Ma non lasciò la presa, nonostante il dolore, tenne l’ama ferma e affondata in quel corpo rigonfio.
Il Tessitore di Fuoco gridava, si agitava e più lo faceva, più la sua pancia si lacerava e il suo sangue fuoriusciva incandescente, privandolo a poco a poco della vita. In un ultimo spasmo tentò di colpire il giovane con una zampa, ma senza successo e, cacciato un ultimo grido, si accasciò su un fianco, come una grande pietra.
Duncan tossì dal tanfo del sangue che lo stava soffocando, prendendolo alla gola con il suo odore di putrefazione e morte. Rotolò a lato per qualche metro, gettando lo scudo ormai inservibile, dispiacendosi di quel gesto: quell’arma l’aveva protetto durante molti scontri e si era quasi rattristato nel doverlo sacrificare così. Provò subito a prendere fiato, per scacciare il capogiro che l’aveva colto impreparato quando aveva tentato di alzare il capo, l’odore che emanava il cadavere del Tessitore di Fuco era insopportabile e gli dava alla testa.
Chiuse gli occhi, sentendo gli spettatori esplodere in un coro di acclamazioni e complimenti per il suo splendido combattimento.
Strinse istintivamente la presa attorno all’impugnatura della spada e subito saette rosse come il fuoco gli serpeggiarono davanti agli occhi, costringendolo ad aprirli, mentre il braccio urlava dal dolore.
“Attento!” Scandirono all’unisono tutti gli uomini e le donne che componevano la folla sugli alti gradini dell’Arena, ma non fu quell’avvertimento a salvarlo, bensì l’istinto: il suo corpo, la cui schiena era distesa a terra dopo l’attacco, si mosse e con un colpo di reni eseguì un mezzo giro, trovandosi così prono sulla sabbia, evitando così il corpo inferto dall’altro Tessitore di Fuoco. Con quel movimento brusco e per la bruciatura che gli debilitava la mano, la spada gli sfuggì dalle dita.
Gli occhi chiari subito scattarono alla ricerca dell’arma, come quelli di un segugio che cerca la selvaggina. La individuò a pochi metri da lui, metà buona della lama che affondava nel sangue giallastro della bestia abbattuta, poteva quasi vedere il filo dell’arma corrodersi, deformandosi ogni istante di più.
Strisciò in avanti, immergendo le dita della mano offesa tra la sabbia rossa, sia alla ricerca di conforto per il calore insopportabile che trasudava dalla pelle, sia alla disperata ricerca dell’impugnatura della sua spada, sapeva di avere poco tempo.
Era a una spanna dall’arma quando sentì qualcosa di caldo e viscido avvolgersi alle gambe, costringendole unite. Voltò il capo, facendo ondeggiare i capelli biondi bagnati di sudore e coperti dalla polvere solo per sgranare appena gli occhi quando si accorse che il Tessitore di Fuoco rimasto gli aveva sputato contro sottili fili di seta biancastra, intrappolandogli la parte inferiore del corpo.
La creatura lo guardò: con occhietti piccoli e brillanti, colmi di rancore forse per la ferita inferta, forse per l’uccisione del suo compagno; ma per qualsiasi cosa fosse quella bestia voleva solo una cosa, la sua morte.
Duncan provò ad artigliarsi al terreno, tentando di avanzare nella sabbia, per raggiungere la sua arma; percepì un movimento, come uno strattone e si sentì tirare indietro mentre quei fili si stringevano con sempre maggior forza, facendolo lamentare piano.
Dal pubblico si levò un coro di incoraggiamenti che il ragazzo quasi non sentì; la sua mente annaspava alla disperata ricerca di una soluzione, come un naufrago che si dibatte benché sia consapevole della sua imminente dipartita. Almeno un naufrago poteva trovare un pezzo di legno cui aggrapparsi, lui invece…
Si bloccò per una frazione di secondo, alzando il viso arrossato per lo sforzo sostenuto fino a quel momento e imperlato di sudore per il caldo. Si gettò di peso a lato, per quanto concesso, affondando le dita nella sabbia, sperando di non essersi sbagliato.
Dal canto suo il Tessitore di Fuoco continuò a tirare il giovane a sé con movimenti esperti del piccolo capo: voleva ucciderlo, affondare le mascelle nel suo gracile corpo da essere umano e bere il suo caldo sangue mentre il cuore ancora gli batteva e lui si divincolava; voleva farlo per vendicare il compagno ucciso così ingiustamente.
Il gladiatore, dopo quel brusco movimento, attese con pazienza che l’animale lo trascinasse a sé, come se si fosse rassegnato a quella fine e continuò a non muoversi finché la schiena fu a brevissima distanza dalle mascelle della creatura, ora spalancate per morderlo.
Duncan chiuse gli occhi e attese. Tutto ciò che aveva attorno si dissolse: le urla, il crepitare dei bracieri, il vento, l’Arena, l’odore di sangue e sudore, quello nauseabondo dell’animale ucciso, perfino il pulsare ritmico della fronte scomparve. Ogni cosa svanì, tranne il proprio corpo e il capo della creatura: la sua bocca spalancata come un portone, le sue mascelle che calavano.
Riaprì gli occhi, girandosi supino e alzando le braccia, stringendo tra di essere ciò che restava dello scudo: un’asse che lo componeva si era spezzata, creando una punta acuminata che con poche difficoltà si fece largo nella bocca del ragno, penetrando a fondo nella gola, stroncando sul nascere i suoi stridii. La creatura si buttò pancia all’aria, stringendo le zampe al petto nel vano tentativo di levarsi lo scudo dalla gola già piena di sangue.
Il ragazzo si rialzò con calma dopo essersi liberato le gambe dalla seta, con passo traballante si avvicinò alla sua spada; una volta recuperata si voltò verso il Tessitore di Fuoco che ancora si contorceva tanto da sembrare una falena intrappolata in una ragnatela.
Gli si avvicinò con calma e sferrò il suo colpo migliore, staccando la testa del ragno e c’era così tanto silenzio in quell’istante da sentire chiaramente il rumore prodotto dai tessuti che si sfilacciavano, lacerandosi come un bel taglio di carne di manzo comprata dal macellaio.
Respirò a fondo mentre il silenzio veniva interrotto dall’urlo animalesco della folla che lo applaudiva per quella splendida vittoria.
Quella era l’Arena dei Perduti: luogo di morte e divertimento.
 
Dieci minuti dopo, Duncan era pronto per il secondo incontro del giorno: aveva avuto abbastanza tempo per riprendere fiato e bendarsi blandamente la mano in una zona d’ombra, lontano dagli occhi indiscreti degli spettatori, osservando una mezza dozzina di uomini trascinare via i corpi senza più vita dei Tessitori di Fuoco.
Aveva capito che era il momento di riprendere con i combattimenti quando aveva sentito il portone in fondo all’Arena aprirsi cigolando.
Si era subito alzato, stringendo nella sinistra la spada e nella destra ciò che restava dello scudo: sapeva combattere anche così, gli era stato insegnato come usare entrambe le mani, in caso una fosse stata messa fuori uso, o peggio mozzata com’era successo a suo padre, il primo giorno che aveva calcato un campo di battaglia.
Portò lo sguardo chiaro verso il portone, trovando il solito muro di tenebre da cui, sapeva, stava per emergere qualcosa di ben più pericoloso di un Tessitore di Fuoco: i bracieri erano stati tutti spenti e portati via, così che la temperatura tornasse relativamente mite.
Dall’oscurità, ancora niente, se non una vaga sensazione di freddo e di pericolo. Il giovane strinse con più forza la spada, come sempre faceva prima di uno scontro.
Duncan. La voce della sua amata in testa che lo chiamava. Scosse il capo, per allontanarla, doveva resta concentrato.
Duncan. Continuò imperterrita quella. Apri gli occhi, Lui verrà. Sussurrò. In un istante il sogno che aveva fatto gli si riaffacciò nella mente che doveva tenere sgombera e quasi per istinto si voltò verso gli spalti, passando in rassegna le colonne a una a una, fino a individuare quella che cercava: alta, immensa, con demoni ghignanti a ornarla, avvolta dal buio e dal mistero. Aguzzando la vista intravide una figura lì appoggiata, nera ombra tra le altre ombre.
Il cuore del ragazzo perse un colpo quasi senza motivo a vedere quella figura, non riusciva a capire chi o cosa…
Un urlo giunse alle sue orecchie lievemente appuntite per richiamarlo all’attenzione, facendolo quasi sobbalzare per quanto era stato improvviso. Riportò lo sguardo fisso di fronte a sé, notando solo allora il grande lupo che aveva fatto il suo ingresso nell’Arena e che lo fissava con una fierezza e una freddezza che potevano appartenere a una sola creatura.
Un Guerriero Artico, gli suggerì la sua mente mentre lo guardava in tutta la sua bellezza: era una bestia imponente, molto più di quanto ricordava dalla favole e dalle storie dei soldati attorno al fuoco.
Sono morto. Era un pensiero semplice quanto terribile, ma sapeva essere vero, non aveva alcuna speranza contro quella creatura: un Guerriero Artico non avrebbe mai attaccato con furia cieco o istinto, aveva un’intelligenza al pari di un essere umano e una forza che andava aldilà delle sue possibilità. Non aveva speranza di sopravvivere.
Benché quel cupo pensiero, Duncan fece un mezzo passo avanti, ma subito il grande lupo gli ringhiò contro, esponendo i lunghi canini d’avorio e fissandolo con le sue iridi chiarissime, prima di spostarle in alto, verso gli spalti, nemmeno stesse aspettando un qualche segnale. Il gladiatore l’osservò, trattenendosi dal voltarsi a sua volta, poteva essere un trucco.
Le orecchie dell’animale scattarono indietro, ringhiò leggermente riportando gli occhi sul ragazzo e solo per ultimo abbassò il muro in avanti, quasi a volerselo nascondere tra le zampe.
Duncan lo guardava e non ne capiva le intenzioni, ma non aveva perso la sua concentrazione: gli occhi non si staccavano da quella figura candida e i muscoli erano sempre pronti e scattanti. Tutti i sensi erano tesi al massimo: vista, udito, tatto, olfatto e fu proprio quest’ultimo che captò qualcosa, sembrava un lieve odoro di fumo, abbastanza forte da pungergli le narici. Sentì il Guerriero Artico emettere un mugolio di dolore mentre affondava il muso appuntito tra le zampe, le spalle gli tremavano spasmodicamente.
Dalla folla che assisteva allo scontro gli giungeva un vociare confuso, qualche urlo carico di terrore, ogni tanto, ma gli occhi del ragazzo erano tutti per il lupo tanto da non accorgersi di una lieve cortina di fumo grigio che si era formava come una muro sugli spalti. La sua attenzione era totale e solo per il Guerriero Artico: dopo qualche secondo ancora di tremore la carne sulle spalle si lacerò, macchiando il pelo candido di vermiglio, i muscoli esposti pulsavano ritmicamente, finché da essi, accompagnato da un lungo mugolio, emersero due enormi ali chiuse, di un bianco abbagliante, benché venato dal sangue. Qualche attimo, prima che le ali si aprissero in tutto il loro splendore, sottili e delicate come carta eppure resistenti e forti come il ferro.
Il lupo le spiegò con calma, come per stilarle, mostrando le innumerevoli venatura che le percorrevano e i piccoli artigli ricurvi alle estremità; impossibile confondersi, quelle erano ali di drago.
Duncan non staccava gli occhi da quella scena, ammutolito e stupito come mai prima di allora, la spada che rischiava di scivolargli dalla dita. Aveva sentito delle storie sulle Ibridazioni, ma mai avrebbe creduto che fossero vere.
Tutto quello cui stava assistendo non aveva senso.
Con le labbra socchiuse dallo stupore cercò con lo sguardo quello del Guerriero Artico, che trovò senza sforzo: vedeva i suoi occhi di ghiaccio schiarirsi, sbiancando a poco a poco, mentre la pupilla si allungava, divenendo una sottile striscia al centro dell’occhio.
Si guardarono per attimi che parevano interminabili mentre il fumo li avvolgeva come una coperta calda. D’improvviso i muscoli del lupo si tesero e l’animale scattò in avanti con velocità formidabile.
Duncan non ebbe né la forza né il tempo di alzare la spada; sapeva che doveva stare attento, lo sapeva, eppure si era lasciato ingannare da quegli occhi magnetici che gli avevano parlato.
Quegli occhi. Gli occhi dell’animale gli dicevano di fidarsi.
Quando finalmente il ragazzo riuscì ad alzare la spada il Guerriero Artico era già sfrecciato al suo fianco, le sue zampe correvano veloci sulla sabbia e terminarono quella breve corsa contro il portone rinforzato da cui era giunto Duncan, sfondandolo con una sola e sonora spallata.
Il gladiatore rimase di nuovo ammutolito a osservare quella scena, senza capirne il gesto.
La creatura si voltò verso di lui, guardandolo e voltando poi la testa verso l’entrata in parte scardinata e di nuovo verso il combattente.
Vuole che me ne vada.
Il giovane impiegò qualche secondo ad arrivare a quella consapevolezza insensata: come poteva un Guerriero Artico volere che fuggisse? Perché aveva fatto tutto quello?
A meno che…
Gli occhi azzurrissimi del ragazzo si alzarono a quella colonna che aveva visto in sogno, verso quella figura avvolta dalla tenebre che ora, approfittando del velo sottile del fumo, era sparita.
Duncan non sapeva più che pensare: aveva smesso di porsi tante domande in vita sua, di capire le azioni e gli avvenimenti che si abbattevano su di lui come un’onda si abbatte su uno scoglio, aveva semplicemente smesso di lottare per capire e si limitava a farsi trascinare dalla corrente.
Corse verso il portone, lanciando un’ultima occhiata al Guerriero Artico prima di farsi inghiottire dalla tenebre.
Percorse in pochi secondi la Sala delle Attese e continuò poi lungo i corridoi di pietra, passando oltre le celle degli altri gladiatori, non facendosi impietosire dai loro lamenti e dalle loro mani tese in cerca di aiuto.
Attraversò un dedalo di corridoi che aveva percorso solo una volta, tanto tempo prima finché lo schiocco di una frusta non lo bloccò sul posto, facendogli bruciare di dolore una spalla.
“Tu, bastardo traditore!” Ringhiò il suo carceriere, il gigante senza un occhio, la frusta che si contorceva in terra come un serpente ferito, mossa da lievi e calcolati gesti del polso.
Duncan non proferì parola, avvertiva solo una grande rabbia ribollirgli in petto e scaldargli la fronte, lì dove aveva quella goccia azzurra che era stata uguale a quella di sua madre. Ricordava l’umiliazione di ogni frustata che si abbatteva sulla sua schiena, ogni risata o insulto che sottolineavano la sua impotenza.
Strinse tra le dita la spada corrosa e scattò in avanti.
Il suo avversario tentò di colpirlo con un’altra frustata, ma l’arma fu tagliata di netto da un fendente del giovane, ora vicinissimo all’uomo.
Lo inchiodò alla parete alle sue spalle, prendendolo per la gola e puntandogli la spada al petto.
Per tutta risposta il ciclope rise, rise forte e di gola.
“Puoi dire quello che vuoi, tanto le Guardie Dorate della Cittadella d’Oro avevano ragione. Sei e sempre resterai un assassino!” Gli sputò contro quello.
Un misto di emozioni s’impadronirono del corpo del gladiatore, ma solo una vinse. Strinse le dita attorno all’impugnatura della spada e sorrise.
“Sì, hai ragione.” Rispose e affondò la lama nel suo petto. Mille fiumiciattoli vermigli fuoriuscirono dalla ferita, allentata la presa, il corpo cadde a terra con un tonfo sordo.
Duncan prese fiato a guardarlo, respirando forte.
Rabbia.
Aveva vinto di nuovo lei.
Abbassò la spada, voltandosi e solo allora si trovò di fronte un’ombra: alta e imponente che si avvicinò a lui con velocità e forza disarmanti, gli tappò la bocca con una mano, spingendolo a sua volta contro il muro.
Gli intimò il silenzio a fior di labbra e quando il giovane alzò gli occhi verso quello che doveva essere il viso del suo aggressore fu inghiottito dall’argento.



 
[Continua…]
 
 
***
 
TA - DAAAAAAAAAN!!!!
 
Essì, sono proprio io e sono tornata! *Q*
Prima di tutto vorrei scusarmi con tutti voi per il ritardo clamoroso con cui ho postato questo capitolo (che era già pronto da Agosto, giusto per...) ... ma ho avuto mille problemi: Contest da portare a termine, università, lavoro, problemi in famiglia... sì, tutto durante la vacanze e solo adesso sono stata un po' tranquilla da poter rileggere la storia, correggere gli errori e postarla.
Spero comunque di aver fatto un lavoro quantomeno decente, a me il risultato piace abbastanza... :D
Che ne dite? Duncan combatte benino? E chi sarà mai la misteriosa ombra che l'ha bloccato al muro? Che vuole da lui?
Curiosi...?
Beh, se non mi avete mollato (cosa che spererei di no! T_T) ... fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, ok? ^u^
Io cercherò di tornare ad aggiornare il più di frequente possibile... 
Continuate a seguirmi, mi raccomando... tra poco si torna da
Warren! ^u^
A presto,
ByeBye
 
Vostra ManuFury! ^_^

 
  
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