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Autore: Nimel17    15/10/2014    7 recensioni
Storybrooke è un manicomio i cui pazienti sono molto particolari: credono di essere personaggi delle fiabe.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Giuro che se ci rifilano un’altra sbobba così, Regina finirà appesa al suo adorato melo.”
“Giornata pesante, signorina Swan?”
“Si levi quel sorrisetto dalla faccia, Gold, o…”
“O cosa? Mi sguinzaglia contro la signora Mills?”
“Su, su, basta fare casino. Papà, basta istigarla. Emma, basta prendertela con mio padre perché esiste.”
“Si metta in fila, signorina Swan.”
“Oh, ma che bella riunione di famiglia.”
I tre si voltarono verso Regina Mills, severa e perfetta come al solito. Emma represse un verso d’invidia: i suoi capelli neri avevano sempre la piega fatta, gli occhi erano truccati senza sbavature, i vestiti costosi e professionali non erano mai fuori posto.
Gold le sorrise beffardo, dandole la sensazione di sapere, come al solito, cosa le passasse per la testa.
“Ti piace, dearie? Se vuoi farne parte dobbiamo sposarci, e l’idea non mi attira per niente.”
Neal represse a stento un ghigno e Regina arrossì, superandoli per andare a sedersi con la sua unica amica, una tale dottoressa svedese di nome Kristen Ficent. Gold si sedette all’indietro sulla sedia.
“Uno a zero.”
“Papà….”
Emma sorrise più gentilmente e gli mostrò un pollice alzato.
“Emma…”
Lei ebbe pietà di Neal e gli diede una pacca d’incoraggiamento. La loro situazione famigliare non era semplice, essendo sempre mischiata al lavoro.
Cinque anni prima Emma era stata chiamata da Regina Mills, direttrice di un ospedale psichiatrico, per la sua esperienza di lettura del corpo. Molti pazienti erano solo mitomani, innocui nelle loro piccole manie, ma era sempre meglio evitare incidenti.
Una volta arrivata, un uomo tra i quaranta e i cinquanta l’aveva accolta, attraente, ben vestito e con un bastone dall’impugnatura dorata per aiutarsi a camminare. In pochi secondi, aveva messo in chiaro che era lui che decideva chi assumere e chi no, visto che possedeva l’edificio, e che lei doveva fare riferimento a lui e non alla signora Mills.
Il che era un sollievo, perché Gold, per quanto intrattabile e irritante, era un ottimo psichiatra e aveva a cuore, anche se lo teneva ben nascosto, i suoi pazienti.
Non aveva previsto di avere una storia con il figlio del capo, Neal, né di avere un figlio da lui… e nemmeno di innamorarsene.
Ma adesso erano sposati, Henry era ultra viziato dal nonno e tutto funzionava alla grande.
A parte un piccolo particolare di nome Regina: la donna l’aveva sempre avuta in antipatia e le rendeva spesso la vita impossibile, soprattutto dopo aver saputo del matrimonio con Neal, sostenendo che aveva avuto il lavoro solo perché era andata a letto con lui.
Nonostante le costasse ammetterlo, ad impedire alle sue insicurezze e alla sua rabbia di avere la meglio era intervenuto Gold, lanciando sempre  frecciatine a Regina in sua difesa.
Ed Emma non conosceva nessuno che sapesse insinuarsi nella pelle e nella testa delle persone come lui.
Gli riferì l’ultimo rapporto, nonostante Neal protestasse che non era il posto o il momento adatto.
“Ho interrogato Ruby Lucas. Non mente, ma non sono sicura se debba essere considerata pericolosa oppure no.”
“Sono sicuro di no, dearie. Non ha mai cercato di mordere nessuno, dopotutto.”
Lo Storybrooke Asylum era specializzato in casi particolari, spesso unici ed Emma li conosceva uno per uno, ma i suoi preferiti erano quelli del terzo piano.
La prima arrivata era stata Mary Margaret Blanchard: ventotto anni, capelli corti e nerissimi, occhi blu e pelle candida, era convinta di essere l’incarnazione di Biancaneve e aveva ucciso il giardiniere della sua famiglia credendo che fosse il cacciatore mandato dalla regina cattiva, poi aveva tentato di uccidere la matrigna, accusandola ingiustamente di voler liberarsi di lei.
Da quando era arrivata in manicomio dodici anni prima era stata presa in cura da Gold, e nonostante non fossero riusciti a guarirla del tutto, non era più pericolosa.
La seconda conosciuta da Emma era Ashley Boyd, una diciannovenne minuta dai capelli biondi e gli occhi azzurri con il complesso di Cenerentola che aveva ucciso la sorella con dodici accoltellate, sostenendo che “non voleva farla andare al ballo”.
Ora era una creaturina sparuta e tranquilla, sempre che non le si menzionasse la famiglia o portasse torta di zucca.
Poi c’era Archie Hopper, un uomo sui quarant’anni con pochi ciuffi ricci e rossi, occhiali di tartaruga e la sindrome del Grillo Parlante: era stata una persona importante che offriva consulenze psicologiche, aiutando la gente che non sapeva che fare della propria vita.
Era stato arrestato quando la maggior parte dei suoi pazienti si era suicidata, indotta a quel gesto da lui intenzionalmente.
Emma non gli aveva più parlato dopo il primo interrogatorio, in cui lui le aveva consigliato di uccidersi perché solo così avrebbe trovato i genitori che l’avevano abbandonata da neonata.
August Booth: un truffatore di bell’aspetto dai capelli ramati e gli occhi chiari sulla trentina che si auto lesionava ogni volta che mentiva, convinto che il naso gli crescesse dopo ogni bugia.
Ora credeva d’esser diventato interamente di legno, così si muoveva a scatti come un burattino e passava la maggior parte del tempo a guardare il soffitto.
Il nome di Killian Jones le procurava ribrezzo ancora adesso: un pirata della strada che aveva perso la mano in un incidente d’auto, aveva riportato dei traumi alla testa che lo avevano portato a credere d’essere Capitan Uncino e a cercare di uccidere più volte Gold, chiamandolo “coccodrillo”.
Quando lo aveva interrogato si era comportato come un gentiluomo affascinante, poi aveva cercato di violentarla dopo aver rotto le manette con una graffetta ed era stato sedato da Gold in persona, non prima che Neal avesse provato a strangolarlo.
La giovane Tink, di cui non si sapeva il cognome, aveva appena vent’anni, una cocainomane che rapiva i bambini per portarli in un posto sconosciuto, sostenendo che fosse l’Isola Che Non C’è e che appena cresciuti avrebbero potuto anche loro provare la “polvere di fata” e volare.
Ad Emma faceva un po’ pena, con quei capelli biondi e spettinati, le lentiggini e le sue crisi. Gold era riuscito con pazienza a disintossicarla, ma non parlava più con nessuno.
Un caso simile era Jefferson Stan: uno degli uomini più belli che Emma avesse mai visto, dai capelli scuri e gli occhi azzurro cobalto. Quando gli era morta la figlia Grace per leucemia, si era rifiutato di accettare il fatto e la sua mente aveva creato teorie di cospirazione secondo cui la Regina di Cuori gli aveva rapito il suo tesoro. Era convinto che l’unico modo per ricongiungersi a lei fosse creare dei portali tramite cappelli e ancora oggi la sua cella ne era piena. In suo favore, non aveva mai usato gli aghi per colpire le persone.
Elsa de Winter: un’ereditiera tenuta in isolamento nella sua proprietà di periferia per anni, convinta di trasformare in ghiaccio tutto quello che toccava. Era stata rinchiusa vicino a sua sorella Anna, che tendeva ad appiccare fuochi per attirare l’attenzione.
L’ultima arrivata era Ruby Lucas, una ragazza bruna dagli occhi verdi che viveva con la nonna dalla morte dei genitori. Si vestiva sempre di rosso, si faceva chiamare Red, ma a sedici anni aveva squartato il fidanzato e aveva detto a tutti di non essere Cappuccetto Rosso ma il Lupo Cattivo.
Quando era stata portata lì tentava di mordere tutti quelli che le capitavano a tiro, ma per un po’ Gold era riuscita a calmarla regalandole una mantellina rossa, convincendola che le avrebbe impedito di trasformarsi in lupo ad ogni luna piena.
Neal tirò fuori una sigaretta, pensoso.
“Oggi è arrivata una nuova paziente.”
Gold lo guardò di sbieco ed Emma alzò le sopracciglia.
“Nessuno mi aveva informato.”
“Non c’è stato tempo, papà.”
“Dov’è stata portata?”
“Al piano dei personaggi delle favole. Si chiama Belle French.”
 
 
 
Angolo dell’autrice: Questa storia sarà lunga al massimo quattro capitoli, ecco un assaggio dedicato a Sylphs! Topsy Turvy! 
  
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