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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    16/10/2014    1 recensioni
Come un chiodo fisso nella sua testa, un’eco lontana che si ingigantiva ogni istante di più, uno scrosciare di pioggia continuo e senza fine, eccola lì, la sua voce che rimbombava nel vuoto della mente.
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Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clove
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '1 su 24 ce la fa!'
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Nick sul forum/ Nick su EFP (segnalare quello che si vuole avere sul Banner): TheHeartIsALonelyHunter
Tributo: Clove
Turno: Sesto
Titolo Storia: Il canto del rimorso
Pacchetto (se presente):[Nota: What If?] Durante il Festino alla Cornucopia, non è stata Clove a morire per mano di Tresh, ma Cato. Come si evolverebbe la vicenda in questo caso? Ci saranno nuovi Ibridi da affrontare oppure saranno gli stessi ma resi più terrificanti dai sensi di colpa per la morte dei compagni? (non proprio un pacchetto ma in ogni caso...)
Genere: (ormai mi conosci, no?) Introspettivo, Malinconico
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if?, Flash fic
Pairing (se presente): Accenno Clato
Note (facoltative): Ok, fa schifo.
E non lo dico tanto per dire, lo penso proprio, è orrida.
Non solo perché è una flash, ma perché io già avevo una mezza idea, e questo limite mi ha costretto a ripiegare su qualcosa di completamente non originale e tra l'altro neppure COSI' attinente al tema del turno.
In ogni caso...
La trama è semplice: come hai detto, Cato è morto, Clove è nell'Arena e le si presenta una sfida.
Che è molto simile a un certo spezzone ne "La ragazza di fuoco" ma ok, se vogliamo proprio fare le cose da schifo tanto vale scopiazzare...
Ora, perché una flash fic? Sinceramente perché non mi sentivo di scrivere altro, mi sentivo proprio demotivata... E tra l'altro forse il fatto che non ci fossero eliminazioni mi ha fatto dire "ok, gioco sicuro". Inoltre mi sono resa conto che scrivo DECISAMENTE troppo, quindi mi sembrava una buona idea iniziare a sintetizzare un minimo. Spero di aver ridotto un minimo i danni essendo solo 500 parole, ma chi può dirlo, la grammatica mi odia.
Ah, e il titolo è ovviamente un riferimento a "Il canto della rivolta", diciamo.
 

 

CLOVE!
Era ancora lì. Fermo, immobile, ben dritto sulle gambe, testa alta e mento in fuori.
Nessuna intenzione di andarsene.
In fondo, perché avrebbe dovuto volerlo fare?
Si divertiva tanto a tormentarla in vita, con le sue stupide sfide e le domande a bruciapelo su questa o quell’arma, le proprietà della più sconosciuta tra le bacche, i danni che una puntura da Ago Inseguitore poteva comportare.
Era sempre stato molto competitivo, già. E alquanto propenso agli scherzi.
E se questa era una delle sue classiche marachelle di bambino troppo cresciuto, doveva ammetterlo, era davvero bravo.
Clove, aiutami!
Come un chiodo fisso nella sua testa, un’eco lontana che si ingigantiva ogni istante di più, uno scrosciare di pioggia continuo e senza fine, eccola lì, la sua voce che rimbombava nel vuoto della mente.
Era iniziato come un urlo solitario, il miagolio leggero di un gattino e poi era cresciuto, prendendo la forma di un’onda portentosa e la forza di un uragano.
E come un uragano aveva trascinato con sé ogni cosa si trovasse sul suo cammino: ogni ragione, ogni risoluzione, ogni barlume di freddezza che albergasse ancora in lei era stato spazzato via da quel singolo, fievole grido che la richiamava da lontano.
E da quegli occhi vitrei che la scrutavano e chiedevano “perché?”. 
CLOVE!
Perché non era arrivata in tempo, perché non aveva potuto salvarlo?                          
La sua voce fredda che le bisbigliava nell’orecchio e la rimproverava come un padre rimprovera il figlio, chiedendogli cosa mai avesse impedito ai piedi di correre un po’ più veloce, di salvare l’unica persona di cui le fosse mai davvero importato qualcosa… Il suo viso che dall’ombra si stagliava sinistramente sorridente, solo per ricordarle che non aveva fatto abbastanza in fretta, che per qualche secondo se l’era lasciato scivolare via tra le dita…
L’aveva sognato ogni ora di ogni notte di ogni giorno da quel dannatissimo festino, e ora gli sembrava che non ci potesse essere limite a quella follia che era il suo rimpianto. E sebbene avesse provato in tutti i modi a zittire quel dannatissimo richiamo, a far cessare quell’eco, eccolo che si ripresentava, ora più forte che mai.
Era certa di essere riuscita a frenare tutto, di essere riuscita a mettere una distanza tra lei e i suoi stupidi, inutili sensi di colpa.
Ma l’Arena non permetteva rimpianti, l’Arena non permetteva cadute. Si poteva solo correre, Clove lo sapeva fin troppo bene, o il lupo sarebbe sbucato dal bosco e l’avrebbe mangiata. 
E naturalmente l’Arena non si smentiva mai. Sapeva usare bene le sue armi, e Clove non poteva fare a meno di provare un minimo di ammirazione per questo. Era una cacciatrice esperta, la vecchia Capitol.
All’Istituto l’avevano messa in guardia contro gli avversari, le avevano detto che erano loro i nemici…
Ma non era vero, e Clove se ne rese conto solo mentre si accasciava al suolo senza forze, le Ghiandaie Imitatrici che crudeli continuavano imperterrite il loro canto di morte.
Il vero nemico, nell’Arena, era il proprio cuore.
CATO!

  
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