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Autore: TheDarkLightInsideMe    19/10/2014    2 recensioni
Ormai la maggior parte dei fan di Kingdom Hearts conosce (anche se purtroppo solo in parte) il passato di Axel e Saix, membri no. VII e VIII dell'Organizzazione XIII. Ma ci siamo mai chiesti cosa provano, quando si incrociano fra i corridoi del Castello che Non Esiste oppure quando sono costretti dalle circostanze a parlarsi?
Perché anche se sono Nessuno, alla fine anche loro possono concedersi il lusso di un'emozione, no?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel, Saix
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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Axel’s PoV.
Come ogni mattina mi presento nell’Area Grigia, ancora assonnato e stanco per la missione di ieri. E come ogni mattina prendo un bel respiro prima di entrare definitivamente nella sala. Eccolo, che discute con Roxas su una qualche banalità riguardante la sua missione. Ma lui non sa seguire ordini e si ribella spesso, esattamente come faccio io. Beh, in fondo io sono il suo mentore, qualcosa da me deve aver preso.
Sospiro e fingo un sorriso mentre entro, interrompendo i loro bisticci, come farebbe un padre con i propri bambini.
<< Hey, Roxas! >> lo chiamo, alzando una mano in segno di saluto. Ma non è a lui che punto, non è lui che voglio.
Il ragazzo mi saluta e parte subito per la propria missione.
<< Numero VIII... >> l’uomo che mi sta di fronte mi osserva con i suoi occhi color oro, gli stessi che una volta mi guardavano sprizzanti di gioia. Ma so già cosa mi risponderebbe colui che ho davanti, se gli dicessi una cosa del genere: “Noi siamo Nessuno, sappiamo cos’è la gioia ma non possiamo provarla, bla bla bla.”
Così mi limito ad annuire, segno che può spiegarmi in cosa consiste la missione odierna.
<< Oggi devi andare in ricognizione in un nuovo mondo insieme a Demyx. >> mi dice, osservando il plico di fogli che ha in mano.
“Neanche oggi ti decidi a parlarmi come si deve, eh?” penso, mentre già sono con un piede nel Corridoio Oscuro insieme al mio compagno di oggi.
È solo una ricognizione, normalmente non ci metterei molto ed arriverei in anticipo alla torre dell’orologio di Crepuscopoli, ma non ho proprio voglia di andarci.
Quindi, una volta arrivato in quello che sembra un’accozzaglia di scogli ed isolette che viene chiamata “Isola che Non C’è”, mi fermo a guardare l’orizzonte e lascio andare Demyx avanti.
Quel mare infinito mi ricorda la promessa fatta a Roxas e a Xion di andare in spiaggia, il prossimo giorno di ferie. Ma non so se manterrò la promessa, e comunque non sarebbe la prima che infrango.
E i miei pensieri volano a dodici anni fa, quando ero ancora una persona, quando ero ancora Lea.
E ricordo la felicità, la rabbia, la tristezza, e ricordo che lui era sempre lì accanto a me a consolarmi, a ridere, a condividere i sentimenti che allora ancora avevamo.
E ricordo la promessa che gli feci, quella che io e lui non ci saremmo mai separati, fosse anche arrivata la fine del mondo. Certo, questo prima di scoprire che esistevano altri mondi, prima di diventare ciò che siamo, servitori di un padrone il cui unico scopo è quello di tornare come prima, anche a costo di lasciarci morire tutti.
Demyx mi risveglia dai miei ricordi scherzando sul fatto che di solito è lui il fannullone, ma non riesco a ridere alla sua battuta.
<< Oggi mi sembri con la testa fra le nuvole più del solito. È successo qualcosa? >> mi chiede mentre scriviamo il rapporto della missione, ma non mi degno di rispondere. Mi sto già inventando una scusa da utilizzare per aver saltato l’appuntamento con Roxas a Crepuscopoli.
Lascio il rapporto a metà ed entro nel Corridoio Oscuro che ho appena aperto, tanto non riuscirei lo stesso a scrivere più nulla. So che lui non sarà contento, ma non posso farci niente. E poi, in fondo ci ha fatto l’abitudine alla mia disubbidienza.
Mentre entro nella mia camera, mi chiedo come abbia fatto a sopportarmi per così tanti anni, e forse non lo biasimo per essersi separato da me. Ma su una cosa non siamo d’accordo.
Ricordo benissimo le sue parole, quasi come se me le avesse appena ripetute:
<< Da quando sei tornato dal Castello dell’Oblio sei cambiato. Il passato non significa più nulla per te, Lea? >>
“Non sono io quello che è cambiato. Sei tu, Isa... no, Saïx...”
 
Saïx’s PoV
Axel ha lasciato il rapporto della missione odierna a metà. Sì, come se fosse la prima volta...
Per fortuna sir Xemnas non legge mai i rapporti dei suoi sottoposti, altrimenti Axel sarebbe stato punito chissà quante volte...
Parlo come se me ne importasse qualcosa, di lui.
In realtà credo che qualcosa mi importi, o non avrei chiesto a lui aiuto per comprendere i piani di Xemnas. Né tantomeno gli comunicherei informazioni tanto riservate come quelle inerenti al fantoccio. Come ci si può affezionare a qualcuno che non ha neppure un volto?
Eppure lui l’ha fatto, lui e il Custode del keyblade.
Ma prima o poi si ritroverà davanti ad una scelta e non potrà evitarla. Dovrà decidere se rimanere accanto al fantoccio o al ragazzo. E in entrambi i casi, dovrà fare una scelta ancora più ardua di cui gli ho già parlato. Ma forse, quando non impugna le proprie armi, è troppo ingenuo per capire quello che gli viene detto.
Metto in ordine il plico di fogli appena scritti, quello delle missioni di domani. Vorrei andare a dormire, una parte di me lo vorrebbe. La stessa parte che vuole essere fredda nei confronti di tutti, la stessa in cui riconosco il nuovo me. Ma l’altra parte di ciò che sono mi avverte che c’è qualcosa di più importante da fare che dormire.
Quindi mi reco al piano superiore alla mia camera e mi fermo davanti a una delle porte.
Sebbene sappia chi mi troverò davanti, esito per un momento prima di entrare. Non parliamo per davvero da giorni ormai e mi sento... strano nel vedere il suo sguardo gelido piantato nei miei occhi. Ma che dico, io sono un Nessuno, non posso sentire nulla.
<< Cos’è, non si bussa più? >> è la stessa cosa che mi ha detto l’ultima volta che sono entrato qui.
<< Domani sarai mandato ad intrattenere un heartless gigante ad Agrabah, nel frattempo che Roxas ne elimina un altro. >> gli spiego, trovando un pretesto per parlargli.
<< Sei venuto a dirmi solo questo? Gentile da parte tua... >> c’è ironia nella sua voce, ma le sue iridi verdi sono ancora fisse su di me, come se volesse darmi fuoco. Come se volessi sfuggirgli, mi giro di spalle.
<< Non ti conviene stare vicino a quei due. >> percepisco ancora di più il suo sguardo sulla mia nuca; lui sa cosa intendo. << Prima o poi dovrai prendere una decisione, Lea. >> dico, incamminandomi verso la porta. << Io non ti potrò aspettare per sempre. >> mormoro, e so che lui mi ha sentito. Poi mi richiudo la porta alle spalle e torno nella mia camera.
Improvvisamente, mentre sono disteso sul letto e cerco di prendere sonno, mi ritrovo catapultato nel passato. E mi ritrovo a sorridere ad un ragazzino dai capelli rossi.
<< Eccoti, finalmente! >> esclamo, alzandomi dal muretto su cui sono seduto. << Sei in ritardo di cinquantacinque minuti! >>
Il ragazzo di fronte a me sbuffa. << Uff! Isa, come sei precisino! >>
<< No, sei tu che sei un ritardatario cronico! >> gli dico, alzando gli occhi al cielo.
<< E comunque, mi fa piacere che tu mi abbia aspettato. >> fa lui, sorridendo.
<< Io ti aspetterò sempre, Lea. >> poi non resisto e, ridendo, mi metto due dita sulla tempia. << L’hai memorizzato? >>
Quando apro gli occhi mi sembra che tutti quei dodici anni siano passati di colpo e abbiano lasciato dentro di me il vuoto.
Silenziosa, una goccia mi bagna la guancia sinistra ed io capisco solo in seguito che è una lacrima.
“Lea, quanto darei per tornare a quei tempi... ma ormai è cambiato tutto. Anche noi due.”
   
 
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