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Autore: Mordreed    22/10/2014    4 recensioni
COLIN O'DONOGHE- JENNIFER MORRISON
Due perfetti sconosciuti che si incontrano per caso, anni prima che il destino li unisse in una nuova esperienza lavorativa. Un incontro dimenticato, un nuovo inizio. Una storia d'amore tormentata, intesa e proibita che sconvolgerà la vita di entrambi. La passione incontrollabile e sventurata, di due amanti clandestini e maledetti.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sei la mia consolazione più pura,

sei il mio più fermo rifugio,

tu sei il meglio che ho

perché niente fa male come te.

 

No, niente fa male come te.

Bruci come ghiaccio e fuoco,

tagli come acciaio la mia anima -

tu sei il meglio che ho."

- Karin Boye




New Jersey, 2009

"Hai bisogno di una pausa"
"Ti ho detto che non posso... davvero! Devo ripassare il copione, tra due giorni ricominciamo a girare altre scene"
"Pronto? Parla con la dottoressa Allison Cameron o con mia sorella, Jennifer Morrison?"
Jen sorrise al telefono, mentre con l'altra mano libera allineva una pila di fogli sul tavolo della roulotte. 
"Anche se volessi uscire adesso, quali sarebbero le prospettive? Sono le 23 passate e sono tutti a letto o a studiare"
"Lo so, per questo ci ho pensato io"
Rispose Julie, sua sorella. Jen corrugò la fronte.
"Che vuoi dire?"
La persona dall'altra capo del telefono riattaccò e subito dopo qualcuno bussò alla porta. 
Jen attraversò di corsa la piccola roulotte del suo camerino, pronta ad aprire.
"Hai le lezioni al colloge, domani"
"Ciao a te, anche tu mi sei mancata sorella!"
Disse Julie in tono sarcastico mentre Jen lasciava andare via ogni autorià da sorella maggiore e la stringeva in un abbraccio.
"Mi sei mancata"
Mormorò Jen sinceramente emozionata da quella sorpresa. 
"Vedi? Così va molto meglio"
Canticchiò Julie sciogliendo l'abbraccio.
"Vieni dentro, o della cioccolata calda già pronta"
Julie la guardò orripilata. 
"Non sono venuta dall'altro lato del paese solo per sorseggiare della cioccolata in una roulotte con mia sorella. Siamo in New Jersey e c'è una città che devi conoscere"
"Io la conosco"
Si difese Jen. 
"Tu conosci il parcheggio fuori dalla tua roulotte. Forza, andiamo.. non voglio sentire scuse. Rubiamo un vestito a quella dottoressa sciacquetta e usciamo"
"Non insultare il mio personaggio, Ju"

Strano come anche in pieno inverno, la città brulicava di vita anche in piena notte. C'erano luci ovunque, negozi aperti, chioschi e bar caotici che facevano da melodia alla musica di strada e alle chiacchiere dei turisti. Erano per la maggior parte giovani, che bevevano, gridavano e fumavano come se non avessero nessun pensiero al mondo. 
"Non credo che mamma e papò approverebbero tutto questo"
Jen indicò il balordo che le circondava, mentre un giovane pusher si avvicinava per venderle della droga. 
"Oh Jen, sono con te, è tutto ok.. e poi ti sorprenderesti della gente che frequento al college"
Jen ignorò la provocazione della sorella, risparmiando a entrambe una ramanzina. 
"Dove mi stai portando?"
"Shh. Siamo arrivate"
Erano nel retro di quello che chiaramente era un locale underground. Una grande porta rossa metallica, era ricoperta da graffiti, frasi oscene e qua e la c'erano scatole vuote di sigarette e preservativi. Jen guardò Julie scandalizzata. 
"E' questa la tua idea di divertimento?"
La sorella la ignorò è tirò fuori un pass dalla borsa. Bussò tre volte alla porta - come se quello fosse una specie di segnale segreto per entrare - e un omaccione di carnaggione scura, con un completo di Armani fuori moda e un auricolare, le fece entrare dopo aver raccolto il pass dalle mani di Julie. 
"Credimi, ti piacerà"

In effetti non era male. 
Dentro l'atmosfera era del tutto diversa, il locale stesso lo era. C'era un'immensa sala con palco a pieno terra. alla destra un chilometrico bancone da bar illuminato da luci a led colorate, e tre gallerie percorrevano l'intera struttura del posto. Julie condusse Jen su per una rampa di scale. Si fermarono sulla seconda galleria ed entrambe si sporsero dalla ringhiera della balaustra per osservare il palco sotto di loro. C'era una boy band che suonava un pezzo hard rock. La gente si accalcava ovunque, ballando e saltando scatenata. Julie afferrò due gelatine alcoliche e ne passò una alla sorella, le cui grida di protesta, furono soffocate dal gran chiasso che le circondava.
"E' la serata dei talenti emergenti. Guarda bene ognuno di questi cantanti, perchè presto potrai vederlo sulla copertina del 'Rolling Stone'"
Urlò Julie per superare l'incessante vociare della folle e la musica a palla. 
Dopo qualche minuto, Jen si sorprese a divertirsi e comprese che l'idea di Julie non era poi così male. 
Il presentatore salì sul palco.
"E adesso un nuovo gruppo. Tenetevi strette le mutandine ragazze, perchè sono sicuro che stanno per volare via"
Il pubblico rise. 
"Accogliamo sul palco Gli Enemies con il loro singolo 'Perfect Strange'"
Partì un applauso scrosciante, che durò a lungo quando la band si palesò al pubblico. Tutti compresero le parole del presentatore: in effetti i membri della band erano dei gran bellocci. Jen non si sarebbe stupita di vederli presto su qualche copertina, mezzi nudi e pieni di cerone, mentre mostravano al mondo la loro bellezza arrogante. 
Però dovette ricredersi quando partirono i primi accordi della canzone e il primo dei due cantanti cominciò a cantare. 
Mh, doveva ammettere che erano piuttosto bravi. 
Julie rispecchiava a pieno l'umore della sala in quel momento: urlava e saltava come un'ossessa, e Jen potè giurare di averle sentito dire 'Sposami' - perchè l'alternativa 'Scopami' non era assolutamente contemplata - a uno o forse tutti e cinque gli uomini sul palco. 
"Ommiodio! Sono bravissimi oltre che dei gran manzi.."
Julie buttò un braccio intorno alle spalle della sorella.
"Dimmi chi ti piace"
Jen rise scandalizzata.
"Cosa? Sono fidanzata"
"Andiamo Jen, smetti di fare la frigida, E' solo un gioco.. un gioco vecchio quanto il mondo."
Jen rise dell'espressione enfatica della sorella e si lasciò andare. Massì dai, sempre la solita esagerata. 
Era un gioco. 
"Mh.."
"Forza! Dimmi chi ti scoperesti subito e ti giuro.."
la ammonì notando di nuovo l'atteggiamento genitoriale che riemergeva in Jen.
".. ti giuro che se fai ancora qualche commento moralista del cavolo, mollo tutto e vado via. Sono fuori con mia sorella maggiore, non con nostra madre"
Colpita nell'orgoglio, Jen scrutò il palco più attentamente. 
Si, erano belli.. ognuno aveva la sua particolartià, ma nessuno la colpì davvero. 
Poi l'altro cantante, il tizio con la chitarra, cantò per la prima volta la sua strofa.

Might have known you'd be my savior,
when I'd fallen out of favor,
Might have known you'd be my savior
You saved this perfect stranger

"Mh.. forse lui"
Disse indicando il ragazzo.
"Hai capito Jen la frigida"
"Non chiamarmi così"
Julie rise e dopo un pò Jen si unì a lei.
"Hai scelto il migliore. Dio, quel tizio è strascopabile. Ed è anche chittarista e cantante! Le mie ovaie stanno scoppiando"
Jen spalancò la bocca difronte al linguaggio forbito della sorella.
"Ma che razza di college frequenti?"



Los Angeles, Giugno 2012

Amava quel posto. 
Era la sua scappatoia, il suo rifugio personale. Le piaceve quel piccolo bar in periferia, appena fuori città e a cinque minuti dagli studi di registrazione. 
Lo aveva scoperto con i suoi colleghi di set, erano solito andare li dopo le riprese a festeggiare e prmeiarsi di un'altra giornata di duro lavoro.
E in quell'anno trascorso, ne avevano avuti di buoni motivi per festeggiare. Once Upon A Time, il nuovo show nel quale recitava, aveva esordito con un'ottima prima stagione. Perciò le aspettative per la seconda erano davvero alte. 
Afferò il piccolo bicchiere di vetro e versò nella sua bocca il liquido ambrato che vi conteneva.
Poi passò al successivo.
L'alcool le arse la gola, lo stomaco e le anestetizzò i pensieri.
Che piccola ingrata, si disse. 
Era finalmente la protagonista di uno show, un ruolo di primo piano che aveva sempre sognato. I suoi colleghi erano persone eccezionali, e in più era fidanzata da più di un mese con Sebastian Stan, suo collega e uno degli attori più sexy del momento. 
Cosa stava cercando? Cosa sperava di ottenere, tutta sola alle 11 di sera in quel bar?
Era stata la fame a spingerla fin lì.
Non era colpa sua, se quel vuoto costante che avvertiva al centro dello stomaco, quella voragine così profonda da scavrle dentro e farle provare la stessa sensazione di un uomo che non mangia da giorni, la tormentava costantemente. 
Aveva una bella vita? Si.
Un lavoro da sogni? Si.
Un ragazzo d'oro? Si.
Ma aveva fame. 
"Un altro giro, Bill"
disse al barista che prontamente si affrettò ad accontentare la sua cliente preferita. 
"Mh.. conosci il nome del barman. Non lo sai che è sconveniente per una signora?!"
"Prego?"
Chiese stizzita voltandosi.
Un ragazzo alto, moro e con modi di fare da gran piacione, prese posto sedendosi sullo sgabello al suo fianco, poggiando le braccia sul bancone del bar. 
Di solito gli uomini, se non erano suoi colleghi, le stavano alla larga, troppo intimoriti dalla sua fama e dai riflettori che la seguivano ovunque.
Chi era questo sfrontato e arrogante ragazzo che l'aveva avvicinata come fosse una qualsiasi ragazza in un bar?
"Sai com'è.."
Spiegò lui con un sorriso sornione. 
".. è disdicevole per una donna chiamare il barista col proprio nome. Da adito a dicerie e permette alla gente di inquadrarti nel modo sbagliato"
"La gente ha l'abitudine di inquadrare qualcuno sempre e solo nel modo sbagliato"
Replicò secca Jen finendo un altro shoottino. 
"Si"
Riprese deciso il ragazzo.
"Ma tu non servirglielo su un piatto d'argento"
Lei si voltò di nuovo verso di lui, curiosa suo malgrado ma anche indispettita. 
"E sentiamo, che impressione darei alla gente?"
Lui si grattò per un attimo la sua barba rada, aggrottò leggermente la fronte e la fissò con un'intensità che doveva essergli proibita. Quegli occhi blu cobalto la passarono in rassegna come se lui possedesse la vista a raggi X.
"Conosci il nome del barman, e dal modo in cui gli parli è chiaro che vieni qui spesso. Direi quasi che siete amici e lo so perchè ti ha appena offerto un giro gratis. Sei qui senzi amici ne un ragazzo, il che può voler dire che forse sei sola o ti senti sola. Bevi per dimenticare tutto questo, forse perchè è l'unico modo che ti aiuta a non pensare al casino che hai dentro ma che non dai a vedere"
La sua voce era serie e profonda, come se fosse davvero un psicanalista con la sua paziente. 
"Oppure.."
Concluse con un tono decisamente più allegro.
".. sei semplicemente un'alcolista a cui piace il sapore dell'alcool"
Jen sentì le sue labbra dischiudersi per lo stupore e si costrinse a serrarle prima che lui se ne accorgesse. 
Dentro si sentiva sconvolta, come se tutto l'alcool che aveva ingerito si stesse ribellando a quella parole.
"Io non sono sola e triste"
Gli disse sibilando tra i denti.
Lui scrollò le spalle in un gesto di educata incredulità.
Questo la infastidì maggiormente.
"Sei solo uno straniero in un bar.. non hai il diritto di importunare la gente"
Lui bevve un altro sorso del suo drink e tornò a osservarla. 
"Credevo che fossi stata tu a chiedermi di dirti ciò che pensavo"
Lei tamburellò le dita sul bancone di marmo del bar. Stava facendo la figura della stupida.
D'un tratto avvertì l'impulso di urlare 'Tu non sai chi sono io' così da mettere a tacere questo ragazzotto che chissà perchè non era intimorito e non sembrava affatto preoccupato dal fatto di trovarsi in un bar a importunare Jennifer Morrison. Ma questo l'avrebbe resa solo più patetica. 
Così decise di contraccambiare il colpo, usando la tattica di lui.
"Scotch liscio? Mpmfh"
Si abbandonò ad un gesto sprezzante. 
"Che c'è? Giornata intensa in ufficio? La nuova segretaria, quella che non è scappata via facendoti causa per molestie sessuali come la precedente, è una racchia? Paparino non ti ha comprato l'ultima Ferrari sul mercato?"
Lui continuò tranquillo a godersi il suo drink, come se lei non avesse affatto parlato.
Una volta finito, oggiò il bicchiere vuoto sul banco con un gesto deciso, e voltò il viso verso la donna. 
"Con tutto il rispetto, ragazza, leggere le persone non è proprio il tuo forte.."
Poi sorrise, scacciando via quel tono serio e gelido che per un attimo si era impossessato di lui.
Non doveva importarle niente, ma si sentì ferita da quelle parole. Dissimulò il tutto in un silenzio rabbioso.
Lo sgabello al suo fianco grattò rumorosamente sul pavimento. 
Questo richiamò la sua attenzione. 
Si voltò e vide che il ragazzo stava indossando la sua giacca di pelle nera. 
Lasciò una banconata da 20 dollari sul banco. 
"Mi piace questo posto"
Disse all'improvviso, tornando a prestarle attenzione. Abbracciò con lo sguardo tutto il locale: le luci basse e accoglienti, i tavolini puliti, il bancone lucido, il vecchio Jukebox che suonava un pezzo degli anni '90. 
"Forse ci verrò spesso d'ora in avanti. C'è molto da scoprire..."
Marcò deciso l'ultima frase, fissandola negli occhi.
"Mi toccherà trovare un nuovo posto dove andare"
"E rinunceresti a Bill e a un giro di tequila gratis, solo per me?"
Lui sorrise in maniera arrogante mentre lei incassava l'ennesimo colpo di quella chiacchierata bizzarra. 
"Hai ragione. Sei tu l'ultimo arrivato: tocca a te trovarti un altro bar"
Replicò lei col tono di una bambina che difende il suo parco giochi da un intruso. E questo la fece sentire ancora più idiota e infantile. 
Perchè questo tipo strano tirava fuori il peggio di lei?
"Ti servirà un mandato per tenermi lontano da questo posto. Mi piace, ed è anche a due passi dal mio nuovo 'ufficio'"
Lei gli dette le spalle e fissò le bottiglie di liquori allineate sugli scaffali difronte, al di là del bancone.
"Fai le condoglianze alla tua nuova segretaria da parte mia"
"Lo farò"
Disse lui sbrigativo raggiungendo la porta. 
In tutta quella bizzarra situazione, Jen si rese conto di essersi dimenticata di avere fame. 
   
 
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