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Autore: _Fedra_    30/10/2014    9 recensioni
Parigi, settembre 2013.
Durante una festa a tema, una ragazza dai lunghi capelli biondi abbigliata in maniera incredibilmente realistica fa la sua comparsa tra gli invitati. Sembra molto confusa e spaventata, come se non avesse la minima idea di dove si trovi.
Solo Rosalie Lamorlière, appena arrivata da Francoforte, riuscirà a capire che la giovane in realtà è molto più vecchia di quanto vuole far credere, forse addirittura di un paio di secoli.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 38
                       






 
Nicole fissò il ragazzo basso e incipriato che aveva di fronte con gli occhi colmi di orrore.
Possibile che le sue disgrazie fossero destinate a non avere mai fine?
“Per favore, non sono dell’umore giusto per scherzare”, balbettò. 
“Non è uno scherzo, Madame. Solo una brutta avventura, che fortunatamente è giunta a termine”, spiegò Luigi Augusto abbozzando un sorriso impacciato. “Vedrete, presto torneremo a casa”.
“A casa?!”, la ragazza sbiancò ancora di più.
Solo in quel momento si era resa conto che il suo interlocutore non vestiva gli abiti di un ragazzo moderno.
E che la sua somiglianza con i ritratti del futuro Luigi XVI era a dir poco spaventosa.
Solo allora Nicole comprese che i suoi guai erano appena cominciati.
In quel preciso istante, il delfino estrasse un orologio in ottone dal panciotto.
Sulle sue labbra si stava allargando un sorriso che alla ragazza non piaceva per niente.
“Fidatevi di me”, disse mentre le sue dita grassocce prendevano a spostare le lancette all’indietro.
Per Nicole non fu difficile indovinare che cosa stava per fare.
“No! No! Per favore, sono quella sbagliat…”.
Troppo tardi.
Un enorme vortice si aprì alle spalle del delfino, inghiottendoli entrambi.
Nicole urlò mentre avvertiva i suoi piedi staccarsi da terra, scagliandola dritta nel passato.
Un attimo prima di sparire, le parve di vedere l’espressione sbigottita dipinta negli occhi di una ragazza mora dagli occhi verdi, che la fissava come se avesse appena visto un fantasma.
***

Jeanne rimase interdetta per diversi secondi prima di osare sbattere nuovamente le palpebre e capacitarsi che in realtà non aveva bevuto abbastanza per cadere in preda alle allucinazioni.
“Ecco dov’eri finita!”, disse in quel momento la voce di Nicolas alle sue spalle.
La ragazza posò prudentemente il calice vuoto sul primo vassoio che le capitò a tiro, rivolgendo un sorriso tirato al suo ragazzo.
“Stai bene?”, domandò lui, cingendola tra le braccia. “Sei molto pallida”.
“Ѐ solo l’influenza, non preoccuparti”, rispose Jeanne in tono disinvolto. “Scusami, ora. Credo di dover andare un attimo in bagno”.
Detto questo, la ragazza si scostò da lui con un gesto deciso, abbandonando a grandi passi la sala.
No, non si era sbagliata: aveva visto davvero due persone svanire nel nulla.
Il come e il perché sfuggivano però alla sua comprensione.
La cosa l’aveva decisamente scossa.
Credo di avere la febbre, pensò mentre entrava nella toilette affollata e si metteva in fila.
Il grande specchio fissato alla parete le restituì il suo riflesso pallido e sciupato, con il volto segnato dalle occhiaie.
Sì, ho decisamente la febbre, constatò Jeanne nervosamente, prendendo a sistemarsi una ciocca di capelli fuori posto.
In quel momento, un rumore di passi attirò la sua attenzione, strappandole una smorfia di disappunto.
La sua sorellastra era appena uscita dalla toilette, rassettandosi il maglione lungo i fianchi.
“Ciao, Jeanne”, la salutò Rosalie non appena intercettò il suo sguardo. “Tutto bene?”.
“Potevo stare meglio”, rispose lei con voce roca, lasciandosi sfuggire un colpo di tosse.
“Mi dispiace che non ti sia potuta esibire, questa sera. Sono convinta che te la saresti cavata molto meglio di me”, proseguì la ragazza, implacabile.
“Oh, non dire così! Sei stata bravissima”.
In quel momento, Jeanne avrebbe tanto voluto torcerle quel collo da uccellino per averle rubato la scena all’ultimo momento dopo settimane di prove.
“Sicura di stare bene?”, domandò Rosalie, scrutando il suo sguardo spento. “Hai gli occhi molto lucidi”.
Vuoi deciderti a farti gli affari tuoi?, pensò la ragazza con rabbia.
“Niente, è solo la tua immaginazione”, si affrettò a tagliare corto.
“Scusami, non volevo essere troppo invadente”, si affrettò a replicare Rosalie. “In ogni caso, io sono qui”.
In quel preciso istante, una ragazza bionda fece ingresso nel bagno.
Alla sua vista, Jeanne sbiancò: ma non era la stessa persona che aveva visto svanire fino a un attimo prima?
“Eccoti, Antoine!”, esclamò Rosalie venendole incontro. “Dove hai lasciato Axel?”.
“Avevo voglia di stare un po’ da sola”, rispose lei seria in volto. “Per caso hai il numero di Louis? Christine sta parlando da mezz’ora con Victor e non mi va di disturbarli…”.
In quel momento, gli occhi della ragazza si posarono su Jeanne, che la stava fissando come se avesse di fronte un fantasma.
“Ci conosciamo?”, domandò l’arciduchessa, immaginando che la giovane l’avesse sicuramente riconosciuta.
“Non credo”, replicò l’altra in tono sbrigativo.
“Jeanne, tu mi nascondi qualcosa”, intervenne Rosalie con decisione. “Sicura che non sia successo niente? Chessò, magari hai visto qualcosa di strano…”.
A quelle parole, la ragazza strinse d’istinto le labbra.
La cosa suonò per la sorellastra come un improvviso campanello d’allarme.
“Jeanne,”, proseguì, fissandola dritta negli occhi “non mentire con noi. Se è accaduto qualcosa di strano, è tuo dovere dircelo. Come pensi che la prenderà papà se per qualche motivo gli invitati al ricevimento hanno fatto qualcosa di sbagliato proprio sotto il suo naso? Lo sai che poi potrebbe trovarsi in guai seri con il direttore”.
Jeanne scrollò le spalle, rivolgendole un’occhiata omicida.
“Forse è una cosa di nessuna importanza”, ammise dopo quella che parve un’eternità. “Poco fa ho avuto come l’impressione di vedere due persone sparire nel nulla. Ma probabilmente ho un po’ di febbre”.
A quelle parole, sia Rosalie che Maria Antonietta sgranarono gli occhi per la sorpresa.
“In che senso sparite?”, esclamò la sorellastra.
“Ecco, ora credi che sia ammattita…”.
“No, invece è importante! Ricordi che aspetto avevano?”.
“Sì..cioè, insomma…”, Jeanne indicò timidamente Maria Antonietta con la mano. “Per la verità credevo che fosse lei, in compagnia di un ragazzo basso e un po’ cicciottello…”.
Non aveva neppure finito la frase, che l’arciduchessa si era rivolta di scatto verso Rosalie, le guance più pallide che mai.
“Chiama Louis, presto!”.
***

Atterrarono in uno stanzino riccamente decorato, le cui tappezzerie erano illuminate dalla luce aranciata delle candele. Nicole si guardò intorno spaventata, incontrando gli sguardi severi di due lacché, che si prostrarono immediatamente al suo cospetto. A pochi passi da lei, un giovane uomo e una donna dall’aria sprezzante le rivolsero una lunga occhiata con i loro sguardi indecifrabili.
    Solo allora la ragazza si rese conto che ormai era inutile e pericoloso tentare di fuggire. Se solo quegli sconosciuti avessero creduto che si trattasse di un’impostora, sicuramente l’avrebbero sbattuta in carcere o peggio. Il solo pensiero di essere stata strappata al suo mondo per morire confinata in una delle epoche più turbolente della Storia le fece salire le lacrime agli occhi.
    –Non piangete, Madame – si affrettò a intervenire Luigi Augusto, cingendole affettuosamente le spalle con un braccio. – Vi chiedo solo di affrontare l’ultimo sforzo di accomodarvi di là, in attesa che sistemi le persone che vi hanno voluto così male.
    Nicole non oppose resistenza, seguendo uno dei due lacché all’esterno. Un attimo dopo, si trovò immersa nella sfarzo del ballo in maschera. I suoi occhi si colmarono di sorpresa nel contemplare gli abitanti di quell’epoca lontana che si muovevano nella grande sala. La loro vista suscitò in lei un’indescrivibile sensazione di stupore. Non sembrava affatto di vivere all’interno di un film o di un dipinto settecentesco. Quegli uomini e quelle donne erano quanto di più vivo e reale potesse esistere. La cosa le fece montare i capogiri.
    In quel preciso istante, il suo sguardo catturò il profilo allampanato di un ragazzo dagli occhi chiari che stava discutendo animatamente con uno dei lacché di guardia alla porta. Aveva i capelli castani scompigliati e l’aria decisamente abbacchiata. Ma non fu il suo aspetto decisamente fuori posto a sconvolgere Nicole più di quanto già lo fosse. Fu il fatto che quello sconosciuto indossava qualcosa che non doveva trovarsi affatto lì. Per quanto sporca a logora, la ragazza avrebbe riconosciuto tra mille la felpa preferita di Axel.
    Timidamente, si avvicinò allo sconosciuto, tirandolo per una manica. Il ragazzo si voltò di scatto, incontrando i suoi occhi. Entrambi non poterono fare a meno di rabbrividire.
    –Vogliate scusarmi – si schermì Nicole in tono impacciato. – Temo di avervi scambiato per qualcun altro.
    –Non fa niente, Madame. Piuttosto sono io che mi scuso per la mia tenuta tutt’altro che adeguata in questo luogo, ma temo di essere stato rapinato – rispose lo sconosciuto, rivolgendole un timido sorriso. 
    Aveva un forte accento straniero.
    –Non preoccupatevi – lo rassicurò istintivamente Nicole, alludendo al suo abito da sera. – Anch’io non sono propriamente alla moda.
    –Siete molto gentile. Come vi chiamate?
    La ragazza trasalì. E ora, come doveva rispondere?
    –Chiamatemi Antoinette – rispose dopo un po’. – E voi?
    –Sono il conte Axel Von Fersen.

 
***

–Potete ritenervi fortunato, caro cugino – disse Luigi Augusto pazientemente, seduto di fronte al duca di Orléans. – Ciò che avete fatto è di una gravità inaudita, tuttavia il mio buon cuore mi impedisce di macchiarmi del sangue di qualcuno che appartiene alla mia stessa famiglia. Per questo, voi e la contessa Du Barry avrete il mio perdono e il mio silenzio, purché tale episodio non si ripeta più. Inoltre, le mie guardie si affretteranno a liberare l’inventore e la sua famiglia. Credo che Monsieur Cluzet si troverà molto bene a corte. Lo ritengo un uomo assai interessante.
    Il duca ascoltò il discorso del cugino senza battere ciglio. Stava andando meglio di quanto avesse sperato. Quell’allocco del giovane principe non avrebbe mai imparato quanto potesse costare caro un gesto di pietà.
    –Vi ringrazio, per la vostra misericordia – disse, fingendo un tono carico di prostrazione. – Ho imparato dai miei errori e potete avere la mia parola che da oggi in poi resterò al mio posto.
    –Molto bene. Allora possiamo concludere qui questa spiacevole faccenda – concluse Luigi Augusto in tono soddisfatto.
    I due cugini si salutarono con un rapido cenno del capo; poi il principe uscì dallo studiolo, rimpiombando nel caos della festa. Non appena fu fuori, il ragazzo estrasse istintivamente la macchina del tempo dal panciotto, rigirandosela tra le dita tozze. Certo che aveva tra le mani un tesoro dal valore inestimabile: attraverso di esso, avrebbe potuto viaggiare nel tempo, conoscere il futuro e magari incontrare i personaggi storici che aveva sempre ammirato, come per esempio il re Carlo I d’Inghilterra. Al solo pensiero, il giovane principe si sentì fremere dall’emozione.
    Stava già pregustando il suo prossimo viaggio, quando improvvisamente qualcosa colpì i suoi occhi miopi come una doccia gelata. Sua moglie stava chiacchierando con uno sconosciuto dall’aria macilenta, entrambi in disparte con le spalle addossate a una colonna. La cosa gli trafisse il cuore come una lama incandescente. In fondo, doveva aspettarselo: che speranze aveva lui contro quell’affascinante straniero che sembrava divertire così tanto l’arciduchessa?
    In quel preciso istante, qualcosa vibrò nella sua tasca, suscitandogli un moto di fastidio. Luigi Augusto si frugò istintivamente nella giacca, fino ad afferrare il cellulare che aveva riportato indietro con sé. Era appena arrivato un messaggio. Ripetendo le operazioni compiute in precendenza, il ragazzo lo aprì, prendendo a leggere avidamente.
    Monsieur, sono io, Maria Antonietta. Tornate subito nel 2013, perché temo che abbiate sbagliato moglie. 

 
***
 
Maria Antonietta continuava a fissare lo schermo del cellulare con gli occhi sbarrati, in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa.
Al suo fianco, Axel le pose dolcemente una mano sull’avambraccio.
“Stai tranquilla”, cercò di confortarla. “Vedrai che il delfino avrà sicuramente ricevuto il messaggio”.
“E se nel mentre il cellulare si fosse scaricato? O se l’avesse perso?”, domandò l’arciduchessa al culmine dell’ansia.
Di fronte a lei, Oscar, André e Rosalie le rivolsero un’occhiata carica di tensione.
Sembrava assurdo, eppure in quel momento il futuro della Francia dipendeva proprio da uno stupido sms.
Peggio di così non poteva andare.
Improvvisamente, qualcosa accadde.
Un ragazzo basso e grassoccio con la parrucca incipriata era appena apparso dal nulla, fissando i loro volti con i piccoli occhi chiari.
Alla sua vista, Maria Antonietta dimenticò tutto.
Scattò in piedi e si lanciò tra le sue braccia, stringendolo forte a sé.
“Monsieur!”.
“Madame!”, esclamò Luigi Augusto, abbracciandola come non aveva mai fatto prima. “Oh, siete davvero voi! Che paura, che ho avuto! Appena siamo tornati, la vostra sosia si è subito dileguata con un conte svedese. Mi sono sentito morire!”.
A quelle parole, Maria Antonietta si discostò da lui con gli occhi pieni di lacrime.
Dunque era accaduto, una delle due Marie Antoniette aveva davvero sedotto il conte di Fersen.
Una Maria Antonietta che non era lei.
“Sono riuscito a risolvere la faccenda con il duca d’Orléans e la contessa Du Barry. Posso assicurarvi che non vi daranno più noie”, proseguì il delfino, prendendole le mani tra le sue. “Ora possiamo tornare a casa”.
A quelle parole, Maria Antonietta si sentì stringere lo stomaco.
Casa.
Le fu impossibile trattenere le lacrime mentre indugiava sui volti carichi di speranze dei suoi amici, fino a incontrare lo sguardo di Fersen. 
I suoi occhi erano carichi di consapevolezza. 
Entrambi sapevano che cosa dovevano fare, per quanto avessero lottato con tutte le loro forze per evitarlo.
Sarebbe stato bello poter vivere nella stessa epoca, uniti per sempre.
Ma questo non era il loro destino.
Maria Antonietta si volse verso Luigi Augusto, avvertendo una stretta al cuore nel momento in cui incontrò i suoi occhi.
Sì, suo marito l’amava, per quanto timido e goffo.
Quella sera glielo aveva dimostrato.
E lei non poteva più ignorare il suo dovere di futura regina di Francia.
Non sarebbe servito a niente restare lì per puro capriccio, consegnando il regno al caos.
Se voleva davvero bene alle persone che aveva di fronte, allora doveva lasciarle andare.
Solo così le loro vite sarebbero state salve, lasciando intatto il corso naturale della Storia.
“Monsieur, questi sono i miei amici. Mi hanno aiutata a sopravvivere nel futuro per tutto il tempo in cui sono rimasta qui. A loro devo tutta la mia riconoscenza”, disse con la voce rotta dalla commozione. “Ecco, vi presento Oscar François De Jarjayes, André Grandier, Rosalie Lamorlière e…”, la sua voce si incrinò appena nel pronunciare quell’ultimo nome “Axel Fersen”.
“Ѐ un piacere conoscervi”, disse Oscar con un inchino educato.
Gli altri la imitarono con aria intimidita e composta, increduli ed emozionati.
Axel si inchinò per ultimo.
Il suo sguardo indecifrabile incrociò quello del delfino, che gli rispose con un timido sorriso.
“E dov’è quel giovane lacchè che mi ha aiutato a ritrovarvi?”, domandò poi, rivolto alla consorte.
“Il giovane Louis non ha potuto prendere parte a questo ricevimento. Mi dispiace non poterlo salutare”, rispose Maria Antonietta tristemente.
Luigi Augusto le rivolse un sorriso di incoraggiamento.
“So che vi dispiace lasciarli…”, disse.
“…ma devo”, concluse lei al posto suo.
I suoi occhi si posarono ancora una volta in quelli di Axel.
“Non dimenticherò mai questa avventura. Vi ringrazio, amici miei”.
Solo allora, l’arciduchessa si rese conto di non essere l’unica ad avere il volto rigato dalle lacrime.
Davanti a lei, Oscar era appena scoppiata in singhiozzi.
Le due amiche si sorrisero, stringendosi in un forte abbraccio.
“Mi mancherai”, sussurrò l’arciduchessa, il volto premuto contro la sua spalla.
“Anche tu, Antoine”, rispose l’altra. “Sii forte”.
“Come mi hai insegnato tu, amica mia”.
Anche Rosalie corse ad abbracciarla, singhiozzando forte.
“Allora sai piangere!”, esclamò Maria Antonietta, cercando di tirarsi su a vicenda.
Lei fece una smorfia, scuotendo il capo.
“Prometto che è l’ultima volta”, rispose tra le lacrime.
Subito dopo, André le stampò due baci sulle guance.
“Porta i mei saluti a Louis”, disse l’arciduchessa.
“Te lo prometto!”, fece lui con la voce rotta dall’emozione.
Poi fu il turno di Axel.
I due ragazzi si scambiarono una profonda occhiata, poi lui si chinò per sfiorarle la mano con le labbra.
“Arriverci, Antoine”, disse piano.
“Arriverci, Axel”, rispose lei, cercando di non tradire alcuna emozione.
Per fortuna, alle sue spalle Luigi Augusto non sembrava averlo riconosciuto.
Maria Antonietta si voltò verso il consorte, lo sguardo carico di consapevolezza.
“Andiamo?”, trovò il coraggio di chiedere.
“Andiamo”.
I due principi si presero per mano, mentre il delfino iniziava a riportare indietro le lancette della macchina del tempo.
Maria Antonietta si sentì stringere il cuore.
Stava finalmente andando verso il suo destino.
Verso il trono di Francia.
Verso gli onori.
Verso il patibolo.
Mentre il varco spazio-temporale si riapriva, l’arciduchessa levò lo sguardo un’ultima volta verso i suoi amici.
Io vi rivedrò, un giorno. Me lo sento, fu il pensiero che la colpì in quell’istante.
Un attimo dopo, tutto scomparve nel nulla.


 
***
 
Due mesi dopo…

Come ogni sera, Oscar finì di apparecchiare la tavola e tornò a dedicarsi al sugo della pasta, rigirandolo distrattamente nella pentola mentre la radio gracchiava a tutto volume l’ultimo tormentone della stagione.
Lanciò una rapida occhiata all’orologio appeso alla parete.
Le sette e venti.
Non doveva mancare molto.
Ricominciare dopo quell’avventura non era stato facile.
Quello che se l’era vista peggio era stato sicuramente Axel, che aveva dovuto sorbirsi per mesi i malumori della famiglia di Nicole.
In effetti, era lui l’unico verso responsabile della scomparsa della loro unica figlia, per quante scuse potesse inventarsi.
La versione ufficiale dei fatti era che la ragazza, una volta scaricata, aveva lasciato l’Opéra in lacrime e da lì nessuno ne aveva più saputo nulla.
La polizia l’aveva cercata per settimane, sottoponendo Axel a interminabili interrogatori, ma alla fine non era riuscita a venire a capo della faccenda.
Dal suo canto, il signor Leguay era seriamente intenzionato a ucciderlo, dopo quella faccenda.
Per questo, sotto le pressioni della sua stessa famiglia, il ragazzo si era visto costretto a trasferirsi in Austria per qualche mese.
Per fortuna, essendo uno studente particolarmente brillante, non aveva avuto problemi nell’ottenere una borsa di studio all’università di Vienna.
Se non altro, si sarebbe trovato a un passo dal castello di Schonbrunn, che andava a visitare alla prima occasione.
Certo, i suoi sei mesi di permesso lo avevano costretto a separarsi momentaneamente dal suo più grande amore, ma sia Oscar che Maria Antonietta erano concordi del fatto che il ragazzo dovesse scontare un minimo di punizione per aver spezzato il cuore a Nicole, per quanto fosse insopportabile.
Perlomeno, ora anche lei aveva trovato la sua felicità.
Quello verso il vero Axel Von Fersen era stato un amore a prima vista.
Nell’arco di poche ore, i due giovani erano ormai inseparabili.
A tal punto che i due futuri sovrani di Francia non se l’erano sentiti di insistere nel riportarla a casa.
Maria Antonietta aveva deciso di prendere Nicole nel suo seguito (celando in realtà la scusa di tenerla d’occhio) e in questo modo era riuscita a garantirle vitto e alloggio, insieme alla possibilità di vedere il suo amante ogni giorno.
Il suo piano segreto era quello di rispedirla a casa insieme al conte svedese, ma la giovane aveva ormai altri pensieri per la testa, l’ultimo dei quali aveva a che fare con un matrimonio imminente.
Perlomeno, la ragazza aveva smesso di assomigliare a una fontana monumentale e appariva di gran lunga più sorridente e rilassata di come l’arciduchessa l’aveva conosciuta.
Ma non sarebbe mai riuscita a trovarla simpatica.
In fondo, dalla vita non si poteva avere tutto.
Per il resto, Maria Antonietta poteva dirsi la donna più fortunata della terra.
Dopo la scarcerazione, Monsieur Cluzet era entrato a far parte della cerchia più stretta di Luigi XVI.
I due erano ormai diventati ottimi amici, ma i viaggi nel tempo erano stati archiviati da un pezzo: dopo averne sperimentato la pericolosità, era meglio non scherzare troppo con la Storia.
Tuttavia, il giovane principe aveva voluto serbare un ultimo regalo alla consorte.
Nei primi giorni a corte, infatti, Maria Antonietta non riusciva a celare in nessun modo il suo malumore.
Le mancavano, i suoi amici, le mancavano terribilmente.
E, dal canto suo, Luigi Augusto non poteva che compatirla.
Per questo aveva deciso di lasciarle in gran segreto la macchina del tempo.
Sarebbe stato il suo modo per evadere e tornare nel futuro, non appena ne avrebbe avuto l’occasione.
Improvvisamente, la ghigliottina non le faceva più paura: ora avrebbe potuto vivere ben due vite, andando avanti e indietro nelle due ere che ormai facevano indissolubilmente parte della sua esistenza.
Non appena la vita di corte la soffocava, Maria Antonietta si rintanava nella sua camera e spostava immediatamente le lancette dell’orologio in avanti, verso il futuro.
Un futuro dove avrebbe potuto essere una ragazza come tutte le altre.
Un futuro dove la attendeva l’amore, quell’amore che aveva sempre sognato.
Un futuro che in realtà era il suo presente.
Certo, la tentazione di trasferirvisi definitivamente nel momento in cui sarebbe scoppiata la Rivoluzione si era subito insinuato dentro la sua testa, ma era ancora presto per pensarci.
In fondo, era ancora un’adolescente.
Aveva tutto il tempo per decidere.
La lancetta dell’orologio segnò le sette e mezzo.
Oscar sorrise, voltandosi verso la porta della cucina.
Ormai era talmente abituata a quella presenza, da riconoscere il silenzioso ingranaggio del varco spazio-temporale anche tra i rumori della cucina.
“Giusto in tempo per la cena, Antoine”, disse sorridendo alla giovane bionda che aveva appena fatto ingresso nella stanza.






 
FINE







 
Finita! È finita! 
Sono stati otto mesi fantastici, in cui mi sono divertita tantissimo a scrivere questa fantastica storia che mi ha permesso di fare la conoscenza di voi lettori, sempre affettuosi, entusiasti e avidi di nuovi colpi di scena.
I personaggi vi ringraziano uno a uno per tutto il supporto che avete dato loro e la gioia con cui avete accolto questa mia piccola follia, spingendomi ad andare avanti nella scrittura ogni giorno, anche quando le idee stentavano ad arrivare e la tentazione di mollare tutto diventava irresistibile...
Grazie per tutte le meravigliose recensioni che ho ricevuto negli ultimi mesi, una più bella dell'altra: non mi era mai capitata una cosa del genere e la sorpresa è stata grandissima!
Grazie ad
Annalisa, Valentina, Carla, Chiara, garakame, Crystal25396, NinfeaBlu, Tetide, roby70, Moody Crow e haruko 70 per aver seguito questa storia dall'inizio e l'affetto e la dedizione con cui spesso hanno commentato i capitoli, lasciandomi sempre di stucco.
Un grazie particolare va a
Joy e Susan, le mie autrici preferite: siete mitiche! <3
Un grazie anche alla mia sorellona
A., con cui tengo lunghe sedute di scrittura "in diretta", confrontandoci di continuo su Facebook man mano che le nostre rispettive storie vanno avanti.
Grazie anche a tutti i
lettori silenziosi che continuano a visitare e condividere la storia: mando un abbraccio a ciascuno di voi!
E grazie ancora ai
Linkin Park, le mie muse, che accorrono sempre al momento giusto quando mi trovo in crisi di fronte alla pagina bianca!
Che dire ancora?
Giusto, si passa a una NUOVA STORIA! :)
Guardate un po' qua sotto...






 
SPECIALE
 
THE PHOENIX




da giovedì 6 novembre su efp
(e prossimamente anche su Wattpad)




 
Cosa c'entra "Lady Oscar" con "Master and Commander", "Pirati dei Caraibi" e un videoclip dei Fall Out Boy?
Cuba, 1810
Sono passati cinque anni da quando Rosalie Lamorlère ha ricevuto la notizia della morte di Peter Calamy, ucciso durante un arrembaggio mentre dava la caccia all'Acheron, una fregata francese che sta seminando una scia di sangue e terrore lungo le rotte commerciali inglesi.
Adottata dalla famiglia di lui, la giovane stalliera può dirsi finalmente una ragazza libera e felice, una volta lasciatasi alle spalle il suo passato di dolore e vendetta, rabbia e gelosia.
Allora perché improvvisamente Peter, il suo amore perduto quanto tormentato, continua ad apparire nei suoi sogni, come se in realtà il ragazzo non fosse davvero scomparso nelle acque gelide dell'oceano?
Quando in una notte di tempesta un giovane ufficiale viene trovato all'interno della tenuta di Calamy con il corpo segnato da inenarrabili torture, Rosalie capisce che in realtà la caccia all'Acheron non è ancora finita.
Tra pirati sexy quanto sadici, donne intriganti e pericolose, terribili maledizioni e una canzone che uccide firmata Mike Shinoda, la ragazza troverà finalmente il coraggio di affrontare il suo passato, trovando risposte alle sue misteriose origini e arrivando a sfidare la Morte stessa pur di proteggere coloro che ama.
Per poi risorgere dalle sue stesse ceneri.
Come una fenice.


 
 

Dalla storia:

Improvvisamente, la ragazza trasalì.
Non era stato il rumore del vento, né il fruscio generato dal passaggio di qualche animale. 
Quelli erano passi.
Passi lenti e cadenzati di qualcuno che non avrebbe dovuto assolutamente trovarsi lì.
[...]

Era un uomo, a giudicare dalle spalle larghe e i corti capelli dritti sulla testa e, cosa più spaventosa di tutte, era armato.
Un enorme uncino ricurvo brillava all'estremità del polso destro, privo di mano.
Si muoveva con passi rapidi e circospetti, come se temesse di essere seguito.
[...]
Con un movimento repentino, la ragazza gli scivolò alle spalle e lo colpì alla testa con tutta la violenza che aveva in corpo.



 
Per visualizzare il video dell'antefatto: https://www.youtube.com/watch?v=VZVurT6ZiQY
 


 


 



 



 
   
 
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