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Autore: Deilantha    30/10/2014    0 recensioni
Seguendo una mappa, il mago Taike lancia un incantesimo per arrivare in una città, ma la strada che vuole raggiungere lo porta al limitare di un bosco, da cui spunta un’elfa che lo trascina in un’imprevista e folle corsa.
[OS partecipante al contest "La Vita è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti"]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La Vita è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti

 

Nome Account Forum e EFP: Deilantha 
Titolo: Credevo fosse chiaro: corri!

Prompt:
ROBE STRANE: Una strada ben indicata che non porta da nessuna parte.
CITAZIONI: “Sei sicuro di sapere come si usa?”
OGGETTI: Si tramanda in famiglia da generazioni.
PERSONAGGI: Primogenito.
LUOGHI: Un posto dove non doveva essere
TEMPO: Quello in cui c’erano ancora in giro i maghi.
Rating: Verde. 
Introduzione: Un mago lancia un incantesimo seguendo una mappa per arrivare in una città, ma la strada che vuole raggiungere lo porta al limitare di un bosco, da cui spunta un’elfa che lo trascina in un’imprevista e folle corsa.


 

«Questo non è assolutamente possibile!»

Taike rimase esterrefatto, osservando il panorama che lo circondava. Aveva ancora in mano il libro d’incantesimi e per svariati secondi i suoi occhi balzarono, altalenanti, dalle pagine del tomo al luogo in cui si era materializzato pochi secondi prima. Era certo di aver formulato le parole magiche alla perfezione: era il primo del suo corso, lo studente più diligente, cosa che gli aveva permesso di attingere prima del tempo alla biblioteca dell’Accademia e alla pergamena… Allora cosa diavolo era andato storto?

«Dove diavolo è la strada!?» urlò più a se stesso che a qualche possibile passante, dato che si trovava al termine di un sentiero, nel bel mezzo di un bosco.

Quando aveva lanciato l’incantesimo, era stato certo che si sarebbe trovato sulla strada verso Padeira, la grande città commerciale della sua regione, e invece si era ritrovato su una strada che non portava da nessuna parte, se si vuole escludere il fitto fogliame e gli alberi rigogliosi che gli impedivano di orientarsi. Ma la cosa più sconcertante di tutte era quel sentiero: terminava all’improvviso, proprio davanti ai suoi piedi, come se qualcuno avesse dimenticato di continuarlo o ne fosse stato impedito. Il giovane mago iniziò a chiedersi dove fosse realmente capitato.

Cercò di orientarsi, continuando ad arrovellarsi il cervello su cosa potesse essere andato storto durante l’incantesimo e forse fu a causa di questo doppio lavoro che, quando si concentrò nuovamente sul luogo in cui si trovava, si rese conto di essersi totalmente perso.

«Ma certo, ora sì che sto meglio!» disse sconfortato, finché qualcosa alla sua sinistra catturò la sua attenzione: attraverso il fogliame, come spuntato dal nulla, c’era un raggio di luce talmente forte d’abbagliarlo. Quando si fu abituato a quella luminosità, si accorse che il bosco era terminato e che a poca distanza si riuscivano a vedere del fumo e dei tetti!

Alzò le vesti da mago e corse felice e speranzoso fino al limitare del bosco; quando finalmente fece l’ultimo passo prima di uscire dal fitto fogliame, si fermò per prendere fiato e godersi la soddisfazione di essere uscito da quel labirinto… ma non riuscì nell’impresa, perché nel momento in cui stava per rilassare ogni fibra del suo corpo, sentì qualcosa sfrecciargli accanto e la sua spalla venne urtata da un colpo così violento, che il ragazzo cadde a terra.

«Chiedo scusa magistro, ti sei fatto male?»

Una mano apparve sotto gli occhi di Taike e quando il ragazzo alzò lo sguardo, vide una delle donne più belle che avesse mai incontrato nella sua vita: aveva un corpo sottile e aggraziato, occhi del verde intenso delle foglie, folti capelli biondo oro e un sorriso amichevole e carismatico: era un’elfa. Il mago rimase incantato ad osservare quella creatura di cui aveva sentito solo parlare e perse un secondo di troppo nel farlo, perché intanto il sorriso carismatico della ragazza tramutò in un’espressione stupita.

«Ma sei un ragazzino! Come fai ad avere il diritto di indossare quella veste?»

Ragazzino” a chi? Come osava mettere in dubbio i suoi meriti?

«Per tua informazione ho il pieno diritto d’indoss…»

«Sì, sì, va bene, me lo spiegherai dopo. Ora alzati e inizia a correre: vado un tantino di fretta!»

La mano protesa si allungò verso il polso di Taike ancora aderente al terreno e lo prese in una morsa d’acciaio, costringendo il ragazzo ad alzarsi e a correre, non esattamente nello stesso ordine.

«Aspe…tta… vai… più… piano…» Taike arrancò per i primi metri, finché riuscì ad assumere una posizione eretta: solo quando le sue energie non furono tutte concentrate nello sforzo di rialzarsi, si accorse che alle sue spalle c’era un forte rumore di passi in corsa e un vociare sempre più distinto che non prometteva nulla di buono.

«Maledetta ladra, te ne approfitti perché abbiamo le gambe corte! Fermati e dacci indietro il nostro oro!»

Un gruppo di nani dall’aspetto tutt’altro che amichevole li stava inseguendo, con pugnali e asce alla mano e l’aria di non voler mollare la presa nemmeno per sfinimento.

«Ch-che diamine sta accadendo qui?!» urlò il mago, con tutto il fiato che gli restava in corpo.

«Hai bisogno che ti faccia un disegno? Credevo fosse chiaro! Sta’ zitto e corri!»

«Ma dove stiamo andando?»

«Ovunque ci sia un nascondiglio: tieni gli occhi ben aperti!» l’elfa non perse tempo a rallentare per rispondere alle domande di Taike e continuò a tenere una presa ferrea intorno alla sua mano. Era sorprendente la forza emanata da quella presa, considerando il corpo sottile ed etereo di quella creatura da fiaba. Aveva sentito parlare degli elfi da quando era nato, ma nella regione in cui aveva vissuto non ne aveva mai visto uno: sapeva che gli elfi erano restii a mischiarsi alle altre razze e preferivano vivere chiusi nei loro boschi… tutto sommato, essendo finito per l’appunto in mezzo ad una macchia di vegetazione, doveva aspettarsi di incontrare uno dei suoi abitanti. Ciononostante la visione di quella ragazza l’aveva lasciato sconvolto. Sconvolto al punto da farsi trascinare senza obiezioni in mezzo al fitto fogliame, con un gruppo di nani assetati di sangue alle calcagna, senza saperne il motivo.

«Ecco, quel punto lì è perfetto.» l’elfa girò a destra e rallentò la sua folle corsa, infilandosi in mezzo al verde: Taike la imitò e quando si rialzò, si rese conto di essere all’interno di un albero.

«Come hai fatto a vedere che quest’albero era cavo?!» esclamò meravigliato.

«Vista elfica.» rispose la ragazza, indicandosi gli occhi. Gli elfi erano famosi per avere un’agilità fuori dal comune e una vista eccezionale.

«Oh, ma certo, che stupido: l’avevo completamente dimenticato!» sorrise imbarazzato.

«Non devi aver frequentato spesso degli elfi, vero?» la fanciulla gli sorrise, allegra.

«Ehm… a dir la verità, sei il primo che vedo.»

«Cosa?! Allora non sei di queste parti!»

«No, vengo da Cardh. »

«E come sei finito qui?»

«Beh, sono un mago, l’hai visto anche tu.»

«Ma qui non ci sono scuole di magia; sei venuto per comprare artefatti magici?»

«No… in realtà non so nemmeno perché sono qui. A proposito, mi sai dire con esattezza dove siamo?»

«Cosa? Ma come fai a non sapere dove siamo? Come ci sei arrivato qui se non sai dove sei?!» l’elfa sembrava sinceramente sorpresa, ma c’era anche una nota di divertimento sul suo viso, dettaglio che irritò Taike.

«Stavo cercando di capirlo proprio mentre mi sei finita addosso!»

«Oh, mi scusi tanto magistro se le ho tolto la concentrazione. Però è grazie a me se non sei tra le grinfie di quelle Gambe Corte!»

«Non ci sarei finito ugualmente, dato che non ho fatto niente di male a quei nani!»

«Sì, sì, certo. Vieni, usciamo.»

«Ma… perché?»

«Perché ormai li avremo seminati e non voglio trascorrere l’eternità in questo tronco!»

Uscirono dal loro nascondiglio a passi lenti, guardinghi: quando l’elfa si sentì al sicuro, si rilassò.

«Non ho avuto il tempo di presentarmi: mi chiamo Rayla.» sul viso della ragazza tornò a splendere un sorriso carismatico che inebetì il giovane mago. In quell’elfa c’era qualcosa di assurdo, ma era innegabile che fosse una creatura di incredibile bellezza.

«P-piacere, sono Taike.»

«Bene, Taike; visto che sei un mago, hai qualche incantesimo che possa metterci al sicuro?»

«Sì… beh…» il ragazzo fu preso alla sprovvista: non si aspettava una domanda del genere e più di ogni altra cosa, non voleva rivelare all’elfa i dubbi improvvisi sulle sue capacità nel lanciare incantesimi.

«Shh! Sta’ zitto, ho sentito un rumore!» i sensi dell’elfa si misero all’erta: la ragazza si tese, in attesa di udire altri suoni.

«Dammi le spalle, così avremo tutti i dintorni sotto controllo. Respira lentamente, e sussurra se devi dirmi qualcosa.»

Taike non protestò, rendendosi conto che Rayla aveva il pieno controllo della situazione. Ma la sua curiosità (mista a preoccupazione) ormai era inarrestabile.

«Perché ti stanno inseguendo?» sussurrò, guardandosi in giro, vigile.

«Perché non hanno il senso dell’umorismo.»

«Dico sul serio! Sto rischiando di essere ucciso da un gruppo di nani inferociti, senza averne alcuna colpa e non ne so nemmeno il motivo!»

«Oh, sono inezie, roba tra nani ed elfi… non potresti capire.»

«Mettimi alla prova!» disse, esasperato.

«Non hai un incantesimo pronto che possa aiutarci?»

«Potrei averlo, ma voglio sapere se vale la pena che io sprechi le mie energie vitali per lanciarlo.»

«Oh, e va bene, ti dirò la verità. Ho preso qualcosa in prestito da quei barbuti brontoloni.»

«“Qualcosa in prestito”? Perché temo che significhi che li hai derubati?»

«Ehi, sei davvero intelligente, allora!» Rayla si voltò per un secondo in sua direzione, sorridente.

«Per l’amor degli dei, sei una ladra!»

«Vacci piano con gli insulti! Mi sto solo divertendo un po’ con loro; sono sempre così cupi e brontoloni… Sicuramente quando torneranno nelle loro montagne saranno più allegri per l’avventura vissuta.»

«Quindi saresti una specie di benefattrice, per loro?» Taike si voltò a fronteggiarla, adirato «Sto rischiando la vita perché tu ti annoi e ti diverti a dar fastidio a degli onesti lavoratori?!»

«Ehi, non osare farmi la predica, ragazzino! Non hai nemmeno la metà dei miei anni; mi devi del rispetto!» fece una piccola pausa «Ora vuoi deciderti a lanciare questo dannato incantesimo?»

«Chi ti dice che se lo lanciassi, salverei anche te?» il tono di Taike si fece freddo e distaccato.

Rayla stava per ribattere, quando le voci dei nani si fecero più vicine: l’elfa gli prese una mano e tornò a trascinarlo per il bosco, in fuga.

«Fer… ma… ti… Non… ce… la… faccio… più!» Taike si piegò su se stesso e cadde in ginocchio, ansimando.

«Sei proprio una femminuccia! Guarda come sei ridotto dopo un po’ di corsa!» l’elfa sorrise, ma il mago notò una nota di scherno che lo irritò.

«Non… facciamo esattamente… prove di corsa… all’Accademia: non ci prepariamo… a derubare il prossimo!»

«Ma dovreste tenervi più in forma, sai? I pericoli sono ovunque, anche per voi Vesti Lunghe!» puntò le mani ai fianchi, impettita e torreggiante sul ragazzo ancora riverso sul terreno.

«Non c’è tempo per la corsa... all’Accademia serviamo il Sapere e la Conoscenza: la crescita della mente è al centro della nostra esistenza.»

«Bla, bla, bla. Peccato che finora non abbia visto un briciolo della vostra Sapienza e Conoscenza, “Magistro”!»

Taike stava per ribattere, quando si accorse di un’anomalia nel verde del bosco: sembrava esserci uno squarcio buio nel fitto fogliame. Indicò a Rayla la direzione «Laggiù: sembra un riparo… Devo riposarmi…»

L’elfa seguì con lo sguardo il dito del mago e dopo pochi attimi di concentrazione, annuì soddisfatta: «Hai ragione, è una caverna. Andiamo!»

La caverna era vuota, ma sembrava essere una tana occupata, il che non era incoraggiante considerato che il suo abitante poteva tornare da un momento all’altro, ma per far riposare i muscoli stanchi di Taike sembrava perfetta.

Rayla osservò il suo compagno: non era brava nel determinare l’età degli umani perché quella razza cresceva molto più in fretta della sua che a sessant’anni sembrava una coetanea del ragazzo. Ma era certa che il mago fosse molto giovane: non era particolarmente alto, e probabilmente non lo sarebbe diventato mai (quello dell’altezza era un fattore che si determinava presto negli umani). I capelli lisci avevano un taglio corto ma erano stranamente voluminosi e davano al ragazzo l’impressione di avere una testa più grande del normale, anche grazie al contrasto tra il biondo chiaro che li contraddistingueva e il marrone scuro delle sue vesti da mago. In quell’aspetto un po’ insolito, a dare l’impressione di un’età non ancora del tutto matura, era il volto: nonostante un accenno di barba, il suo era un viso liscio da bambino e i suoi occhi azzurri erano limpidi. Non doveva essere entrato nella maturità, perché tutto in Taike denotava gioventù e inesperienza. Tuttavia, quando il ragazzo restava in silenzio, la sua espressione si adombrava, come se fosse schiacciata da qualche cupo pensiero.

«C’è qualcosa che non vuoi rivelarmi, vero?» pose la domanda in tono secco.

Taike che fino ad allora era rimasto seduto a riprendere fiato, alzò lo sguardo e affrontò quello dell’elfa: sembrava sinceramente incuriosita, non c’era ombra di scherno sul suo viso e il ragazzo si sentì più propenso a esporsi. «È solo un dubbio, non ne sono certo…»

«Ma?»

«Ti ho detto che non so come sono finito qui: ho lanciato un incantesimo di trasporto diretto verso una strada, ma quando mi sono materializzato, mi sono ritrovato nel mezzo di questo bosco. La strada sulla mappa è ben indicata, e ho controllato le coordinate milioni di volte… eppure quando mi sono materializzato nell’esatto punto, non portava da nessuna parte. Questo bosco non dovrebbe essere qui!»

«O forse è la strada che non doveva esserci.»

«Certo che doveva! È qui da secoli, questa mappa è antica!» disse, aprendo il libro d’incantesimi per mostrare una carta geografica dall’aria consunta.

«Allora hai sbagliato incantesimo. Sei sicuro di sapere come si usa?» disse Rayla, indicando il libro.

«Sono un mago. Ho raggiunto ottimi risultati all’Accademia. Ho superato molti livelli di competenza. Certo che so adoperare un libro d’incantesimi!» rispose Taike, risentito.

«Ehi, ehi, non ti arrabbiare; era una semplice domanda!» Rayla si appoggiò alla roccia «Sei carino quando ti arrabbi: il tuo viso si colora.» sorrise ammaliante.

Taike rimase zittito dal colpo combinato dell’elogio improvviso dell’elfa e il suo bel viso sorridente: non sapeva se rispondere a tono o farsi trascinare dal piacere di essere lodato da una ragazza di tale bellezza. E alla fine restò immobile, inebetito e muto.

Rayla ne approfittò.

Le piaceva quel giovane uomo: i suoi occhi non sembravano intaccati dal cinismo e dall’aggressività tipica di quelli della sua razza. Per essere un semplice umano era davvero interessante. E, nonostante quegli strani capelli, carino.

Così decise di giocare un po’ con lui.

Approfittando del suo silenzio, gli si fece più vicina, ruotando il corpo sul fianco destro: accarezzò il viso di Taike e avvicinò il proprio viso al suo.

«Cosa proponi di fare, allora?» il suo tono di voce si fece sensuale. Conosceva bene l’effetto che faceva sugli uomini: spesso il suo aspetto l’aveva salvata da situazioni critiche e in questo caso voleva provare a smuovere un po’ il rigido contegno di quel mago imbranato.

Il cuore di Taike diede in un balzo nel sentire la mano di Rayla sul suo viso e il suo corpo così vicino… e accelerò frenetico la sua corsa, quando le labbra dell’elfa incontrarono le sue.

Il ragazzo non si sentiva poco desiderabile, ma nei confronti della bellezza fuori del comune di Rayla, non credeva di risultare interessante agli occhi dell’elfa. Quel bacio fu una sorpresa disarmante che ben presto si trasformò in un fuoco in ascesa. Le labbra di Rayla erano delicate, calde e sapevano come muoversi: in pochi secondi si erano fatte strada al punto da infiammare tutto il corpo di Taike.

Ma nonostante l’impeto di passione improvviso, qualcosa nella coscienza del mago continuava a mantenerlo vigile e allarmato: allungò la mano sul braccio sinistro di Rayla e le bloccò ogni movimento.

«Quel libro è mio. Non osare toccarlo.»

L’elfa restò stupita dalla prontezza di riflessi del mago: aveva creduto di poter giocare un po’ di più con lui, ma si era rivelato sorprendentemente sveglio. E la cosa le piacque.

«Sei molto meglio di quanto pensassi!» sorrise, con il volto ancora vicino a quello di Taike.

«Sei tu che mi sottovaluti. Non c’è nessuno che possa separami da questo libro.» rispose il mago, recuperando l’autocontrollo. Rayla si allontanò dal suo viso.

«Dev’essere molto importante per te, se ti fa reagire in questo modo.»

«Lo è.» guardò con fermezza il viso della ragazza, sulla difensiva; ma qualcosa nello sguardo dell’elfa lo spinse a proseguire. «Era di mio padre. E prima di lui, è appartenuto a suo padre, e prima ancora…»

«Ho capito, ho capito: siete una famiglia di maghi!»

«Sì.» Taike sorrise, ma c’era della malinconia sulla piega delle sue labbra. «È una tradizione che si tramanda in famiglia da generazioni. I miei avi hanno stipulato un contratto di protezione con la nobiltà locale: dovrà esserci sempre un Roschenard a palazzo.»

«E quindi ora tocca a te?» l’espressione di Rayla era di curiosità sincera e Taike proseguì, quasi sollevato al pensiero di poter parlare con qualcuno dei suoi tormenti.

«Sì. Sono il primogenito e questo compito spetta a me. Appena avrò terminato l’Accademia, sarò pronto per difendere Lord Amerton a vita.»

«Per tutti gli Spiriti, è un impegno serio!» Rayla si fermò ad osservare il viso del suo interlocutore «Non ne sembri felice.»

«È una faccenda complicata. La magia mi piace, sento che mi appartiene, che fa parte di me, per cui non è un problema studiarla. Ma sento addosso anche il peso delle aspettative e cerco di essere sempre il migliore per non deludere la mia famiglia.»

«Pff, la famiglia. La più grande gabbia che potremo mai avere. Fregatene e fa’ ciò che vuoi.»

«Non potrei mai! E poi io sono contento del mio ruolo… e cosa può mai saperne delle responsabilità, una ladra!?»

«Ehi, piccolo umano, mi stai giudicando di nuovo!» Rayla si mise a sua volta sulla difensiva, ma dopo pochi attimi il suo atteggiamento cambiò, le sue spalle si rilassarono e tornò ad appoggiarsi alla parete della caverna. «Io non ho una famiglia. O meglio, non ce l’ho più. Sono andata via, perché non sopportavo che volessero controllare tutta la mia vita. Se sono “una ladra” è perché ho solo questo: ho bisogno di soldi e prendere qualche oggetto di valore è l’unico modo che conosco per averne.»

«Ci sono tantissimi altri modi onesti per vivere: sei un’elfa, avrai un arco; caccia nei boschi se hai fame, cerca un lavoro come guardia del corpo, o come tessitrice, o come giardiniera… o qualsiasi siano le abilità di una ragazza elfo!»

«Le vuoi conoscere le abilità di un’elfa?» Rayla sorrise, maliziosa. Taike arrossì fin sulla punta dei capelli.

«N-non intendevo “quel” genere di abilità.»

«Ma io potrei essere davvero brava… Non vuoi darmi un parere?» l’elfa si avvicinò nuovamente al mago, baciandogli la guancia, l’orecchio, il collo… Taike perse il controllo sulla sua mente: prese il viso di Rayla tra le mani e la baciò con passione. Ma qualsiasi cosa potesse avvenire nell’immediato, fu bloccato dall’improvviso vociare dei nani, all’esterno della caverna.

«Dove sarà quella dannata Orecchie a Punta?»

«Gli dei hanno creato gli elfi per tormentare la nostra razza!»

«Setacciate ogni centimetro di questo luogo, dobbiamo trovarla!»

Taike e Rayla rimasero in assoluto silenzio, i volti ancora vicini, i sensi allerta, in attesa che le voci si affievolirono. Dopo qualche minuto che sembrò eterno, finalmente i passi dei loro inseguitori si fecero più lontani.

«Andiamo via da qui!» Rayla prese per mano Taike e lo trascinò fuori dalla caverna. Si ritrovarono nuovamente immersi nel fitto bosco.

«Questo luogo ha qualcosa che non va.» il mago sentenziò, secco.

«Sciocchezze, ci vivo da quando sono nata e non ho mai avuto problemi.»

«Evidentemente dev’esserci qualche sorta d’incantesimo a cui voi elfi siete immuni… cosa potrà mai essere?»

«Smettila di perdere tempo in inutili pensieri e sbrigati; i nani ci saranno alle calcagna a breve!»

Taike sfogliò il libro d’incantesimi e sembrò fermarsi, come in trance.

«Ma cosa diavolo fai?!» Rayla gli urlò spazientita, ma il mago sembrava lontano da lei, come su un altro piano di esistenza… almeno per qualche secondo.

«Dannazione, non funziona nemmeno questo!» Taike abbassò le spalle, sconfitto. «Un mago privato della sua magia è totalmente inutile! Cosa diavolo posso fare, ora?!»

«Inizia ad abbassare la voce, se non ti spiace!» l’elfa afferrò nuovamente il polso del mago e tornò a trascinarlo per il bosco.

«Si può sapere dove ci stai portando? Hai detto di conoscere questo bosco da quando sei nata, ma non hai l’aria di sapere dove andare!»

«È ovvio che sto tergiversando, non voglio mica far conoscere a quel gruppo di Gambe Corte dove vivo!»

«Tu… vivi… qui?» la corsa iniziò a dare i suoi effetti sul fiato del mago.

«Dove altro può vivere una giovane elfa?» gli rivolse uno sguardo malizioso e seducente.

All’improvviso però, i nani spuntarono dal bosco circondandoli: erano in otto, erano tutti armati ed evidentemente infuriati e provati dal lungo inseguimento.

«Ti abbiamo trovata, Orecchie a Punta!»

«Dovreste ringraziarmi: vi ho fatto fare un po’ d’esercizio, Gambette Corte!»

«Non osare offenderci! Dacci il nostro oro e ti risparmieremo la vita!»

«Oh per tutti gli Spiriti, sto tremando di paura! E cosa dovrei fare? Arrendermi a farmi rinchiudere nelle vostre celle umide, lontane dal sole? Fatemi vedere di cosa siete capaci!» Rayla fece un salto verso un ramo sovrastante e slanciandosi, spinse il nano che la fronteggiava, mandandolo con le gambe all’aria.

Il resto del gruppo non perse tempo e si avvicinò minaccioso: l’elfa si arrampicò sul ramo, mentre tre nani cercavano di raggiungerla con scarsi risultati. Gli altri quattro si concentrarono su Taike, che nella sua mente lanciò una sequenza di imprecazioni verso la ragazza che l’aveva lasciato solo e quei nani che non ricordavano di non aver mai visto la sua faccia prima. Non c’era tempo per spiegarsi, e dato che i suoi incantesimi sembravano non funzionare, Taike decise di ricorrere all’arma ultima del suo ordine: il combattimento corpo a corpo. Ai maghi era vietato portare armi, avendo essi la magia come strumento di difesa e attacco, ma nel caso di estremo bisogno, era necessario che si sapessero difendere a mani nude, usando delle tecniche di lotta che si basavano sul gioco degli equilibri. Con poche e semplici mosse, si riusciva a destabilizzare l’avversario e a fargli perdere la stabilità del terreno, mandandolo a terra. Taike era bravo in questo genere di esercizio fisico, ma i nani erano bassi e molto più stabili, per cui togliere loro l’equilibrio si rivelò molto più faticoso del solito. Riuscì ad atterrarne due, ma quando il terzo stava per aver la meglio su di lui, una freccia tagliò l’aria, andando a conficcarsi nella gamba del suo avversario, che cadde al suolo, ferito.

«Non vi facevo così delicati, Gambette Corte: dov’è ora il detto “Solido come la pietra, o come un nano?”» la voce di Rayla proveniva dall’alto e quando il mago alzò lo sguardo, la vide ancora arrampicata sul ramo, ma con in mano un arco e delle frecce… e un sorriso di trionfo.

«E quelle da dove spuntano!?» gridò il ragazzo, mentre l’elfa lanciava frecce agli altri nani.

«Erano qui, nascoste. Aspettavano solo che arrivassi!» il sorriso di Rayla si ampiò, facendosi furbetto e soddisfatto.

«Quindi ci stavi portando qui sin dall’inizio!?»

«Esatto, magistro! Sono una ragazza misteriosa, piena di segreti.» fece un occhiolino malizioso e tornò a concentrarsi sui loro avversari. «Ma a quanto pare, anche i maghi hanno i loro segreti: non hai detto che non fate esercizi fisici e che vivete solo per “il Sapere e la Conoscenza”?»

Taike tornò a fronteggiare uno dei nani che, nonostante la ferita alla gamba, era riuscito a rialzarsi: con uno sgambetto e una pressione del piede sulla ferita, gli assicurò dei minuti di dolore intenso.

«È un segreto dei maghi, non dev’essere svelato se non in occasione di assoluta necessità.»

«Capisco.» Rayla sorrise divertita, e soddisfatta: Taike le piaceva ogni minuto di più. Si guardò intorno e accertandosi che i nani erano stati resi innocui, scese dal ramo con un salto, ma senza dimenticare l’arco e la faretra piena di frecce. «Beh, visto che queste Gambe Corte ora non possono più farci del male, vediamo di curarne le ferite: avrò anche preso il loro oro, ma non li voglio sulla coscienza.»

Gli elfi erano creature che vivevano immersi nella natura e rispettavano le leggi naturali della vita: per questo erano contro la violenza e le uccisioni. Taike fu felice di notare che per quanto fosse inusuale il comportamento di Rayla, almeno le sue credenze non erano diverse da quelle della sua razza. Anche i maghi avevano un loro personale codice d’onore, che includeva la salvezza delle vite degli avversari quando non era strettamente necessario causarne la morte.

L’elfa preparò un unguento macerando alcune foglie, mentre il mago strappò della stoffa dalla sua lunga veste per farne delle bende: in poco tempo, tutti i nani (opportunatamente disarmati e legati) furono curati e messi in salvo dalle infezioni.

Quando i due aggressori/soccorritori si rilassarono, Taike decise di affrontare Rayla. «Dovresti restituire quell’oro.»

«Non posso.»

«Lo sai meglio di me che è ingiusto ciò che hai fatto.»

«Tu non capisci…»

«Cosa c’è da capire? Devi semplicemente restituire ciò che hai rubato e cercare un modo onesto per vivere.»

Erano seduti ai piedi di un albero, uno accanto all’altra. Rayla appoggiò la testa sulle spalle del mago. «Prima… non ti ho detto la verità.»

«In che senso? Non hai rubato l’oro?»

«Sì, quello l’ho fatto… ma c’è un motivo serio dietro il mio gesto.»

«E sarebbe?» Taike era sinceramente incuriosito, ma al tempo stesso temeva ciò che stava per sentire; qualcosa gli diceva che non gli sarebbe piaciuto ciò che avrebbe appreso nell’immediato futuro.

«Non è vero che vivo da sola: qui nel bosco ho una famiglia.» Rayla fece una pausa tattica, aspettando la reazione del mago, ma non sentì sussulti sotto la sua testa: qualunque fossero stati i suoi sentimenti, era riuscito a tenerli stretti dentro di sé.

«Continua.» la sua voce secca era l’unica prova che avesse ascoltato.

«Mio padre è stato accusato ingiustamente di una colpa che non ha commesso ed è stato condannato all’esilio insieme a tutta la famiglia. Così ora noi viviamo in questo bosco, isolati e ingiustamente allontanati dalla nostra gente. Non possiamo far altro che vivere alla giornata, sperando di non incontrare alcun elfo che ci conosca.»

Il mago rimase in silenzio per qualche secondo «Mi dispiace… Ma non posso venire meno alla mia etica. Sono un mago e devo aiutare la gente…»

Rayla si alzò, indispettita «E io non sono la gente? La mia famiglia non è la gente? Perché quelle Gambe Corte devono essere aiutate mentre io devo continuare a essere considerata una delinquente?»

«Perché ci sono modi e modi di vivere onestamente, anche se sei esiliato dal tuo mondo! Invece di vivere nel bosco piangendo ciò che non avete più, potreste andare da qualche altra parte, in qualche altro regno elfico, oppure mischiarvi agli umani nelle città commerciali e vivere una vita onesta senza più recriminazioni. Portami dalla tua famiglia, parlerò io con i tuoi genitori.»

Qualcosa nel racconto dell’elfa non convinceva del tutto il mago: voleva accertarsi che fosse sincera.

Rayla ancora una volta rimase stupita dalla reazione di quel mago.

«Per tutti gli Spiriti, ma da dove vieni tu? Sei incredibile!»

«Voglio solo essere fedele alla mia veste e al mio ordine. Ma visto che siamo in argomento, puoi dirmi dove siamo esattamente?»

«Siamo proprio dove volevi andare: poco più avanti c’è la città commerciale di Padeira.»

«Allora il mio incantesimo non è andato in fumo: ne ero certo!» Taike si alzò, trionfante. «Lo sapevo che era questo bosco; c’è qualche specie di sortilegio qui dentro… Portiamo in salvo questi nani, e poi torneremo a parlare con i tuoi genitori. Forse loro mi sapranno dire qualcosa.»

«Non vuoi proprio cambiare idea, eh?» Rayla lo sfidò con lo sguardo, ma un sorriso compiaciuto le illuminava il volto.

Dopo aver avuto la certezza di aver svolto l’incantesimo perfettamente, Taike tornò a sentirsi sicuro di sé e ricambiò lo sguardo dell’elfa con fermezza… e un sorriso compiaciuto. «Aspetto che lo faccia tu.»

Rayla circondò il collo del giovane con le braccia e lo baciò con passione.

«Mi piaci, mago.» sussurrò a fior di labbra, prima di tornare a baciarlo. Taike si fece trasportare dal momento e sentì il suo corpo fremere nell’attesa di andare oltre quel preliminare infuocato, ma d’un tratto Rayla si staccò da lui e fece un fischio acuto.

Il ragazzo rimase perplesso, mentre l’elfa tornava a fronteggiarlo, sorridente, ancora avvinghiata al suo collo con un braccio «Sei un uomo d’onore, per questo ti farò assistere a ciò che sta per accadere.»

D’un tratto schiere di elfi armati arrivarono ovunque e tra loro spuntarono anche cinque maghi. I soldati si avvicinarono a Rayla e le fecero il saluto.

«Comandante, ai vostri ordini.»

«I nani sono lì: sono feriti ma sono stati curati. Scortateli nelle celle e provvedete a tutti i loro bisogni. Dite a sua maestà che i gioielli sono stati recuperati.»

«Signorsì!» senza chiedere spiegazioni, il soldato elfico procedette ad impartire gli ordini ai compagni e in poco tempo, i nani furono scortati altrove. Nello stesso momento, i maghi elfi si riunirono in circolo e recitarono delle formule magiche che Taike non riconobbe, ma sentì immediatamente l’effetto di quell’incantesimo: iniziò a percepire la magia di quel luogo, come se prima lui o la vegetazione fossero stati addormentati.

«Quegli otto nani sono stati raggirati: due settimane fa un traditore del nostro regno ha rubato i gioielli appartenenti alla regina degli elfi e li ha venduti al mercato nero per non essere rintracciato. I nani sono dei tipi orgogliosi e se anche avessi provato a dir loro la verità non avrebbero mai creduto all’idea di essere stati raggirati da un elfo che si è finto uno di loro. Così ho dovuto escogitare questo piano per recuperare l’oro che ci è stato sottratto.»

«Come ha fatto un elfo a fingersi nano?»

«Magia; lo dovresti sapere meglio di me.» Rayla sorrise, truffaldina.

«E hai fatto bloccare anche ogni tipo di magia nel bosco?»

«Esatto, magistro! I nani non sono amanti della magia, ma amano gli artefatti magici e avrebbero potuto ricorrervi per rintracciarmi prima che riuscissi a condurli dove volevo; perciò ho fatto bloccare ogni influsso magico su questo bosco.»

«Ecco perché non funzionava nemmeno un incantesimo!» sul viso di Taike fece capolino un’espressione di trionfo «Ma perché non me ne sono reso conto?»

«Fa parte dell’incantesimo: qualsiasi mago che non fosse elfico, non sarebbe stato in grado di percepire l’incantesimo. La magia degli elfi è diversa dalla vostra, ha radici diverse e più profonde.» la voce di Rayla si riempì d’orgoglio. «Quando ti ho visto al limitare del bosco, ho sospettato che fossi un alleato dei nani, quindi ti ho tenuto d’occhio.» sorrise, raggiante. «Ma sei stato una costante sorpresa, giovane mago.»

Taike arrossì di piacere e di soddisfazione «Quindi anche la strada che non porta da nessuna parte è opera della vostra magia?»

«No, quella no. Quella strada è così da sempre, o almeno da quanto io ricordi… c’è sicuramente un mistero sotto, ma non ne so granché al riguardo. Forse i nostri maghi potrebbero dirti di più, se ti unissi a loro… potresti alimentare ancor più la tua mente…» gli rivolse uno sguardo malizioso, ma il mago sembrava perso nei suoi pensieri.

«Gli elfi accetterebbero un umano tra loro?»

«Siamo molto più aperti di quanto si creda.» Rayla circondò nuovamente il collo del giovane che, afflitto, abbassò il viso.

«Non posso. Ho un compito a cui adempiere verso Lord Amerton, mio padre conta su di me.»

«Diamine, sei ancora più interessante quando sei così serio!» Rayla lo baciò con passione e Taike rispose con altrettanto trasporto. L’elfa aveva giocato con lui in molti modi, ma su quell’argomento sembrava sincera.

«Davvero non c’è modo di averti con me a palazzo?» gli sussurrò a fior di labbra.

«Non c’è cosa che vorrei di più in questo momento, ma non posso abbandonare i miei doveri.» Le labbra di Taike rimasero a pochi millimetri di distanza da quelle di Rayla «Però… potremo sempre rivederci… e poi devo ancora scoprire perché quella strada non porta da nessuna parte, anche se sulla mappa è ben indicata!» sorrise, allegro.

«Ti ho mai detto che mi piaci, magistro?» Rayla riprese a baciarlo.













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NDA


Non scrivo da almeno un anno e questo contest è stata un'occasione per tornare a mettere qualche idea su carta (o su pc). Forse tutto sommato, questa è più una storia fantasy che romantica, ma sono contenta di averci provato perché scrivere mi mancava e ringrazio mia moglie Heaven Tonight, per avermi reso nota l'esistenza di questo contest. 
Spero che la lettura sia stata gradevole, grazie per essere passati di qui. ^^

 

   
 
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