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Autore: passiflora    02/11/2014    3 recensioni
(In revisione)
Ognuno di noi custodisce dei segreti, ma quelli di qualcuno sono più grandi e pericolosi di altri.
Custodire tali segreti è un atto coraggioso e vanesio, colmo d'orgoglio: riesce a farci sentire potenti, quasi che il nostro valore si misurasse sulla capacità di resistere alla tentazione di rivelare quello che sappiamo; ci fa sentire parte di una oscura élite, ci fa sentire selezionati dal destino per portare con piacere un silenzioso ma fatale fardello. Custodire un segreto è un atto capace di far sentire qualcuno vivo e morto allo stesso tempo, ed è anche capace di corrodere l'animo di un uomo e condurlo alla rovina.
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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« Quindi Thyme è stata qui » disse Sage.

« Ve l’avevo detto » disse Georgiana, per nulla turbata dalla scoperta dell’unghia.

« Ma... c’è una grata davanti a quella porta! Com’è possibile che questa sia qui se Thyme non poteva nemmeno entrare? » tuonò la ragazza, voltandosi a guardare i due fratelli.

« La grata è lì da appena tre settimane, » spiegò Georgiana, sicura della propria verità, « la vostra amica è entrata qui più di un mese fa. »

« E volete dirmi che avete messo quella grata per lei? » intervenne Fred, scettica.

« Sì, è così » rispose Iago, calmo e sicuro tanto quanto la sorella. Fece passare lo sguardo su tutti i presenti, poi spiegò: « Sono fatti personali e non andrebbero giustificati. Tuttavia, capisco la vostra preoccupazione. Il fatto è che quando morirono i nostri genitori, il nostro tutore decise che era meglio non intervenire sulla tomba, in modo da attirare curiosi e giornalisti. Voleva che il caso avesse maggiore risonanza possibile. »

« Copertura mediatica, pubblicità per l’azienda » precisò Georgiana, sedendosi sul sarcofago di sua padre.

« Esatto, » riprese Iago, « dovevamo lasciare che mitomani e altri individui di quel genere entrassero liberamente, se volevano, e rubassero i nostri regali, le candele, i fiori o addirittura le salme, se poteva servire. Fortunatamente, almeno questo non è mai successo. »

« Dopo un paio di anni la curiosità si è spenta, le incursioni sono terminate e la questione della tomba è divenuta irrilevante. Nel frattempo siamo diventati entrambi maggiorenni e quando abbiamo sentito della vostra amica abbiamo deciso che ne avevamo abbastanza e abbiamo fatto mettere la grata. Questo è quanto » terminò Georgiana.

Le parole della ragazza parvero aleggiare tra loro come una sentenza definitiva, poi Sage ruppe l’atmosfera; scattò una foto dell’unghia, dopo di che la raccolse e la tenne nel palmo aperto.

« Che ne facciamo? » chiese. « Questa cosa è una prova che Thyme è stata qui. È una cosa che forse dovrebbe avere la polizia. »

« Il problema è: perché Thyme era qui? » disse Varga, poi puntò lo sguardo su Iago e Georgiana. « Che cosa avrebbe mai potuto trovare, in questa tomba? »

I due fratelli si scambiarono un altro sguardo fugace. Sembravano in grado di capirsi ad una velocità incredibile, segno evidente che erano molto legati.

« Venite a parlarne da noi, » disse Iago, « ve lo racconteremo davanti ad un té, se vi può far piacere. »

« Parleremo di cosa? Del motivo per cui Thyme era qui? Voi lo sapete? » borbottò Fred.

« Sì » rispose Georgiana. I suoi occhi verdi incontrarono quelli di Fred e vi si incollarono. « O almeno, abbiamo una buona dose di certezze. » Dopo di che, Georgiana sorrise alla ragazza e Fred dovette distogliere lo sguardo, perché si sentiva profondamente a disagio.

 

Uscirono dal cimitero senza parlare, ognuno immerso nei propri pensieri. Anche Iago e Georgiana riflettevano su quei ragazzi sconosciuti e strani. Vent’anni ognuno, eppure giocavano a fare i detective; innocenti e ingenui, erano entrati in un cimitero senza un piano, senza idee, senza sospetti. Erano persi nella loro confusione e questo era tenero, in qualche modo.

I due guidarono i ragazzi al di là della strada per poi percorrere una decina di metri sul ciglio della strada, costeggiando i resti di un vecchio muro di cinta, fino a raggiungere l’imboccatura di un viale alberato che si addentrava nei campi per qualche decina di metri. All’altro capo del viale si ergeva una magnifica casa a tre piani, evidentemente restaurata partendo dalla struttura di un vecchio edificio, probabilmente una fattoria. La facciata era invasa di finestre dai battenti in legno e al piano terra correva un porticato rustico, ma l’entrata era sopraelevata e vi si accedeva tramite due ali di scale e questo conferiva alla casa un tocco decisamente nobiliare.

« Prego » esclamarono i due, quasi in coro, guidando i ragazzi lungo le scale e poi all’interno di un ingresso che, con buona approssimazione, poteva essere ampio quanto l’intero appartamento di Tea. L’ambiente era ricolmo di mobili in legno, tappeti, pietra; complessivamente, sembrava di essere entrati in una dimora signorile medievale uscita da una fiction storicamente inaccurata, ma l’atmosfera che vi si respirava era unica e rendeva la casa particolarmente accogliente.

Una domestica comparve nell’ingresso e raccolse i cappotti dei ragazzi. « Portateci il té nel salotto, per favore » disse Iago e la donna, dopo aver fatto un rapido cenno con il capo, corse via stringendo a sé gli indumenti.

La tappa successiva fu proprio il salotto, un’ampia sala dotata di alte finestre e terrazzo. Dei divani massicci coperti di drappi di stoffa apparentemente molto costosi erano disposti davanti a un grande caminetto dentro cui scoppiettava un fuoco vivace. Sopra il caminetto, invece del canonico incrocio di fioretti, erano appesi due fucili. La ragione della loro presenza era facilmente intuibile: tutto intorno, sulle pareti, erano appese corna e teste di animali in varie gradazioni di rarità e dimensione.

« Appassionati di caccia » mormorò Tea, che stava imboccando la via del vegetarianesimo proprio perché la violenza, sull’uomo come sugli animali, la impressionava terribilmente.

« Il nonno e nostro padre » rispose Iago.

« Voi no? » proseguì Tea, evidentemente inquietata dai macabri trofei.

« Hai paura delle teste? Sono del nonno. Nostro padre sparava agli uccelli, alle lepri, ai cinghiali... Ma il nonno, lui si che era un esperto, » ridacchiò Georgiana, « però ammetto che anche noi abbiamo portato a casa qualche animaletto, qualche volta. »

« In realtà, siamo più bravi nel tiro al piattello » aggiunse Iago.

« Interessante » esalò Tea, mentre insieme agli altri si sedeva timorosa sopra i sontuosi divani. Georgiana si tolse le scarpe e incrociò le gambe sotto il corpo, in una posa civettuola e invitante, Iago si sedette e incrociò le gambe, con compostezza; gli altri rimasero rigidi e nervosi, con la schiena rigida e le mani appoggiate alle ginocchia.

Un domestico entrò nella sala portando un vassoio sopra cui erano posate delle tazze e una fumante teiera. Posò il vassoio sul tavolo, tenendo lo sguardo basso; veloce ed efficiente, approntò tutto perché né i padroni di casa né gli ospiti dovessero fare nulla da sé, arrivando addirittura a scoperchiare la zuccheriera. Veloce com’era venuto se n’era andò non appena ebbe terminato il proprio compito. Un attimo dopo entrò la domestica che aveva preso in consegna i cappotti. Reggeva un vassoio ricolmo di biscotti e pasticcini. Lo posò sul tavolino basso mentre si sforzava di tenere lo sguardo chino, un intento che non riuscì a mantenere a lungo. Era evidente come ci fosse qualcosa che le premeva di osservare, per curiosità o chissà quale altro motivo. Sfruttò il momento in cui si rialzò per allontanarsi e posò velocemente i propri occhi su ognuno dei ragazzi, dopo di che se ne andò.

« Prego, servitevi, » esclamò Georgiana, sorridendo, « non fate caso a Mila. È che non abbiamo spesso degli ospiti e voi suscitate curiosità. »

Nessuno seguì il suo suggerimento e le tazze di Earl Gray rimasero intoccate.

« Da cosa siete spaventati? » domandò Iago, « sono le teste? I domestici? »

« Tutti e due » rispose Pool, dando voce ai pensieri di tutto il gruppo.

« Non ci siete abituati, quindi è comprensibile. Ma vi prego, prendete almeno il tè. Ci teniamo » disse il ragazzo fissando Pool, afferrò immediatamente una tazza, fosse per compiacerlo, oppure far si che smettesse di guardarlo.

Dopo Pool, anche gli altri superarono la titubanza iniziale e presero il loro tè. Finalmente, dopo più di mezz’ora, si ritrovarono a parlare di Thyme.

 

« Allora, per quale motivo Thyme avrebbe dovuto entrare nel cimitero? » domandò Varga, di punto in bianco.

« Giusto. Dopotutto è per sapere questo che siete venuti qui, no? » rispose Georgiana, portando la tazza alle labbra mentre scrutava il ragazzo. Quello sguardo, lungi dall’intimidire o imbarazzare Varga, colpì Pool come una stilettata. Quegli occhi comunicavano un messaggio ben preciso e piuttosto evidente, ma talmente inatteso che forse, si disse il ragazzo, si trattava solo di una prepotente suggestione dettata.

Varga sostenne lo sguardo di lei, ma deglutì prima di rispondere: « Per cos’altro? »

« Questa è una zona molto tranquilla, » li interruppe Iago, « succede che ladri e spacciatori vengano a nascondere qui i loro affari. Partite di droga, oggetti rubati... Li lasciano in un giardino e tornano a prenderli in un secondo momento, più tranquillo. »

« Oppure, » aggiunse Georgiana, « mandano qualcun altro a farlo. » Sorseggiò un altro po’ di tè, poi continuò: « La vostra amica si drogava, per caso? »

« Sì » risposero in coro.

« Conosceva spacciatori o spacciava? »

« Sì. »

« Allora è spiegato cosa ci faceva nel cimitero » disse Iago, come se quella sua affermazione potesse concludere la questione.

Sebbene breve, quello scambio di battute era stato sufficiente affinché Varga capisse dove i due fratelli volevano arrivare. « Aveva nascosto qualcosa nella tomba? » disse, « oppure era andata a recuperarla! »

« Esattamente, » rispose Georgiana, sorridendo compiaciuta per la perspicacia di Varga, « un giorno ci è capitato di trovare delle dosi nascoste dietro uno dei sarcofagi. Le lasciammo dov’erano, un po’ per non entrare in un guaio, un po’ per stare a vedere cosa succedeva. Poco dopo sono iniziate le incursioni della vostra amica. Ovviamente, le dosi sparirono. »

« Avreste dovuto denunciare tutto alla polizia » disse Varga.

« Denunciare cosa? » lo interruppe Iago, la voce calma improvvisamente attraversata da una nota di concitazione che però non riuscì a rovinarne l’armonia, « una sconosciuta che entra nella tomba dei nostri genitori senza toccare nulla, senza lasciare tracce? »

« Poteva essere chiunque e non avevamo alcuna prova, nemmeno della presenza delle dosi » aggiunse Georgiana.

« Ma ora dovreste dirlo alla polizia. Magari faranno un po’ di chiarezza sul caso di Thyme » esclamò Fred.

« Certo, ma con discrezione. Vi abbiamo detto di chi siamo figli e capirete che non è il caso di sollevare un polverone » rispose Iago.

 

Pool chiese di poter andare in bagno e dopo aver ricevuto indicazioni si alzò e uscì dal salotto. Gli altri rimasero e assistettero alla conversazione che si dirigeva naturalmente verso lidi inaspettati. Succede, quando qualcuno fa involontariamente una domanda di troppo. Fu così che grazie a Sage i ragazzi vennero a conoscenza di un’ampia, disgustosa e dettagliata dose di particolari riguardante l’uccisione dei coniugi Aleksandros.

Ettore era scomparso dopo essere uscito a passeggiare nei campi dietro casa. A un centinaio di metri dall’abitazione si stendeva una macchia boscosa e lì, a quanto pareva, erano state perse le sue tracce. Iago e Georgiana, che a quell’epoca avevano tredici e undici anni, lo stavano seguendo. Erano rimasti indietro e quando avevano raggiunto il boschetto lui era già sparito. Erano tornati indietro perplessi e avevano atteso, ma l’uomo non era più tornato. Il corpo era stato ritrovato qualche giorno dopo, sulla riva di un fosso che tagliava uno dei campi al di là del boschetto. Sembrava si fosse trascinato lì con le ultime forze rimaste. Aveva il ventre squarciato e il corpo pieno di ferite, tutte poco profonde, e la polizia sospettò che il colpevole fosse una donna; ma avrebbe potuto essere qualunque cosa, perché non era stata mai trovata e perché sul corpo dell’uomo non era stato rinvenuto un solo indizio valido, né tanto meno nel bosco o nei dintorni.

Ida Aleksandros era invece stata uccisa da un colpo di arma da fuoco mentre si trovava, di notte, al limitare di quello stesso boschetto dov’era sparito il marito. Si trovava in uno stato mentale molto scosso e fragile; dopo la morte di Ettore, come accade spesso, ogni suo segreto era stato sviscerato e l’ombra di quei segreti era ricaduta su di lei e i suoi figli: presunte amanti, presunte abitudini aberranti, presunti giri di droga, presunte frodi fiscali, presunti finanziamenti illeciti. Un sacco di presunzioni e nessuna verità concreta che erano comunque riuscite a minare l’immagine pubblica degli Aleksandros e avevano rischiato di distruggere le loro aziende e la loro psiche. Ida, che camminava sulla riva scivolosa tra tristezza e depressione, era uscita di notte, durante un furioso temporale. Se qualcuno aveva sentito il rumore di uno sparo, lo aveva certamente scambiato per il rombo di un tuono. Così anche lei era morta, tre mesi dopo il marito.

In quel momento Pool rientrò nella stanza e tornò a sedersi, scusandosi per il ritardo.

« Sono rimasto a guardare i quadri che sono appesi nel corridoio, » confessò, « molto belli. »

« Non hanno mai trovato nulla? » rispese Sage, ignorando Pool, il quale non era stato ancora reso partecipe della conversazione avvenuta in sua assenza. « Nessun... movente, niente? »

« Venne provato che tutte le delazioni riguardo nostro padre erano false. I suoi affari erano puliti, così come la sua vita. La morte di mia madre, si disse, era stato un tentativo di correzione, oppure di emulazione, di quello che probabilmente era stato soltanto un omicidio avvenuto per caso. Forse nostro padre aveva sorpreso una donna mentre conduceva qualche attività poco lecita nascosta nel bosco e lei lo aveva aggredito. Mi è sempre sembrata una soluzione strana, ma tant’è, è l’unica... » spiegò Georgiana.

« E voi non avete visto né sentito nulla, in nessuno dei due casi? » domandò Fred.

« No, » rispose Iago, « quando morì nostra madre c’era un temporale apocalittico, mentre quando scomparve nostro padre eravamo molto piccoli, sia per età che per statura. Camminavamo a stento in mezzo a dell’erba più alta di noi, facendo attenzione a dove mettevamo i piedi. Nostro padre ci disse: " Vi aspetto di là, lumache! ", e ci superò lasciandoci soli, forse per farci un dispetto. Quando arrivammo, pensammo che si fosse nascosto e iniziammo a cercarlo, ma non trovammo nulla e il resto lo sapete. »

« E per quanto riguarda vostra madre? Si capì da dove aveva sparato l’aggressore? » domandò Varga.

« Neanche lontanamente. Pioveva, le tracce sono state cancellate. Il corpo di mia madre venne trovato solo la mattina, mentre ancora pioveva. Quindi immaginate. Tutto era bagnato, nel giardino c’erano cinque centimetri di fango, i rilevamenti furono difficili da fare e non portarono a nulla » spiegò Iago.

« E voi? » continuò Varga, « dopo i due omicidi cosa è successo a voi? »

« Siamo stati affidati a un tutore legale, che si è occupato di gestire il nostro patrimonio personale. L’azienda è in mano ai soci di nostro padre e a noi è stato ingiunto solamente di terminare gli studi, nel caso volessimo tornare a farne parte, » spiegò Georgiana, « il che è esattamente ciò che intendiamo fare. »

Vi furono alcuni attimi di silenzio, durante i quali i ragazzi sorseggiarono il proprio tè, assorti in macchinosi pensieri.

I dolci portati dalla domestica erano rimasti pressoché intoccati. Iago raccolse il vassoio e lo tese davanti agli occhi di Sage. « Bigné? » chiese, e al rifiuto di lei proseguì nel giro, riuscendo a liberarsi soltanto di un cestino alla frutta.

   
 
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