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Autore: mamihonda    05/11/2014    2 recensioni
“Come facevi a sapere dove abitavo? Non ti ho dato alcuna indicazione.” constatò proprio mentre Louis accostava davanti alla villetta a due piani degli Styles-Twist.
Il moro rimase con le mani al volante, ma il riccio notò le sue nocche sbiancarsi. “Così. Sono una persona attenta.”
“Sei attento anche con me?” Che domanda strana, che cosa c'entravano lui e casa sua?
Il senior inspirò ed annuì. “Anche.” E si voltò a guardarlo, con la luce del lampione che rifletteva il suo sguardo semi-ansioso.
“Stai bene, non è vero?”
“Perché continui a chiedermelo, Louis?”
“Perché mi chiami Louis?” Uno sguardo pensieroso.
“È il tuo nome.” Una scrollata di spalle.
“Tu non mi chiami mai per nome.”
Harry battè ripetutamente le palpebre. “Se è per questo neanche tu, eppure l'hai fatto.”
Louis si prese qualche secondo prima di rispondere. “È vero, solitamente non ti chiamo mai.”

Larry Stylinson | Halloween OS.
Other pairings: Ziam (Zayn Malik/Liam Payne); Twisty the Clown/Dandy (AHS).
- dedicata alla mia Hazza, di nuovo tanti auguri Sunshine. ♥
Genere: Dark, Horror, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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First Larry ever. (fetus!Larry, vorrei precisare)
Mi scuso in anticipo per gli strafalcioni ma non ho avuto tempo di farla betare e, beh, insomma, in queste intro sono un po' una schiappa. 
Il titolo non è stato preso da niente, solo da questa one-shot (che tra parentesi è dedicata alla mia Hazza per il suo compleanno. I love you but I hate you, little bitch); so che è un po' lunghina, ma quando parte l'ispirazione è finita. 

Spero che vi piaccia almeno un po'! <3


 
"Non portare nessuno."
 

Chiasso, musica, cicaleccio continuo, piagnucolii e sgridate varie in lontananza.

Diciamo che a Holmes Chapel non c'era tutto questo gran divertimento per Halloween, se escludevamo i tanti bambini travestiti che andavano in giro accompagnati dai genitori per i vari quartieri all'ora di cena. I ragazzi che non avevano voglia di commiserarsi a casa – e le ragazze che avevano voglia di truccarsi e vestirsi a tema - avevano un solo modo per non risultare ridicoli: andare alla fiera annuale di Halloween che si teneva in periferia.

Non era niente di che, al suo interno c'erano i chioschi per le bevande, la frutta caramellata, le giostre, lo zucchero filato, i waffles e roba di quel genere, oltre ai vari giochi stupidi ed il classico, cliché che più cliché non si può, tunnel degli orrori.

Era un po' il posto più ovvio in cui andare e, in un paesino del genere dove tutti conoscevano tutti, i liceali erano a conoscenza del fatto che prima o poi avrebbero incontrato il mondo intero al suo interno. Era il prezzo da pagare per poter fare qualcosa di diverso. Altrimenti dovevano direttamente andare a Manchester.

Era con questo peso sulle spalle che nel tardo pomeriggio di un nuvoloso trentuno Ottobre, un ragazzo non faceva altro che camminare avanti e indietro per la sua stanza, quasi rischiando di far venire un esaurimento nervoso alla madre al piano di sotto, mentre continuava a lanciare occhiate irritate ai vari vestiti sparsi per la stanza. C'erano jeans di vario genere sul letto, accostati a varie magliette, ma il vero problema stava tutto nelle altre superfici. Vi erano scarpe ovunque, cappellini di lana, calze e boxer e accessori vari. Harry voleva davvero fare qualcosa di diverso quest'anno, perché a sedici anni c'è chi fa a botte per farsi notare a scuola, e lui era mai stato ciò che si possa definire popolare.

Non è mai stato amante dei riflettori, semplicemente gli sarebbe piaciuto sembrare appariscente una volta tanto.

“Tu e la tua ossessione di piacere gli altri”, gli fece ironico l'amico suo svaccato sul letto, sopra un paio di jeans slavati su cui lasciava cadere pezzi di patatine che pescava dal sacchetto poggiato sul grembo.

Harry smise di camminare e lo guardò per qualche secondo, sbuffando e poi dirigendosi nervosamente verso il proprio armadio. “Sta zitto, Niall, non è così”, ribattè in rimando, tornando a rovistare fra le magliette che vi erano appese.

Una nera volò in testa al biondo, che la afferrò e la annusò, facendo una smorfia e gettandola sulla matassa di vestiti al suo fianco. “Seriamente, amico, mettiti la prima cosa che ti capita e andiamo, Liam ci aspetta lì.” gli disse con la bocca piena, ma era chiaro dal suo tono di voce che non gliene fregasse molto, della festa.

Niall era così, era amico di tutti e di nessuno, non faceva mai tragedie e prendeva tutto molto alla leggera. Forse fu proprio per questo motivo che lui ed Harry diventarono amici il primo anno di liceo. Solo uno come Niall poteva essergli così amico, uno a cui non fregava che tu avessi tre occhi o che fossi socialmente ritardato. In fondo, però, aveva imparato a volergli bene. Fu per questo che gli rispose in maniera abbastanza seccata con un “No, ora aspetti.”

Niall fece spallucce e continuò a mangiare le sue patatine al formaggio, emettendo versi strani e succhiandosi le dita di tanto in tanto. La camera di Harry non fece mai schifo tanto quanto in quel momento.

La faceva facile, il biondo; indossava una maglia che recitava 'mi basta abbassare i pantaloni per spaventare la gente', e quella era fatta. Harry, da parte sua, era sempre uno che adorava mettere se stesso nelle cose, ed era in momenti come questi che si domandava cosa avessero in comune lui e il suo migliore amico.

“Fra mezzo pacco di patatine andiamo.” annunciò Niall, che per quanto non gli importasse della fiera, aveva le notifiche di whatsapp che trillavano senza sosta, segno che Liam in periferia stesse diventando impaziente, e non poteva rimanere indifferente ancora per molto.

“Che c'è, ora ti sei messo a misurare il tempo in base a quello che mangi?” domandò Harry, cercando di sviare il discorso e decidendo di smetterla di stare in giro per la stanza in boxer, infilandosi un paio di jeans blu scuri stranamente non larghi com'era solito portarli, ma aderenti come una seconda pelle. Niall alzò lo sguardo dalle proprie patatine e sollevò le sopracciglia in maniera eloquente, ma Harry non lo notò, udì solo la sua risposta.
“A volte mi capita di dire a mamma di aspettare due biscotti, e allora?” chiese, pulendosi le mani sui propri jeans neri.

Harry sbuffò una risata dalle narici, allacciandosi il bottone dei jeans e alzando la cerniera. “E allora penso che non esista persona più ridicola di te, Nialler, ma almeno potresti aiutarmi a scegliere qualcosa” si lamentò l'altro, andandosi a sedere a terra e alternando lo sguardo serio fra l'amico e l'armadio. Niall capì subito l'antifona, e Liam continuava a contattarlo al cellulare, così abbandonò il sacchetto mezzo vuoto sul letto e andò a sedersi al fianco del riccio. In camera cadde un silenzio contemplativo, e l'amico biondo lo scrutò qualche attimo, prima di schiarirsi la voce. “Gemma non tornerà a casa fino a Natale, giusto?” chiese, di punto in bianco.

Harry si voltò a guardarlo spaesato, prima d'annuire in maniera poco convinta. “Um, sì... Perché?”

L'altro fece spallucce e si voltò a guardare la porta della stanza, come a volerci guardare attraverso. “Perché non andiamo a dare un'occhiata in camera sua e vediamo cosa troviamo?” domandò, quasi come se non avesse detto niente di male.

Allora, un paio di cose da sapere su Gemma; oltre ad essere la sorella maggiore di Harry che andava al college, era anche una che sapeva l'esatta posizione di ogni oggetto presente in camera sua, il che rendeva – per il fratellino - l'andare a curiosare fra la sua roba, una partita persa in partenza. Oltretutto, Gemma incazzata equivaleva al diavolo personificato in terra, portatore di morte e distruzione.

“Non penso sia una buona idea, Nì” dichiarò infatti in tono risolutivo, scuotendo il capo e andando ad alzarsi dal letto.
Niall iniziò a battere i talloni per terra, rimanendo seduto e guardandolo dal basso. “Eddai, perchè? Guardiamo solamente, non tocchiamo nulla. Se poi qualcosa ci attira lasciamo un segno sul posto in cui si trova e domani mettiamo tutto a posto!” propose, senza sapere neanche lui da dove gli venissero certe pensate. Harry lo guardò come se improvvisamente gli fosse spuntato un secondo naso. “Cos'hai, tre anni?” chiese, corrugando le sopracciglia. Quando ottenne solo una scrollata in risposta e talloni sbattuti per terra annuì. Lo fece più per Anne che per Niall, per paura che salisse di sopra e si lamentasse del baccano; prese dello scotch nero dalla scrivania, porgendo una mano all'amico che non perse tempo ad aggrapparvisi e issarsi sui piedi.

Camera di Gemma era giusto in fondo al corridoio, ultima porta a destra. La sua porta era decorata da un simpatico Gemma's, fuck off ed al suo interno profumava di femmina, difatti Niall storse il naso al profumo di borotalco e vaniglia che permeava nella stanza una volta che vi entrarono. Harry invece l'adorava, ma cercava di non essere troppo palese davanti alla gente, anche se la gente in questione era Niall e magari non vi avrebbe nemmeno prestato caso. Dalle tende lilla filtrava la luce opaca del cielo plumbeo, e per quanto la ragazza fosse al college non un granello di polvere era presente nella camera. Le assi di legno del parquet scricchiolavano sotto ai loro piedi, e il senso di immacolato che premeva in ogni cosa sembrava dare loro l'ansia. Sembravano essere in un campo minato, camminando lentamente per la stanza e osservando ogni oggetto come se fosse una reliquia o facesse parte di una galleria. Gemma aveva i mobili nella tonalità dell'avorio: l'armadio, il comò, il vanity in cui teneva i pochi trucchi rimasti, i comodini, perfino il ferro battuto del letto era in una tonalità color crema. Niall teneva le mani in tasca in maniera impacciata, però si guardava intorno, Harry invece sfiorava la superficie del comò fino a che il carillon della sorella non destò la sua attenzione; accennando un piccolo sorriso al ricordo della sua melodia e dei momenti in cui la sorella glielo portava in camera quando si sentiva triste e aveva solo sei anni, lo sollevò, girò la rotellina e lo rimise al suo posto. Raffigurava una ballerina di danza classica con le braccia alzate e sulle punte delle sue scarpette rosa, ma la melodia in quel momento sembrava apparire assai macabra, tant'è che il biondo si avvicinò al riccio e gli tirò una gomitata sulle costole. “Qui è già abbastanza raccapricciante senza la musica come accompagno, grazie mille”.

Harry si massaggiò il fianco, lo spinse via ridendo e mormorando un “idiota” prima di scuotere la testa e tornare ad aprire cassetti e ante varie, fino a che Niall non lo richiamò. “Hey, questi non sono di quando tua sorella voleva sembrare nerd?” chiese all'amico, voltandosi e tenendo in mano un paio di occhiali neri da vista della Ray Ban. Harry gli fu vicino in un lampo “Ma sei idiota? Che cazzo ti salta in mente?!” gli sussurrò stizzito, inziando a strappare un pezzo di scotch coi denti. “Dimmi subito dove si trovava o sarò un uomo morto” gli disse con i denti ancora a stringere la plastica nera. Niall sbuffò e gli indico un punto del cassetto del comò, sul quale prontamente il riccio mise l'adesivo. Poi si voltò verso l'altro e gli prese gli occhiali, provandoseli. “E quindi dovrei vestirmi da nerd? Ti ricordo che la gente non fa altro che ricordarmi quanto lo sia davvero. Non è molto originale come scelta.” disse obiettivo Harry, ed era vero; non era così sfigato a scuola, okay, ma diciamo che a trigonometria faceva sempre copiare Taylor Swift giusto perché le faceva pena, quando non era capace a distinguere un triangolo dal suo naso, ma andava bene così, lui li vedeva come atti di carità. E poi a scuola c'era di peggio. Quantomeno non lo prendevano in giro come avevano fatto con Niall prima che mettesse l'apparecchio. O con Liam prima che si togliesse quel taglio alla Justin Bieber. Lui era semplicemente quello che stava con gli sfigati. Di conseguenza era sfigato anche lui.

Harry ricordò di aver sempre pensato che se stare con le persone migliori del mondo equivalesse a renderlo sfigato, allora lo sarebbe stato volentieri. E poi non erano così sfigati. Niall non andava neanche bene a scuola, e di amici ne aveva.

Erano solo socialmente imbarazzanti quando andavano in giro tutti insieme, ma non sarebbe stato ancora per molto. Presto i seniors che li prendevano in giro se ne sarebbero andati all'università o a Londra, lasciandoli finalmente tranquilli.

Si perse la risposta di Niall, che ora stava giocando col merletto di un centrino posto sul comò come se nulla fosse. Il riccio scosse la testa e gli rivolse un'occhiata dubbia. “Che hai detto?” gli chiese, schiaffeggiandogli la mano per farlo smettere di toccare le cose della sorella.

“Potresti fare Peter Parker.”

 

E così si erano ritrovati all'interno della Honda sgangherata della madre di Horan e diretti a sud, alle sette di sera dopo un paio di birre rubate a Robin dal frigo di casa Twist e un Peter Parker improvvisato. Alla fine Harry si era lasciato addosso quei jeans indecentemente stretti a cui aveva tolto il cartellino del prezzo ancora attaccato, si era messo una maglia nera con la stampa degli Arctic Monkeys e la giacca a vento tipica dell'eroe Marvel. Si era portato dietro anche la macchina fotografica, così con la scusa del costume poteva anche fare foto e non risultare l'unico cretino con la macchina fotografica in mano come un turista deficiente. Ad Halloween.

Venti minuti e quattro canzoni stonate di Niall dopo, avevano trovato parcheggio a quasi un km dalla fiera, e l'aria pungente e densa di fine Ottobre sembrava essere tutto ciò che gli serviva per sgombrare la mente e liberarlo dalle sue solite preoccupazioni.

Niall ed Harry camminavano silenziosamente l'uno affianco all'altro, il secondo alzò lo sguardo solo all'entrata della fiera e subito incontrò il cipiglio severo di un Liam, che con le braccia conserte li aspettava ai cancelli vestito da... Jason di Venerdì 13. Non era possibile.

“Che cosa cazzo hai fatto?” Chiese Harry corrugando la fronte, avvicinandoglisi e puntandogli l'indice contro con fare risentito.
“Io? Cosa ho fatto io? Siete voi che mi avete mollato qui un'ora intera ad aspettarvi come lo scemo che sono!” rispose l'altro, rimanendo con la fronte aggrottata e gli occhi tristi da cane bastonato. Ma Harry non lo stava ascoltando.

“Dove hai trovato la maschera? E quando hai pensato al costume?!” continuava a domandare, osservando nei dettagli i vestiti dell'amico, solitamente impeccabili e ora sgualciti e strappati.

“Bel costume, amico... Entriamo? Si fa tardi sennò” iniziò Niall, adocchiando lo stand delle birre e cercando un modo per farla franca e riuscire a berne nonostante fosse minorenne.

Harry fissava ancora Liam e non demordeva. “Non mi hai neanche detto di voler fare il costume, ci avremmo pensato insieme!” continuava a ripetere, continuando a puntargli il dito ora contro il petto. Fra poco gli avrebbe fatto un buco nel petto.

“Mi senti?” Chiese quello, iniziando a perdere la pazienza. “Mi avete lasciato al freddo come uno sfigato, e come se non bastasse mi hanno anche riso in faccia Grimshaw, Malik, i Tomlinson e compagnia bella! Begli amici di merda!” continuava a dire in tono più arrabbiato di prima, cercando di togliersi di dosso il dito di Harry.

Niall continuava ad adocchiare la birra e strattonare una manica della maglia di Harry per farli smettere, ma quello non lo stava a sentire “Liam sei uno stronzo, mi sono dovuto vestire da Peter Parker, e l'unica cosa che ho dovuto fare è stato mettermi un paio di occhiali del cazzo. Sei tu l'amico di merda qui! E hai anche la mannaia, IO MI RIFIUTO”

“-Mi hanno riso davanti, mi hai capito? MI STAI SENTENDO? E SMETTILA DI PUNTARMI IL DITO ADDOSSO, STYLES MI FAI MALE!”

“AH ORA TI FACCIO MALE?”

“SI, MI FAI MALE” Urlò Liam risentito.

Harry fece un passo avanti, deciso “ADESSO TI FACCIO MALE DAVVERO, POI VE-”

“OOOH E CHE CAZZO, E BASTA ORA!” Aveva urlato un Niall abbastanza scocciato, mettendosi in mezzo ai due e lanciando occhiate confuse a destra e sinistra. Liam aveva l'espressione un cucciolo di koala preso a calci, Harry quella di una foca arrabbiata, e visti così il biondo non riusciva neanche a incazzarsi, ma continuò giusto per essere coerente. “C'è della birra, ci sono delle ragazze che magari non ci daranno degli sfigati e potremmo divertirci. Quindi entriamo e fate meno i rompicazzo, entrambi. Ci credo che poi siamo soli come i cani!”

Per un attimo ci fu una pausa, dopodiché Liam sbuffò e iniziò a camminare, seguito a ruota dai due. Harry si limitò a mormorare qualcosa a bassa voce che somigliava più ad un “vorrei essere io solo come te, Nialler”, dato che il biondo non stava mai a casa. Effettivamente gli unici due cretini erano Liam ed Harry, troppo simili e troppo diversi, che finivano sempre col litigare per le stronzate. Liam era più il tipo da studiare e pensare all'università e al futuro per godersi il presente, mentre Harry invece era il solito paladino della giustizia; non avrebbe mai scelto la popolarità se ciò significava abbandonare i suoi amici. Perché se solo avesse voluto, Harry poteva stare lì, in mezzo alla gente che contava fra i banchi di scuola e i tavoli a mensa.

Si fermarono in mezzo alla strada principale, che si snocciolava davanti a loro fra mille bancarelle di oggettistica horror e divertente, l'aria che sapeva di zucchero e felicità, e il momento idilliaco in cui tutto è come dovrebbe essere, come se fosse possibile per una volta non mettersi etichette addosso. Come se, dopotutto, tutti potessero sentirsi loro stessi quella sera – e il fatto che fosse la sera dei mostri la diceva lunga, ma questi erano altri discorsi.

Il tempo parve rallentare per qualche secondo, abbastanza per Niall da notare minorenni con alcool in mano e far nascere in lui la speranza, abbastanza per Liam da prendere di mira uno stand pieno di modellini di aerei cacciabombardieri e tutte quelle cose che rischiano di farti venire le crisi nervose, abbastanza per Harry da notare le mele caramellate e la ruota panoramica e trasformarsi in una ragazzina romantica. Il tutto durò relativamente poco, o almeno fino a quando due ragazze identiche li superarono ridendo e sculettando in maniera così familiare da catturare l'attenzione dei tre.

“Le sorelle Calder” constatò Liam, facendo cenno col capo verso il piccolo gruppo al quale si erano avvicinate. Harry al suo fianco sbuffò, scuotendo la testa e sistemandosi la frangia un lato, gesto che compiva solo quando era agitato, cercando di non fissare troppo la scena. “Sembra che non sia poi così diverso da scuola, dopotutto.” e lo disse come a voler fare conversazione, mettendosi le mani in tasca e iniziando dettare passi sulla ghiaia, che scricchiolava piacevolmente sotto i loro piedi.

La musica di un carosello poco distante sembrava rispecchiare il turbinio di emozioni che provava Harry, lì proprio all'altezza del petto. C'era tristezza, tanta, che in un momento inaspettato era lì che tentava di strabordare da ogni suo gesto o parola, e ci si dovette mettere di impegno per non darlo a vedere a un Niall che sghignazzava al loro fianco, che puntò verso alcuni ragazzi con le birre in mano. “Si ma a scuola non puoi ubriacarti!” esclamò quasi come se avesse scoperto l'acqua calda; con quell'uscita si diresse verso quei ragazzi con l'intenzione di chiedere loro come avessero avuto le birre, ma sapevano tutti che alla fine avrebbe finito col farseli amici. Era impossibile non essere amici di Niall, forse era per questo che nessuno giudicava le sue amicizie. Erano tutti suoi amici. Quindi se lo vedevano con Liam ed Harry non era un problema. Alla fine il vero problema era Harry, che aveva scelto di stare dalla parte dei perdenti di sua spontanea volontà. E a chi mai passerebbe per la testa di fare una cosa simile?

Una volta rimasti soli, Liam si avvicinò ad Harry, il quale era troppo intento a scegliere quale frutta caramellata comprare dallo stand davanti a cui si trovava.

“A volte vorrei essere come lui” se ne uscì fuori il ragazzo vestito da Jason, con la maschera sopra la testa a mo' di cappello, guardando le mele caramellate senza neanche vederle.

“Mh-mh” mormorò Harry, allungando una mano per pagare all'uomo e prendersi le sue fragole infilzate su un bastoncino di legno.

“Dico sul serio, Harry, guardalo.” fece serio Liam, ed Harry alzò lo sguardo verso un Niall con una birra in mano che rideva a qualsiasi cosa gli stessero dicendo. Fece spallucce.

“È davvero così importante? Fra un paio di anni non sarai neanche qui, Lì.” obiettò in rimando all'amico il riccio, camminandogli di fianco e proseguendo per il viale principale.

“È che a parte lo studio, a volte vorrei andarmene sapendo di aver fatto... Qualcosa.” replicò, portandosi le mani in tasca e guardando dritto davanti a sé.

Harry invece annuì saggiamente, mordendo la frutta ricoperta dal caramello ancora caldo, imprimendosi nelle narici il profumo dolciastro dello zucchero, lo stesso che viziava piacevolmente l'aria. “Mi sento di stare davvero a scuola in questo momento” fu di nuovo Liam a spezzare il silenzio piacevolmente creatosi fra i due. Entrambi i ragazzi anni prima erano giunti alla conclusione di non aver bisogno di riempire le pause fra un discorso e l'altro con altri discorsi, come erano soliti fare con Niall; erano davvero simili in questo.

Così dopo qualche minuto, quando Liam parlò, Harry volse il capo verso l'amico con un'espressione interrogativa e le mani appiccicaticce. Lo trovò a fissare un punto davanti a sé, ritrovandosi a seguirne la traiettoria. Finiva su un gruppo di ragazzi a loro conosciuti, ma il riccio si fissò su Eleanor Calder e Louis Tomlinson, ultimo anno e del loro stesso liceo, intenti a scambiarsi effusioni davanti alla ruota panoramica. O meglio, Eleanor era quella a divorare le labbra al ragazzo che non sembrava essere molto partecipe, e anche se solitamente Harry non provasse altro che fastidio nel vedere le sue Toms, bretelle e le sue maglie a righe – assieme a tutto ciò che lo riguardava, in quel momento provò pietà per lui.

“Non guardarli, Harry.”

La voce stranamente seria di Niall sorprese sia Liam che il diretto interessato, Liam perché era troppo intento a guardare Harry con l'aria preoccupata, e Harry perché Niall era appena arrivato con due birre per i suoi amici.

 

E lui stava di nuovo fissando Tomlinson. Per l'ennesima volta da quattro mesi a questa parte.

 

Era iniziato tutto al campo estivo a cui entrambi avevano preso parte. Tommo aveva sempre fatto parte del club di teatro della scuola, ed entrambi si erano ritrovati a condividere tutto Luglio e Agosto nello stesso luogo. Sessanta giorni in cui si era ritrovato a fissarlo da lontano, cosciente del fatto che il giocatore di football stesse nel suo stesso club solo per i crediti extra. Era stato lì, che si era accorto di non essergli indifferente – non che qualcuno potesse rimanere indifferente a Tomlinson, sia chiaro, ma lui non gli era indifferente in quell'altro senso, ed Harry non era neanche sicuro di cosa volesse dire esattamente, ma aveva iniziato a immaginarselo a fine serata, nella sua tenda, sapendo di averlo a pochi metri di distanza, con una mano dentro ai boxer e il labbro inferiore fra i denti nel tentativo di fare piano.

Harry parve ridestarsi alle parole del biondo però, voltandosi e prendendo una delle bottiglie che l'altro aveva da offrirgli.

“Alla fine ce l'hai fatta a prendere da bere” mormorò a mezze labbra, con un sorriso ironico a smorzargli i tratti del volto. Anche un Liam poco convinto afferrò la sua birra, ma in risposta Niall scrollò le spalle e “Sono irlandese” parve giustificarsi con una frase assolutamente senza senso.

 

Alla fine decisero di fare la ruota panoramica, che poteva essere imbarazzante se erano solo in due, ma erano tre amici, e il loro lato idiota sembrava essere una buona motivazione per fare un giro. Si persero lo sguardo di un paio di ragazzi di quel gruppo, quando passarono la sbarra di ferro e andarono a posizionarsi su uno scompartimento.

“Come va la relazione con le vostre mani, sfigati?!” dopo un po' urlò qualcuno davanti a loro, e sicuramente quello era Grimshaw, che si sporgeva dallo schienale del proprio sedile per importunare chi aveva due sedili dietro. Mimava anche il gesto di una sega, facendo sghignazzare il resto del suo gruppo che intanto aveva preso posto con lui. Niall rise, perché sì, era un arcobaleno vivente e sembrava quasi impossibile che riuscisse a suscitare o anche solo provare dell'odio. Harry scosse la testa ed evitò il loro sguardo, già stanco di dover sopportare le parole di quegli idioti anche fuori dai corridoi del loro liceo.

“A dire il vero va bene, grazie, nessuna traccia di sifilide. E a te come va Gremlin?” Fu Liam quello a spiazzare tutti quanti, tant'è che il riccio si voltò verso di lui con le sopracciglia fin quasi all'attaccatura dei capelli, mentre Niall semplicemente se la rideva col capo all'indietro dopo aver fatto il dito medio ad un Nick che, in maniera molto stizzita, tornava a sedersi composto proprio quando la ruota iniziava a muoversi. Liam borbottò qualcosa su come il costume di Jason lo facesse sentire forte, e dopo essersi fatto finalmente una risata e aver ricevuto delle pacche sulle spalle, si godettero quella maledetta ruota panoramica. Non che ci fosse molto da vedere a parte la fiera, il centro abitato un po' più distante e infinite distese di verde a delimitare i confini di quel paesino da cinquemila abitanti, ma tutto sommato Holmes Chapel non era altro che uno sputo dimenticato dal mondo ad un'ora da Manchester.

Di tanto in tanto ricevevano occhiate dai loro compagni di scuola, ma quelli smisero di dare loro fastidio fin quasi da subito, e in ogni caso dopo la ruota panoramica non ebbero più occasione di importunarli.

Fecero i giochi più disparati, Niall si fissò a voler sparare a tutti i bersagli perché voleva vincere un orsetto color arcobaleno che definiva già la loro mascotte, il che era giustificato se consideriamo che fosse già alla sua quinta birra.

Liam voleva battere a braccio di ferro una macchina dieci volte più forte di lui, affermando che non se ne sarebbe andato da lì fino a che non ci sarebbe riuscito, facendo allontanare dei poveri sconsolati che credevano di poter aspettare tutto quel tempo. E lui di birra non ne aveva finita una.

Harry invece, dopo aver assistito ai vari fallimenti e figure di merda da parte dei suoi amici, aveva iniziato a vagare come un'anima in pena in lungo e in largo per le vie secondarie della fiera. Fra le mani la propria Canon risalente all'era preistorica e intento ad immortalare qualcosa. Qualsiasi cosa per davvero, che fosse una bambina vestita da Alice in Wonderland intenta a mangiare un waffle, o una coppia di fidanzati intenti a dividere una stecca di zucchero filato, o ancora qualcosa di anonimo come un'altalena derivata da un vecchio copertone e della corda, Era questo il periodo migliore della serata, perché nonostante fosse ad una fiera, fra musica, urla e rumori vari di vita che si sovrapponevano gli uni agli altri, lui riusciva a ritagliarsi un momento in cui tutti i suoni venivano attutiti. Un momento in cui non servivano parole, non servivano le persone, ma a far da protagonista vi era solo la vita, l'arte dell'immortalare qualcosa da portare sempre con sé, quando quei giorni non sarebbero tornati più indietro e tutto ciò che gli rimarrà tra le mani saranno immagini ferme in un istante ben preciso. Aveva ancora la macchina accostata al viso, l'occhio destro ben posizionato sul mirino, quando nella sua visione periferica si accorse della presenza di qualcuno. O meglio, di varie persone. Era la cricca di Grimshaw, o come erano soliti chiamarlo lui e gli altri due suoi amici, Gremlin, che si allontanavano verso delle bancarelle di vario genere. Spostandosi altrove gli diedero modo di notare il tunnel degli orrori, che ancora non aveva avuto modo di esplorare. Per un momento tentennò, indeciso se tornare indietro e convincere Liam e Niall ad entrare con lui, ma sicuramente Niall si sarebbe spaventato a morte e c'era una discreta percentuale di possibilità che Liam potesse svenire, quindi scartò le varie ipotesi e si diresse verso l'entrata.

Aveva la macchina fotografica abbandonata a ballonzolargli sul petto, tenuta dalla cordicella che portava intorno al collo, e quando si rese conto che non vi era nessuno all'entrata, capì di essere in ritardo. Percorse i pochi metri in tutta corsa, e con sguardo agitato cercò di guardare oltre il bigliettaio che aveva davanti, ossia un tizio panciuto e dall'aria annoiata.

“Un biglietto, per favore” chiese in maniera nervosa, battendo un piede per terra. L'uomo ne staccò uno e glielo porse, masticava una gomma con la bocca aperta e lo guardava con aria canzonatoria.

“Muoviti, ragazzo, fra poco parte. E vedi di non fartela sotto” gli disse ridendo, ma Harry dopo aver poggiato una banconota sul bancone era già corso verso l'entrata.

Fortunatamente, nonostante le luci soffuse, non tutti i vagoni erano già partiti. Ne oltrepassò alcuni già occupati da delle coppie o da amici troppo presi a sghignazzare eccitati per curarsi di lui, fino a che non trovò un vagone con solo una persona al suo interno. Dal momento che erano a pochi istanti dalla partenza, salì a bordo senza neanche pensarci, andando a sedersi al fianco del ragazzo di cui ignorava l'identità. Allo stesso tempo accaddero due cose: Harry si voltò subito verso chi aveva al suo fianco e la luce andò via.

Vide tutto nero. Fu allora che la voce allarmata di chi aveva vicino si fece sentire.

“Non puoi stare qui, è occupato, a momenti verranno i miei amici” disse quella voce in tono basso e apparentemente nervoso; possedeva un timbro graffiato ed il suo tono era alto, non gli era nuova, ma ancora, era Holmes Chapel, probabilmente conosceva ogni ragazzo della cittadina, quindi non era una grande sorpresa.

“E dove dovrei sedermi? Fra poco si parte” rispose il riccio con perplessità, cercando di distinguere qualcosa nel buio e non riuscendoci.

“Non lo so, ovunque, ma non qui! Il posto è per un mio amico.” rispose seccamente l'altra persona. Era così vicino da poter sentire il calore che emanava il corpo dello sconosciuto. Harry scosse il capo, ricordandosi poi di non poter essere visto. In lontananza iniziarono a sentirsi i rumori di macchinari, e con un brusco strattone il loro vagone iniziò ad avanzare sulle rotaie.

“Troppo tardi” risponde con una punta di soddisfazione, “Suppongo che il tuo amico non abbia fatto in tempo” aggiunse, inspirando ed espirando nervosamente quando una musichina inquietante iniziò a insidiarsi sul corridoio stretto e buio dentro al quale erano immersi. Sentì distintamente al suo fianco il muoversi irrequieto del corpo dell'altro ragazzo, ma non vi badò, perché proprio in quel momento una luce rossa si accese in tutto il settore nel quale si trovavano, dando inizio ai giochi.

Dopo qualche istante, il tempo che la vista si abituasse all'ambiente, Harry andò per voltarsi verso l'altra persona.

Era Louis Tomlinson.

Qualcuno lassù lo stava davvero prendendo per il culo.

“Mi pigli per il culo? Tomlinson?” chiese retorico, ponendo qualche centimetro di distanza fra loro, per quanto il vagone glielo consentisse. L'altro lo guardo e alzò lo sguardo al cielo.

“Buongiorno Styles, non mi sembra il momento di fare conversazione.” tagliò corto l'altro, tagliandolo fuori quasi subito. E ad essere onesti, se Harry si fosse accorto di chi ci fosse in quel vagone, probabilmente sarebbe passato avanti senza pensarci due volte. Okay che gli piaceva, ma non era così disperato da ricredersi su di lui.

Il vagone singhiozzò e si fermò nel mezzo di un nuovo corridoio, subito dopo una brusca curva che vide i loro corpi scontrarsi per qualche frazione di secondo, e improvvisamente un clown dalla bocca gigante, gli occhi tristi e una mannaia in mano iniziò a urlare e a fare versi strani verso di loro, agitando l'arma e fissandoli con occhi spiritati. Dietro di lui vi era un ragazzo dai capelli impomatati, dalla stessa maschera a mo' di bocca grande ma molto più pulito, anche lui con una mannaia insanguinata e una risata sinistra, intento a spaventarli e a seguire l'altro clown.

Saltarono in aria entrambi; Louis al suo fianco lanciò urla che in altre circostanze avrebbero assordato chiunque, ma non in quel momento. Era troppo impegnato a urlare anche Harry, che senza pensarci due volte era tornato a pochi centimetri di distanza dal senior.

La musichina era così inquietate da provocare brividi lungo la schiena del riccio, appiattito contro lo schienale del vagone. I clown li avevano superati, intenti a spaventare chiunque sarebbe apparso dietro di loro, ed il loro giro continuò.

Alle pareti beccarono molle che facevano rimbalzare bambole idemoniate con gli occhi illuminati di rosso che ridevano in maniera sinistra, e Harry fece a malapena caso ai respiri irregolari di Louis al suo fianco. Gli sudavano le mani.

Una bambina si fece spazio fra di loro, insanguinata e con un orsacchiotto bianco imbrattato di sangue, le cui interiora fuoriuscivano dallo stomaco. Lei sembrava essere morta, in volto era cinerea e continuava a cantare la canzone degli altoparlanti mano a mano che si avvicinava, ma tutto ciò che Harry riuscì a distinguere – oltre al ritmo forsennato del suo cuore e l'ansia alla base della gola – fu la presa ferrea di Louis sul suo braccio e l'urlo che tirarono all'unisono quando la bambina si sporse sul loro vagone per sfiorarli. Louis stava letteralmente per svenire, ma si riprese subito dopo, quando il vagone partì a velocità ed Harry strattonò il proprio braccio.

“TOMLINSON, MOLLAMI!” urlò, cercando di sovrastare la pazzia di quel teatrino e la musica dissennata che invadeva loro le orecchie.
Sotto le luci rosse Louis appariva quasi più piccolo di Harry, pur essendo più grande di un paio d'anni. Portava un capellino di lana sui capelli, un ciuffo sulla fronte ora sparato in aria e l'espressione più selvaggia che gli avesse mai visto in quei tratti così belli e fini da morirci sopra.

Louis era bello, ed Harry lo sapeva da sempre. Harry anche a scuola aveva sviluppato l'abitudine di osservarlo, a pranzo, durante le pause fra una lezione e l'altra od anche da Tesco quando gli capitava di andare a fare spesa all'ultimo minuto. Il fatto che fosse bello, però, non escludeva il fatto che fosse uno stronzo e facesse parte di un branco di idioti che prendeva per il culo lui e i suoi amici.

O almeno era quello che continuava a ripetersi.

In quel momento però, forse preso dall'adrenalina, dalla paura, da qualsiasi cosa fosse, non riuscì a non trovare adorabile il modo in cui l'altro lo guardò sconvolto.

“STYLES NON FARTI STRANE IDEE, NON HO MALATTIE STRANE” rispose l'altro direttamente sul suo orecchio e superando il baccano allucinato all'interno del tunnel degli orrori. Il vagone traballava e correva, il teatrino di luci rosse e viola non lasciava spazio ad altro se non all'ansia, quando un sarcofago appoggiato a una parete andò ad aprirsi facendogli cadere addosso una mummia che non smetteva di lamentarsi. Cadde quasi addosso ad Harry, che istintivamente iniziò ad urlare e si aggrappò all'altro al suo fianco, che urlava più di lui, se possibile, mentre con gesti nervosi cercava di scacciare via la mummia appoggiata di peso sulle spalle di Harry.

Il ricciò giurò di stare morendo, iniziò a invocare tutti i santi che gli balenavano in mente, mentre poteva avvertire ondate di brividi freddi lungo la spina dorsale.
Sollevò lo sguardo nei pochi secondi di pace che intercorrevano fra un mostro e l'altro, rendendosi conto di aver avvolto le braccia attorno alla vita dell'altro, che a sua volta gli aveva circondato spalle e torso con le proprie. Si guardarono negli occhi per tre secondi buoni, respirando pesantemente l'uno sulle guance dell'altro, ed egoisticamente nessuno dei due pensò ad allontanarsi. Forse perché erano spaventati a morte e nessuno dei due aveva le palle di ammetterlo, forse perché “Tutto questo non uscirà da qui” sentì mormorare ad un Louis a corto di fiato, ritrovandosi ad annuire e tornare a guardare di fronte a sé. Non ebbero tempo di fare nulla, che un altro clown apparve loro, ma stavolta portava con sé interiora umane ed emanava un fetore putrido degno di un morto, mentre rideva allucinato correndo in loro direzione. Fortunatamente il vagone andava ancora veloce, quindi lo superarono continuando a urlare, continuando a stringersi forte come se ne valesse la vita. Non era una cosa dettata dalla ragione, bensì dall'istinto, ma soprattutto diede loro una sensazione di protezione insolitamente confortante. Insolita perché Louis non sopportava Harry ed Harry, pur essendo sceso a patti con la sua patetica cotta, non sopportava Louis. Se un'ora prima gli avessero detto che alla fiera si sarebbe ritrovato spaventato a morte e fra le braccia di Louis Tomlinson, capitano della squadra di calcio della scuola e persona più odiosa del pianeta, non ci avrebbe creduto mai e poi mai. Invece, per volere del destino o semplicemente perché la vita a volte sembrava avere un sottile senso dell'umorismo, la posizione in cui si trovò fu proprio quella. La propria guancia premuta contro il collo dell'altro e il suo respiro affannato a sfiorargli la fronte. Solo dopo riuscì ad avvertire il battito furioso del cuore di Louis, il che parve rincuorarlo. Almeno non era il solo.

Passarono solo pochi secondi, ma sembrarono durare più del previsto, perché si ritrovò ad annuire ancora alle parole del ragazzo e a concordare con lui. Magari non Niall, ma se Liam avesse saputo una cosa simile, visto l'odio che nutriva nei confronti di Louis e della sua compagnia, gli avrebbe dato del venduto e gli avrebbe tolto il saluto.

Così, col cuore in gola e le mani sudaticce incollate alla maglia dell'altro, Harry se ne stette buono per quelli che parvero essere lunghi attimi, ma che si rivelarono essere pochi secondi.

 

Andarono avanti ancora per poco, il vagone iniziava a rallentare la sua velocità sulle rotaie. Una vecchia strega con gli occhi bianchi e dei lamenti sinistri fu l'ultima attrazione del tunnel, il che, oltre a far perdere loro dieci anni di vita dalla paura, si rivelò essere rincuorante. Il vagone rallentò quasi fino a fermarsi, e le luci rosse che accompagnarono la loro folle corsa si spensero per qualche secondo, lasciandoli al buio per la seconda volta quella sera.

Il petto di Louis si alzava e abbassava pesantemente, il ragazzo chiaramente tantava ancora di regolarizzare il respiro. A malavoglia, Harry si costrinse ad allentare la presa ferrea sulla maglia dell'altro, che ebbe ancora qualche difficoltà a lasciare andare il riccio. Per qualche secondo Harry rimase interdetto, Tomlinson lo teneva ancora abbracciato?

Si impose di far finta di nulla e si schiarì la voce. Fu abbastanza perché l'altro lo lasciasse andare, ed allo stesso tempo la luce tornò, permettendo ad entrambi di tornare alla realtà. Harry battè furiosamente le palpebre, riadattando la vista alla luce artificiale, ed istintivamente si voltò verso il ragazzo al suo fianco. Quello era pallido, chiaramente a disagio, mentre cercava di evitare lo sguardo inquisitorio del più piccolo.

“Cosa?” Se ne uscì fuori, voltandosi di scatto verso Harry e osservandogli un punto indefinito fra il collo e il mento.

Il riccio rimase sorpreso che gli stesse rivolgendo davvero la parola, e dentro di se sperò di avere la voce abbastanza ferma da risultare credibile, quando, dopo averlo adocchiato attentamente, se ne uscì fuori con “eri davvero spaventato”.

L'altro alzò gli occhi al cielo. “Già, certo, tu invece non mi hai certo rovinato una maglietta da come mi ti sei aggrappato addosso” fece retorico, avvicinandosi pericolosamente all'altro.

Continuava a non degnarlo di un'occhiata, ed Harry ebbe paura che volesse baciarlo o chissà che altro, ma quello in realtà iniziò a spingerlo.

Ah, già, dovevano scendere dal suo lato. Si ridestò, gettandogli un'occhiataccia, odiava venire spinto. “Fino a prova contraria sei stato tu quello a saltarmi di sopra quando sono apparsi i clown.” sentenziò, alzandosi dal vagone ed uscendo fuori dai binari. L'altro semplicemente lo spinse di lato e lo superò.

“Non so neanche perché ti sto parlando, tutto questo non è mai successo.” aveva il tono monotono che chiaramente riservava alle persone che non conosceva, ma Harry potè chiaramente distinguere il disagio probabilmente dovuto al gioco, o forse alla compagnia sgradita. Per un secondo desiderò non sentirsi causa del cattivo umore del giocatore di football, ma solo per un secondo.

Si riprese in fretta, iniziando a camminare verso l'uscita del tunnel. Tomlinson non l'aveva neanche salutato; non che si aspettasse ringraziamenti per l'esperienza appena passata o chissà cosa, specie se non gli era piaciuto condividerla con lui, ma in ogni caso ci rimase male.

Fu per questo che quando uscì fuori, mani in tasca e aria pensierosa, quasi si perse la vista dell'altro alla biglietteria del tunnel degli orrori.

Per uscire doveva per forza passare di là, non pensava certo che l'altro volesse rifare un giro, ma allora perché era lì?

“-cancellare tutte le copie che avete?” Stava dicendo in tono abbastanza arrabbiato, il calciatore. Harry si fermò per qualche istante, prima di notare le foto sullo schermo di fianco al bigliettaio. Gli occhi allora gli si illuminarono subito, ogni traccia di indecisione scomparsa dal viso.

Spinse quello di lato, facendosi spazio davanti al bancone. “Quelle sono le nostre foto?!” domandò, constatando l'ovvio.

Louis lo rispinse “Styles, torna dai tuoi amichetti” rispose secco, tornando a rivolgere attenzione all'uomo che li guardava con espressione annoiata. “Cancelli tutte le copie, per favore.”

“Hey, no! Ne voglio una!” Harry indicò lo schermo con l'indice della mano sinistra, perché con la destra era troppo occupato a estrarre il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans. L'altro lo guardò stranito, scuotendo la testa incredulo e anche abbastanza arrabbiato. “Non se ne parla, ragazzino, tu non avrai quelle foto.”

“Sì invece, le avrò.” rispose categorico il riccio, che pagò e ricevette un paio di copie di foto raffiguranti loro praticamente uno sull'altro, sguardi terrorizzati e bocche così aperte da poter ispezionare le tonsille. Harry non appena l'uomo gliele porse fece per allontanarsi, quasi percependo Louis e il suo intento di strappargliele di mano. Per sua sfortuna il riccio era di qualche centimetro più alto, di conseguenza non vi riuscì. Quello fece spallucce. “Mi dispiace Tomlinson, suppongo che queste le dovrò tenere io.”

“Non provarci, Styles.” sussurrò fra i denti il senior, che davanti aveva un Harry intento a camminare all'indietro in maniera lenta. Lo seguiva anche lui lentamente, con la minaccia ben visibile negli occhi. Harry poteva anche essere alto, ma non era altrettanto agile. Anni di sport e agilità innata del calciatore, gli permisero di saltare in avanti e afferrargli le foto senza che l'altro potesse avere riflessi abbastanza veloci da impedirlo. Louis corse via.

“No, daiiii” si lamentò il riccio, che senza pensare iniziò a inseguirlo a perdifiato. “Tomlinson, fermati!” gli fece, iniziando ad abbandonare la ghiaia dei vari sentieri e riprendendo a correre sull'erba. Si era a malapena reso conto di come il posto si fosse lentamente svuotato; vi erano la metà della metà delle persone presenti prima che entrasse nel tunnel, di conseguenza il vociare era diminuito parecchio.

“Non se ne parla, Styles, distruggerò tutto quanto!” urlò oltre la sua spalla Tommo, continuando a correre lontano dalle luci artificiali delle bancarelle e delle attrazioni varie. L'umidità dell'erba su cui correvano rendeva i loro passi meno rumorosi, gli alberi creavano ombre scure che impedivano alle luci ormai lontane di filtrare pienamente all'interno di quella che probabilmente doveva essere una piccola foresta.

“Tomlinson, ti ho detto fermati! Ci stiamo allontando troppo!” Harry non ebbe motivo di urlare troppo, erano relativamente vicini e lontani dal poco baccano rimasto dalla festa di Halloween, ma comunque questo non bastò a far fermare Louis, che rideva come di chi sa d'avere la vittoria in pugno.

Ad un tratto però qualcosa cambiò, ad Harry parve di sentire uno scricchiolio simile a quello di chi pesta qualche ramo, e fece per guardarsi intorno, senza prestare molta attenzione a cosa avesse davanti a sé. Almeno fino a che non ci andò a sbattere. Fece quasi cadere in avanti Louis, che lasciò andare un lamento soffocato e si piegò appena in avanti, prima di tornare con la schiena dritta e spingere malamente Harry. Quello aprì la bocca, forse con la mezza intenzione di scusarsi e offenderlo allo stesso tempo, ma non ebbe modo di fare nulla, perché Louis o spinse ancora, stavolta velocemente e in maniera violenta. Harry era troppo frastornato per capire cosa stesse succedendo, ma nel giro di pochi secondi si ritrovò con la schiena contro un tronco, la mano libera di Louis Tomlinson contro le labbra e il suo corpo spaventosamente vicino al proprio.

La sua mente era partita per la tangente.

Corrugò le sopracciglia, fissandolo incerto e tentando di scorgere la sua espressione, ma fra l'ombra degli alberi e il buio della notte che ormai incombeva su di loro, le luci erano troppo lontane per capire cosa stesse passando per gli occhi dell'altro.

“Sshh” fece quello, soffiandogli quella richiesta sul viso; Harry avrebbe scommesso le poche sterline che aveva in tasca che se non ci fosse stata la mano di Louis su labbra e naso, avrebbe scoperto di cosa profumava il suo alito. Pareva essere qualcosa di dolce.

Gli uscì dalle labbra qualche mugolio insensato, perché l'unica cosa che gli passava per la mente era ma ho davvero Tomlinson che mi spinge contro un albero?, Dovrei eccitarmi o pensare al pigiama di flanella di nonna Mary?, oppure e se gli lecco la mano sembro troppo sfigato?

Non ebbe tempo di pensare a nulla, perché con la coda dell'occhio intravide qualcuno passare loro di fianco. Erano i due clown del tunnel degli orrori.
Si voltò nuovamente verso Louis e lo vide intento ad osservare i due oltrepassarli, e lì comprese. Comprese perché finì addosso all'altro e perché quest'ultimo si fosse fermato di punto in bianco, così come comprese il perché lo stesse tenendo lì buono. Non voleva che facesse rumore.

Così Harry annuì ripetutamente, chiudendo gli occhi ed attendendo che l'altro lo liberasse. Il punto è che Louis non lo fece, rimase lì, a torreggiare su di lui, ed Harry si ritrovò bloccato fra il tronco e il corpo di uno dei ragazzi più belli che avesse mai visto.

Venne riportato bruscamente alla realtà dal rumore di piedi strascicati e lamenti che gli provocarono una serie di brividi lungo tutto il corpo.

Clown perché non mi aiuti? Non posso portarli da soli, pesano!” era una voce mascolina, chiara come la rugiada. Ad Harry bastò muovere il proprio sguardo da Louis al proprio fianco, per scorgere il punto dal quale proveniva.
Era stato il clown coi capelli ordinati a parlare, che cercava di tenere il passo del più grande, robusto e apparentemente più terrificante dei due. E poi lo chiamava clown. Non era un suo collega? Non si chiamavano per nome? Quell'altro non rispose, continuò a camminare con quell'andatura quasi violenta, fino a che non gli fece gesto di avvicinarsi. Fu allora che sentì Louis trasalire contro il proprio petto. Gli occhi saettarono nuovamente sul ragazzo incrdibilmente vicino, che con occhi sgranati assisteva alla scena. Inizialmente Harry non comprese, ma quando tornò con lo sguardo sulla scena che avveniva sotto ai loro occhi, si accorse che il più giovane dei due clown portava con sé un paio di corpi morti. Li trascinava per le braccia e lasciava che strusciassero contro il prato. A quella vista le ginocchia iniziarono a tremargli, e per qualche secondo ringraziò di avere il supporto dell'albero alle sue spalle. Inspirò dal naso e senza riflettere poggiò una mano sulla maglietta a righe di Tomlinson, che parve ridestarsi.

“Non ti agitare.” sussurrò quell'altro in maniera quasi inudibile, e forse se non fossero stati a una spanna l'uno dall'altro non lo avrebbe mai sentito. Annuì semplicemente, troppo spaventato per poter fare altro. Notò anche che osservare l'altro pareva impedirgli di focalizzarsi troppo su ciò che stava accadendo, il che poteva essere un bene. Strinse fra le dita il tessuto, stranamente l'altro glielo lasciò fare.

“Non ci succederà niente, promesso.” quando Louis sussurrò quelle parole, a seguire fece sfiorare le loro fronti ed Harry dimenticò quasi di avere a venti metri di distanza due clown assassini intenti a sotterrare due cadaveri. Rimasero lì per non si sa quanto tempo, ad ascoltare i lamenti dell'unico clown che sembrava usare l'uso della parola. Il rumore di terra che veniva spalata e strusciare di membra esangui contro l'erba.

Alla fine i due parvero andarsene, ma i ragazzi rimasero in quell'esatto punto, probabilmente troppo sconvolti per dire qualcosa.

Il primo a spezzare il silenzio fu Harry, che si azzardò a sollevare lo sguardo e puntarlo su quello dell'altro. “Cosa cazzo è successo?” chiese, muovendo a malapena le labbra e senza osare guardarsi intorno. Louis a quelle parole sollevò lo sguardo e lo punto sul riccio.

“Stai bene?” chiese, quasi come a volersi sincerare che l'altro non fosse diventato più decerebrato di prima. Harry stranamente non la prese come un'offesa e annuì solamente. Non avrebbe mai detto che Tomlinson avesse un istinto di protezione durante le situazioni di pericolo. Eppure eccolo lì.

Non smise di guardarlo, ma gli strinse maggiormente la maglia fra le dita, sorpreso di non aver mai mollato la presa. “...Se ne sono andati? Guarda tu.”
Louis si leccò le labbra, e nella penombra di una serata ormai inoltrata parve guardarsi intorno per dei lunghi attimi. “Sì.” disse, infine. “Nessuna traccia di quegli psicopatici.”

Harry annuì e parve rilassarsi un poco, scrollò le spalle e, una volta realizzato di essere ancora intrappolato, si schiarì la voce in maniera discreta.
A quello Louis trasalì appena. “Oh.” fece, voltando il capo da un lato e facendosi da parte.
Harry per un secondo si sentì in imbarazzo, fece un passo avanti e si scostò dal tronco su cui era rimasto appoggiato per una buona mezz'ora e si guardò intorno ancora titubante. “Sai, volevo... Volevo dirti grazie.” principiò con estrema lentezza. Non era un buon segno, la sua voce bassa e strascicata andava già abbastanza a rallentatore di suo, ora sembrava quasi un ritardato.

Louis tornò a guardarlo in maniera interrogativa, così il ricciò continuò.
“Da solo probabilmente mi sarei spaventato a morte.”

“Chi non si sarebbe spaventato, Harry?” fece retorico il calciatore, prima di zittirsi completamente. Si zittì anche Harry, perché il suo nome sulla lingua di Louis suonava che era una dolcezza.
Si schiaffeggiò mentalmente. “Grazie, Louis.” insistette il riccio, azzardando a poggiare la propria mano sull'avambraccio del senior in un gesto grato. La lasciò lì quando sentì il cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni, e, distratto, lo fuoriuscì senza pensarci due volte.
Aveva dieci chiamate e quattro messaggi.

Nialler (22:44):

Srgtngdnhfmh 4t56yhàthèht

 

Leeyum (22:57):
Dove sei? Non ti troviamo

 

Leeyum (23:36):
Harry, perché non rispondi? Che fine hai fatto? Devo parlarti.

 

Leeyum (00:12):
Niall mi ha vomitato sui piedi, lo sto riportando a casa. Rispondi a questo cazzo di telefono o quantomeno fatti vivo.

 

 

Sospirò pesantemente, con ancora il volto illuminato dalla luce fredda del display del cellulare, quando la voce dell'altro ragazzo sembrò risvegliarlo.
“È tutto okay?” domandò incerto, non smettendo di adocchiarlo nervoso. D'altronde erano soli in una foresta con due cadaveri seppelliti vicino. Niente di che.
Harry annuì ancora una volta. “Sì, sono rimasto a piedi, ma... Sì.” rispose in maniera pratica, tirando su col naso e strofinandosi la punta del naso con fare inquieto.
“Ti porto a casa io, dopo stasera non mi fiderei a tornare a casa da solo comunque.” il tono di voce del senior risuonò categorico, e certamente Harry non avrebbe rifiutato un passaggio. Non da lui, non in quel momento. Buffo come nel giro di pochi momenti, le sue opinioni siano potute mutare anche solo un minimo. “Okay” replicò, senza troppi complimenti. Anche se Tomlinson non aveva alcun interesse nel saperlo salvo, il fatto che il suo egoismo giovasse ad entrambi non lo fece protestare.

Iniziarono a percorrere la strada a ritroso fino a che le luci della fiera non tornarono ad illuminarli totalmente; con uno sguardo al suo fianco vide il moro sfiorare ripetutamente lo schermo del suo iPhone, probabilmente perso a parlare con qualcun altro. Non lo disturbò, ma quando giunsero alla strada principale notò con un po' d'ansia che quasi tre quarti di tutte le attrazioni erano spente, così come metà delle bancarelle. Passarono il tunnel degli orrori ed Harry prese mentalmente nota della biglietteria chiusa. Oltrepassarono la ruota panoramica, i chioschi di birra ormai chiusi. Vi erano giusto alcune persone intente a bere bevande calde, probabilmente dei dipendenti, mentre alcuni proprietari di bancarelle erano intenti a chiudere le loro postazioni.
“Non cerchi i tuoi amici?” fu la domanda automatica che gli scappò dalle labbra, ma non smise di guardare Louis nemmeno un secondo. Lo vide sollevare lo sguardo sorpreso, puntandolo su di lui come a studiarlo. Non smisero di camminare verso i cancelli, ma alla fine il calciatore diede una scrollata di spalle. “Sono andati con Zayn.”
Malik, giusto. Non sapendo cos'altro dire, optò per un silenzioso annuire.
“Payne e Horan?” domandò l'altro, e forse lo fece per cortesia. Io gli ho chiesto dei suoi amici, dopotutto.

Tomlinson una persona educata? Che gran paradosso. Eppure sembrava davvero così.

Scrollò le spalle anche lui, accennando il primo sorriso in compagnia dell'altro ragazzo. “Niall ha vomitato addosso a Liam, suppongo che ora siano collassati da qualche parte a casa di uno dei due.” obiettò sovrappensiero, certo che all'altro non interessasse veramente sapere quelle stronzate. Invece, sollevando lo sguardo intercettò un mezzo sorriso di Louis e ne rimase piacevolmente sorpreso. Non disse nulla però, perché in poco tempo raggiunsero il parcheggio e nella sua visuale avvertì il lampeggiare dei fari della mercedes nera di Tomlinson.

La stessa mercedes con la quale arrivava a scuola ogni mattina come se fosse qualcuno di irraggiungibile. E ora stai per sedertici come se foste vecchi amici. Scialla Styles, stai scialla.

Entrati in macchina Louis mise in moto senza troppe cerimonie e, davvero, Harry non potè non compatirlo. Erano ancora visibilmente scossi, e passarono l'intero tragittoin silenzio.
Non era strano, non era teso. Era uno di quei silenzi confortevoli in cui si scade con una persona con la quale hai condiviso qualcosa di importante. E si poteva dire che loro l'avessero condiviso.

Quando, dopo una ventina di minuti, raggiunsero il quartiere di Harry, la sua attenzione tornò subito in direzione dell'altro ragazzo. “Come facevi a sapere dove abitavo? Non ti ho dato alcuna indicazione.” constatò proprio mentre Louis accostava davanti alla villetta a due piani degli Styles-Twist.

Il moro rimase con le mani al volante, ma il riccio notò le sue nocche sbiancarsi. “Così. Sono una persona attenta.”
“Sei attento anche con me?” Che domanda strana, che cosa c'entravano lui e casa sua?
Il senior inspirò ed annuì. “Anche.” E si voltò a guardarlo, con la luce del lampione che rifletteva il suo sguardo semi-ansioso.
“Stai bene, non è vero?”

“Perché continui a chiedermelo, Louis?”

“Perché mi chiami Louis?” Uno sguardo pensieroso.
“È il tuo nome.” Una scrollata di spalle.

“Tu non mi chiami mai per nome.”

Harry battè ripetutamente le palpebre. “Se è per questo neanche tu, eppure l'hai fatto.”

Louis si prese qualche secondo prima di rispondere. “È vero, solitamente non ti chiamo mai.”

 

Harry non seppe cosa dire, non schiuse neanche le labbra.
“Vorrei farlo, qualche volta.” Louis rincarò la dose, lasciando andare stavolta il volante e voltandosi verso Harry.
“C-come? Cosa?” Chiese il riccio spaesato.

“Chiamarti. Vorrei farlo. Preferibilmente domani.”

Oh. “O-okay, perché?” chiese, fissandolo senza neanche battere le ciglia. Bene, poco inquietante.

Louis si fece più vicino. “Ho avuto un po' paura, e... Ti guardavo prima, alla ruota panoramica.”
Harry scosse il capo, volgendosi col busto verso di lui. “Come facevi se Calder ti mangiava la faccia?” Sentì chiaramente sbuffare l'altro, in maniera anche piuttosto ironica.

“Per favore, Eleanor è solo un'amica che mi aiuta.” i suoi occhi azzurri si abbassarono per qualche istante, prima di tornare con forza su quelli del riccio. “Ti guardavo come ti guardo spesso a scuola. Sembri felice.”

A quelle parole Harry rimase interdetto. “Lo sono.” poi sembrò rifletterci. “Perché mi guardavi alla ruota panor-”

“Penso che tu sia bello. Specialmente quando sei felice.”

“Cosa?” Harry lo sussurrò così piano che forse si sentì solo lui. Stavolta i brividi lungo la schiena non erano dettati dalla paura. Gli occhi persi in quelli dell'altro. Verde e azzurro, nel buio entrambi della stessa notalità della pece.

“Ho detto che penso ch-”

“Ti ho sentito” Lo interruppe, piano. “Perché?” le mani nervosamente aggrappate alle proprie ginocchia, Harry ormai ignorava i lievi tremori che scuotevano il suo corpo. Fremeva per quelle risposte che non si sarebbe mai sognato di avere. Non era neanche sicuro se ciò stesse realmente accadendo o se fosse morto dentro a quel cazzo di vagone in quel minchia di tunnel.

“Perché... Perché non riesco a smettere di farlo da quest'estate.”

Oh.

Eh?

“Eh?” chiese, rimanendo con la bocca schiusa.

Louis scosse piano il capo, sporgendosi verso Harry. Harry che, strano a dirsi, non indietreggiò, ma rimase lì fermo come se fosse spaventato di scoprire di essersi immaginato tutto.

“Ho avuto paura anche io, stasera.” Confessò, inspirando ed espirando in maniera nervosa. Deviò lo sguardo oltre il parabrezza, focalizzandosi in altro che non fosse Harry. Il riccio in questione si sentì come nel mezzo del ciclone, ma dovette chiederlo. “Di cosa?”

“Di loro. E di te.” Tornò ad osservarlo come se stesse valutando l'idea di parlare o meno.
“Non- non volevo che ti succedesse niente. Mi piace quando sei felice.”

“Continui a ripeterlo.”

“È così” rispose ancora, lui, sottovoce.
“Quando sei entrato nel tunnel non volevo crederci, non ti aspettavo lì. Ma sapevo che Zayn sarebbe andato da Payne e avrebbe tardato, perciò...”

“Malik? Da Liam?” Chiese il più piccolo quasi scosso. Ebbe paura di nuovo, per un momento, che fosse successo altro di spiacevole.

“Forse si è deciso a dichiararsi, sì” a quel punto Harry sentì i propri occhi scattare in avanti come se avessero delle molle e abbandonato le orbite, tant'è che l'altro non riuscì a non sorridere.

“Suppongo di non aver calcolato che potessi farlo anche io, stasera.”

Harry non ebbe tempo di chiedere qualcosa, che si ritrovò a sperimentare la morbida pressione delle sottili labbra di Louis a contatto con le proprie. Erano a malapena lì, leggere come piume, a carezzare le proprie che fino a prima aveva martoriato con gli incisivi per via del nervosismo.
Esitò giusto due secondi, prima di rispondere incerto a quel bacio. L'unico suono all'interno dell'abitacolo della macchina era quello dei respiri che traevano dalle narici. In maniera un po' impacciata il riccio portò una mano sulla guancia del più grande, che a sua volta si avvicinò ancora di più e prese a mordergli delicatamente il labbro inferiore.

Man mano che passarono i secondi, però, quello che era iniziato con l'essere un bacio leggero e innocuo, assunse una voracità che nessuno dei due si era aspettato. La mano di Harry sulla guancia scese fino al collo del più grande, esplorandolo coi polpastrelli ed esercitandovi una discreta pressione. Louis invece, bilanciadosi con le mani sul sedile del più piccolo, torreggiò su di lui e in un momento di audacia premette la lingua contro i suoi denti, richiedendo l'accesso alla sua bocca. Accesso che Harry non perse tempo a donargli. Da lì iniziarono ad esplorarsi in maniera confusa, bisognosa e selvaggia.

I jeans di Harry divennero stretti prima ancora che potesse realizzarlo. Prima che potessero andare troppo oltre, però, il calciatore si scostò, mettendo fine al bacio con uno schiocco sonoro che fece sorridere entrambi. Uno un po' più imbarazzato e l'altro più fiero di se stesso. Il ricciò cerco di tornare a pensare alla dentiera di sua nonna prima che si ridicolizzasse davanti all'altro.

Louis si scostò quanto bastava per osservarlo in volto, ed Harry improvvisamente si sentì esposto. Sentiva il sangue riscaldargli le guance, ma a giudicare dalle pupille lucide e dilatate dell'altro e le labbra gonfie, forse erano messi male uguale. Si scambiarono un'occhiata selvaggia, e se prima il loro silenzio poteva essere pieno di imbarazzo, antipatia o anche rabbia, ora era pura tensione sessuale quella a riempire la distanza che intercorreva fra di loro.

Harry si riscosse per primo, battè le palpebre e si chiarì la gola, e ciò sembro portare nel mondo dei vivi anche l'altro.

“Dovrei... Dovrei andare” fece il più piccolo, la voce ancora più bassa e roca del normale.

Vide Louis inumidirsi le labbra. “No, sì, vai pure...” replicò in risposta, rimanendo ancora chinato verso il riccio. Alla cieca quello ricercò la maniglia della propria portiera e la aprì, ma prima che potesse mettere piede fuori, una mano delicata si poggiò sul suo ginocchio.

“Ci vediamo domani a scuola. Raggiungimi all'intervallo.”

Harry stette zitto, momentaneamente distratto dal calore che irradiava la mano dal ragazzo dagli occhi azzurri. Increspò le sopracciglia interrogativo. “Dove?”

Gli occhi di Louis sotto le luci artificiali dei lampioni si fecero più vivi, ed un sorriso ampio, vero e ancora imbrattato di lussuria gli incorniciò le labbra. “Il bagno in disuso del secondo piano.” gli confidò a mezze labbra. “Non portare nessuno.”

  
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