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Autore: A g n e    07/11/2014    2 recensioni
A parte la tristezza del titolo, questo è quanto: un tentativo di crossover con Doctor Who.
La timeline londinese (e quello che succede) nell'universo di DW è altamente esplosiva se messa a contatto con la timeline di Sherlock... ma era un'occasione troppo ghiotta per lasciarmela sfuggire.
Plus, i punti bui della vita di Sherlock sono splendidamente risolvibili -fandom docet- con un intervento random del Dottore... per cui ecco.
«Oh, Sherlock Holmes. Ti sono mancato?»
«Che spirito da patata, Dottore.»
«Ai più piaccio così. Ti raggiungo fra un attimo.»
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Quartiere di Chelsea, Londra, aprile 1999. 

Greg Lestrade è un uomo buono, in fondo, se mai nel mondo esistano uomini buoni. È paziente, giusto nei giudizi e appassionato del suo lavoro.
Deve ricordarselo, mentre si massaggia con due dita le tempie, nel vano tentativo di non peggiorare l'incipiente mal di testa che ha accompagnato la sua uscita da Scotland Yard.
Deve ricordarselo. E soprattutto deve ricordarsi che gli uomini buoni non uccidono ragazzini abbandonati a se stessi in un vicolo della peggio Londra.

«Holmes», ringhia sottovoce, con un tono che basterebbe a far costituire spontaneamente metà dei criminali della Greater London, perché per carità, Lestrade è un brav'uomo, ma si sa che quando i brav'uomini si arrabbiano...
Insomma, Holmes.
Pieno di cocaina fin sopra i capelli.
Di nuovo.
E come al solito, l'unica reazione di cui il suddetto Holmes lo degna è un mezzo sorriso e quello sguardo.

I turni di pattuglia fanno schifo, Lestrade lo sa, e fortunatamente col suo grado di solito li evita; si trova qualsiasi orrore, in quelle ore, in quelle strade, il fango dei reietti, i resti abbandonati di chi fa veramente troppo pena anche per la cristiana compassione. Se Holmes fosse rimasto buono e in silenzio in quella categoria, Lestrade non si sarebbe scomodato, limitandosi ad archiviarlo come ennesimo caso umano "che finché non fa troppo casino si può anche lasciarlo lì a marcire", per dirlo con le illuminate parole di un collega.
Ma Holmes ha quello sguardo, quello sguardo di chi capisce perfettamente cosa sta succedendo e perché; sguardo che nessuno con un cervello fritto dalla droga dovrebbe avere.

Mentre Lestrade valuta il da farsi e spedisce per buona misura Donovan e Anderson a fare un giro dell'isolato, Holmes raddrizza di scatto la testa, come un cane che ha fiutato qualcosa. L'ispettore non ha nemmeno il tempo di chiedersi cosa stia succedendo quando una cabina blu della polizia -quanta ironia sprecata, col senno di poi- gli si materializza davanti e lascia uscire un uomo, che fa quattro passi fino ad arrivargli accanto, gli sorride e gli parla.

«Serve aiuto, ispettore? Si fidi di me. Sono il Dottore.»

***

Lestrade non ha avuto modo di protestare, né di reagire. Vista la scarsa propensione di Sherlock ai pettegolezzi e il fatto che i suoi colleghi non erano attorno, ha potuto considerarsi salvo da eventuali macchie nere sul suo curriculum. Tutti contenti, quindi.

Sherlock si guarda attorno. La Tardis ronza come se fosse infastidita dal nuovo arrivato, ma in novecento anni ci deve aver ben fatto l'abitudine; il Dottore accarezza piano la console, come a rassicurarla, e si volta a guardare il giovane londinese, che ora lo sta fissando.

«È più grande all'interno.»
Il Dottore ridacchia, annuendo. «Sei migliore di così, Sherlock. Dimmi qualcosa di meno ovvio.»

Sherlock prende un respiro, poi attacca a parlare prima che anche il Dottore -Dottor chi, poi? Sherlock ancora non lo sa e odia non sapere- lo mandi al diavolo.
«Non lo so. E io so sempre qualcosa, Dottore. Ma tu... Tu sei insensato. Davvero. In te non c'è nulla che abbia un minimo senso. Questo» indica la Tardis «è un mezzo di trasporto? Naturalmente. Non è tecnologia terreste. Potrebbe esserlo? No. Oh, non chiedermi come posso esserne sicuro. Quando si ha un fratello come il mio si impara a distinguere. Se si ha memoria, beninteso. E faccia tosta, quello aiuta. Faccia tosta, sai di che parlo, vero, Dottore? Ti comporti come se tutti ti conoscessero, come se avessi la situazione in pugno... Oh, ma tu l'hai, non è vero? Questa macchina. Viaggia. Ma non nello spazio, oh, sorprendente, nel tempo? Per forza. Non sembri avere più di quarant'anni, ma quegli occhi, il modo in cui ti muovi, quei vestiti... Se non fosse impossibile, direi che hai qualche centinaio d'anni alle spalle... Alieno. Ma certo. Quando mi hai sollevato dalla strada: due cuori. Ho sentito il battito. E... Cambi? Non è così? Cambi aspetto. Non hai avuto sempre quella faccia. Viaggi solo, ma non sempre... Quanti hai recuperato, come me? Oh... Persone che non hanno legami? Oppure no, semplicemente chi dovrebbe avere altro

Il Dottore non smette di sorridere. «Molto bene, Sherlock. Davvero intelligente. E... tu dovresti avere altro?»

Il giovane sogghigna. «Dimmelo tu, Dottore.»

«Butta la roba che hai in tasca, prima.»

Sherlock soppesa il sacchetto di polvere bianca, poi riapre la porta della Tardis e lo lancia in un bidone nel vicolo; non capisce perfettamente il perché, ma percepisce che col Dottore i suoi trucchi non funzionerebbero. Poi rientra e si volta a guardarlo.

«Benvenuto a bordo, Sherlock Holmes. E ora reggiti forte... Da qualche parte. 

***

St. Bartholomew's Hospital, Smithfield, Londra, novembre 2012.

Sherlock lascia cadere il cellulare, poi sale sul cornicione, allarga le braccia e si lancia nel vuoto.
Qualche secondo dopo riemerge faticosamente dalla piscina della Tardis, giusto un istante prima di finirci affogato per il peso del cappotto.

 

«Comincia a diventare un'abitudine, questo modo di salvare la gente», sogghigna una voce che non riconosce.

«Ah. Potevi ben avvertirmi, dunque» protesta il detective, liberandosi del soprabito gocciolante e afferrando un asciugamano appeso accanto alla piscina.

«Scusami, ma la signora che ho recuperato indossava vestiti più leggeri, in effetti. Non ci ho pensato. Sherlock Holmes!»

Il Dottore avanza verso di lui a braccia spalancate, poi lo stringe a sé. Sherlock ignora l'istinto di rifuggire agli abbracci, per un attimo, poi fa un passo indietro e lo squadra.

«Ancora non rosso, eh?»

«Non me ne parlare. Beh, ho avuto capelli peggiori, non mi lamento. Dimmi un po', parlando di cose serie, in che pasticci ti sei ficcato, questa volta?»

Sherlock inizia a parlare; il Dottore impiega meno di qualche minuto per ricucire insieme gli anni da quando lo ha riportato a Londra e ancor meno per trovare le poche falle nel sistema Moriarty che Sherlock non aveva ancora identificato -oh beh, sì, lascia stare, ho avuto i miei guai con criminali dalle manie di grandezza, gli dice, e il detective ricorda, intuisce, Harold Saxon, ma certo!, ma non chiede altro.

«Sai, Sherlock» gli dice dopo un po' «in una delle mie avventure, pensa, al di là dell'universo, addirittura, la Tardis è riuscita a parlarmi. Storia lunga. Insomma, mi ha detto che... Com'era? "Ho la mania di portare a casa cuccioli trovati per strada." Beh. Guardati. Non più un cucciolo, direi.»

«È per questo che mi hai riportato a casa?» indaga.

Il Dottore esita per un attimo. «No. Non solo. Volevo riportarti a casa intero, ecco tutto. Non è una cosa che succede molto spesso a chi viaggia con me. Ti sei chiesto perché sono tornato? Certo, l'avrei fatto per ogni mio companion, probabilmente... Ma volevo salvarti. Essere sicuro che tu fossi salvo. Vivo.»

Si interrompe per un attimo.

«Io morirò, Sherlock. Mi manca poco... Beh. Lo sai come va, di solito, no? Nondimeno, stavolta, in tutta probabilità... Comunque. Ho sentito che eri nei guai e non volevo che per te finisse così. Non volevo che tu lasciassi solo qualcuno. A questo proposito, Sherlock... Non lasciare solo John.»

«Lo terrò al sicuro

Il Dottore sorride, ma il detective potrebbe giurare di non aver mai visto un sorriso più triste.
 

***

 

Base aerea militare RAF Halton, Londra, febbraio 2015.

L'elicottero è decollato da un paio di minuti e già il cellulare suona. Sherlock sbuffa e risponde, brusco. «Bontà divina, Mycroft, deciditi, una buona volt- tornato chi?!»

Il detective lascia blaterare il fratello nel suo evidente delirio, mentre la ricetrasmittente di bordo ronza, come per un disturbo, poi si sintonizza su una voce che Sherlock conosce fin troppo bene. Senza pensarci un secondo chiude la comunicazione con Mycroft, poi, prima di potersene pentire, contatta l'unica persona che può aiutarlo. Persona che, nonostante le sue manie catastrofiste, non è poi morto, come Sherlock aveva osato suggerire in tempi non sospetti.

«Oh, Sherlock Holmes. Ti sono mancato?»
«Che spirito da patata, Dottore.»
«Ai più piaccio così. Ti raggiungo fra un attimo.»

 


Note a piè di pagina.

Dunque.

Le date e i luoghi.

Sherlock nel 1999, se ci atteniamo al canone della BBC, doveva avere più o meno 20 anni. Non troppo pochi per procurarsi la droga, non troppi per non poter poi, a trent'anni, essere più o meno a posto, incontrare John Watson, etc. Chelsea è abbastanza fuori da non attirare troppo l'attenzione le sperimentazioni con la coca dovessero andare male ma abbastanza da trovare qualcosa di interessante per testare l’effetto della cocaina su un qualche caso e, soprattutto, abbastanza vicino al centro di Londra perché un più giovane Lestrade ci finisca ancora in pattuglia.

Il Bart's è storia. Ah, Saxon. Cosa può ricordarsi, Sherlock? Quello che è avvenuto con il Master primo ministro. Che il Dottore non abbia contattato Sherlock… ok, non è che sia molto plausibile, ma Martha Jones e Jack Harness bastano e avanzano, un gatto selvatico come Sherlock avrebbe peggiorato la situazione, quindi non chiamiamolo in causa.

L'aeroporto militare, aehm. È nel Buckinghamshire, appena a ovest di Londra; è usato per addestrare le reclute, ergo: pivellini, abbastanza movimento per passare inosservati, non troppo lontano da Londra per avere problemi con movimenti e robe varie. La data me la sono inventata, non sappiamo quando esattamente Sherlock sia esiliato; è non troppo dopo il Natale 2014, ad ogni modo.

Il Dottore: sappiamo che lui va e viene come gli pare, ma ho cercato di rispettare la timeline londinese... O almeno, dovrei averla rispettata. Di sicuro, nel 2012 Ten è già bello che andato (#DENIAL #NonHoScrittoQuelCheHoScritto) e Eleven se la viaggia nel periodo pre-"morte" e post-Ponds.

L'ultimo Dottore può essere benissimo Eleven o Twelve, non ci sono grandi problemi né con l'uno né con l'altro. Ah, il contatto... C'è ancora un cellulare che vaga per la Tardis? Magari non quello di Martha Jones, ma un metodo di contatto diretto (ex-)companions-Dottore non mi è sembrato tragicamente improbabile.

Ultima cosa, la droga. La cocaina non stordisce, tutto il contrario, ma penso che uno fatto di cocaina con qualcosa in mente, tipo Sherlock, possa decidere di non dare molto retta alle farneticazioni di un ispettore qualsiasi (povero Greg *patpatta Greg*). E soprattutto, immagino sia abbastanza potente da lasciare una persona abbastanza fuori dal mondo, sul finire dell’effetto, da poterla prendere di peso senza che protesti (come fa il Dottore con Sherlock).

   
 
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