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Autore: frances bruise    07/11/2014    1 recensioni
[One-Shot su Peggy Carter, ambientata negli anni precedenti la Guerra]
"Peggy dischiuse le labbra e rimase a fissarlo, senza parole; le sue sopracciglia scure si aggrottarono, ma non troppo. Lei e Daniel erano amici da sempre, dato che erano vicini di casa e che i loro rispettivi padri si definivano amici per la pelle: non c'era stato un fine settimana che non avessero passato insieme, una volta nel giardino del signor Knapp, una volta nel giardino del signor Carter. Quando erano piccoli, giocavano insieme nel quartiere e, ogni tanto, si univano agli altri bambini. Perché tutti questi pretesti, adesso?"
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Peggy Carter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Premessa:

Margaret, detta “Peggy”, Carter è stata uno dei personaggi prodotti dalla Marvel che mi hanno sempre affascinato molto. Accanto a lei, sul podio, c’è solo Loki— un vero capolavoro, lui. 
La Marvel ha prodotto tanti personaggi femminili veramente validi, per cui uno dovrebbe preferire Peggy Carter a tante altre donne che hanno avuto un ruolo molto più importante nelle loro storie? O che, magari, sono state le protagoniste di alcune storie?
Molto semplice: ciò che mi è sempre piaciuto di lei è il forte femminismo. E’ chiaro che, in un periodo come quello in cui si è ritrovata a vivere, non fosse affatto facile per le donne emergere. Peggy sì, invece. Lei è, infatti, l’eroina della sua storia: l’abbiamo vista combattere a fianco di Captain America nel corso della Seconda Guerra Mondiale, l’abbiamo vista soffrire per la sua presunta morte; ma l’abbiamo anche rivista rialzarsi.
In questo particolare caso, è chiaro che io mi riferisca sia alla Peggy dei fumetti (è lei ad appoggiare Steve e sua nipote Sharon Carter in tutto ciò che fanno), che a quella della Marvel Cinematic Universe.
Adesso mi appresto a presentare una Peggy che non conosciamo. Sì, proprio la Peggy che precede quella della Seconda Guerra Mondiale. Una Peggy più— infantile?
 
Buona lettura!
 
❝ Daniel ❞
 
« Suppongo che tu abbia qualcosa che mi appartiene. »
 
Aveva smesso di piovere da poco. L'aria umida era ancora impregnata di quell'odore tipico della pioggia, che lasciava o un senso di nostalgia, o di profonda tristezza. Dalle foglie delle aiuole che circondavano il perimetro delle villette bifamiliari che, perlopiù, costituivano il quartiere scendevano piccole gocce d'acqua così pesanti quando scivolavano dalla loro superficie, eppure così leggere quando si posavano sul terreno.
Peggy Carter aveva appena chiuso l'ombrello e stava per entrare nel vialetto di proprietà della villetta di suo padre, quando udì quella voce alle sue spalle. Così, si arrestò.
Riconosceva quella voce, ovviamente: l'aveva conosciuta quando era ancora una bambina e l'aveva avuto al suo fianco per tutti gli anni che aveva vissuto, ed essa era cresciuta con lei. Eppure non si aspettava di udirla proprio in quel momento.
Si voltò molto lentamente. « Daniel » fu l'unica cosa che riuscì a dire, quando si ritrovò davanti al giovane che, fin da quando era una bambina, aveva vissuto nella villetta accanto alla sua.
Il ragazzo si tolse il cappello e le venne incontro. « Scusami, Peggy, non volevo spaventarti o prenderti alla sprovvista » le disse, con un sorriso allegro sul volto, « Ma ricordo di averti prestato i miei vecchi libri di scuola, due settimane fa. »
I libri di scuola!
Daniel aveva due anni in più di Peggy e, dato che aveva finito la scuola da due anni oramai, le aveva prestato i suoi vecchi libri scolastici: non erano gli stessi di cui lei si serviva, questo era vero, però le avevano permesso di trarre delle nozioni in più su alcuni argomenti specifici. Il punto è che aveva dimenticato di restituirglieli-- ed era passata almeno una settimana da quando li aveva adoperati. Anche se non ne aveva alcun motivo, non aveva avuto il coraggio di chiamarlo al telefono, o di andare a bussare alla sua porta. Così, quando se lo ritrovò davanti, arrossì fino alla punta delle orecchie.
« Scusami, Daniel, ma credo di aver addirittura dimenticato di averli presi in prestito » gli disse, e quella era un po' una scusa, « Ma, se aspetti un minuto, entro in casa e te li porto. »
Il giovane si strinse nelle spalle. « Ah, non importa, adesso » disse, arricciando lievemente il naso, « Tanto, ho finito la scuola e non ne ho più bisogno. A pensarci bene, puoi anche tenerli: potrebbero servirti in futuro. Li ho usati come pretesto per chiederti di darmi il tuo parere. »
Peggy dischiuse le labbra e rimase a fissarlo, senza parole; le sue sopracciglia scure si aggrottarono, ma non troppo. Lei e Daniel erano amici da sempre, dato che erano vicini di casa e che i loro rispettivi padri si definivano amici per la pelle: non c'era stato un fine settimana che non avessero passato insieme, una volta nel giardino del signor Knapp, una volta nel giardino del signor Carter. Quando erano piccoli, giocavano insieme nel quartiere e, ogni tanto, si univano agli altri bambini.
Perché tutti questi pretesti, adesso?
Beh, era abbastanza chiaro: adesso che erano cresciuti, si sentivano distanti l'uno dall'altra, perché si erano resi conto di essere diversi. Daniel non era più un bambino ed apprezzava le cose da adulto, Peggy era cresciuta e non aveva più desiderio di giocare con il suo vecchio amico. Ormai erano entrambi troppo seri per potersi divertire insieme: il tempo dei giochi era finito e qualunque interazione vi fosse stata tra loro due sarebbe stata fraintesa dagli adulti. A cominciare dai loro rispettivi genitori.
« Il mio parere su cosa? » gli chiese Peggy, infine.
Daniel la prese per mano e non aggiunse altro. Peggy si limitò a seguirlo, ma - ogni tanto - si guardava alle spalle per assicurarsi che nessuno li stesse osservando: alla sua età, non era dignitoso avere quel tipo di rapporto un ragazzo, nemmeno se quest'ultimo fosse stato un fidanzato. Ma Peggy e Daniel non erano fidanzati, e mai avevano pensato di poterlo essere, un giorno. Per questo la gente rivolgeva loro degli sguardi sospettosi.
La strada, per loro fortuna, sembrava deserta. Del resto, erano ancora le quattro del pomeriggio e gli uomini erano tutti a lavoro, mentre le donne se ne rimanevano rinchiuse nelle loro case a svolgere i lavori domestici.
Non si allontanarono molto dal vialetto della casa di Peggy. Si recarono presso il garage affianco alla bifamiliare in cui viveva la famiglia di Daniel, e quest'ultimo si curò attentamente che non ci fossero sguardi indiscreti, prima di tirare su la saracinesca.
Peggy si stava giusto chiedendo cosa potesse nascondere il suo amico, quando il suo sguardo si posò su una motocicletta in parte coperta da un telo verde oliva. E, finalmente, capì.
Per tanti anni, Daniel aveva chiesto a suo padre di poter acquistare una motocicletta, ma lui glielo aveva sempre proibito perché voleva che si focalizzasse sugli studi. Questo argomento era spesso stato motivo di contrasti tra Daniel e suo padre-- e Peggy era sempre stata una buona amica per lui, quando aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno.
Adesso che sembrava che il sogno di Daniel si fosse avverato, non poteva che sentirsi felice per lui. Ma una domanda sorgeva spontanea:
« Sono contenta che tu abbia acquistato una motocicletta, ma perché vuoi il mio parere? » chiese, rivolgendogli uno sguardo interrogativo, « Non me ne intendo affatto di motociclette! »
Daniel scoppiò in una risata cristallina, mentre rimuoveva il telo dalla motocicletta. « Lo so che non te ne intendi affatto, Peggy » le disse, « Come potresti, del resto? A voi donne impartiscono un'educazione così... Strana. Comunque, non ti voglio chiedere un parere tecnico. »
« E cosa, allora? »
« Monta in sella e lo scoprirai. »
Passarono diversi istanti prima che Peggy Carter potesse dargli una risposta. In tutta la sua vita, non era mai salita su una motocicletta, e mai aveva sognato di farlo: lo aveva visto fare in qualche film, al cinema, ma le era sempre sembrato troppo scomodo. Adesso Daniel le chiedeva di salire su una motocicletta e lei non poteva rifiutare, perché lui era suo amico e - nell'istante in cui avevano stretto amicizia - si era ripromessa che non lo avrebbe mai deluso.
« Ti pare davvero il caso? » gli domandò, indicandosi la donna. Come scusa, era piuttosto debole, ma doveva pur inventarsi qualcosa pur di non salire su quel maledetto affare!
Daniel, infatti, non si lasciò ingannare. « Ah, ma figurati! » esclamò e, con un gesto della mano, scacciò le proteste dell'amica-- metaforicamente parlando, ovviamente. Non c'era nulla che Peggy potesse fare per impedirgli di insistere, così - si disse dopo un po' la giovane - non le rimaneva che accontentarlo. Del resto, aveva sempre sognato quella motocicletta, perché non dargli almeno questa soddisfazione?
« E va bene, se proprio insisti... » sospirò, alla fine. Daniel festeggiò la vittoria con un gesto del braccio e Peggy si ritrovò a pensare che, quando un inglese si metteva in testa qualcosa, era davvero impossibile dissuaderlo dalle sue intenzioni.
Daniel trascinò la motocicletta fuori dal garage e si fermò a metà del vialetto, mentre Peggy lo seguiva tristemente e pregava che sua madre non si affacciasse dalla finestra proprio in quel momento. Daniel montò in sella ed aiutò Peggy a fare altrettanto, stringendo poi le sue braccia attorno alla propria vita-- con un certo imbarazzo da parte di Peggy, ovviamente. Era ancora un'adolescente e quel genere di contatto con un ragazzo la imbarazzava, anche se si trattava del vecchio Daniel.
« Benissimo » disse quest'ultimo, mentre sistemava gli specchietti della motocicletta, « Adesso tieniti forte, Peg. Non vorrei riportare i tuoi resti a tuo padre. »
« In tal caso, ti ucciderebbe » scherzò lei, di rimando. Un'ultima risata da parte di Daniel, dopodiché la motocicletta partì ed abbandonò prima il vialetto, poi il quartiere da cui Peggy era uscita veramente di rado, in tutta la sua vita.
 
 
 
   
 
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