Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Francine    11/11/2014    2 recensioni
Frammenti di vita quotidiana, sparsi nello spazio e nel tempo, all'ombra del Grande Tempio di Athena.
(Personaggi serie classica e Lost Canvas)
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
#20 Come un bogatyr in sella al suo destriero





Prompt: Giro in bicicletta
Titolo: Come un bogatyr in sella al suo destriero 
Autore: Francine
Fandom: Saint Seiya – Serie Classica
Personaggi: Cygnus Hyoga
Genere: Introspettivo 
Rating: Verde
Avvertimenti: -
Lunghezza: (conteggio parole e numero pagine) 1525/3
Eventuali note dell’autore (o alla fine se contengono spoiler):
Partecipa alla Challenge Slice of Life 



 
La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l'equilibrio devi muoverti.
(Albert Einstein, Lettera al figlio Eduard, 1930)
 
 


I doni degli dei non sono fatti per i mortali, pensi. Faticando su una salita più ripida del previsto.

«C’è qualcosa che vorresti per Natale, Hyoga?», ti ha chiesto Saori mentre fuori dall’ospedale Ottobre regalava alla città il primo di una lunga serie di cieli d’acciaio. Gli occhi di Saori brillavano, sintomo che aveva già una sua idea, qualcosa da proporti nel caso ti avesse preso in contropiede. O avessi più di un desiderio nel cassetto.

E chi non ce l’ha?, ti sei anche detto vedendo quel luccicore regalare una sfumatura decisa allo sguardo di Saori. E hai tremato. Perché qualcosa, dentro di te, ti diceva che Saori era prontissima a far recuperare il relitto dove riposa tua madre, mandando alle ortiche l’ultima e preziosa lezione di Camus. Impedendoti di crescere.

Così le hai risposto. Glielo hai confessato, a bassa voce. Come se le stessi ammettendo che sì, sei stato tu a mandare in frantumi quel bel vaso in salotto centrandolo in pieno con una pallonata.
«Tutto qui?», ti hanno chiesto i suoi occhi.
«C’è altro?», ha domandato la voce di Saori.
Hai scosso la testa.
«No. È tutto qui.»
«Capisco», ha detto. Stupita. E forse anche un po’ spiazzata. Perché quella era una richiesta più nelle corde di Shun che tue. «Mi assicurerò che sia tutto pronto per quando uscirai dall’ospedale», ha aggiunto. Ed è stata di parola. A modo suo.

Dentro di te ti chiedi se Saori sarebbe stata in grado di ritrovarti anche PuCiPé, il tuo Pupazzo Ciccione Peloso, un orso bianco che hai dovuto lasciarti alle spalle quando sei partito con tua madre per il Giappone; ma poi ti dici che quella sarebbe stata una richiesta dispettosa. Infantile. Cretina. Subdola. Un modo per ribadire ad Athena – a Saori – che in certi casi gli dei possono fare poco per gli uomini. Che ci sono ferite che non si possono ricucire, come fossero orli strappati, bottoni pericolanti o braccia penzolanti di bambole di pezza. Che devono restare lì. Esposte. E sanarsi da sé. Gli uomini hanno le loro cicatrici. Sulla schiena, sul cuore, nell’anima. Che si rimarginano e lasciano spesso solo un ricordo, un’increspatura sotto pelle. Che brucia, nelle notti di vento o quando il cuore s’inerpica attraverso quei gineprai sconosciuti e sussurrati.

«Le cicatrici sono le medaglie dei guerrieri», diceva Camus. «E loro, i guerrieri, ne vanno fieri. Anche se ogni tanto il dolore si riacutizza e torna a trovarli.»
Saori questo non può capirlo. Perché Saori è una donna. E una donna, anche se dea, non può comprendere quanto possano essere importanti quelle ferite, quelle medaglie, per il corpo di un uomo. Anche se lei è la dea della guerra. Quella cui lui ha votato la sua esistenza, per un sorriso, uno sguardo, una lacrima appena.

Quest’affare ha bisogno di una bella oliata, ti dici. Affondando i pedali, uno due, uno due. La collina è ripida e la cima ancora lontana. E sei tentato di mettere il piede a terra e proseguire al passo. Questo sarebbe barare, ti dici, e se Seiya avrebbe ceduto e avrebbe spinto la bicicletta a mano fino alla cima del pendio, tu non sei Seiya. Non è Seiya, quello che si è perso. Sei tu. Ed è in bicicletta che sai che troverai te stesso. Restando al tuo posto. In sella. Affondando quei pedali ancora e ancora e ancora, come se dovessi immergerli dentro di te. E far tornare indietro il Cigno.

Ci sono momenti in cui la senti ancora, quella risata. Un suono come di unghie  - lunghe, ricurve, gialle – sulla lavagna sporca. Che ti ghiaccia il sangue nelle vene. Che ride di te. Della tua umanità. Della tua inutilità.
«Cosa vorresti fare, tu, miserabile? Rinchiudere il Fuoco nel ghiaccio?», rideva, lo sguardo allucinato di chi vede qualcosa, oltre la tua disfatta. Un piano, un progetto, una visione. Una promessa. Una profezia. Il gioco di chi bluffa, ridendo, per dimostrare al nemico che nulla, oramai, può fermarlo. Che niente e nessuno può fermarlo. Nemmeno un’arma potentissima. Perché anche l’arma più potente dell’universo non rappresenta una minaccia reale nelle mani di chi non sa come usarla.

Ed è questo, a lasciarti l’amaro in bocca. Non tanto l’aver creduto all’impossibile, l’esserti piegato – l’esserti voluto piegare – alla più allettante delle menzogne, quanto il fatto di non essere stato tu, l’ago della bilancia. Perché sì, questo tu volevi. E perché no, la vita non è un dramma wagneriano. Oh, come sarebbe tutto più bello, se fosse così. Chi rompe, paga. Delitto e Castigo. Facile. Lineare. Russo. Umano. Ma questa è Letteratura. E Letteratura è solo un bel nome per definire come l’uomo vorrebbe che fosse la Vita. Che è diversissima dalla Letteratura, anche se a volte vanno a braccetto come due buone amiche. O come due sorelle.

La Letteratura è la sorella buona. La Vita, la pecora nera. Perché la Vita ti lusinga, ti adula, sussurra al tuo orecchio promesse e realtà facendoti credere che siano tutte possibili. Tutte vere. La Letteratura è più onesta. Te lo dice prima, che è tutta finzione. Che cambierà la terra sotto ai tuoi piedi da un momento all’altro, ma ti fa la gentilezza di lanciarti dei segnali. Che tu puoi cogliere oppure no. Ma sono problemi tuoi. La Vita, no. La Vita ti toglie la sedia da sotto le chiappe mentre sei seduto. Senza alcun preavviso. Cambia le carte in tavola e si diverte nel rigirare le frittate, rimescolare gli eventi e rovesciare il mondo con un colpo secco del polso. Ridendo. Dell’umanità che cerca di capirla, guardarla e imbrigliarla per tutta la breve durata della propria esistenza. Una corsa senza freni, a perdifiato, dall’esito già scontato. Perché non puoi vincere contro chi gareggia con le ali ai piedi. E che bara. Clamorosamente. Aprendo trappole sotto ai tuoi piedi e creando scorciatoie con un solo schiocco di dita. Lasciandoti a mangiare la sua polvere, il braccio teso per acciuffare quella ciocca dispettosa di capelli che ti sventola proprio davanti al naso. Così vicina. Ma anche così incommensurabilmente lontana.

Dovevi raccogliere tu quel martello. È come se qualcuno ti avesse tolto qualcosa che ti spettava di diritto. Ed è per questo che ti senti perso, come se stessi vagando nella nebbia. Perché ancora non hai compreso – ancora non vuoi comprendere – quale fosse il tuo ruolo, in quello scontro. E che di quella battaglia eri solo spettatore. Pedina. Vittima. E non il bogatyr, l’eroe.

Arriverà il momento in cui il Cigno spiegherà le sue ali in battaglia, ancora una volta; ma quando sarà lui il protagonista assoluto eleverà quel canto straziante che sei stato molto vicino ad intonare in più di un’occasione. O almeno, questo è quello che credi. Ma la verità è che finora non è mai stato il tuo momento. È stato quello del tuo avversario. Di Babel. Di Camus. Di Isaac. E continuerà ad essere il momento di qualcun’altro, fino a quando la Nera Signora non farà il tuo nome; ma questo devi comprenderlo. E non puoi comprenderlo se prima non lo vivi.

Come le salite. Che non ti accorgi di viverle, quando ci sei dentro. Sono brutte prima. E il loro ricordo lo è dopo. Ma quando ci sei in mezzo, non puoi fare altro che pedalare. E andare avanti. E non pensare a quanto manchi alla fine. Solo, viverla. Affondando il piede una, due, tre, dieci, cento, mille volte. Fino a quando servirà. Fino a quando sarà necessario. Anche se la bicicletta su cui sei non è l’ultimo modello con il cambio a venti rapporti, ma una da passeggio. Bianca. Pesante – robusta, direbbe qualcuno. Il padre che la sceglie per la figlia, forse. Con la pedaliera che a volte ti scivola sotto la suola e la catena che gratta sulla guarnitura. Di quelle da donna, cui Saori ha fatto togliere il cestino. Per delicatezza nei tuoi confronti. Pensi che poteva anche mettercele, un paio di carte da gioco sui raggi delle ruote, così da incanalare il vento e fare un po’ di rumore. Ma per avere il vento che ti soffia sul viso devi avere una discesa. E non c’è discesa, se non dall’altra parte della salita, giusto?

Giusto.

Ancora un paio di pedalate e ce l’avrai fatta. Ancora poco. Un piccolo sforzo, ti dici, mentre il sudore inizia ad imperlarti la fronte. Ci sei. Quasi. Ancora un po’, e poi sì che avrai il vento in faccia. E ti sembrerà tutto più diverso. Più facile. Più possibile. Anche se la Vita, seduta sulla canna davanti a te, sarà sempre pronta a tirare fuori un asso dalla manica e a cambiare le regole. A proprio vantaggio. Sennò che gusto c’è?, ti dici. Osservando la discesa, davanti a te, addolcirsi in un lungo rettilineo a valle. Un bel salto. Ma si può fare. Il trucco è non voltarsi indietro. Mai. Perché indietro c’è il passato. Davanti a te, solo il futuro.

Ti asciughi il sudore dalla fronte, mentre il sole sorge dietro i tetti delle case di una città che si deve ancora svegliare. Un attimo, uno solo. Poi prendi fiato, fletti i muscoli e sei giù. Nella discesa. Aria nel vento. Come un bogatyr in sella al suo destriero.
 

 
Note:
Non poteva mancare Hyoga, in questa raccolta (mi scuso per lo spazio che Milo e famiglia hanno preso, ma l’hanno fatto sfondando a calci qualsiasi remora, pudore e/o vergogna. Timeo Danaos et dona ferentes, diceva qualcuno. E faceva bene.).
Questa storia si piazza dopo la mia primissima incursione nel mondo dei Santi di Athena. Inutile dire che ho fatto le cose a modo mio. Bussando coi piedi, e non perché avessi le mani occupate dai doni. Anzi.

L’episodio cui si rifà il cignetto, il nemico che ride, ride, ride, manco fossero unghie sulla lavagna (rabbrividiamo. BRRRR.) lo mostrerò a breve. Intanto, potete dare una letta qui per scoprire l’antefatto.
EDIT: Poiché sono un'idiota, ho accidentalmente cancellato la storia mentre spostavo un capitolo. Chiedo scusa a quanti avevano recensito/seguito/letto quella vicenda.
Dovrei avere tutti i capitoli (incrociate le dita), per cui non è un gran danno, fegato ingrossato a parte.
Al massimo per la prossima settimana si torna on line. Ché abbiamo accumulato un po’ troppe ragnatele, né?


EDIT (14.11.14): Sistemato il bug. Per ora. La storia a cui faccio riferimento la trovate qui. Buona lettura.

Un bogatyr è l’eroe delle fiabe (dei racconti, sarebbe meglio dire) del medioevo slavo. Un guerriero molto simile al cavaliere errante delle nostre tradizioni. L’eroe cui io faccio riferimento per Hyoga è Alëša Popovič, (Alëša Figlio del prete), noto per la sua astuzia. Hyoga, a mio avviso, dovrebbe essere quello più scaltro del gruppo, almeno quando l’amore per mammà non lo fa svirgolare per bene.

E con questa scemenza si conclude Astrolabio. Un ringraziamento va a tutti voi che avete letto, seguito, amato, commentato, messo nelle preferite/ricordate/seguite questa raccolta. Grazie di cuore. Anche del vostro silenzio. Le visualizzazioni sono state stratosferiche, nonostante io abbia pubblicato a più riprese nel corso di un anno (un anno ed un paio di mesi, ad essere precisi).

Astrolabio tornerà. Con gli speciali dedicati ai prompt bonus di questa raccolta. Un prompt ad anno. C’è di che andare avanti all’infinito. Intanto, leggetevi queste venti storielle, senza pretese e senza gloria. Avrei potuto dare di più, avrei potuto fare di meglio. Lo so. Ma questo passa il convento.

Grazie ancora per essere passati.

E un caffè, adesso, ve lo siete meritato di diritto.

Logorroicamente vostra,
Francine
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Francine