Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Ricorda la storia  |      
Autore: Mariam Kasinaga    12/11/2014    3 recensioni
Sebastian Michaelis è il più famoso inquisitore e demonologo del regno di Francia. Una sera, uno strano gatto nero parlando si recherà nel suo ufficio, rivelandosi come uno dei più forti demoni di Jehenna e mettendo a dura prova la rettitudine dell'anima dell'uomo. E' la storia di un doppio tradimento, non solo verso Dio, ma anche verso la persona amata
Partecipa al contest "Di peccati e angeli caduti" indetto sul forum di EFP
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La drammatica storia dell’inquisitore e del gatto a cui promise l’anima


Parigi, XVI secolo

Nel suo ufficio, rischiarato soltanto dalla flebile luce della candela, l’uomo stava leggendo attentamente alcune carte, massaggiandosi le tempie con le mani. Il silenzio era ritmicamente interrotto dalla grande pendola in legno di monaco e dal vociare che penetrava attraverso la finestra aperta.
“Sembra preoccupato, monsieur Michaelis” disse una voce.
L’inquisitore alzò la testa di scatto, cercando con lo sguardo chi fosse riuscito ad entrare nella stanza senza che lui se ne accorgesse.
“Più vicino, monsieur, guardi più vicino” ripeté la voce.
Sebastian Michaelis, il miglior inquisitore e demonologo del cattolicissimo regno di Francia si alzò di scatto dalla sedia non appena vide qualcosa di peloso accoccolato sulla sua scrivania. Completamente nero, con lunghi baffi e zampe sinuose, il gatto sembrava guardarlo divertito mentre si leccava pigramente una zampa, muovendo lentamente la coda.
L’uomo si passò una mano sul volto: “Che diavolo...?” mormorò, chiedendosi se ciò che stava accadendo non fosse soltanto frutto di un sogno.
Il felino si grattò un orecchio, lanciando un’occhiata distratta alle innumerevoli carte che ricoprivano la scrivania: “Diavolo. Quale intende precisamente? Uno dei tanti Principi delle tenebre o il loro Signore Lucifero? Un angelo caduto per essersi ribellato a Dio od uno di quegli spiriti antichi che risiedono sulla Terra da millenni?” domandò, il muso contratto in una qualche sorta di sorriso.
L’inquisitore deglutì rumorosamente, appiattendosi contro il muro: “Chi sei, cosa vuoi da me?” domandò, con la gola secca dallo spavento.
Dunque Dio si era stancato di lui. Aveva scoperto che non conduceva quel lavoro mosso dalla Fede, ma per un tornaconto personale. Aveva capito che le accuse con cui firmava le condanne a morte erano quasi sempre false, così come le prove portate davanti ai giudici. Non erano sfuggiti ai Suoi occhi i peccati in cui nuotava la sua anima, tentando costantemente di non annegare in quel mare nero come la pece.
Sì, Dio si era stancato di quel finto servitore, di quella pecora nera che insozzava l’innocenza del suo gregge. Non avrebbe più protetto la serpe che si annidava nel seno della Sua Chiesa, disseminando roghi in tutta Parigi.
L’animale, continuando a fissarlo con i suoi grandi occhi gialli, sembrò quasi scuotere la testa: “Io sono qui per aiutarla, inquisitore. Il suo operato non è rimasto inosservato dai potenti della Jehenna, né la profonda conoscenza che sembra avere su quelli della mia razza. Le propongo un patto, soltanto questo” miagolò piano.
L’uomo, con la fronte imperlata di sudore di sudore, si allentò il colletto della tunica, cercando di non perdere il controllo: “Non mi interessa” replicò, cercando con mano frenetica di aprire uno dei cassetti del mobile a fianco a lui.
Il gatto saltò giù dalla scrivania e fece qualche passo verso di lui: “L’acqua santa non funziona contro di me, monsieur. Ma che sbadato, non mi sono nemmeno presentato. Il mio nome è Balial, fratello di Baphomet, Re degli inferi e Comandante di ottante legioni infernali. Maestro di inganni e patrono di ciò che di poco di buono c’è nel mondo, protettore dei sodomiti e, secondo la Vulgata, antico appartenente agli angeli delle Virtù. Lei ha tradito Dio, inquisitore, ma un’altra persona ha tradito lei. Ordunque, questo è il patto. La sua anima in cambio della verità” spiegò, rizzandosi sulle zampe anteriori.
Sebastian Michaelis rimase attonito nel vedere la trasformazione del demone: le zampe cominciarono ad allungarsi, mentre il pelo si diradava e la testa perdeva i connotati felini. La coda e le orecchie si ritrassero e gli occhi divennero del colore delle fiamme dell’Inferno. Nell’ufficio del miglior inquisitore di Francia, completamente nuda, c’era la donna più bella su cui l’occhio umano avesse mai posato lo sguardo: “Molti accetterebbero se fossero in lei” aggiunse languida, coprendosi il seno e le parti intime con dei lunghi capelli neri.
L’uomo chiuse gli occhi, stringendo con forza il crocefisso che portava al collo: “Vattene, immondo demone. Io sono un servitore del Signore! Le tue tentazioni non hanno effetto su di me!” esclamò, mentre quelle parole suonavano odiosamente false alle sue orecchie.

La verità in cambio dell’anima. La risposta ai suoi sospetti.

La ragazza assunse un’espressione corrucciata: “Non vuol nemmeno sapere se la donna che si porta a letto è una strega? Tra le centinaia di innocenti che ha bruciato, le assicuro che veramente alcune di loro baciavano le natiche del mio Signore e copulavano con i miei fratelli” commentò, avvicinandosi ulteriormente a lui.
Sebastian scosse la testa: “Il tradimento di Giselle non vale certo la mia anima. Perché dovrei desiderare un’informazione facilmente reperibile scambiandola con la dannazione eterna?” domandò, cercando di apparire sicuro di sé.
Il demone si fermò ad un soffio da lui: “Potrebbe morire senza scoprirlo mai, monsieur. Inoltre, crede davvero che San Pietro aprirà i Cancelli per lei? Si guardi! Uno dei giudici più implacabili dell’inquisizione che ha scelto di non diventare prete per non cadere nella fornicazione. Eppure, noto con piacere che vi gingillate con rosari ed acqua santa, oltre che con stupide frasi in latino. Sono altri, i peccati di cui si è macchiato. Falsa testimonianza, menzogna, omicidio. Adoro i peccatori che sbraitano di compiere le loro azioni sotto il vessillo di Dio, trovo la loro anima decisamente succulenta. Voglio essere generoso con lei. Proprio in questo momento, mentre lei studia le carte dell’ennesimo processo in cui morirà una povera donna, la sua adorata Giselle la sta tradendo con un amante speciale. Io la conduco in quel tugurio dove consumano la loro passione e, se lo riterrà opportuno, potrà stringere un patto con me di qualsivoglia natura. Una volta, a Budapest, una bambina mi ha promesso la sua anima in cambio di una bambola nuova. Quando sono andato a reclamare ciò che mi spettava era una vecchia decrepita, attorniata da uno stuolo di nipoti. Avrebbe dovuto sentire come urlava, non appena sono entrato nella stanza” concluse, sorridendo malizioso.
L’uomo si passò una mano sul volto: chi poteva essere l’amante di Giselle? Qualcuno di potente, se Balial sosteneva che non ne avrebbe mai potuto scoprire l’identità. Eppure sarebbe bastato far seguire la ragazza, parlare con i suoi conoscenti o rinchiudere qualcuno nelle camere di tortura del Palazzo di Giustizia. Magari avrebbe impiegato qualche mese, ma non avrebbe avuto più niente a che fare con quell’essere immondo.
Si passò una mano sul volto: “Se ti seguo posso scegliere di non stringere alcun patto?” chiese, cercando di distogliere lo sguardo da quei seni rotondi con cui il demone voleva ammaliarlo.
Il sorriso di Balial si ingigantì, mentre nei suoi occhi brillò una strana luce: “Certamente, monsieur, certamente. Consideri questo gesto una ricompensa per le anime che ha offerto agli abitanti di Jehenna” mormorò, muovendo distrattamente una mano.
Sebastian lo afferrò per un polso: “Che cosa vuoi dire? Io non vi ho mai dato nulla” sibilò.
Il demone fece assumere al suo volto da ragazza un’espressione impaurita: “Mi lasci signor inquisitore, mi sta facendo male!” esclamò, tentando debolmente di divincolarsi. L’uomo afferrò la croce che teneva al collo, avvicinandola minacciosamente al demone: “Rispondi! In nomine Patris et Fili et Spiritus Sanctis!” esclamò.
Il demone rimase immobile, guardandolo con espressione sorniona: “Crede davvero che queste frasi da esorcista funzionino, se pronunciate da un uomo come lei? Lei ha tradito Dio, 
inquisitore, sono stanco di ripeterglielo. Questo la rende un uomo privo di qualsiasi protezione, un uomo la cui Fede è solo una parola senza alcun significato. Ogni atto che lei compie per interesse, ogni singola donna che lei ha ucciso accusandola di stregoneria sono atti di cui il mio Signore gode immensamente. Tutti i roghi che ha autorizzato non sono altro che sacrifici al Male. Ogni suo gesto non è che una bestemmia nei confronti della Chiesa. Mi dica, Sebastian Michaelis, crede davvero che quelle parole abbiano potere, se pronunciate da una bocca come la vostra? Anche io so il latino, vuol sentire? Anima quae peccaverit, ipsa morietur. Tu reliquisti me, dicit Dominus, retrorsum abiisti. Et extenda, manum meam super te, et interficiam te”. [1]
L’uomo lasciò la presa, accasciandosi a terra e prendendosi la testa tra le mani: “Vattene! Cosa vuoi da me?” urlò, rannicchiandosi su se stesso.
Sentì la calda mano del demone accarezzargli i capelli ed inginocchiarsi davanti a lui: “Desidero solo farti un favore, Sebastian”.

“Sei davvero convinto che non si accorga di noi?” domandò l’uomo, agitandosi sulla sedia.
Il gatto nero, placidamente accoccolato sulle sue gambe, sbadigliò: “Nessun umano riesce a vedere oltre le mie illusioni” commentò, aprendo leggermente gli occhi.
Belial l’aveva condotto in quel lurido tugurio e, dopo averlo fatto accomodare su una sedia, aveva cominciato a pronunciare delle parole arcane, agitando velocemente la coda. Sebastian non era riuscito a cogliere il senso di quelle frasi, che parevano racchiudere le parole di tutte le lingue del mondo passate e future, così si era limitato ad osservare il posto in cui si trovava: la piccola casa abbandonata era in uno dei quartieri più malfamati di Parigi e, dalle luride coperte ammucchiate in un angolo ed i residui di cibo, doveva servire da occasionale rifugio di barboni e prostitute. Rabbrividì, pensando a come Giselle potesse passare del tempo in un posto del genere: lui era sempre stato disposto a portarla nei migliori nidi d’amore che conoscesse, eppure lei non si faceva problemi a concedersi ad un altro in quella topaia.
Come richiamata dai suoi pensieri, la donna era entrata dopo qualche minuto, preannunciata dallo scalpitio di una pariglia di cavalli. Si era tolta il mantello, deponendolo con cura su un tavolino sbilenco ed ora misurava a larghi passi la stanza, lanciando occhiate ansiose fuori dalla finestra.
L’inquisitore non poté far a meno di ammirarla, illuminata dai pallidi raggi lunari: il suo corpo snello e delicato, i capelli biondi pettinati in una semplice treccia, il vestito poco pretenzioso che scivolava leggero sulle sue forme acerbe.
“Davvero una bella donna, monsieur, avete gusto” ridacchiò il demone, saltando prima su un mobile sgangherato e poi arrivando fino ad una delle travi del sottotetto.
L’altro stava per ribattere, ma un’altra figura incappucciata entrò nella stanza.
Giselle sorrise, correndo ad abbracciare il nuovo venuto: “Temevo di aver sbagliato giorno o che qualche contrattempo ti avesse...” mormorò, prima di affondare la testa nel petto dello sconosciuto.
Sebastian si alzò, cercando di avvicinarsi per capire chi fosse l’uomo con cui la sua donna lo stesse tradendo. Per un attimo fu tentato di slacciargli il mantello, ma non sapeva se l’illusione creata dal demone si sarebbe infranta. Rimase ad aspettare a pochi passi di loro, cercando di cogliere il significato delle parole che si stavano scambiando: c’era qualcosa nella voce dell’amante di Giselle, una nota che al suo orecchio giungeva stonata.
Lo sconosciuto mise una mano sul fianco dell’altra, spingendola dolcemente al centro della stanza: “Ho dovuto provvedere ad ultimare gli inviti per la festa di cui ti ho parlato, altrimenti sarei arrivata prima” spiegò, sistemando il proprio mantello vicino a quello dell’amante. L’inquisitore dovette appoggiarsi allo schienale della sedia, ansimando dalla sorpresa: quella era la contessa Dubarry! Perché si trovava in un posto simile? Cercò con lo sguardo Belial, ma il gatto nero che l’aveva portato in quel posto dimenticato da Dio sembrava essere sparito nel nulla.
Le due donne, nel frattempo, avevano cominciato a baciarsi con passione: “Questi incontri sono pericolosi, Charlotte! Temo che Sebastian sospetti qualcosa. Se dovesse venire a conoscenza del nostro segreto ci farà uccidere” mormorò, mentre delle lacrime le scendevano lungo le guance.
La contessa le diede un leggero bacio sulle labbra e le accarezzò i capelli, stringendola forte a sé: “Non oserà alzare un dito contro di me. Ti proteggerò, non preoccuparti” aggiunse, sorridendo dolcemente.
La bocca di Giselle si piegò in un sorriso triste, mentre l’amante cominciava a depositare morbidi baci sul suo collo: “Ti amo, Charlotte” sussurrò.
Una folata di vento fece aprire e sbattere violentemente la porta, ma le due donne non se ne curarono, troppo impegnate a consumare la loro passione.
A pochi passi da quella casa infernale, Sebastian Michaelis vide un gatto intento a rovistare in un cumulo di spazzatura. L’uomo si avvicinò a passo deciso, fremente di rabbia.
“Tu! Questa è opera tua!” esclamò, puntandogli contro l’indice della mano sinistra.
Il felino si limitò a guardarlo per qualche secondo, per poi ritornare alla propria attività. Sebastian rivolse un’ulteriore occhiata alla casa nella quale stava avvenendo un’unione carnale immonda e blasfema: “Io le ho dato tutto. Ho aiutato suo padre a risollevarsi dalla bancarotta, ho pagato i migliori medici per guarire sua madre. Sarebbe questo il modo in cui mi ringrazia? E’ così che ripaga il mio amore? Hai ragione, la mia anima è condannata a bruciare nelle fiamme eterne della Jehenna, ma venderò cara l’anima al diavolo! Che i Demoni e le loro legioni mi siano testimoni e che io possa morire solo e dimenticato se non porterò a termine ciò che sto per giurare. Farò in modo che la sua famiglia perda tutta, mi approprierò di ogni loro ricchezza. Sua madre perirà in preda ai tormenti della malattia e suo padre sotto il peso della vergogna. Quando quell’immonda creatura sposerà un uomo non riuscirà mai a soddisfarne i desideri ed i suoi figli nasceranno rivoltanti e gracili e non avrà discendenza. Io giuro che saranno queste le gesta che compierò, con l’aiuto del Diavolo e se mai dovessero colpirla altre sventure, saranno per me fonte di gioia” declamò.Nell’oscurità del sottotetto, mentre sotto di lui i corpi delle due donne si intrecciavano in un amplesso, un gatto sorrise sornione.

 

[1] L’anima che ha peccato morirà. Tu mi hai abbandonato, dice il Signore, e ti sei tirato indietro. E dopo aver steso la Mia mano sopra di te, ti distruggerò.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Mariam Kasinaga