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Autore: artemisius    14/11/2014    2 recensioni
[ Virus & Trip ending - una sorta di “meanwhile” || Oneshot per qualcuno di poco considerato ]
Lasciò la stanza, con il pensiero che qualcosa era ancora fuori posto. Ed effettivamente il disordine c’era, era negli angoli di quella stanza, nei luoghi più segreti e remoti di quei muri sussurranti.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L’acqua fredda sbatté sulla sua pelle con un rumore fragrante e dolce, limpido. Sentì i gelidi rivoli scorrerle tra le rughe, immobili ed eterni segni del tempo.
Si asciugò il viso con l’asciugamano color crema, ormai usurato dal tempo e ruvido. Mise di nuovo al suo posto la pezza umida, impiegò una meticolosa attenzione nel metterlo esattamente com’era prima per non rompere quell’equilibrio ordinato che regnava nel piccolo bagno.
Lasciò la stanza, con il pensiero che qualcosa era ancora fuori posto. Ed effettivamente il disordine c’era, era negli angoli di quella stanza, nei luoghi più segreti e remoti di quei muri sussurranti.

 

« Requiem per delle secche foglie blu. »

 

Non era mai stata una tipa sentimentale, lei. Lo sapeva bene, l’aveva sempre saputo e la cosa non la disturbava. Non era mai stata così, probabilmente non lo sarebbe mai diventata. Ne era sempre stata convinta. Sarebbe rimasta la solita Tae di sempre, nulla sarebbe cambiato. Tutto avrebbe continuato ad essere com’era.
Un’imperturbabile e rude verità, ecco com’era lei.
Da un po’ di tempo percepiva un’aria diversa intorno a lei e nelle sue narici. Ma non si fermò mai a chiedersi cosa fosse quella sensazione, il perché l’aria aveva un fastidioso odore di gas che continuava a lambirle il collo come freddo fiato umano.
Del resto, non era mai stata una tipa sentimentale.
Assecondò, senza troppi sforzi, ciò che il corpo le comandava. Ignorava la sua testa e quel cuore un po’ burbero che le batteva ancora nel petto. Si limitava al suo silenzio, si creava una personale e lontana realtà.
Aveva cominciato a perdere il conto dei giorni che passavano, il calendario era rimasto immobile. L’ultimo foglio – non guardò mai che mese riportava – si era coperto di polvere, che indisturbata si era lasciata cadere come una silenziosa morte. La morte del tempo in quella casa.

 

Ormai lasciava le persiane sempre chiuse. Le aveva lasciate così, non le apriva da un po’ di tempo, ma non aveva comunque intenzione di spalancarle e di affacciarsi fuori. Si limitava a guardare le finestre serrate, ricordandosi di quei giorni in cui il sole filtrava dalle finestre. Calava la notte, sorgeva il giorno, ma a lei non importava. Tutto andava come doveva andare, Tae si limitava soltanto a guardare i fili muoversi sotto le mani del Destino. Si lasciava trasportare come una foglia blu dalla corrente di un roseo vento primaverile.
Lasciava le persiane chiuse, ma non si era accorta che aveva lasciato chiusi anche i suoi occhi e il suo cuore. Non si era mai chiesta nulla.
Lo chiamavano istinto di conservazione.

 

Non si accorse da sola del freddo della casa. Non si accorse di nulla. Non si chiese nemmeno il perché non riuscisse ad accorgersi di nulla, probabilmente pensava di essere diventata parte integrante della casa. Un mobile di legno marcio, un soprammobile di una sgraziata ballerina polveroso e scheggiato in numerosi punti. Fu quel ragazzo alto a farglielo notare, quello con il kimono rosso. Come si chiamava? Ah, già, non aveva più importanza. Si ricordava che era andato a farle visita perché era preoccupato. Prima ancora per renderla partecipe di quella disgrazia che aveva colpito tutti.
Faceva freddo, in casa e forse non solo lì, ma non se ne accorse. Aveva smesso di curarsene.

 

Non le importava ciò che le accadeva intorno. Non ci faceva nemmeno attenzione. Continuava a trascorrere i suoi giorni come aveva sempre fatto – o almeno si illudeva di continuare a condurre quella stessa vita.
Guardava le bollette crescere piano piano sul tavolo vuoto della cucina, dove ancora c’erano tracce di cene silenziose ma comunque serene. Ogni tanto, gettava uno sguardo alla porta di casa. Chiusa a chiave, come sempre.
Era tutto come sempre. Non doveva preoccuparsi.
Era tutto normale.

 

Un giorno, dopo aver deciso di salire le scale all’improvviso, oltrepassò la sua camera da letto. Camminò fino in fondo al corridoio. Si fermò davanti all’ultima porta, senza emettere il minimo suono. Fissò il suo sguardo stanco e freddo sul legno della porta chiusa.
La maniglia era polverosa. Probabilmente fredda.
Si limitò a guardare quel pezzo di ferro giallo, cercando di immaginare la polvere sui suoi polpastrelli e il freddo nel suo palmo.
Ma non la toccò.
Andò a dormire, nel silenzio del suo cuore.

 

Compì quel gesto altre mille volte, non ne tenne mai il conto, ma continuava a tornare davanti a quella porta sempre chiusa, giorno dopo giorno.
Non ebbe mai bisogno di aprire quella stanza per sapere che le lenzuola erano ancora disordinate da quando quel giorno la polizia aveva fatto irruzione nella loro casa. Sapeva che aveva lasciato la camera in disordine, nonostante i suoi numerosi rimproveri e i suoi “va’ a mettere subito a posto tutto!”. Era a conoscenza del fatto che ogni singolo oggetto si era sicuramente ricoperto da un’eterna e intoccabile polvere.
Quindi poteva benissimo aprire quella stanza.
Ma non lo fece mai. Perché era consapevole che lì dentro c’era ancora qualcosa di lui, forse il suo odore e i vari vestiti. Forse c’era ancora qualcosa che non le era stato strappato via, un pezzo d’anima che nella fretta aveva dimenticato nel letto.
Non aprì mai quella porta. Lasciare liberi quel profumo e quel pezzo d’anima era impensabile. L’avrebbe perduto per sempre, per davvero.

 

Le persiane chiuse. La porta accuratamente chiusa a chiave.
Il mondo là fuori che continuava ad andare avanti, con o senza di loro.
Le bollette che si accumulavano sul tavolo come i giorni passati ad aspettare.
Il profumo di qualcuno e un rimasuglio di anima dietro una porta.
Era tutto ciò che le rimaneva. E non le importava.

 

Rimase ad aspettare per chissà quanto tempo, al tavolo, con lo sguardo rivolto verso la porta. Chiusa, ovviamente. Il braccio mollemente appoggiato al ripiano in legno, le bollette sparse qui e là. Passava le giornate seduta sempre sulla stessa sedia.
Ad aspettare.
Sapeva chi stava aspettando.
Avrebbe continuato ad aspettare, senza dubbio, senza badare a ciò che si posava intorno a lei. Continuava ad aspettare al tavolo, senza una parola e senza un pensiero, a fissare quell’uscio, in attesa di vederlo aprirsi.
Voleva che quel silenzio fosse rotto per sempre. Perché era tutto così dannatamente silenzioso, fastidioso e terribile. Era così silenzioso che le facevano male le orecchie. Ma non si accorse mai che ciò che le faceva più male era il suo cuore.
Aspettava che quel silenzio si rompesse con un “Nonna, sono tornato!”.
Aspettava Aoba.
Non si accorse mai che il tempo passava. Non si sarebbe accorta nemmeno della sua possibile morte.
Capì solo che Aoba non tornava. Chissà dov’era Aoba. Chissà che cosa faceva Aoba. Chissà se era vivo Aoba.
Aoba. Aoba. Aoba. Aoba.
Ma non vide mai quella porta aprirsi, forse non aveva avuto abbastanza tempo per aspettarlo.
Aspettava Aoba. Ma non arrivò mai.

« Ao… ba…»

 

 

 


 

Benissimo. Ce l’ho fatta.
Salve a voi, oh soldati che fin quaggiù siete giunti! Spero che i vostri animi non siano troppo stanchi e mi auguro che abbiate voglia di leggere ancora queste poche righe qui a piè di pagina!
… Okay, basta fare l’aulica.
In primis, volevo ringraziarvi per essere arrivati fin quaggiù. Sono perfettamente consapevole del fatto che a tratti la storia può risultare confusa e pesante, ma era esattamente in questo modo che desideravo scriverla, dato l’argomento trattato. Un’attesa senza fine e una mente che si logora lentamente.
Mentre mi gustavo guardavo la route di Virus e Trip del re:connect, per qualche secondo ho pensato a Tae. Lì è arrivata l’idea. Ultima precisazione: Tae ad un certo punto fa riferimento a Koujaku, dicendo che è stato lui a portarle la notizia della scomparsa di Aoba. Ovviamente io non so cosa succede a Midorijima, mentre Virus e Trip soddisfano i loro piaceri (?). Ma ho ipotizzato comunque un good end: alla fine il gruppetto riesce a fermare Toue e a salvare il mondo-- anche senza Aoba.
Non so come ma ci devono riuscire, altrimenti io non potrei scrivere questa storia. :>
AH, vi lascio immaginare cosa possa essere successo a Tae. Fate pure le vostre ipotesi, anche se mi sembra abbastanza intuibile. x”
Null’altro, giuro!

Una recensione fa sempre piacere, meh... ~ ;u;

» Masaki

   
 
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