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Autore: bemyronald    16/11/2014    10 recensioni
«Che cosa ci facevi lassù con lei?» strillò Lavanda Brown, attraversando Harry con lo sguardo per fissare Ron e Hermione che uscivano insieme dal dormitorio dei maschi. Harry sentì Ron farfugliare qualcosa e si allontanò di corsa.
«Io e Lavanda ci siamo mollati»
Annunciò Ron, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia di fronte a Hermione. Era appena rientrato in sala comune e aveva raggiunto il tavolo dove lei era solita passare le ore di studio. Hermione annuì appena, con la testa china su un librone di Rune Antiche dall'aria tremendamente complessa.
«Lo so che stai studiando e che non dovrei disturbarti, però...» continuò Ron, mentre le dita tamburellavano insistenti sul ripiano del tavolo. «Per Merlino, quanto ha urlato! Ho provato a spiegarle che... be', non avrebbe mai potuto berla la storia dei compiti, certo... forse avrei dovuto architettare qualcosa di più convincente... uhm... no, forse meglio così» disse, grattandosi distrattamente il naso, mentre teneva lo sguardo fisso sulla mano di Hermione che scorreva spedita sulla pergamena.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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«Che cosa ci facevi lassù con lei?» strillò Lavanda Brown, attraversando Harry con lo sguardo per fissare Ron e Hermione che uscivano insieme dal dormitorio dei maschi. Harry sentì Ron farfugliare qualcosa e si allontanò di corsa.
(Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 22, pagina 436)

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«Io e Lavanda ci siamo mollati» 
Annunciò Ron, lasciandosi cadere pesantemente sulla sedia difronte a Hermione. Era appena rientrato in sala comune e aveva raggiunto il tavolo dove lei era solita passare le ore di studio. Hermione annuì appena, con la testa china su un librone di Rune Antiche dall'aria tremendamente complessa.
«Lo so che stai studiando e che non dovrei disturbarti, però...» continuò Ron, mentre le dita tamburellavano insistenti sul ripiano del tavolo. «Per Merlino, quanto ha urlato! Ho provato a spiegarle che... be', non avrebbe mai potuto berla la storia dei compiti, certo... forse avrei dovuto architettare qualcosa di più convincente... uhm... no, forse meglio così» disse, grattandosi distrattamente il naso, mentre teneva lo sguardo fisso sulla mano di Hermione che scorreva spedita sulla pergamena.
«Voglio dire, io ho ragione, no? Non ho fatto niente! In fondo è stata lei a non volermi credere e quindi... Hermione, ma mi stai ascoltando?» chiese alzando finalmente lo sguardo su di lei che sembrava non facesse altro che scrivere e scrivere.
«Sì, sì...» farfugliò la ragazza.
«Non dici niente?»
«Come, scusa?» Hermione alzò la piuma dalla pergamena e lo guardò accigliata.
«Dicevo... che mi sono lasciato con Lavanda»
«Questo l'ho capito, Ron» ribatté Hermione, in tono pacato. 
«E...?»
«E cosa?» chiese, stavolta leggermente stizzita.
«Be', dovresti consolarmi» borbottò Ron, con aria fintamente affranta. «È così che funziona tra amici, no?»
«Non mi pare che tu ti stia crogiolando nel dolore» affermò Hermione, incapace di trattenere un accenno di sorriso. 
«Be', potrebbe essere un malessere interiore che io nascondo abilmente...» insistette Ron rivolgendole uno sguardo offeso. Hermione sbuffò, scosse il capo e riportò l'attenzione al suo compito. 
«Miseriaccia, sarà passata un'oretta e ho ancora le sue urla in testa! Come hai osato farla salire con te nel tuo dormitorio? Non rifilarmi la sciocchezza dei compiti! Non sono stupida, sai? Che cosa stavate facendo lassù?! E blablabla...» disse con vocetta stridula, lanciandosi in una fedele imitazione della sua ormai ex ragazza. 
«Be', ha ragione» disse improvvisamente Hermione, alzando lo sguardo dal libro. Ron sollevò un sopracciglio. «Non è stupida. Avresti dovuto subito pensare ad una scusa migliore. Quella dei compiti è stata sciocca e per nulla plausibile. Insomma, non ha visto Harry, ci ha...» arrossì di colpo, portando di nuovo l'attenzione ai suoi compiti, «...ci ha visti insieme... scendere dal tuo dormitorio... avrebbe potuto pensare qualsiasi cosa...» borbottò rivolta al foglio. Ron la osservò per un po', notò che aveva le guance così rosse da far concorrenza al fuoco che scaldava la sala comune. Ed era così bella quando arrossiva. A quel pensiero, anche le sue orecchie assunsero di colpo la tipica leggera sfumatura cremisi. Ci era abituato ormai. La presenza di Hermione, lo sguardo di Hermione puntato nel suo, il solo pensiero di Hermione era uguale ad arrossire miseramente, qualsiasi cosa stesse facendo. Ma cosa posso farci? Si chiedeva sempre, proprio come in quel momento, se è bella, è bella!
Passarono lunghi istanti nel quale si perse a contemplare la ragazza concentrata a scrivere. Quando si riscosse, tentò di riflettere su quanto fosse appena accaduto: Lavanda l'aveva lasciato. Lavanda non era più tra i piedi.
Sei proprio un codardo, sai? Usarla solo per far ingelosire Hermione.
Si grattò la testa imbarazzato, come se la sua coscienza avesse amplificato le sue meschine intenzioni davanti a Hermione, come se potesse sottolineare davanti a lei quanto fosse un... codardo, sì, esatto, lo sei, Ron Weasley!
Scosse appena il capo, senza riuscire a distogliere lo sguardo da Hermione che ora voltava con attenzione le pagine del suo libro. Ricominciò a fissarla, ipnotizzato, era diventata un'abitudine da... da quando? Nemmeno se lo ricordava! Lo faceva ogniqualvolta ne avesse la possibilità, fino a che Hermione non lo cogliesse in flagrante. E si sentiva come un ladro pizzicato con le mani nel sacco. Insomma, lui non poteva, lui non doveva guardarla in un certo modo. Eppure continuava a farlo. Non poteva proprio farne a meno. Era rilassante guardarla leggere o scrivere, ed era bello quando riusciva a cogliere quella tipica espressione soddisfatta, che sfoggiava quando riusciva a risolvere un dilemma: inclinava appena l'angolo della bocca in un sorrisetto compiaciuto. Era questo che lui voleva. Lui voleva poter godere di queste piccole cose senza doversi sentire in colpa e senza il pericolo che qualcun altro ne godesse al posto suo.
Ma perché qualcuno dovrebbe fregarmi il posto? Io ci sono da molto, molto più tempo di chiunque altro!
Non poteva negare di sentirsi tremendamente in colpa per come si era comportato con Lavanda, però non era ciò che lui voleva. Sapeva molto bene cos'è che voleva e di certo non erano i capelli chiari e perfettamente lisci e morbidi di Lavanda e nemmeno le sue unghie sempre laccate. Non voleva che fossero i suoi occhi chiari a guardarlo o che fossero le sue labbra a baciarlo. E non voleva nemmeno impegnarsi in inutili chiacchiere fatte di pettegolezzi e vestiti e altra roba che faceva finta di ascoltare. No. Lui voleva litigare con Hermione perché non terminava mai in tempo i suoi compiti o perché non ricordava mai che in Storia di Hogwarts c'era scritto che era impossibile Materializzarsi entro i confini del castello. Voleva litigare con lei perché era sempre così ossessivamente protettiva nei riguardi di Harry. Voleva litigare con lei per il solo gusto di stuzzicarla per poi fare silenziosamente pace. E voleva fissare i suoi occhi scuri, voleva che fossero quegli occhi a guardarlo. E voleva osservare le sue mani piccole e curate, voleva che fossero quelle mani ad accarezzarlo. Voleva guardare i suoi capelli disordinati che le scendevano sul viso, e voleva guardarla mentre si portava i riccioli dietro l'orecchio con un gesto svelto della mano. Un giorno l'avrebbe fatto lui. E voleva vederla arrossire quando le faceva un complimento o quando si guardavano più di quanto avrebbero fatto due semplici amici o quando si sfioravano accidentalmente. E voleva farla ridere perché poi avrebbe avuto una scusa in più per guardarla ancora e ancora. E voleva baciarla. Già, proprio così. Era il suo sapore, a lui ancora sconosciuto, che voleva sentire sulle sue labbra.
Lui le sapeva tutte queste cose, sapeva di desiderarle. Il fatto era che Hermione era sempre stata lì, accanto a lui, e lui aveva sempre creduto che avrebbe avuto a disposizione tutto il tempo del mondo per pensare a come comportarsi e, di conseguenza, a come agire. Voleva essere giusto per lei, all'altezza, voleva provare a non sbagliare. Ma non era proprio bravo, no, per niente! Era bravo solo ad infuriarsi e ad ingelosirsi perché qualcun altro era arrivato prima di lui. E come rispondere a questa ingiuria se non ripagandola con la stessa moneta?
Bravo, Ronald, ma non riesci proprio a vedere quanto tu sia vile?
Storse il naso e il suo pensiero andò al primo bacio con Lavanda, o meglio, al momento in cui aveva visto Hermione in compagnia di Harry, in quella classe, piangere. Di nuovo.
Sei stato così bravo da esser riuscito a far male a tre persone in un colpo solo.
Già, perché un po' aveva fatto male anche a se stesso. Sì, meglio ammetterlo. Distolse lo sguardo dal volto di Hermione e cominciò a fissarsi insistentemente le mani, il solo pensiero di tutto quel che aveva architettato e messo in pratica, lo faceva vergognare terribilmente. Non era mai davvero riuscito a togliersi dalla testa quella scena – anche se quella sera, Lavanda, avvinghiata com'era a lui, gliel'aveva  fatta scordare per un po'. Sei patetico, per tutte le mutande di Merlino! – e aveva dovuto far i conti con la notte e i sensi di colpa che, arzilli, lo tenevano sveglio per ricordargli quanto fosse... codardo, oh, sì, ancora e ancora! E poi la notte successiva e quella dopo ancora. Così tutte le notti il pensiero di Hermione che lo evitava, che gli lanciava occhiate gelide e di puro disgusto, che si allontanava da lui, sempre, ogni ora, minuto, secondo, di ogni giorno. Era questo che faceva male, più di qualsiasi stormo di uccellini assassini. E la situazione aveva cominciato seriamente a sfuggirgli di mano. Lavanda sempre più appiccicosa, ben peggio della piovra gigante, Hermione sempre più lontana da lui e vicina a tipi loschi come Cormac McLaggen... Ehi, quasi vicina! Il loro appuntamento è stato un fiasco! Pensò, e gli sfuggì un sorrisetto compiaciuto.
Non è questo il punto. Hai rischiato grosso, sai? Ma l'hai visto McLaggen? Così alto e muscoloso, così atletico! Davvero credevi che avresti avuto una chance? Hai rischiato di perdere penosamente. Dopotutto, hai perso anche contro Viktor Krum, no? E svegliati, Ronald, che hai rischiato di perderla così tante volte! Perché mai Hermione dovrebbe mettere sempre e solo te in prima linea? Quando mai tu sei stato il primo per qualcuno? 
Alzò di scatto la testa per tornare a fissare Hermione. Questo era troppo.
Ho capito, ma non ricordarmelo! Voglio dire, io so quello che voglio... ed è davanti a me... e anche l'altra mi ha chiesto di scegliere, ed io ho scelto...
Si passò nervosamente una mano tra i capelli. Hermione stava rileggendo degli appunti, borbottando tra sé e sé. 
«Non me ne frega niente» disse all'improvviso Ron, riprendendo il discorso che Hermione aveva lasciato cadere parecchi minuti prima. La vide esitare per qualche secondo con gli occhi puntati sulla pergamena. 
«Come?» chiese, alzando lo sguardo su Ron.
«Non me ne frega niente» ripeté lui, con convinzione. «Non me ne frega se... se ci ha visti insieme» aggiunse poi, mentre le orecchie gli si imporporavano.
«Ron, forse non te ne rendi conto, ma Lavanda ha creduto che...»
«Bene!» asserì Ron. «Creda ciò che vuole. Non m'interessa» borbottò, mentre il rossore si faceva largo su tutto il viso fino a giungere al collo. Hermione lo fissò per un lungo istante, aveva un'espressione tranquilla, Ron non riuscì a decifrare altro. Calò di nuovo il capo sulla pergamena. 
«Ok, è stato brutto quando ha urlato e, ok, mi dispiace per il modo in cui... sì, insomma, ci siamo lasciati. Ma lei proprio non capiva e io non sapevo come fare per troncare. Mi stava facendo impazzire. E lo sai che non sono bravo con le parole» sbuffò. «Quindi meglio così, meglio che l'abbia fatto lei»
«Codardo» sentenziò Hermione, continuando a scrivere. «Sei proprio un codardo e ti sei comportato malissimo, ti sei dimostrato immaturo ed insensibile, lo sai questo, vero?» mormorò, forzando la punta della piuma un po' più del dovuto, senza degnarlo di mezzo sguardo. «Mi hai fatto macchiare il compito!» lo accusò poi, fissando orripilata la pergamena. 
«Ehi, io non ho fatto un bel...»
«Sta' zitto» sbottò Hermione afferrando la bacchetta, borbottò qualcosa e le macchie d'inchiostro sparirono.
«Codardo» ripeté di nuovo Hermione, guardandolo con uno spaventoso cipiglio prima di prendere il libro di Aritmanzia e sbatterlo con forza sul tavolo.
«Ho capito» fece stizzito Ron. «Adesso potresti smetter-...»
«No» intervenne Hermione asciutta. «Devi ricordartelo. Devi ricordare quel che hai combinato»
«L'ho capito» borbottò Ron, mortificato. «Ho sbagliato... tante cose»
Si lasciò andare sullo schienale della sedia e si passò una mano tra i capelli con aria afflitta. Silenziosamente, prese ad osservare attentamente Hermione che teneva la fronte corrucciata, fino a quando la sua espressione non si rilassò e vide un sorriso farsi largo sul suo viso, che la ragazza pensò bene di reprimere all'istante. Ma che a Ron non sfuggì. Oh, posso essere distratto, maldestro, un disastro vivente, ma certi dettagli li noto, eh.
«Perché sorridi?» domandò, accigliandosi appena.
«Non sorrido» rispose Hermione che, suo malgrado, sorrise nuovamente, con la testa china sul suo libro.
«Sì che sorridi, l'hai fatto anche adesso»
«Ho trovato il risultato giusto a questo esercizio di Aritmanzia» rispose secca, incontrando lo sguardo di Ron.
«No» ribatté Ron. «Non è per i compiti. Quando ti riesce qualcosa fai più un sorrisetto, tipo così...» disse storcendo leggermente la bocca.
«Ah, davvero?» ribatté Hermione divertita, arrossendo leggermente. «E tu cosa ne sai, scusa?»
«Io... be', io in realtà non...» balbettò Ron, sempre più rosso. «Quando correggi i miei compiti, sì»
«I tuoi compiti?»
«Sì, ti guardo e... cioè, guardo gli errori... e quando riesci, fai così...» storse di nuovo la bocca.
«Ma così sembra che io abbia inghiottito una pasticca vomitosa» ribatté Hermione, sollevando un sopracciglio.
Ron rise. «Be', a te viene meglio... comunque mi piace quel sorrisetto lì...» disse senza rendersene conto. Ebbe giusto il tempo di notare che Hermione era arrossita, prima di spostare l'attenzione a delle piume accuratamente sistemate sul tavolo, alla sua destra. Pensò che sarebbe esploso da un momento all'altro: il viso in fiamme e il cuore che aveva cominciato a martellare incessantemente. Si chiese se Hermione potesse avvertirlo. Molti studenti cominciarono ad avviarsi verso i dormitori e il chiacchiericcio in  sala comune andò man mano a spegnersi. Ron si concentrò sul suono del raspare della piuma che Hermione faceva scivolare fino ai margini di un nuovo rotolo di pergamena. Sospirò e incrociò le proprie mani sul tavolo, su cui vi poggiò il mento. Prese ad osservarla nuovamente.
Dovresti smetterla, sai?
No, che non posso. Non ci riesco.

Si schiarì la voce. 
«Hermione?» la chiamò.
«Che c'è?» chiese lei, distrattamente.
«Lo sai perché io e Lavanda ci siamo lasciati?»
«Mi pare di aver già assodato che avrebbe potuto pensare qualsiasi cosa quando ti ha visto scendere dal dormitorio con...»
«È
gelosa di te» la interruppe Ron.
«Lei... perché dovrebbe? Voglio dire, non c'è motivo...» bofonchiò Hermione.
«
È gelosa di te... con me» 
Hermione alzò lo sguardo e, inevitabilmente, i loro occhi si incontrarono come ancora non era accaduto quella sera. Ron, con la testa poggiata sulle proprie mani, scrutò dal basso quelli scuri e caldi di Hermione. Aveva una scusa in più per guardarli bene... o forse no, non avrebbe dovuto comunque. Ma non ci badò. Hermione lo fissava a sua volta tra il curioso e l'incredulo.
«Che... che vuoi dire?» chiese tentennante. Ron ingoiò il vuoto, ma nonostante l'imbarazzo non staccò gli occhi da quelli di Hermione.
«Del... del nostro rapporto. Insomma, del nostro modo di essere... a-amici» disse a voce bassa, senza evitare alle sue guance di imporporarsi. Hermione continuava a fissarlo sbigottita, stranamente in silenzio, e anche le sue guance esibivano leggere sfumature cremisi. Il cuore di Ron mancò un battito, ma lui cercò di riflettere e rimanere lucido. Erano lì, occhi negli occhi, l'uno difronte all'altra, a qualche centimetro di distanza, con quella mezza confessione che aleggiava nell'aria. 
«Lei... Lavanda mi ha... mi ha chiesto di scegliere, sai» mormorò Ron, che spostò lo sguardo sulla mano di Hermione che era serrata in un pugno, e sul dorso esibiva macchie di inchiostro. Ron sciolse le proprie mani e, in uno slancio di coraggio, allungò un braccio lungo il tavolo per raggiungere la mano di Hermione. 
«Ha detto che non sopporta il modo in cui ti guardo» arrossì visibilmente e cominciò ad accarezzarle con lentezza il dorso della mano con le dita, con la scusa di cancellare le macchie d'inchiostro e avvertendo la stretta di Hermione ammorbidirsi. «Io... io non so cosa abbia voluto dire...» aggiunse subito, «però ecco lei... be', ha detto che la faceva impazzire e che quindi avrei dovuto troncare e smettere di esserti amico e che... se non l'avessi fatto, mi avrebbe mollato» Ron inclinò la testa su un lato, poggiando completamente la guancia sul dorso della propria mano. Per qualche secondo guardò Hermione in tralice, ma la ragazza sembrava pietrificata, così, imbarazzato, riportò l'attenzione sulla sua mano che continuava a sfiorare quella di lei. «Va be', poi stasera ci ha visti insieme ed è stato peggio... ma io mi sono arrabbiato e le ho detto... le ho detto che non potevo di certo rompere la nostra amicizia... e lei ha detto che non ci siamo parlati per settimane e settimane e che tu sei ritornata da me solo quando... sì, insomma, quando ero in infermeria...»
Ron sospirò, lo sguardo concentrato sulle proprie dita che accarezzavano con lenti movimenti circolari il dorso della mano di Hermione, che non era più stretta in un pugno, ma aperta e immobile sotto il suo tocco delicato. «Il punto è che io ho scelto... lei me l'ha chiesto e io ho scelto... e mi ha mollato... ma almeno sono stato sincero» affermò infine allontanando la mano da quella di Hermione. Si appoggiò allo schienale della sedia e cominciò a stropicciarsi stancamente gli occhi. Hermione, che non aveva ancora proferito parola, sembrava stesse assimilando con molta attenzione ciò che le aveva appena detto Ron. Mantenne lo sguardo fermo su di lui fin quando non smise di stropicciarsi gli occhi e si ritrovò a guardarla. Le sorrise spontaneamente e lei rispose in egual modo. Entrambi arrossirono. Ron si chiese se si sentisse un po' più allegra, come lui in quell'esatto momento, e ne ebbe conferma quando prese la sua copia di Pozioni Avanzate e gliela ficcò davanti. Un Hermione che propone di aiutarti con i compiti è decisamente più allegra.
«Da quand'è che hai i miei libri?» chiese Ron, perplesso.
«Oh, l'hai dimenticato sulla poltrona» ripose Hermione, con un sorrisetto divertito.
«E come fai a sapere che è il mio?»
«C'è scritto 'Roonil Wazlib' nella prima pagina» ridacchiò Hermione.
«Cosa? Io non me ne ero nemmeno mai accorto» bofonchiò Ron.
«Be', non ti accorgi di molte cose» disse Hermione arrossendo e abbassando di colpo lo sguardo.
Ron tacque per un lungo istante.
«Forse... non è detto...» mormorò.
Vide Hermione prendere una delle sue piume, srotolare l'ennesima pergamena e poi la vide afferrarsi i capelli che, con gesto svelto, raccolse in uno chignon disordinato. Avvertì un buon odore, un odore fresco e delicato. Un odore che sentiva spesso quando era vicino a lei e che, si era reso conto, gli era mancano durante quelle settimane in cui erano stati lontani. Era il solito odore, proprio quell'odore che aveva avvertito anche durante una lezione di pozioni... davanti a quel vapore che sale in caratteristiche spirali... davanti a quella pozione che ha un odore diverso per ciascuna persona... a seconda di ciò che attrae quella persona...
Quella mattina credette di essere impazzito.
Rabbrividì e la vide portarsi un ciocca di capelli sfuggita allo chignon dietro l'orecchio sinistro, per poi arricciare il naso e sfiorarselo con l'indice. Adorava quando lo faceva. Sul volto di Hermione comparve un sorrisetto, mentre intingeva la piuma nel calamaio e riprendeva a scrivere. Se possibile, quel sorriso lo rese ancor più allegro, così allegro che sfogliò il suo Pozioni Avanzate sorridendo apertamente e pensò che avrebbe potuto trovare qualsiasi antidoto a qualsiasi veleno. Era capace di fare tutto in quel momento.
Be', lo pensò soltanto, perché in realtà non riuscì a fare molto. Più che altro pensò alla sua scelta e pensò al fatto che sarebbe sempre stata la stessa. 



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Angolo di un'autrice vittima dell'apatia domenicale
Salve salvino, fanciulli e fanciulle!
Eh, già, l'apatia della domenica cosa ci porta a fare! Non so come sia uscita fuori 'sta roba, però la settimana scorsa ho terminato la ri-ri(...)lettura de Il Principe Mezzosangue e ho pensato di scrivere un missing moment su cosa avrebbero potuto dirsi Ron e Hermione subito dopo la rottura tra Ron e Lavanda. Il sesto anno è pieno zeppo di riferimenti Romione che una shipper che si rispetti coglie u.u Be', come tutti noi sappiamo, i nostri cari ragazzuoli, si sono riavvicinati dopo l'incidente di Ron, e mi sa che la povera Lavanda ha cominciato a renderai seriamente conto delle occhiatine sfuggenti che Ron rivolge alla sua """migliore amica""" *ehm, ehm*. Poi, va be', la goccia che ha fatto traboccare il vaso e si solo lasciati. *balla la conga con il copriteiera di Dobby in testa* Okay, okay. Quindi nieeente, spero vi piaccia e che la troviate tenera. Non è nulla di che - ed è breve! Jessica, ogni tanto stupisci! - però sentivo il bisogno di dover raccontare qualcosa di più leggero, e io amo il fatto che tra Ron e Hermione ci sia questo dico - non dico, è ciò che li rende così dolci e speciali ai miei occhi. Spero che in questa storia venga fuori questa cosa. Come al solito vi ringrazio con il cuore in mano per le belle parole che spendete per le mie storie nelle vostre recensioni. Grazie, grazie! E grazie perché seguite le mie storie e la cosa mi sorprende e mi commuove. *w* Vi saluto, ci risentiamo prestissimo! Giurin giurello :D

Peace, love and Romione
Jess



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