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Autore: SkyMe    18/11/2014    1 recensioni
Ero cosi' tanto vicina alla sua bocca che dio solo sa cosa gli avrei fatto. La voglia di urlare al mondo il mio male era troppa e vomitare tutte le mie emozioni su di lui non mi sembrava il caso. Decisi di stare seduta e guardalo scrivere, mentre io morivo dentro.
Quando troverò la mia cura, forse , tutto cambierà.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ecco i pazzi. Il disadattati. I ribelli. I facinorosi. Le spine nei fori quadrati. Quelli che vedono le cose diverse. Non sono appassionati di regole. E non hanno alcun rispetto per lo status quo.
Si possono citare, essere in disaccordo con loro, glorificarli o denigrarli. L’unica cosa che non si può fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana nel futuro.
Mentre alcuni possono vederli come pazzi, noi li vediamo come geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, sono quelli che lo fanno davvero
(Apple, Think different)

 

Due barche. Una casa in montagna nel Montata. Una catene d’industrie che prima o poi erediterà dal nonno. Un cane di nome Argo , un pastore tedesco dal pelo liscio e marrone, che al momento è a casa di  sua sorella torturato da  sua nipote.Povero. Ah e una Ferrari, che non usa mai perché la  macchina su cui viaggiamo va più che bene per lui. Certo. Uno ha una Ferrari e non la usa, come avere internet e poi fare ricerche sull’enciclopedia Treccani che si ha in casa stipata in chissà quale libreria. Ho saputo più cose di lui in viaggio di 40 minuti, che in tre mesi che lo conosco. Io a confronto sembro una poverella senza dimora , se non fosse per i due pesciolini rossi che albergano della mia stanza e una madre che è perennemente in ansia. Forse doveva andarci lei dallo psicologo ora che penso, e non io . Ma  la ringrazio infinitamente per avermici costretto.
Ian possedeva un sacco di cose. Ma non aveva un padre, morto con un male incurabile. Non aveva uno sport da vedere la sera  incollati alla tv con una bustona di pop corn. Non aveva un cantante preferito. Sua mamma l’aveva cresciuto in una bolla di cristallo, era infatti diventato psicologo perché era il suo sogno. Ma di sogni suoi, lui non me ne ha mai parlato. Mi ha detto che a breve è il compleanno, ben 32 anni. Ma non lo festeggia mai.  Questa cosa mi rende triste. Se penso che a casa mia festeggiare il compleanno è  d’obbligo quasi come festeggiare il Natale ogni anno, mi viene da dirgli : che problema c’è lo festeggiamo insieme! Ma non posso. Ian è il mio dottore e da un giorno anche il mio capo. Oltre Mike.

-Quindi hai una sorella e una nipotina?-
-Sì, ma non le vedo spesso. -   Noto che si è rattristato, non che prima sprizzasse gioia , ma ora è ancora peggio.


Quando parcheggiamo la macchina vicino alla casa dove risiedono i bambini resto in macchina ad aspettarli. Corrono e sono felici come non mai. Per loro una gita è un qualcosa di nuovo. Anika ha persino  chiesto se ci sono regole da seguire e come bisogna comportarsi. Divertiti , le o detto. Divertiti e non pensare a questa vita di merda che ti tiene rinchiusa in una casa famiglia senza  genitori a cui raccontare tutto.

-Dove stiamo andando  dottore?- chiede  Phil.
-Phil non mi chiamare dottore, oggi non lo sono ok?-
-Ok-
-Andiamo in barca ragazzi, andiamo a divertirci e vedere il tramonto sul mare.-


L’espressione dei loro volti quasi annullava tutti gli anni di dolore che ho attraversato. I loro occhi erano così sinceri  che quasi avevo voglia di abbracciarli  ed iniziare a saltare sul sedile al posto loro. Erano bambini ma allo stesso tempo erano cresciuti così velocemente che bambini non è esattamente la parola che gli si addice.
Tempo dieci minuti e cadono come pere cotte nel sonno più profondo.

-Ian quanto tempo ci manca per arrivare?-
-Almeno altre due ore Sky, perché?-
-Sei così silenzioso. A volte arrivo a  pensare che sia la mia compagnia a farti ammutolire.-
-Ma che dici sciocca. E’ solo che mi concentro sulla strada, tutto qui.-
-Ian perché lo fai?-
-Cosa Sky? – 
La domanda la conosce troppo bene. Lo so.
-Perché dedicare una giornata a portare loro a mare? Perché portare anche me?-
-Sky non tutti hanno avuto le possibilità che ho avuto io, ho soldi, palazzoni, catene industriali. E loro cos’hanno? Hanno una bel  sorriso ed una storia triste da raccontare. Voglio , invece, che  domani loro raccontino una storia bella ,di una giornata passata in barca a guardare il tramonto. Tutti i bambini hanno il diritto di essere bambini. E tu. Tu sei il mio punto interrogativo.-


Si porta la mano nei capelli e allenta un po’ la cintura di sicurezza al collo. E’ irrequieto. Nervoso. In questa vita mi hanno chiamato in tutti i modi possibili, coloriti e non, ma mai mi hanno chiamato “punto interrogativo”.

-Ian è il tuo mestiere quello di interpretare le parole altrui, non il mio. Spiegati.-
-Sky io non so definirti. Non so definire quello che mi ha spinto a venire a casa tua per portarti con me. Voglio curarti. Anche se curarti non è la parola giusta. Voglio che tu  sorrida di più. Sei così bella quando ridi.-


Beccato! Tutte queste parole da dove vengono?

-Mia sorella ed io eravamo uscite per un concerto. Io la spinsi a venire. Abbiamo ballato e cantato tutta la serata come due pazze da manicomio. Abbiamo fatto il filo a due modelli per quasi un ora, senza concludere niente, e abbiamo bevuto come spugne. Non dovevamo guidare, ma Marghe ci sarebbe venuta a prendere. Lei è la mia ancora di salvezza. Molly era fantastica. Stava per laurearsi in medicina. Non era proprio una secchiona , ma amava da morire tagliare e cucire corpi come se non ci fosse un domani. Io avevo appena finito il mio 5 superiore, gli esami erano terminati, il voto era ottimo, e volevo solo divertirmi. Un tir mi ha tolto il sorriso. Il divertimento. Lei. La voglia di vivere.-
-Mi fa piacere che tu ti sia aperta Skye. Il dolore se resta dentro non va via, solo se ne parli, se lo dici, lui capisce che non è più il benvenuto. Ti molla, fa le valige e va via. Di lui resta il ricordo. Quello non se ne va neanche sotto tortura.-
-Lo so. Io ho iniziato a bere, a prendere pillole di cui non ricordo neanche il nome. Ho fatto disperare Marghe che ogni volta mi recuperava in qualsiasi posto sperduto. Ho persino fatto un viaggio. Sono andata via. Ma non è servito a niente. E quando mia mamma mi ha visto ridotta peggio di una pezza , mi ha iscritta. Aveva deciso lei. Ma per un anno non sono venuta, ho pensato di fare da sola. Ho smesso di bere eh, ma sono diventata un fantasma. Sai quando mi sono convinta?-
-Spara.-

-Ad una puntata di beautiful. Quando mi sono riconosciuta in uno ubriaco per colpa di una perdita che veniva schifato dal mondo intero. Ecco io non voglio essere schifata ed etichettata come alcolista. Ho 22 anni e tutta la vita davanti. Mi iscriverò a Medicina questo autunno. Ho deciso. E non lo faccio per lei. Ma per me.-
-Sei fantastica. Ma adesso andiamo con calma. Ti sei aperta, e c’è ancora tanta strada da fare. Noi due siamo una squadra. Io voglio stare con te.-


Adesso quella ammutolita sono io, passo il resto del viaggio rannicchiata nel mio sedile a guardare fuori. Mi sto complicando la vita e non ho nemmeno Vir  con cui parlare. Oggi gli ho dato la giornata libera. Vedo gli alberi scorrere e la mia vita fa lo stesso. Va avanti, come deve  essere, sono io quella ferma.  Quando alla radio passano Adele con Turning Tables alzo il volume, rischiando di far svegliare i bambini. Ma la adoro. Letteralmente. Ed inizio a cantarla. Non ho vergogna di cantare davanti a lui, anzi mi diverte. Gli sorrido e lui ricambia.

-Dai vecchietto, canta che ti fa bene. –
-Vecchietto a me? Come hai osato?-


E rido, rido che a  momento mi si smonta la mascella. Neanche ricordavo che si potesse ridere così.

-Siamo arrivati. Ciurma si scende!-

Se penso che la barca più grande che ho visto è  una barca a vela di un  amico anni fa, adesso  mi sembrava una barchetta telecomandata in un  lago a vedere quella di Ian. Grande è dir poco. Maestosa forse ci azzecca di più. Quando saliamo a bordo il comandante ci lascia. Come il comandante ci lascia? Quello che porta la barca se ne va. Andiamo bene. Mi sfugge qualcosa

-Tranquilla  ho preso lezioni quando avevo la tua età, ormai sono un veterano.-

Ecco proprio tranquilla non lo sono. Possiamo essere rapiti da pirati fantasmi, o spappolati da una piovra gigante.  Quindi speriamo che almeno sappia guidare questo coso enorme. Ci spingiamo al largo,  mi  giro e mi rigiro e vedo solo mare. Se dovesse succede qualcosa spero  di trovare ospitalità nella tana di qualche pesce. Al di sotto della felpa porto un toppino,  di colore blu. Decido di togliermi la maglia e prendere il sole. I pantaloncini vanno bene, non ho intenzione di scandalizzare quei poveri bambini. Li guardo, giocano sulla prua. Giocano spensierati e questo mi fa stare bene.
Di Ian invece nessuna traccia. Decido di alzarmi e affacciarmi nella  cabina e lo vedo al telefono. Quanto può essere pallosa la vita ,se la passi a telefono ,in un giorno di sole a bordo di uno yatch, sperduti nel mare? Mi fa segno con la mano per dire “cinque minuti e sono li”, e penso che questa frase la dico spesso io, e   ne passeranno sicuramente altri 20 di minuti. Quando torna infatti avevamo finito con i bambini due turni di monopoli.

-Ehm… Ian?-
-Dimmi Anika.-
-Perché hai gettato quella cosa enorme nell’acqua?-
-Si chiama ancora Anika, serve per non far muovere la nave da qui. Sai le correnti trascinano la nave a largo e chissà dove finiremmo se non  la usassi.-
-Ma non uccidi  molti pesci con quella cosa?-
-No stai tranquilla, sono molto veloci.-


Passarono circa una mezzoretta a discutere del mare, dei pesci, di chi morde e chi no. Con la conclusione che prima o poi prenderanno un pesciolino rosso. Mia madre aveva pensato che due pesciolini rossi mi aiutavano a sentirmi meno sola.  Inutile dire che queste teorie non sono fondate.  Quando mi raggiunge lo capisco dal suo profumo. E’ così forte che prima arriva la scia di profumo e dopo lui.

-A cosa pensi?-
-A te- Rispondo. Vediamo come reagisce il dottorino.
-Perché mi pensi?-
-Perché sei diventato importante, e questa cosa mi spaventa.-
-Non dovrebbe Skye e mi dispiace. Non avevo intenzione di mettere più confusione di quanta già ce ne sia nel tuo cervellino.-
-Non è del mio cervello che dovresti preoccuparti Ian.-


Se solo potesse, il mio cervellino mi affogherebbe qui all’istante pur di evitarmi di fare cazzate.

-Io….-
-Tuffiamoci Ian. Sei troppo noioso. Devi pur divertiti in qualche modo.-
-Ma tu sei pazza.-
-Si Ian, fattene una ragione.-


E mi tuffo. Splash. Acqua nelle orecchie, nel naso. Ma quel blu e quella leggerezza sono impagabili. Splash di nuovo. Si è tuffato. Lo raggiungo e mi mantengo a lui con le mani sulle spalle. E lo guardo. Blu come il mare e blu come i suoi occhi. Rosso come le mie guance alla sua vicinanza. Verde come il pesciolino che ci sta accarezzando. Rosa come la mano che gli poggio sulla guancia. Viola come le labbra che vorrei baciare. Siamo così vicini. Forza Ian, diventiamo una cosa sola. Io la tua ancora e tu la mia. Non affonderemo lo prometto. E lo bacio. Lo bacio come se mi mancasse l’ossigeno e dovessi rubarlo da lui. Come se fosse l’ultima cosa che faccio.

-Sky io….-

Quegli occhi blu trasmettevano terrore. Lo avevo bloccato, imbalsamato. Per la prima volta faccio qualcosa che il mio cuore desidera e poi vedo la sua faccia  e lo prenderei a sberle da qui fino al ritorno a casa.

-Sì, Ian, ho capito.-

Sono arrabbiata. Ma con me stessa. A saperlo davo retta a al grillo e me ne stavo a casa mia. Mi scende una lacrima ma non si nota, e quando risalgo sullo yatch mi chiudo in camera nel mio silenzio. Quando ritorno da loro per il pranzo, indosso la maschera della felicità, questi bambini non hanno  bisogno di vedermi così, in fondo è per loro che siamo qui. Perché io da domani ci lavorerò con loro. E lavorerò per Ian. Tutto qui. 

  
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