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Autore: Hendy    19/11/2014    8 recensioni
Non chiedeva molto. Solo poche cose, una il sinonimo dell’altra.
La sua salvezza.
Il suo ritorno.
La fine della loro lontananza.
E finalmente quel giorno era arrivato. Lei la stava aspettando.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Anna, Elsa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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N/A: Consiglio di leggere questa one shot ascoltando Garry Schyman - Praan


“Il volo AA1260 effettuerà l’imbarco al gate 7. Ripeto. Il volo AA1260 effettuerà l’imbarco…”

Una voce metallica risuonò nell’atrio semi deserto, riecheggiando lungo le pareti di tutto l’aeroporto e soffocando il rumore dei passi affrettati e il bisbiglio continuo dei pochi ancora presenti in sala.

Una manciata di persone sedeva lungo le panchine della sala d’attesa, guardando costantemente l’orologio e alzandosi di tanto in tanto: chi per andarsene con le valigie appresso e non far ritorno, chi per tornare poco dopo con alcuni snack e qualche bibita.

Tra loro sedeva una giovane ragazza che stringeva a sé un pezzo di carta apparentemente senza valore, ma a cui lei si era aggrappata con tutte le forze, come se da esso dipendesse la sua vita.

La sua pelle era candida e i capelli biondo platino, intrecciati e adagiati armoniosamente sulla spalla, sembravano risplendere come se dei fiocchi di neve si fossero cristallizzati su di essi. I suoi occhi azzurro ghiaccio ispezionavano con preoccupazione crescente ogni passante che intravedeva, ma senza trovare ciò che stava così disperatamente cercando.

Era da poco passata l’alba quando riapparve la gente. Successe all’improvviso: un momento non c’era nessuno, e un secondo dopo arrivò un aereo e scesero centinaia di passeggeri.

La sequenza era sempre la stessa: la voce che annunciava l’arrivo o la partenza di qualche volo con una strana combinazione di numeri, la gente compariva in massa, alcuni rimanevano, altri se ne andavano, e poi di nuovo silenzio. E il circolo continuava.

La ragazza guardava chiunque passasse, ma nessuno l’aveva ancora notata. Le persone camminavano o correvano o chiacchieravano o ridevano; il rumore dei passi le veniva incontro, la raggiungeva e la oltrepassava senza fermarsi. E tutto questo ad ogni arrivo, ad ogni nuovo aereo. Non una persona si fermava. Volevano tutti andare a casa, ce l’avevano scritto in faccia, mentre lei continuava a ripetersi di stare calma, che dopo il prossimo aereo Lei sarebbe arrivata.

Doveva arrivare.

“E’ in ritardo” mormorò sospirando, accasciandosi dolcemente contro la sedia.

Il suo sguardo cadde nuovamente sul foglio di carta tra le mani. Se qualcuno avesse posto maggiore attenzione, avrebbe potuto notare che nella sedia affianco a lei era appoggiata una borsa aperta, da cui spuntava una busta consumata con un altro foglio. Quello che teneva in mano era una parte della lettera che era stata tenuta con il massimo della cura, nonostante avesse fatto un lungo viaggio per arrivare a destinazione.

Negli ultimi mesi non aveva fatto altro che rileggere quelle righe scritte a mano, di cui oramai sapeva ogni faccettatura, ogni dettaglio, ogni piccola curvatura. Quel foglio, però, rispetto a quello contenuto all’interno della borsa conteneva una frase molto importante, che era anche il motivo per cui era rimasta quasi tutta la notte in quella sala, odorante di arrivederci sussurrati e abbracci silenziosi.

La frase che continuava a leggere era:

Comunque Els, ho buone notizie! La mia missione sta per finire!
Tornerò presto a casa, Fiocco di Neve.
Tua per sempre, Anna .”

 
Qualche settimana più tardi dall’arrivo della lettera, Anna era riuscita ad inviarle una e-mail con il biglietto del suo volo in modo da informarla sulla data del suo ritorno.

Non ci sarebbero più stati giorni di quel silenzio straziante, senza uno straccio di notizia, con solo un quotidiano aperto per essere aggiornata sulla sua situazione, non ci sarebbero più state le lunghe attese delle sue lettere con quella scrittura affrettata e impacciata che ben conosceva, per avere quell’istante di sollievo in cui riceveva la conferma che lei era ancora viva. Non si sarebbe più domandata: “Sarà ancora viva?” o “Sta bene?”. Domande banali, senza risposta, eppure quelle più importanti. E la preoccupazione le stava divorando l’anima, si attanagliava a lei continuamente, perforandole quel corpo che chiedeva solo un attimo di tregua.

Non chiedeva molto. Solo poche cose, una il sinonimo dell’altra.

La sua salvezza.

Il suo ritorno.

La fine della loro lontananza.

E finalmente quel giorno era arrivato. Lei la stava aspettando.

“-121 è arrivato a destinazione.”

“Che?”

Distratta com’era, Elsa non colse l’avviso successivo annunciato dall’ormai familiare voce metallica. Rizzò subito a sedere, maledicendosi di tale mancanza e iniziò a perlustrare la zona con lo sguardo.

Nessuno era ancora in vista. Per quanto ne sapeva, poteva essere l’ennesimo aereo che arrivava da chissà dove con una sfilza di turisti al suo interno. Appena concluse questa linea di pensiero infatti, un gruppo di persone con bagagli di qualsiasi forma e dimensione iniziò a comparire dall’altra parte della sala.

Elsa era sul punto di sbuffare per la frustrazione e distogliere lo sguardo, ma qualcosa la fermò dal farlo.  Qualcun’altro era comparso, là in fondo, guardandosi intorno disorientato con un luccichio negli occhi caratteristico di un bambino. Era una ragazza che indossava una divisa da militare, il cui cappello nascondeva alcuni ciuffi dei suoi capelli biondo fragola raccolti in due trecce lievemente disordinate. La sua presenza emanava un’aura di vivacità contagiosa e tutte le preoccupazioni di Elsa, scivolarono via.

Nell’attimo in cui i loro occhi si incontrarono però, il suo corpo rimase come paralizzato, quasi fosse un sogno interrotto sul momento più bello.

Poi l’altra ragazza le sorrise e Elsa sentì un nodo formarsi in gola. Portò le mani davanti al volto e sentì pizzicare gli occhi.

Ma quel suo sorriso era l’unica cosa di cui aveva bisogno per sbloccarsi.

Non riusciva a comprendere le emozioni che stava provando in quel momento ma non se ne curò molto e iniziò a muovere il piede. Fece un passo avanti, un passo più vicino a lei. Poi un altro e un altro ancora, uno dietro l’altro. I passi diventarono presto una corsa, uno scatto, sempre più veloce, sempre più vicino.

Ancora una manciata di metri.

Le lacrime erano fuori controllo ma le lasciò cadere perché, per una volta, quelle non erano lacrime di cui vergognarsi, non erano pianti tristi in cui si sentiva inutile e persa senza la sua presenza accanto. Erano lacrime di gioia.

Ancora un po’.

Era fiera di lei e della donna che era e non vedeva l’ora di dimostrarglielo. Tutto stava andando a rallentatore. La borsa e i bagagli dimenticati. Erano solo loro due, uniche presenze in un mare pieno di persone.

Solo un po’ di più.

Erano ad un passo dal ricongiungersi, dopo mesi di dolore, dove si è forti l’uno per l’altro, nascondendo il più possibile le lacrime. Quante notti aveva passato a pensare, a sognare, a vivere quel momento? Troppe anche solo da contare. Ma in quel momento tutto era improvvisamente reale e lo capì dal sorriso di Anna che si allargava sempre di più, dai suoi occhi lucidi carichi di emozione, dalle sue braccia spalancate, pronte ad accoglierla.

Finalmente qui.

La raggiunse, aggrappandosi al suo collo. La strinse a sé così forte da far perdere per un momento l’equilibrio all’altra ragazza che la prese in braccio, sorreggendola. E quel abbraccio era ancora migliore di tutti gli altri ricevuti in sogno, era il più bello che avesse mai ricevuto. Si sciolse tra le sue braccia, tenendosi saldamente alla sua giacca, lasciando che le lacrime lasciassero il loro segno nel tessuto.

Non si accorse di aver urlato il suo nome e di non avere mai smesso di pronunciarlo tra un singhiozzo e l’altro finchè Anna non le piantò un dolce bacio sulla fronte che la fece calmare, per quanto fosse possibile.

“Anna…” sussurrò un’ultima volta, con voce strozzata, asciugandosi le ultime lacrime e sorridendole.
“Sono qui, Fiocco di Neve.”

Le rispose con quella sua voce dolce e armoniosa, piena di amore, appoggiando la fronte contro la sua e sfiorandole appena il naso.

“Sono a casa.”

Elsa annuì leggermente, facendo scuotere entrambi i volti in cui calde lacrime ancora ne rigavano la superficie e rifiutandosi ancora di lasciar andare l’altra ragazza.

Ma ora che si era accertata che tutto questo non era un sogno e che Anna era lì davvero, ad Elsa non rimase che rispondere con quelle parole che da tempo aveva sperato di poterle ridire, riempite con tutta la gioia che in quel momento potesse esprimere.

E con un dolce sussurro, le mormorò il suo

“ Bentornata a casa.”


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N/A: Grazie mille per avere letto questa One-Shot! Ci tengo a dire che l'immagine non mi appartiene. L'ho trovata su Tumblr e se qualcuno conosce l'autore, me lo faccia sapere così posso mettere i crediti. :)
Ringrazio mille l'aiuto che miha dato Calime anche se penso ora abbia i capelli bianchi dal nervoso. Poverina.
E' la mia prima One Shot xD Sentitevi liberi di lasciare o meno la vostra opinione.
A presto e grazie a tutti!

  
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