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Autore: AidenGKHolmes    22/11/2014    4 recensioni
E tutto per un banalissimo litigio... erano sorelle, dopotutto. E' normale litigare, ogni tanto... nessun rapporto è perfetto.
Ma quella sera la loro relazione di sorelle sembrava giunto ad un punto di rottura.
La discussione tra le due si era rivelata da subito più intensa e violenta delle altre. Erano state dette parole che, col senno di poi, entrambe non avrebbero mai pensato di dire. E alla fine era successo quel che Elsa sperava non accadesse mai.
One Shot da 1603 parole
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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TORNA DA ME



 
"Iniziare un litigio è come aprire una diga, prima che la lite si esasperi, troncala"
Libro dei Proverbi, Antico Testamento, V secolo a.e.c.



Dolore.

Questo era tutto ciò che Elsa riusciva a percepire su ogni centimetro quadrato del suo corpo immobile e disteso sull'asfalto congelato, mentre sopra di lei la neve cadeva incessantemente, come se una specie di invincibile maledizione si fosse abbattuta sull'intera città.
Ma non sentiva freddo. La sua pelle rosea sembrava divenuta improvvisamente insensibile al gelo, al calore e a qualsiasi altra cosa. L'unica sensazione che riusciva ad avvertire erano le intense fitte che, come lingue di fuoco incandescenti, lambivano ripetutamente la carne e i muscoli della sua gamba destra, ma il suo collo era come paralizzato: non vi era modo, per la ragazza, di controllare cosa stesse originando tale dolore insopportabile.

Non riusciva nemmeno a percepire il sangue che aveva preso a scorrerle copioso sul viso ormai visibilmente sbiancato.

La sua mente non riusciva ad elaborare alcun pensiero sensato, come se il suo cervello si fosse improvvisamente spento, lasciando il posto ad una strana apatia che non poteva combattere in alcun modo. Ogni tentativo di inviare il più banale dei comandi ai suoi arti si spegneva tristemente, come una piccola fiamma estinta sul nascere. La sua gola era divenuta asciutta come l'aria ghiacciata che si faceva largo in essa, ogni singolo respiro gli sembrava uno sforzo sovrumano, mentre le sue costole sembravano sul punto di spezzarsi di netto ogni qualvolta Elsa immettesse un po' di aria nei polmoni.

Ai suoi occhi sembrava tutto uno strano sogno... Niente colori per quel cielo grigio che i suoi occhi azzurri e spalancati fissavano in continuazione. Tutto appariva in diverse tonalità di grigio; gli edifici attorno a lei, i lampioni, gli alberi spogli... tutto sembrava ricoperto da una spessa coltre cinerea.
I rumori erano spariti, sostituiti da un silenzio sinistro ed inquietante, come se la neve e il ghiaccio le avessero congelato irreparabilmente i timpani, annullando totalmente l'intensità di qualunque tipo di suono. Non si rendeva conto di quello che era appena accaduto, nè tantomeno ricordava tutti gli eventi che erano accaduti solo alcuni minuti prima.

Nelle sue condizioni nessuno ci sarebbe riuscito.

Non vi era nessuno, in quel desolato panorama privo di vita. C'era solo il suo corpo, abbandonato a terra come una vecchia bambola di pezza, incapace di muoversi.

Sarebbe stata completamente sola, se non fosse stato per un'ombra nera che si avvicinò improvvisamente a lei. Nonostante l'assenza assoluta di dettagli... era come se conoscesse quella specie di macchia grigiastra che, per qualche istante, vegliò su di lei, come un soldato veglia sul corpo del compagno ferito. Aveva qualcosa di diverso e particolare rispetto alla miriade di ombre  che sopraggiunsero subito dopo.

Allora, e solo allora, la mente di Elsa si scollegò definitivamente dal resto del corpo, facendola precipitare in un sonno profondo.
Fu una sensazione benefica: il dolore alla gamba, le ripetute fitte, l'immobilità forzata... tutto venne dimenticato. Non vi erano sogni ad accompagnare quel riposo involontario. Solo l'oscurità era là con lei.


***



Anna continuava a singhiozzare, seduta su una delle sedie in plastica della sala di attesa dell'ospedale, tenendosi il viso tra le mani, come se non volesse più vedere il mondo. Le sue guancie lentigginose erano costantemente rigate da gelide lacrime che avevano preso a scorrerle non appena si era resa conto di quello che era accaduto di fronte ai suoi stessi occhi.

E tutto per un banalissimo litigio... erano sorelle, dopotutto. E' normale litigare, ogni tanto... nessun rapporto è perfetto.
Ma quella sera la loro relazione di sorelle sembrava giunto ad un punto di rottura. La discussione tra le due si era rivelata da subito più intensa e violenta delle altre. Erano state dette parole che, col senno di poi, entrambe non avrebbero mai pensato di dire. E alla fine era successo quel che Elsa sperava non accadesse mai.

L'unica domanda che Anna continuava a porsi era "Perchè?!"

Perchè era stata così stupida?

Perchè doveva sempre pretendere di avere ragione?

Perchè non poteva mai fidarsi di sua sorella, dei suoi consigli, dei suoi avvertimenti?

Perchè si era dimostrata così infantile?

Perchè aveva detto quelle cose alla sua unica, vera migliore amica?

Ma soprattutto: perchè non aveva pensato prima alle possibili conseguenze?

In preda alla rabbia per la decisione definitiva di Anna di uscire con quell'Hans, Elsa aveva iniziato a schernirla per la sua refrattarietà a quel che continuava a ripeterle, e la rossa, ovviamente, non si era trattenuta nell'insultarla, gridandole cose che nessuna sorella vorrebbe mai sentirsi dire.

Non voleva più restare assieme ad un... essere così idiota ed insulso. Elsa voleva solo andarsene lontano da là, dimenticandosi di Anna, di Hans... della sua stessa vita.
Una volta salita in macchina iniziò a percorrere velocemente la via, mentre il suo cuore continuava a martellarle violentemente in petto, gli occhi offuscati dalle lacrime. Troppe emozioni negative, cattiverie,  tensioni... da queste possono nascere distrazioni, le cui conseguenze sono sempre imprevedibili.

Elsa finì nella corsia sbagliata senza nemmeno accorgersene, schiantandosi violentemente contro un'auto ferma allo stop. Ed Anna aveva assistito a tutta la scena, da lontano, mentre cercava di inseguire la sorella in fuga. La sua corsa si interruppe di botto,  rimanendo come paralizzata nell'udire le lamiere che si schiantavano violentemente l'una contro l'altra, mentre i cristalli andavano in pezzi producendo un tintinnio che, alle orecchie di Anna, sembrò tra i più assordanti mai uditi.

Non aveva potuto fare nient'altro che gridare il suo nome, in preda al terrore, e raggiungere il più velocemente possibile il luogo dello schianto. Ma tutto ciò che si ritrovò davanti fu una distesa di vetri rotti e, infine, il corpo della sorella, immobile in mezzo alla neve tinta del sangue che le usciva dal sopracciglio destro. Un grido lacerò l'aria, mentre i polmoni di Anna si riempivano dell'odore della gelida aria cittadina.

Cosa fosse accaduto dopo, Anna non se lo ricordava: i suoi ricordi si interrompevano proprio in quel punto, per poi riprendere nella sala di attesa dell'ospedale, dove si trovava in quel momento, immersa negli odori di stanze sterilizzate, guanti di lattice e caffè delle macchinette.
Accanto a lei non vi era nessuno, la stanza era stranamente vuota, forse a causa dell'ora.

Quanto tempo era passato? Minuti? Ore? Giorni? Anna non lo sapeva, nè le sarebbe importato minimamente. Fino alla fine dei suoi giorni, lei sarebbe rimasta in quella stanza, in attesa delle notizie che il primario, all'arrivo al pronto soccorso, le aveva promesso subito dopo l'aver constatato la necessità di un'operazione chirurgica per risistemare la gamba, fratturata in più punti.

Anna non rammentava il resto della diagnosi... erano solo parole prive di significato, che non avrebbero riportato indietro sua sorella.
Improvvisamente l'attenzione della ragazza venne attratta da un rumore secco. Le doppie porte che conducevano alla sala operatoria si aprirono violentemente, facendone uscire lo stesso medico che le aveva accolte.

Tutto ciò che le disse le apparve confuso, come se stesse parlando una lingua straniera, ma tre, terrificanti parole attirarono la sua attenzione, come un radar che capta improvvisamente l'avvicinamento di un velivolo.

"E' in coma"

Quel che Anna balbettò in seguito non fu chiaro nemmeno a lei, il suo cervello lavorava in maniera indipendente, come se stesse cercando di proteggere  la poca lucidità che le rimaneva con ogni mezzo.
Venne accompagnata in una stanza le cui tende di carta erano parzialmente socchiuse e dalle quali penetravano flebilmente i raggi di un sole che, fino ad alcuni istanti (Od ore?) prima, erano rimasti celati dal tenebroso cappotto grigio del cielo.

I colori chiari dell'arredamento e delle pareti, uniti all'odore di pulito, catapultarono Anna in una dimensione senza tempo, senza persone, senza via di uscita. C'erano solo lei... e sua sorella.

Elsa giaceva sul letto, immobile, gli occhi chiusi, la bocca semiaperta lasciava intravedere i suoi denti bianco avorio, come se le sue ultime parole fossero state improvvisamente interrotte. Il suo sopracciglio destro era stato ricucito in più punti, oltre alla presenza di svariate escoriazioni su una guancia.
I capelli platinati erano lasciati liberi in modo disordinato lungo le spalle, dal suo braccio destro fuoriuscivano alcuni cavi collegati alla flebo e all'elettrocardiogramma, che ogni pochi secondi emetteva l'unico segnale che dava alla rossa la certezza che Elsa era ancora nel mondo dei vivi.
La sua sorellona, quella che la chiamava affettuosamente "Furia scatenata", che l'aveva sempre protetta da tutto e da tutti, con la quale aveva passato intere giornate a giocare con la neve, ridendo fino alle lacrime... dormiva.

Un sonno involontario, sereno e privo di dolore... ma evitabile. Se solo avesse avuto la forza di darle ascolto.

Col suo viso a pochi centimetri da quello di Elsa, Anna lasciò libere le lacrime che, per pochi minuti aveva represso facendo appello ad ogni sua forza, mentre le sue mani le accarezzavano delicatamente i capelli, nell'infantile idea che, con tale gesto, si sarebbe potuta svegliare. Non poteva fare altro che osservarla mentre combatteva tra la vita e la morte, tra la luce ed il buio, tra lei e l'aldilà.

Solo tre parole erano chiaramente distinguibili tra i singulti:

"Torna da me"
 

***



Note dell'autore: boh, che altro dire. Boh.

Non so da dove sia cicciata fuori sta storia, forse è che ultimamente sono molto malinconico e triste, ragion per cui ho pensato "Massì, tiriamoci su scrivendo qualcosa di allegro".
Ed invece ho scritto 'sta cosa. Che forse non è neanche tanto triste. Magari apparirà banale, senza senso o senza uno scopo, ma qualcosa mi ha spinto a pubblicarla comunque.

Se i miei timori sopracitati sono risultati veri a chi legge, fatemelo sapere, magari senza lapidazione successiva XD

A presto :)

Kesserling
   
 
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