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Autore: B e l l e    24/11/2014    6 recensioni
Facendo l'inventario del banco dei pegni di suo marito, Belle trova uno strano oggetto nascosto, che rimanda la sua mente indietro nel tempo, a quando lo aveva visto per la prima volta al Castello Oscuro.
"All'improvviso – arrossendo – si ricordò dove e quando aveva già visto quella roba e, finalmente, seppe cosa aveva tra le mani."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Feileadh

 

Ultimamente, a Storybrooke, la parola tranquillità era sparita dal vocabolario comune. Se si pensa che, per ventotto lunghi anni non era successo assolutamente niente, tutto ciò suona alquanto ridicolo.
Prima dell'arrivo di Emma, ogni giorno vissuto in quell'insulsa cittadina del Maine era identico a quello precedente e a quello successivo; addirittura le lancette dell'orologio non si muovevano di un millimetro. Era tutto fermo e piatto.
Da quando la maledizione era stata spezzata, però, ne erano successe di tutti i colori. Nonostante ciò, momenti di tranquillità – seppur pochi – trovavano il loro spazio tra una catastrofe e l'altra.
In quei giorni, invece, non c'era stato un attimo di tregua. Dopo il matrimonio, Belle e Rumplestiltskin erano riusciti a ritagliarsi solo pochi attimi per la loro intimità; spesso, la sera si addormentavano prima di riuscire ad andare oltre qualche bacio, stravolti dalla stanchezza. Belle, in realtà, non aveva granché da fare tutto il giorno, ma Gold non stava un attimo fermo: la sua giovane moglie non aveva idea di quello che combinasse nell'intera giornata, ma si fidava di lui e non faceva mai troppe domande. L'unica cosa che sapeva per certo era che Rumplestiltskin tornava a casa stanco e, pur dedicandole le consuete attenzioni, si limitava a stringerla contro il proprio petto, prima di dormire. Era tanto che non facevano l'amore e Belle iniziava a sentirne il bisogno e la mancanza.
Anche quel pomeriggio, che sembrava meno caotico del solito, Rumplestiltskin era fuori dal negozio, chissà dove, e Belle stava completando l'inventario. Aveva scovato oggetti di cui non conosceva nemmeno l'esistenza o l'utilità, grandi trofei che aveva lucidato ogni santo giorno passato al Castello Oscuro, roba dall'aspetto vecchio e logoro, pietre minuscole e strane stoffe.
Aveva contato le ultime uniformi di provenienza non identificata e stava per tirare un sospiro di sollievo, per aver finalmente concluso il suo lavoro, quando vide spuntare da dietro l'orlo di una giacca verde e blu un piccolo cassetto, interno all'armadio. Incuriosita si accucciò, scostò le uniformi da un lato e dall'altro e scrutò la serratura. Se conosceva un minimo suo marito, il cassetto era nascosto per un motivo e, sicuramente, era chiuso a chiave. Avrebbe dovuto lasciar perdere: se il contenuto del cassetto era privato, non sarebbe dovuto essere inserito nell'inventario. Ma lei era troppo curiosa di natura e, adesso, voleva scoprire cosa si celava dentro l'incavatura.
Rumplestiltskin era certamente più furbo e, probabilmente, aveva usato la magia per chiudere quel cassetto, ma Belle, testarda, provò lo stesso a infilare una forcina nella serratura, sfruttando la possibilità che fosse vecchia e arrugginita. Aveva usato quel metodo tante volte, da bambina, per rubare biscotti e caramelle al palazzo dov'era cresciuta, per questo sapeva come fare.
Con sua enorme sorpresa, la serratura scattò e la ragazza riuscì ad aprire il cassetto. Si chiese come mai Rumplestiltskin fosse stato così incauto, ma fu sopraffatta dalla curiosità e frugò dentro il tiretto. Il suo contenuto si riduceva ad una gonnella di lana, rossa a quadri contornati di verde, giallo e blu, e ad una borsetta di cuoio nera. Perché suo marito avrebbe dovuto nascondere una gonna e una borsetta in un cassetto chiuso a chiave, a sua volta nascosto dentro un vecchio armadio del negozio? Decise di uscire di lì sotto e guardare meglio quei due oggetti alla luce, così si alzò e li poggiò sul bancone. All'improvviso – arrossendo – si ricordò dove e quando aveva già visto quella roba e, finalmente, seppe cosa aveva tra le mani.

 

**********


Belle, come ogni mattina da mesi, si era alzata di buon ora, si era vestita ed era corsa in cucina a preparare la colazione per il suo padrone. Aveva imparato esattamente cosa preferiva mangiare e, soprattutto, a che ora doveva essere tutto pronto – sempre un po' troppo presto, per i suoi standard, ma si era abituata. Mentre sistemava le pietanze con cura sul vassoio, lo immaginava seduto al soluto posto, al grande tavolo nella sala dell'arcolaio, in attesa della propria domestica. Le sfuggì un sorriso innocente, che ricacciò indietro immediatamente, prendendosela con se stessa e arrossendo leggermente. Non voleva ammetterlo, ma la compagnia del Signore Oscuro non le era affatto sgradita, nonostante i mille rimproveri e le battutine ironiche che era costretta a subire ogni giorno. Notava un sadico divertimento negli occhi e nel ghigno del suo padrone, dopo averla ripresa e derisa, che gli dava l'aria di un bambino dispettoso. Lo trovava decisamente buffo. Oh, questo non glielo avrebbe mai detto in faccia, avrebbe rischiato di farsi molto male con un'affermazione simile.
Si risvegliò presto da quei pensieri e si diresse con il vassoio tra le mani verso la sala dell'arcolaio, pronta a dare il buongiorno a Rumplestiltskin.
Quando entrò, con il suo miglior sorriso stampato sulle labbra, rimase sorpresa sulla soglia: il suo padrone non c'era. Guardò verso l'arcolaio, pensando che si fosse già messo a lavoro, ma non era nemmeno lì. Probabilmente stava ancora dormendo, così Belle decise di sedersi sul tavolo e di aspettarlo paziente. Il tempo passava e il suo stomaco brontolava: non aveva ancora mangiato niente, per la fretta di presentarsi al cospetto di Rumplestiltskin. Guardò incerta verso la porta, temendo che il Signore Oscuro arrivasse all'improvviso, poi rubò un pezzo di torta dal vassoio e lo mangiò con foga. Non erano certo maniere che si addicevano ad una principessa, ma il terrore di essere scoperta a rubare la colazione la indusse a mangiare velocemente.

Era passata quasi un'ora e di Rumplestiltskin non si vedeva nemmeno l'ombra. I casi erano due: o il suo padrone era uscito prima che lei si svegliasse e non si era nemmeno degnato di avvisarla, oppure, forse non si sentiva bene. Sentì una fitta di preoccupazione che la fece scendere dal tavolo, quando la sua mente formulò la seconda ipotesi. Sarebbe andata a controllare. D'altronde, non stava violando la sua privacy, si stava solo assicurando che andasse tutto bene. Si ripeteva queste parole, mentre saliva le scale diretta alla stanza di Rumplestiltskin, cercando di cacciare via le paranoie. Magari, se era in camera, l'avrebbe sgridata per non essersi fatta gli affari suoi, ma in cuor suo sapeva che la causa era nobile e avrebbe sopportato i rimproveri.
Arrivata davanti alla stanza del Signore Oscuro, si fermò, notando che la grande porta era socchiusa. Appoggiò lentamente una mano sul pomello e la spinse altrettanto piano, per poter sbirciare dentro. La dannata porta cigolò nei cardini e il Signore Oscuro si voltò di scatto.
Belle spalancò gli occhi, non tanto per la sorpresa e il sussulto che il movimento fulmineo del suo padrone le avevano provocato, ma per il modo in cui era vestito. Lei era abituata a vederlo con i soliti pantaloni di pelle, la camicia dalle ampie maniche di seta, gli stivali a punta, non... così conciato.
"Cosa pensavi di fare, eh dearie?" l'apostrofò lui con rabbia.
"Rumplestiltskin, non siete sceso a colazione. Sono solo venuta a controllare che vada tutto bene" rispose lei, con calma, scrutando ancora lo strano abbigliamento del folletto.
"Va tutto bene, puoi tornare di sotto" concluse lui, voltandosi di nuovo verso il grande specchio sulla parete. "Dopo faremo i conti."
Belle non si mosse, nemmeno a quella minaccia. Rumplestiltskin sembrava vestito da donna e le ci volle tutto il proprio autocontrollo per non scoppiare a ridere nel vedere le pieghe della gonnella svolazzare.
Il Signore Oscuro indossava una gonna rossa a quadri di vari colori, con un drappeggio poggiato sulla spalla, sopra la camicia bianca, e fissato con un fermaglio; legata in vita, sotto la cintura, portava una borsetta di cuoio nera, con dei buffi pendagli bianchi davanti; la gonna gli arrivava poco sopra il ginocchio e, tranne che per due o tre centimetri di pelle nuda, aveva le gambe coperte da lunghi calzettoni bianchi che terminavano dentro un paio di scarpe basse nere. Era decisamente ridicolo.
"Allora, dearie? Non mi hai sentito? Ti ho detto di sparire." esclamò Rumplestiltskin, senza neanche voltarsi.
"Scusate, ma perché vi siete vestito da donna?" Belle non riuscì a frenare la lingua. Lottare contro la risata che le stava salendo su per la gola e la curiosità che le stava uscendo da ogni poro era troppo: una le sarebbe sfuggita e, infatti, così era stato.
Rumplestiltskin alzò un sopracciglio e un ghigno comparse sul suo viso verdognolo.
"Da donna, dearie?" ridacchiò.
"Oh, non intendevo... insomma... la gonna..." la ragazza non sapeva cosa dire, davanti a quegli occhi che la scrutavano con ironia.
"Questa, dearie" prese gli orli e li sollevò di qualche centimetro, scoprendo leggermente le proprie cosce "non è una gonnella".
Belle arrossì, vedendo la pelle nuda del folletto, ma subito lui lasciò andare la stoffa che coprì di nuovo le sue gambe. "Si chiama Feileadh ed è un indumento maschile."
"Oh... Feil-che?" rispose la ragazza perplessa. Non aveva mai visto un uomo indossare una gonna prima d'ora.
"Che ignoranza, dearie. Menomale passi le giornate sui libri, altrimenti non sapresti neanche il nome del paese in cui sei nata" la derise.
Rumplestiltskin sapeva benissimo che c'era un altro nome per definire l'indumento che indossava, molto più semplice da pronunciare e sicuramente più conosciuto, ma non si degnò di dirlo alla sua domestica.
"Adesso, se non ti dispiace, dovrei andare. Nel luogo lontano in cui sono diretto, gli uomini vestono in questo modo e le donne non fanno stupide domande come te, dearie!" ghignò il Signore Oscuro, spingendola fuori dalla propria stanza e sigillando la porta con la magia.
"Mangiate almeno qualcosa, è tutto pronto di sotto" provò a trattenerlo lei, che moriva dalla voglia di saperne di più su quello strano popolo, in cui gli uomini si vestivano da donna.
"Non ho tempo, dearie. Fai colazione da sola e mettiti a lavoro. Al mio ritorno, voglio vedere le vetrate splendere" detto questo, il folletto sparì.
Belle sbuffò contrariata e pensò subito di correre in biblioteca a cercare informazioni sul Feil... non ricordava la parola, accidenti! Come avrebbe fatto a trovarlo? Era una lingua strana, come poteva il suo padrone pretendere che la conoscesse? Comunque, non sarebbe potuta andare in biblioteca. Aveva sentito Rumplestiltskin, le vetrate dovevano brillare e, in più, aveva da svolgere le sue solite mansioni. Il Castello Oscuro era enorme e, se non si fosse messa subito a lavoro, non avrebbe terminato prima di cena.
 

Belle scese dalla scala ed esaminò la finestra della sala dell'arcolaio da una certa distanza. Non era venuta poi così male, magari non era lucentissima, ma era accettabile. Il cielo stellato e la luna alta, sommati alla stanchezza e alla fame, le fecero intuire che l'ora di cena era passata da un pezzo. Rumplestiltskin non era ancora tornato dal suo viaggio in quelle terre lontane, in cui gli abitanti erano abbigliati in maniera così strana... Belle ricordò che non era ancora stata in biblioteca a cercare informazioni a proposito della gonna del suo padrone e la rinata curiosità sovrastò il brontolio del suo stomaco. Voleva in tutti i modi saperne di più.
Frugò in lungo e in largo tra gli scaffali della biblioteca in cerca di un libro che parlasse di abbigliamenti strani, gonne da uomini o qualcosa del genere, ma non trovò niente. Doveva ricordarsi la parola usata da Rumplestiltskin, ma proprio non ci riusciva.
D'un tratto, passando accanto ad uno scaffale colmo di libri scritti in lingue straniere, il suo sguardo fu catturato da un volume verde scuro con la scritta dorata Gàidhlig. Non era sicura del motivo, ma quella parola, scritta in quel modo strano e dalla pronuncia incerta, le ricordava la parola usata dal suo padrone per definire la gonna. Tanto valeva provare. Tirò fuori il libro dallo scaffale e, con suo sommo sollievo, scoprì che era scritto nella sua lingua e raccontava della cultura e delle tradizioni dei Gaelici, un popolo celtico stanziato molto lontano da lì. Stava per iniziare a leggere, quando il suo stomaco brontolò più forte del previsto. Aveva una gran fame, visto che, nella foga di portare a termine le sue mansioni, aveva saltato sia il pranzo che la cena. Sbuffando per l'ennesima volta, con il libro sotto il braccio, uscì dalla biblioteca e si diresse in cucina. Preparò uno spuntino, giusto per fermare lo stomaco, e, dopo averlo trangugiato, si fece una tazza di tè; andò, finalmente libera e sazia, a sedersi sulla poltrona davanti al camino e sorseggiando la bevanda calda, sfogliò il volume, alla ricerca di quella parola tanto agognata. Il libro parlava di un popolo e di una lingua antica, ma sull'abbigliamento, ancora non aveva trovato niente.
Il calore del tè e del fuoco nel camino la stavano lentamente conducendo verso un inevitabile abbiocco, quando, con le palpebre semichiuse e il libro in bilico tra le mani, scorse la parola Feileadh; sotto il titolo, vi era un'immagine che riproduceva fedelmente la gonna indossata dal suo padrone quella mattina. I suoi occhi si illuminarono, lasciandosi indietro tutto il sonno. Iniziò a leggere quel paragrafo, molto istruttivo.


Il feileadh mor o feileadh breacan – il kilt grande – era l'abbigliamento tipico dell’uomo delle Highlands. Nella tradizione, era un tessuto grezzo con trama “scozzese” o tartan non cucito, originariamente della lunghezza di circa cinque metri, che veniva raccolto in vita e fermato con una cintura e che serviva a coprire anche la parte superiore del corpo. Dalla vita in giù il feileadh mor aveva l’aspetto di una gonna femminile, mentre il tessuto rimanente veniva portato sulla spalla, dove il drappeggio veniva fissato con un fermaglio, che solitamente rappresentava lo stemma della propria casata. La parte superiore dell’indumento poteva essere combinata in modi diversi, a seconda del tempo che faceva, della temperatura e della libertà di movimento che si voleva ottenere.
Nel corso degli anni, cambiando le esigenze e le attività, il kilt venne ad adattarsi, perdendo il suo lato superiore (il drappeggio) e mantenendo la parte di gonna con cintura. Il nome variò da feileadh mor a feileadh beg – il kilt piccolo – per le sue dimensioni ridotte.
Il precedente tessuto grezzo diventò così un vero e proprio capo di vestiario essendo ora cucito per facilitarne l’indossabilità e i movimenti di chi lo portava. La parte superiore del kilt (plaid o sash) venne eventualmente riabilitata, tuttavia come capo aggiuntivo e non cucito al kilt stesso, ma come decorazione per eventi importanti e cerimonie ufficiali.

 

Belle lesse avidamente la storia e la descrizione del kilt – perché Rumplestiltskin non aveva usato questa parola decisamente più semplice? – e guardò interessata le figure che mostravano la strana gonna in vari modelli, con fantasie e colori diversi. Quando stava per chiudere il libro, sazia di conoscenza, lesse un ultimo dettaglio sull'uso del kilt: Questo indumento, nel folklore comune, era ed è portato rigorosamente senza indumenti intimi.
In quel momento, il grande portone del Castello Oscuro si spalancò ed entrò Rumplestiltskin, ancora perfettamente abbigliato come quella mattina. Belle, appena letta l'ultima incredibile curiosità sull'indumento, alzò lo sguardo sul suo padrone e non poté evitare di avvampare. Il folletto non portava biancheria intima sotto la gonna. Si sentì le guance andare a fuoco e non riuscì a staccare gli occhi dalla parte bassa del suo corpo.
"Cos'hai da guardare, dearie? Non abbiamo già chiarito il motivo del mio abbigliamento, che per altro è stato molto apprezzato...?" ghignò Rumplestiltskin.
Belle non rispose. La sua mente stava deliberatamente fantasticando sul corpo del suo padrone. La stoffa rossa del kilt fasciava delicatamente i suoi fianchi e sfiorava le sue parti intime lasciate in libertà. La ragazza sentiva il cuore batterle più forte del dovuto ed ebbe l'istinto di spengere il fuoco del camino, visto che la temperatura della stampa sembrava essere diventata bollente.
"Ti trovo provata, dearie. Ti sei forse rammollita? È ora di andare a letto."
Il folletto le si avvicinò e le tolse il libro dalle mani, indicandole gentilmente l'uscita, con un ghigno poco rassicurante sul volto. Belle lo lasciò fare, rapita.
"Ma che ti prende? A letto, forza! Sparisci, dearie."
Belle si riscosse e, se possibile, arrossì ancora di più, trovandosi il Signore Oscuro – senza indumenti intimi – a pochi centimetri di distanza.
Si alzò e, dopo aver farfugliato un 'buonanotte' roco, se ne andò in camera propria, come le era stato ordinato. Il suo sonno non fu esattamente quello che si usa dire 'un sonno tranquillo'.
Il folletto guardò curioso il libro che la ragazza aveva tra le mani poco prima e, quando lesse l'ultima riga della pagina a cui era arrivata Belle, rimase un attimo a fissare quelle parole. Un leggero rossore colorò le sue guance verdognole. Ecco perché la sua domestica era arrossita così tanto: imbarazzo o...?
Non volle indugiare oltre su quei pensieri, altrimenti avrebbe rimpianto di non essersi messo un paio di slip.

 

**********


L'oscurità era calata su Storybrooke già da un pezzo e gli abitanti della cittadina si stavano ritirando chi a casa propria, chi al ristorante, chi dagli amici. Un'altra giornata faticosa era giunta al termine e tutti, da Regina a Emma, da Hook a Charming e Snow, speravano di poter rimandare i problemi al giorno dopo.
Il signor Gold stava tornando a casa, quando il suo cellulare squillò. Parcheggiando la macchina, lo prese e rispose.
"Rumple, sono ancora in biblioteca, ordino qualcosa da mangiare da Granny's e porto tutto a casa. Aspettami in camera da letto, va bene?" prima che lui potesse obbiettare, Belle aveva già riattaccato.
Sospirando, aprì la porta e la richiuse alle proprie spalle. Generalmente, sua moglie lo aspettava a casa e lo accoglieva calorosamente, ma quella sera non era ancora tornata.
Salì le scale diretto in camera, come gli aveva chiesto lei, e quando entrò, si bloccò sulla porta. Piccola ficcanaso – pensò, vedendo il suo kilt rosso sul letto, completo di borsa. Il suo sorriso appena accennato si allargò, quando scorse un bigliettino vicino al gonnellino – modernizzato, privo del drappeggio superiore. La delicata calligrafia di Belle recitava: stanotte mangiamo in camera, preparati mentre mi aspetti.
Si tolse i vestiti e indugiò un attimo sulle mutande, ricordando la reazione della sua, a quel tempo, domestica, quando aveva scoperto il modo in cui veniva indossato il kilt. Ridacchiò, coprendosi solo con l'indumento scozzese e si sedette sul letto in attesa. Quella furbetta di sua moglie ne sapeva una più del diavolo... o di lui stesso.


 

Note dell'autrice.
Ciao a tutti^^
È da un po' di tempo che mi ronza in testa l'idea di far indossare a Rumple un kilt (visto che l'attore che lo interpreta è scozzese e, lasciatemelo dire, in kilt sta da Dio). Non sapevo, però, dove ambientarla, come buttarla giù e devo assolutamente ringraziare Stria93 che, con le sue storie, mi ha ispirata tantissimo e mi ha decisamente aiutato a scrivere questa storia.
Non ne sono del tutto convinta, sarebbe potuta venire molto meglio, ma avevo troppa voglia di scriverla e pubblicarla, quindi eccola qua.
Spero di ricevere qualche parere.
A presto!
B e l l e
Ps: ho dei seri problemi con l'impaginazione, se si vede male chiedo scusa.
Pps: immagine creata da Nami Depp.

   
 
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