27/11/2014
2 recensioniSo paint it red and take it back.
Prologo.
Fuori dal palazzo l’aria era satura di fumo e quasi irrespirabile. Namiyo arricciò le labbra in una smorfia, reprimendo un colpo di tosse, e portò un lembo della propria veste a coprire la bocca e il naso.
Osservò Kenji scendere dal tetto di quella che doveva essere stata una qualche costruzione annessa al palazzo feudale.
Probabilmente era quasi l'alba.
«Guarda che cos'ho trovato!» ghignò Kenji.
Il corpo di un ragazzino giaceva senza vita sulla terra bruciata.
Namiyo fece un mezzo sorriso. «Oh, ed era già così, Ken?»
Al corpo mancavano un braccio e buona parte delle dita della mano restante, le gambe erano piegate in un angolo innaturale e da un ginocchio si intravedeva spuntare l'osso. Namiyo non poteva vedere molto altro a causa del fumo, ma era quasi sicura che il cadavere fosse stato ulteriormente sfigurato.
«Ci ho giocato un po'. Sai cos'è?» il ghigno di Kenji si fece più accentuato.
Namiyo allontanò la veste dal viso per starnutire. Il fumo cominciava a darle fastidio. «Me lo spiegherai dopo. Non voglio che il fuoco ci raggiunga, sarebbe una seccatura.»
Le fiamme che erano state appiccate al palazzo del signore locale si stavano propagando anche ai giardini e alle ville circostanti, tramutando il quartiere ricco in un meraviglioso falò. Namiyo si fece i complimenti per la riuscita della propria opera distruttiva.
Kenji fischiò. «Ti sei divertita parecchio, eh?»
«Abbastanza.»
Anche il quartiere povero della cittadina era stato incendiato e sulle vie ricoperte di cenere si distinguevano ancora abbastanza chiaramente i segni della precipitosa fuga degli abitanti ed i resti di chi, invece, non era riuscito a scampare alle fiamme.
Tra le capanne ormai ridotte in cenere qua e là ancora resisteva qualche piccolo rogo e, passando fra due abitazioni ormai ridotte poco più che macerie, Namiyo intravide i corpi di due umani che non erano riusciti a sfuggire all'incendio. Erano poco distanti l'uno dall'altro, uno intrappolato sotto un residuo di legno, proteso verso quella che forse prima era stata l'uscita. L'altro era rannicchiato sotto un cumulo di macerie, il cranio l'unica parte del corpo rimasta intatta. Entrambi erano irriconoscibili.
Namiyo ridacchiò. Il fumo non era più un problema.
«Allora, Nacchan, sai dirmi cos'è questo?» Kenji diede una pacca alla schiena del cadavere che aveva caricato in spalla.
Namiyo osservò meglio il corpo. Quello che restava dell'abito che aveva indossato non erano altro che pochi pezzi di tessuto scuro e bruciacchiato, i capelli neri erano arruffati nella parodia di una crocchia e il viso una maschera di sangue, due cavità vuote al posto degli occhi.
«È un umano morto.» rispose, laconica. L'attaccamento morboso di Kenji nei confronti delle proprie prede l'aveva da sempre lasciata indifferente – o infastidita, ma non era questo il caso.
«È uno sterminatore di demoni morto.» Kenji la corresse con aria tronfia. Gli brillavano gli occhi.
«Gli sterminatori di demoni non esistono più, il loro villaggio è andato distrutto anni fa, me l'ha detto Yukari quando sono tornata.»
Kenji schioccò la lingua contro il palato, con soddisfazione «Non tutti!» esclamò e diede un'altra pacca al cadavere, facendo sì che perdesse anche l'ultimo braccio che gli era rimasto. Namiyo lo osservò raccogliere l'arto con disinvoltura.
«Come fai ad affermare con tanta certezza che quell'umano fosse uno sterminatore?»
«L'ha detto lui. Ha detto che il signore del castello l'aveva assoldato per uccidere il demone che voleva appropriarsi dei suoi territori.»
«Ah.» Namiyo reclinò un po' la testa all'indietro «Mentiva. Gli sterminatori sono morti e quel ragazzino era un bugiardo pronto a tutto pur di fare qualche soldo facile. Ce ne sono tanti in giro di tipi così, ultimamente. E,» lanciò un'ultima occhiata al cadavere sfigurato che ballonzolava in bilico sulla spalla di Kenji «ad ogni modo, è morto. Perché t'interessa tanto?»
«Perché.» Kenji si fermò e gonfiò le guance, come un bambino «Sì. Ci faccio quello che voglio. Non sono affari che ti riguardano.»
«Come ti pare.»
Vaneggiamenti: Uh. Ciao? Non posto una storia da qualcosa come più di un anno e mi fa veramente strano trovarmi di nuovo qui dopo così tanto tempo.
(Con questa storia, tra l'altro). *imbarazz*
Ehh. Questa fic infatti è una sottospecie di 'remake', se così vogliamo chiamarlo, della prima fanfic che io abbia mai pubblicato in assoluto - che è di fatto un obbrobrio con tanto di Mary Sue annessa, ma a cui sono affezionatissima. La storia in questione si trova ancora su EFP e si intitola Tempo di ricordare - pubblicavo con il nick di Tallu_chan. Non l'ho mai finita, e mai lo farò, ma volevo trovare un modo per riutilizzare gli OC che avevo creato allora, ed ecco qui il risultato.
(Tra l'altro, per chi volesse leggere Tempo di ricordare perchè incuriosito - masochista! - o che la ricordasse perchè al tempo la seguiva, un avvertimento: con la pubblicazione del primo capitolo di questa fic, Tempo di ricordare verrà rimossa da EFP.)
Ma parliamo del presente: So paint it red and take it back verrà aggiornata circa una volta al mese - farò il possibile per tenermi regolare, prometto! - e, sì, il titolo è ispirato ad una canzone dei My Chemical Romance, Welcome to the Black Parade XD
Non credo di avere altro in particolare da dire, quindi mi ritiro. X3
Le recensioni, di qualunque tipo, sono sempre ben accette :)
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