Diciannove novembre: alcune cose.
Ho venti inverni – e forse me ne sento di più,
sapete, la notte è fredda e i muscoli gemono,
ma tante altre volte me ne sento fastidiosamente
molti meno; ho un Amica che amo ed un Amico
che amo; ho gli occhi verdi e una pupilla appena
appena più dilatata dell’altra, no nessuna patologia,
solo al risveglio; avevo i capelli castano scuro; ho
avuto i capelli neri, azzurri, striati di viola, rossissimi;
adesso i capelli sono troppo lunghi e troppo ramati;
ho dei polsi strani – a G. non piacciono, ma piacciono
ad A. e a N. inquietano un sacco le sporgenze ai lati;
ho delle lentiggini che, evidentemente, solo poche
persone riescono a vedere; ho le lentiggini quando
arrossisco per l’imbarazzo, per la vergogna, per il
freddo che mi graffia le guance; ho i calzini colorati
ed i piedi rovinati; ho i fianchi larghi e la vita stretta,
e ora si vede il contorno delineato delle clavicole sottili;
ho un anellino al pollice sinistro, una fedina vecchissima;
ho la schiena costellata di nei ed efelidi irritanti e sensibili;
ho una pelle chiara, chiarissima – s’increspa con un nonnulla;
ho una sciarpa calda, profumata e accogliente; ho le noti
suadenti di una canzone tra le sinapsi; ho fogli ovunque
e le dita sempre chiazzare d’inchiostro bluastro.
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