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Autore: Walpurgisnacht    29/11/2014    1 recensioni
Do do do don.
Immaginatevi: una scuola per supergeni, bulloni alle finestre, mitra per impedirti di uscire.
La solita lagna, in questo setting. O no? O sì e vi stiamo prendendo in giro?
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Oowada, Dominatore dell'Universo'
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Makoto Naegi si svegliò su un banco.
Gli doleva la testa e si sentiva stranamente appesantito. Che… che cos’era successo? Perché…
Aveva perso i sensi appena messo piede alla Kibougamine, la scuola per super geni a cui una fortunosa lotteria gli aveva permesso di entrare pur non avendone affatto i titoli. Non era né un giocatore di baseball dal talento sopraffino, né il capo indiscusso della più grande gang motociclistica del Giappone, né l’erede della famiglia più famosa e influente della nazione.
Era solo un semplice ragazzo estratto da un cilindro.
Sì, proprio fortunato. Il suo primo giorno di scuola cominciava in un aula buia, con un mal di testa titanico e… delle finestre sbarrate.
Perché cavolo c’erano delle finestre sbarrate? E delle… telecamere?
“Cos’è successo? Sono svenuto all’ingresso e poi…” disse, rivolto a nessuno. Era solo nella stanza, a parte la fredda lente della telecamera che lo faceva sentire osservato come se ci fosse qualcuno che lo spiava da dietro una colonna.
Si guardò attorno alla ricerca di qualche indizio, qualcosa che gli facesse capire. Non trovandolo. E allora pensò che, perso per perso, tanto valeva uscire.
Vagò senza una meta precisa per i corridoi, con una strana luce violacea ad accompagnarlo in questa sua prima avventura nel nuovo mondo scolastico. Era abbastanza inquietante, dovette ammetterlo, e l’assenza di una qualunque forma di vita non lo faceva di certo sentire meno a disagio.
Poi, in questo peregrinare a casaccio, capitò in quello che gli sembrò l’atrio d’ingresso. Se lo ricordava in maniera confusa mentre entrava, ma dodici secondi di coscienza non sono sufficienti a dartene la certezza.
Lì, finalmente, trovò qualcuno.
“...e con questo siamo sedici.”
Ad accoglierlo all’ingresso della scuola, trovò quindici paia di occhi che lo fissavano più o meno incuriosite.
“Q-quindi anche voi…”
“...ci siamo svegliati in un aula dalle finestre sbarrate? Non ricordiamo nulla di quanto successo tra l’arrivo a scuola e il risveglio? Ebbene sì, non sei l’unico, specialissimo fiocco di neve.”
La risposta arrivò da un ragazzo biondo con gli occhiali, e l’aria snob.
“Siamo tutti sulla stessa barca” commentò un’altra voce, appartenente ad una montagna di muscoli dai lunghi capelli bianchi. Poco dopo aggiunse: “Perdono, non mi sono presentata. Il mio nome è Sakura Oogami.”
È… è una ragazza?! fu il pensiero di Makoto mentre si presentava a sua volta; poco a poco il giro di presentazioni si estese a tutto il gruppo, quando vennero interrotti da una voce gracchiante proveniente dagli altoparlanti alle pareti.
“PIM POM PAM POOOOOOON! Prova prova? Questo è un annuncio! Ma… funziona questa roba?”
Makoto scambiò occhiate perplesse con gli altri studenti, chiedendosi in che diamine di situazione si erano cacciati, quando la voce riprese a parlare: “Riuscite a sentirmi? Oh beh, in ogni caso… Cari studenti, siete pregati di recarvi in palestra per dare inizio alla cerimonia di inizio anno. PIM POM PAM POOOOOOOOM!”
Makoto e gli altri si guardarono nuovamente, forse nella speranza che qualcuno di loro avesse una risposta sensata a tutto questo. Ma evidentemente nessuno la trovò, e si arresero quindi ad andare tutti in palestra.

“Solo chi uccide un’altro studente potrà lasciare la scuola. Mi sembra una regola molto semplice! La più atroce delle azioni porterà alla migliore delle conclusioni, quindi spero che tutti quanti collaborerete! Upupupu!”
Makoto era allibito, così come lo erano tutti gli altri.
Quello che in palestra si era presentato come loro “preside” era in realtà una specie di orso meccanico - che diceva di chiamarsi Monokuma, il quale aveva appena rivelato loro il più assurdo dei piani: erano prigionieri della Kibougamine. Avrebbero vissuto rinchiusi lì per sempre, senza poter uscire… a meno che non avessero ucciso un altro studente.
“Ma che, stiamo scherzando? Brutto orso di merda!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola, o almeno così pensò Naegi, quello che si era identificato come Mondo Oowada. Il Super Teppista. L’uomo con la pettinatura a banana e i capelli arancioni.
Si staccò dal capannello degli studenti e si avvicinò al podio occupato dall’animale, il quale non sembrava intenzionato a spostarsi o a reagire in una qualsivoglia maniera. Lo afferrò e cominciò a scuoterlo, insultandolo in lungo e in largo.
“Bastardo! Cosa cazzo ti metti a dire che dovremmo ucciderci, eh? Ti stacco gli artigli e te li faccio mangiare, fottuto quattrozampe!”.
Non una sola parola da parte di Monokuma durante la tirata.
Poi, ad un tratto, si sentirono queste parole: “Violenza contro il preside. Proibizione. Attuare protocollo 5162”. Seguite da un BEEP BEEP che pian piano cominciava a crescere d’intensità e velocità.
“Mollalo, Oowada! Mollalo!”. Era stata Kyouko Kirigiri a lanciare questo avvertimento, e il biker non ebbe da ridire mentre lo lanciava per aria.
Esplose.
“Porca… porca miseria…”.
Si accese uno schermo a lato del palco, ancora con quell’orso in bella vista: “Ehi ehi ehi, è maleducazione cercare di mettere le mani addosso al preside. Oowada, verrai punito in maniera adeguata. Ora potete andare, ma non prima che vi informi di una cosa: ognuno di voi bastardi troverà in camera la propria scheda identificativa. Vedete di non perderla, ci sono sopra le regole e ha un sacco di funzionalità utili e interessanti. Ora marsch, marmaglia. Disperdete i ranghi”.
Alcuni dei ragazzi rimasero a fissare il monitor nero per qualche secondo, mentre il resto della combriccola già abbandonava la palestra. Fra i ritardatari c’era Makoto Naegi, interdetto dall’imprevisto succedersi degli eventi e dalle conseguenze che essi portavano.
Questo dev’essere un incubo, non vedo altra spiegazione possibile. Una sorta di orsetto meccanico spunta fuori dal nulla e ci comunica che siamo chiusi in questa accademia per il resto della nostra vita. Aggiunge che per uscire di qui dobbiamo... ammazzarci a vicenda. Abbiamo anche un alieno verdastro e sette tonnellate d’oro massiccio, tanto per gradire? Se non avessi percepito la serietà nel suo tono di voce, come d’altronde hanno fatto tutti gli altri, penserei a una gigantesca candid camera. Mai come in questo momento rimpiango il non avere uno stand.
Concluse che restare fermo come uno stoccafisso non gli avrebbe dato nessun vantaggio, pertanto si avviò verso la propria stanza… che non sapeva dove fosse. Oltre al danno la beffa.

Nell’ora successiva, appurarono diverse cose sull’accademia e sulla loro attuale situazione: ad ognuno di loro era stata assegnata una camera, apparentemente insonorizzata, dotata di ogni comfort; ognuno di loro aveva un kit - cacciaviti e simili per i ragazzi, un kit da cucito per le ragazze; avevano a disposizione una caffetteria e una cucina fornita di ogni sorta di cibo, e la stanza delle scorte altrettanto piena; c’era una lavanderia, una sauna ancora chiusa, un’infermeria anch’essa chiusa, la sala audiovideo, lo spaccio (la cui utilità sembrava alquanto dubbia), un inceneritore e una porta rossa misteriosa, il cui scopo rimaneva ancora ignoto. Appresero anche che ogni loro movimento era monitorato dalle telecamere di sorveglianza, presenti persino nelle loro stanze, e che al loro preside peloso piaceva apparire senza preavviso sugli schermi disseminati per la scuola.
A parte questo, la loro situazione era in una fase di stallo totale.
Makoto sospirò, guardandosi attorno: seduti attorno al tavolo più grande della caffetteria, i ragazzi erano intenti a discutere sul da farsi; chi proponeva soluzioni più o meno futili per scappare, chi faceva notare in maniera poco cortese che le finestre erano blindate e impossibili da scardinare, altri ancora piagnucolavano o cercavano inutilmente di moderare la discussione. Più di una volta i suoi occhi si posarono su Kyouko Kirigiri, che per la maggior parte del tempo era rimasta in silenzio. Si chiese quale potesse essere il suo titolo, ma la ragazza aveva sempre glissato sulla domanda ignorandola del tutto.
Mentre la discussione era ancora in corso, Kirigiri si alzò e uscì dalla caffetteria.
“Kirigiri! Kirigiri, dove vai? Non ti ho dato il permesso di uscire dalla stanza!” berciò qualcuno, che Makoto riconobbe come Ishimaru - il Super Prefetto, a cui nessuno però dava mai retta.
Chissà dove sta andando… si chiese Makoto, visto che tutto lo spazio a loro disposizione era già stato ispezionato da cima a fondo. Ebbe la tentazione di alzarsi e seguirla, ma una frase lo fermò: “Adattarci. Mi sembra l’unica cosa saggia da fare.”
Celestia Ludenberg sorrideva, serena, come se avesse appena proposto l’ipotesi più logica dell’universo.
Tutti si guardarono perplessi, finché Fujisaki non diede voce ai probabili pensieri di tutti: “Intendi dire che… dovremmo semplicemente arrenderci e accettare di vivere qui, come reclusi?”
“Lo spirito di adattamento è ciò che fa la differenza tra la vita e la morte” rispose Celes. “Non sono i più forti o i più furbi a sopravvivere, ma quelli capaci di adattarsi ad ogni situazione” concluse, quel sorriso sinistro ancora dipinto sulle labbra.
Makoto provò un leggero brivido, rendendosi conto che avrebbe dovuto prestare parecchia attenzione a quella ragazza… e tuttavia, continuava a sperare che potesse esserci una soluzione semplice a tutto, un modo per uscire illesi da quel posto, che tutto fosse solo uno scherzo di pessimo gusto. La speranza parlava in quei toni, ma la ragione gli urlava di smetterla e che quella era solo la punta dell’iceberg.
“La tua idea è puerile, Ludenberg” sentenziò Togami con il suo ormai classico gesto di sistemarsi gli occhiali con l’indice “e solo amebe come voi possono illudersi di vivere in pace in questo posto. Al contrario io, Byakuya Togami, non ho nessuna remora nel fare quel che va fatto pur di vincere questo gioco e certificare così la mia evidente superiorità su tutti voi”.
Wow. Togami, stai pur sicuro che non voterò per te quando ci sarà il concorso Scegli il tuo Compagno di Classe più Simpatico.
La discussione fra la Super Giocatrice d'Azzardo e il Super Erede proseguì, ma lui perse presto interesse. Era molto più curioso di sapere che fine aveva fatto Kirigiri.
Si dileguò senza far casino dalla caffetteria, mettendosi a cercarla in lungo e in largo per tutto il piano. Fallendo, senza riuscire a capacitarsi del come.
Oh beh, poco male. Mi dà la sensazione di una che se la sa cavare da sola, comunque. E di certo non ho nessun istinto da principe azzurro nei suoi confronti.
Si rassegnò a tornarsene in camera, non volendo sentire gente che si azzuffava verbalmente su diversità filosofiche e stili di vita incompatibili.
Sperò con tutto se stesso, però, che il punto di vista di Celes facesse più presa sugli altri. D’accordo, non era entusiasta davanti alla prospettiva di vivere segregato per il resto dei suoi giorni… ma meglio quello che un omicidio, forse più di uno. Rabbrividì rendendosi conto che, a conti fatti, tutte quelle persone erano per lui degli estranei e non sapeva cosa poteva agitarsi realmente nelle loro teste.
Sdraiandosi sul letto si impose la calma. Nessuno era davvero tanto pazzo da seguire le insensate imposizioni di quel buffo orso meccanico.
Forse.

“PIM POM PAM POOOOOOOOM! È appena stato rinvenuto un cadavere!”.
Dopo giorni di apparente tranquillità, il quinto risveglio tra le mura della Kibougamine cominciò con l’annuncio che nessuno avrebbe mai voluto udire.
Makoto, ancora intontito dal sonno, ci mise qualche secondo prima di realizzare.
Cadavere. Omicidio. Qualcuno l’ha fatto davvero!
Si vestì alla svelta e uscì subito in corridoio, dove gli altri studenti si erano già radunati: alcuni stavano arrivando dalla caffetteria o dalle proprie camere, come Makoto. Quest’ultimo si avvicinò, cercando di capire a chi appartenesse la camera…
“Naegi-kun!”
“A-Asahina-chan?”
La ragazza si fece largo tra gli altri, avvicinandosi a lui. A giudicare dall’espressione sconvolta, doveva aver assistito al ritrovamento del cadavere.
“Asahina-chan” chiese, “chi… chi è?”
“Na...Naegi! È colpa mia!” rispose con voce tremolante.
“N-Non è colpa tua! Ma… p-puoi dirmi chi-”
“Ci eravamo date appuntamento in caffetteria ma… ma… non arrivava e…” non riuscì a concludere, scoppiando a piangere. Sakura Oogami le si avvicinò e la abbracciò nel tentativo di consolarla, per poi rivolgersi a Naegi: “Quello che Asahina-chan voleva dire è che, dopo aver aspettato più di venti minuti, siamo andate a bussare alla sua porta. Dato che non rispondeva ho deciso di buttarla giù, temendo che... “ si fermò un attimo e sospirò, poi riprese: “beh, i miei timori erano fondati… e quando anche Maizono-san ci ha raggiunte è scattato l’avviso di Monokuma.”
Le due poi si allontanarono, e Naegi rimase col dubbio sull’identità del cadavere.
Non mi rimane che farmi largo fino alla porta.
Quando riuscì ad entrare nella stanza, trovò Kirigiri già intenta ad investigare; Togami, nell’angolo opposto, osservava la scena in silenzio.
E appeso alla maniglia della porta del bagno…
Oddio…
Per un attimo rischiò di vomitare lì sul posto.
Era la prima volta che vedeva un cadavere e… di certo non credeva sarebbe stato così, impiccato alla maniglia con un lenzuolo.
“Fujisaki-san…”
“Stupito? E perché mai? Mi sembrava ovvio che uno di voi proletari, prima o poi, si sarebbe fatto prendere da impulsi animaleschi di bassa lega e avrebbe ucciso un suo simile”. Non ebbe nemmeno bisogno di girarsi verso chi aveva pronunciato quella frase. Erano solo in tre e né lui, né Kirigiri sapevano essere così sgradevolmente crudeli.
Non volle rispondergli. Ci pensò lei: “Tu sei il primo che ha sbandierato ai quattro venti l’intenzione di eliminare uno di noi, Togami. Ti consiglierei di scendere dal tuo piedistallo fatto d’aria fritta”.
“Come… come ti permetti, sgualdrina? Vuoi che i corpi in questa stanza raddoppino magicamente?”.
“Allora, la volete finire voi due? Vi rendete conto o no che Fujisaki-san è morta!” sbottò Makoto, guadagnandosi un grugnito da Byakuya e un rispettoso silenzio da Kyouko.
Togami sbuffò, non degnando lo sbotto di Naegi di ulteriore considerazione. Poi si rivolse di nuovo alla ragazza dicendo “Kirigiri, immagino di aver ragione dicendo che non si tratta di un suicidio”.
“Immagini bene. Questa è palesemente una messiscena atta a fuorviarci. Risulta davvero troppo scomodo impiccarsi infilando un lenzuolo nella maniglia di una porta. Quindi abbiamo per le mani una morte violenta, causata da qualcuno. Fra l’altro, ancora prima di esaminare il cadavere, ho cercato una nota d’addio non trovandola, il che non significa necessariamente nulla ma dà forza all’ipotesi”.
Kami, alla fine qualcuno ha ceduto. Qualcuno è ricorso all’omicidio. Qualcuno non ha saputo reggere la pressione e, per volontà o per caso che sia stato, ha posto fine alla vita di Fujisaki. È terribile.
Prese a guardarsi attorno, addocchiando un po’ tutti con un’espressione spaventata. In mezzo a tutte quelle facce, alcune che lo guardavano incuriosite e altre che lo rifuggivano, si nascondeva un assassino. Come un mattone in testa una scomoda verità lo colpì: la sua vita era realmente in pericolo. Fino a quel momento, pur avendo presente la possibilità, la scartava dicendosi che nessuno di loro poteva davvero scendere a tanto.
In quel momento ebbe la dimostrazione, pratica e dolorosa, del contrario.
Improvvisamente lo schermo della camera di Chihiro prese vita e vi apparve l’ormai odiata silhouette di Monokuma: “Bene bastardi, ora si dia inizio alla fase investigativa. Quando ve lo dirò io, e solo quando ve lo dirò io, interromperete la vostra raccolta di capelli e peli e vi porterete di fronte alla porta rossa che per l’occasione sarà stata aperta. Buon divertimento”.
   
 
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