Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |      
Autore: Luce Lawliet    02/12/2014    2 recensioni
" Cosa ti fa pensare che vi aiuterò? "
" Quegli stivali hanno visto giorni migliori, come quel cappotto. Sospetto che tu abbia delle bocche da sfamare... quanti bambini? "
" Un maschio e due femmine. "
" E tua moglie, immagino che sia una bellezza! "
" Sì... lo era. "
_________________________________________
Tutto ha inizio dieci anni prima del dì di Durin, il giorno in cui una compagnia di tredici nani e uno Hobbit sarebbero entrati nel cuore della Montagna Solitaria, risvegliando Smaug. Ma non è la prima volta che qualcuno osa mettere piede in quel regno sotterraneo, per impossessarsi dell'oro del drago.
Quando una spaventosa epidemia, il Morbo, inizia a far strage di tutti i bambini di Pontelagolungo, compreso suo figlio Finn, Miulë riusce a trovare un modo per entrare nella Montagna, ma ben presto l'atto da lei commesso per amore del suo bambino le si ritorcerà contro, non appena la donna si renderà conto che le dicerie sono vere; sia la leggenda delle argentee fonti, che quella del loro crudele guardiano.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bard, Bilbo, Nuovo personaggio, Smaug, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Miulie Smaug




                                                                     Q U E L   C A N T O,

                      S O T T O   L A   M O N T A G N A












<< Cosa ti fa pensare che vi aiuterò? >>
<< Quegli stivali hanno visto giorni migliori, come quel cappotto. Sospetto che tu abbia delle bocche da sfamare... quanti bambini? >>
<< Un maschio e due femmine. >>
<< E tua moglie, immagino che sia una bellezza! >>
<< Sì... lo era. >>

[ tratto da Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug ]









10 anni prima del dì di Durin.



Pontelagolungo, altresì chiamata Esgaroth ( ma questo prima dell'arrivo di Smaug ), non era una città adatta ai deboli di cuore, o agli impazienti; perlomeno, questo era quello che aveva sempre pensato Miulë.
Lo squallore e la sporcizia che infangava quello che era stato il più grande e rispettabile centro del commercio era pari alla scelleratezza e al malanimo dei suoi abitanti.
Eppure, Bard non era poi così sgradito. Specialmente da quelle noiose comari senza figli che gli bighellonavano attorno nelle rare serate celebrative, in cui la città accumulava abbastanza provviste da potersi permettere di organizzare dei festeggiamenti, facendo come se lei non esistesse.
Certo, in fondo chi era lei?
Soltanto la moglie del chiattaiolo. Ma via, cosa ce ne importa! L'avete vista bene? Così strana e piena di sè, con quei capelli dorati e indecentemente lunghi, e quella voce fastidiosa. Nessuna meraviglia che la gente non la sopporti! Cosa mai ci ha trovato Bard, in una come lei? Dicono provenga dalle lande del Nord... dicono che il suo nome significhi " mostro. "
Queste erano solo alcune delle centinaia di malelingue che lanciavano alle sue spalle le donne di Pontelagolungo, scrutandola con diffidenza fin dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella città.
Invero, dicevano ben di peggio. E non fosse stato per la povertà che divorava le speranze di chiunque desiderasse fuggirsene altrove, lei e la sua famiglia se ne sarebbero andati già da tempo.
<< Madre, Finn non vuole mangiare. >> disse Sigrid, la figlia maggiore, mentre appoggiava la garza imbevuta di latte nella ciotola; il neonato piangeva stringendo i piccoli pugni verso l'alto.
<< Questa sera, quando tornerà vostro padre potrò avere finalmente un po' di tregua. Almeno, lo spero. Lascia amore, ci penso io. >> la donna si asciugò le mani sul grembiule ricoperto di farina, e prese in braccio il fagottino capriccioso << Tu metti le focacce d'avena sul fuoco, per favore. >> aggiunse, rivolgendosi alla figlia.
Man mano che lo cullava, il pianto di Finn andò affievolendosi, e la donna si mise a passeggiare su e giù per la stanza, arrestandosi una volta raggiunta la finestra.
Le estati in quelle terre erano oltremodo singolari; il caldo torrido era una realtà con cui le famiglie dovevano fare i conti tutti i giorni; la cappa di calore che avvolgeva la città toglieva le energie per il lavoro e faceva seccare le poche piantagioni, e quando i frequenti temporali duravano intere settimane si contavano sempre almeno una decina di capre annegate e palafitte danneggiate a causa del legno marcio.
Per non parlare del Morbo.
<< È da stamattina che non mangia niente. >> sospirò la donna, indecisa se preoccuparsi o meno. Gettò un'ultima occhiata alla finestra, poi adagiò il neonato addormentato nella culla, esaminandogli le guance arrossate. << Vorrei tanto sapere che fine ha fatto tuo fratello! >> sbottò un attimo dopo, rivolgendosi a Sigrid, la quale roteò gli occhi al soffitto.
<< Si starà azzuffando contro qualche bambino del quartiere... lo fa sempre quando pa' non c'è. >>
<< Be', mi auguro per il suo e soprattutto per il mio bene che sia semplicemente in ritardo! >> la donna si disfò la treccia sbrigativamente, per poi arrotolarsi i capelli in una semplice crocchia alla base della nuca. << Vado a cercarlo. Quando Finn si sveglierà prova di nuovo a farlo mangiare. E controlla anche Tilda. >>
Tilda aveva un anno, ma aveva già imparato a pronunciare tante di quelle parole che a momenti parlava più lei di tutti i componenti della famiglia. Assieme a Finn, era quella che aveva preso quasi tutto da Miulë; capelli color miele scaldato al sole, ciglia bionde e occhi verde bosco.
<< Ma sta arrivando un temporale...e tra poco scatterà il coprifuoco! >>
<< Devo comunque passare al mercato a comprare le erbe mediche. A Finn sta salendo una leggera febbre e preferisco evitare che si trasformi in qualcosa di peggio. >> spiegò la donna, prima di allacciarsi il mantello e uscire, diretta al centro della città.

                                                         


Contrariamente alle sue aspettative, trovò suo figlio ancor prima di raggiungere il mercato.
Lo vide seduto sul primo piolo di una vecchia gradinata che conduceva ad una catapecchia abbandonata, la tunica color sabbia sporca e strappata in più punti, intento a massaggiarsi la mascella.
<< Bain! Ti rendi conto di quant'è tardi? Dove sei stato? E che diavolo hai fatto al volto?! >> lo interrogò la donna, esaminando il grosso livido violaceo che si estendeva come una chiazza a lato della bocca, mentre la consapevolezza si faceva rapidamente strada tra i suoi dubbi.
<< Ho fatto a botte con Dean. >> biascicò, con una scrollata di spalle << E poi con il suo gruppo. >>
C'era un uomo in città, che si faceva chiamare Maestro, e si occupava dell'istruzione di tutti i bambini di Esgaroth. Bain seguiva le sue lezioni quasi tutti i giorni per imparare a leggere, a scrivere e a contare, e Dean era uno dei suoi compagni.
<< Appena torniamo a casa ti metto del ghiaccio. Oh, e così erano in tanti, contro di te? >> volle sapere, mentre lo prendeva per mano.
Le vie del mercato erano quasi deserte, a quell'ora. C'era chi faceva le ultime compere, chi se ne stava sotto i portici di legno a confabulare con quel solito cipiglio riconoscibile solo negli abitanti di Esgaroth, e chi inseguiva le ultime oche starnazzanti per metterle al riparo nei recinti coperti, dal momento che le nubi color acciaio non preannunciavano niente di buono.
<< Scusa, mamma >> disse il bambino, tirando un calcio a un sassolino << Adesso la madre di Dean verrà a casa nostra a gridare... >>
<< Non credo proprio, sai? >> ribattè Miulë, nascondendo un ghigno d'orgoglio verso quell'ometto di quattro anni che le saltellava a fianco, tosto e coraggioso come suo padre << Quella vecchia arpia ha ben poco da dire; se si azzarderà a mettere piede sul nostro portico non le permetterò di dire neanche una parola. Userò la ramazza per cacciarla, se sarà necessario. A quel punto mi auguro che insegnerà a quel codardo di suo figlio come comportarsi lealmente, durante una lite. >> si interruppe, gettando un'occhiata a Bain << Per quale motivo è iniziata la zuffa? >>
Bain la guardò di sottecchi << Perché mi ha dato un pugno. >>
Miulë sospirò di sollievo << Bene, così almeno sei assolto da qualunque possibile accusa. Ricorda cosa dice sempre tuo padre: non colpire per primo, ma colpisci per ultimo* >>
Il bambino annuì energicamente, con un gran sorriso. La donna notò che aveva uno degli incisivi scheggiato.
<< E perché ti ha dato un pugno? >>
Questa volta Bain non rispose subito. Il sorriso sparì, e il bambino tornò a guardare per terra.
<< Perché io gli ho dato un pugno. >> si decise ad ammettere infine.
La donna si fermò bruscamente, guardandolo con aria severa.
<< Se l'è meritato! >> si difese Bain, stringendo le mani a pugno.
<< Ti dà così tanta soddisfazione non ascoltare mai tuo padre? >> ignorando il fango, il fieno e la sporcizia che ricopriva le stradicciole, si inginocchiò per stare alla stessa altezza del bambino. << E non ascoltare me? >>
<< Dovevo fargli di peggio. >> si limitò a insistere Bain.
Miulë sospirò, passandosi una mano sulla fronte. << E va bene, sentiamo. Perché gli avresti dato un pugno? >>
<< Per quello che ha detto. >>
<< Ovvero? >>
<< Non te lo dico. >>
<< Ehi, giovanotto... >> esordì la donna, sollevandogli il mento con le dita << Rispondi alla domanda. Puoi dirmi qualunque cosa, lo sai. >>
<< Ti ha chiamata strega. >> disse il bambino, quasi sussurrando. << Ha detto che il suo fratellino è morto dodici giorni fa a causa tua. Ha detto che i neonati muoiono perché sei stata tu a portare il Morbo qui. >>
Muta e immobile, con le lunghe dita che ancora abbracciavano il mento rotondo del bimbo, la donna sostenne il suo sguardo per svariati secondi, senza dire una parola.
Prima o poi sarebbe accaduto.
Miulë aveva sperato con tutta se stessa di non sentire mai quelle accuse deliranti, e alla fine era arrivata ad udirle nientemeno che dalle labbra di suo figlio.
Lo sbalordimento e la commiserazione che provava per la gente di quella città le impedì di proferir parola, tanto che Bain, scambiando il suo silenzio per rabbia, si lasciò andare.
<< Dice che sua madre non ha mai capito perché non ti hanno bandita dalla città! Dice che sei serva della magia nera, che hai irretito il Governatore e che ti maledice per la morte di suo figlio! E poi, quando gli ho dato un pugno, anche gli altri hanno iniziato a dire che sei una strega e allora io ho picchiato anche loro. Tu non sei una strega! >>
Miulë ascoltò Bain con attenzione, prima di fare un sospiro e catturargli il faccino ammaccato con le mani. << Tu sei davvero un bravo ometto. E sono fiera di come ti sei comportato oggi. >> gli rivelò, schioccandogli un bacino sul naso.
Subito dopo abbassò lo sguardo sulle pieghe dell'abito, mordicchiandosi il labbro. Sentiva di essere arrivata al limite della sopportazione nei confronti della gente di Pontelagolungo.
La odiavano, in particolare le donne.
E perché?
Perché era straniera; perché proveniva dalle lande del Nord, abitate da popoli ( ormai estinti ) di esperti guaritori, di cui poteva vantarsi di preservare un minimo di conoscenze mediche.
Per tutti gli anni trascorsi a Esgaroth, era sempre stata vittima di gentilezze forzate e di mormorii alle spalle. Solo una donna pareva mostrarle benevolenza. Ma probabilmente, solo perché anni prima aveva salvato suo marito, guarendolo dalla polmonite.
Più volte si era offerta di poter dare un'occhiata ai neonati colpiti dal Morbo, una terribile epidemia che causava loro vomito, anche ematico, crampi, rottura dei capillari negli occhi e infine la morte, dopo un paio di giorni; tuttavia gli abitanti del posto temevano troppo ciò che non conoscevano, pertanto temevano lei e i suoi metodi. La paura genera il sospetto, la diffidenza, l'isolamento.
E alla fine, il risultato era stato questo.
<< Mamma? >>
<< Sì? >>
<< Perché piangi? >>
<< Cosa? No che non piango! >> disse la donna, tirandosi su e riprendendo a camminare.
<< Avevi gli occhi lucidi. >> insistette il piccolo, trotterellandole dietro.
<< Non significa che stessi piangendo. >>
<< Mamma? >>
<< Cosa c'è, Bain? >>
<< Che cosa vuol dire irretire? >>
<< Uhm... >> nonostante la sua età, Bain non era troppo piccolo per capire certe cose, ma Miulë non trovava appropriato fornirgli un'altra giustificazione per andare a procurarsi nuovi lividi da parte di quei bulletti, perciò rispose: << Significa appendere a testa in giù. >>
<< Perciò tu hai appeso a testa in giù il Governatore? >>
<< Proprio così. >>
<< Per questo ti guarda sempre in quel modo? >>
<< Di che parli? >>
Finalmente avevano raggiunto la bancarella delle erbe mediche, ma il sollievo della donna iniziò a venir meno non appena gettò un'occhiata a ciò che era rimasto.
Spezie, salvia, origano, pioppo nero...
<< Stiamo per mettere via tutto; cadono le prime gocce... >> la informò il venditore, mentre copriva con un telo alcune cassette, impilandole una sopra l'altra su un carro vecchio e malconcio << Ah, siete voi >> borbottò, non appena posò lo sguardo su di lei, riconoscendola.
<< Vi è rimasto dell'agrifoglio? Oppure un po' di centaurea, o del sambuco? >>
<< C'è solo quello che i vostri occhi vedono. E finché non torna Bard con i rifornimenti, questo è tutto ciò che resterà. >>
Miulë serrò le labbra dal disappunto, mentre una goccia d'acqua gelata le sfiorava la guancia.
<< Capisco. Neanche qualche Foglia di Re? >>
Il mercante si bloccò, con una mezza risata.
<< Foglie di Re? >> ripetè, squadrandola << Vi prendete gioco di me? >>
<< Ne avete, sì o no? >>
<< No >> rispose seccamente, sfregandosi le mani << Ma so dove potete procurarvela. Ce n'è in abbondanza nelle bocche dei maiali. >> si interruppe, squadrandola dall'alto in basso << Io vendo sementi e piante medicinali. E quella è un'erbaccia, signora. In caso non lo sappiate. >>
Quella che chiami erbaccia, ottuso ubriacone, funziona cento volte meglio di uno qualunque di questi condimenti per verdure!, era quello che avrebbe tanto voluto rispondergli, quando un'altra voce maschile - e assolutamente sgradevole - la convinse a non dire una parola.
<< Buonasera, Vincent. La gotta non concede tregua, in quest'ultimo periodo... il sacchetto per il mio padrone è pronto? >>
<< Come ogni settimana, signore! >>
Il venditore armeggiò nelle tasche, tirando fuori un sacchetto ben annodato per poi consegnarlo all'uomo più ripugnante della città, ricevendo da questi una moneta.
Miulë prese per mano Bain, facendo per andarsene, ma ovviamente l'uomo non si lasciò sfuggire l'occasione.
<< Devo ammettere che non è una novità trovarti sovente in giro da queste parti, agli albori del coprifuoco, Miulë. >>
<< Sì, speravo di trovare l'occorrente per curare uno dei miei figli, ma non è rimasto molto. >> faceva sempre una fatica terribile a non lasciarsi sfuggire più del necessario nei confronti del viscido leccapiedi del Governatore. Anche perché, specialmente in assenza di suo marito, quell'uomo la prendeva spesso di mira. << Suppongo sia perché il tuo padrone si rifiuta di permettere ad altri chiattaioli di avviare più scambi con il Reame Boscoso. >>
<< Il nostro padrone >> la corresse Alfrid << ha preso la decisione più ragionevole. >>
<< Non è cosa ragionevole affidarsi ad un solo uomo. Una sola chiatta non può trasportare beni di prima necessità per una città intera. E d'inverno il fiume non è praticabile. Questo è il motivo per cui la gente non riesce nemmeno a mangiare tutti i giorni. >>
Con quattro figli, Miulë aveva perso il conto delle volte in cui era rimasta a digiuno, per far sì che avessero una razione in più da dividere; molto poco, certo. Ma sempre meglio di niente.
L'astio della donna nei confronti di quei due viscidi uomini era sempre stato alimentato dalla consapevolezza che, in qualche modo, pareva temessero l'autorità che Bard sembrava essersi guadagnato agli occhi degli abitanti, e più di una volta si era chiesta se il vero motivo per cui lo spedivano sempre da solo in quelle acque, fosse perché speravano ci affogasse, un giorno.
<< Abbiamo ancora molto tempo, prima di preoccuparci dell'arrivo dell'inverno. Inoltre ce l'abbiamo sempre fatta fino ad ora, pertanto ammiro la tua lealtà nei confronti del tuo uomo, ma questi timori sono infondati. >>
Facile parlare per lui. Dopotutto viveva sotto il tetto del Governatore, al quale andava quasi il cinquanta per cento di tutti i rifornimenti, compresi i viveri.
<< Probabilmente hai ragione, Alfrid >> si limitò a sorridere, facendo per congedarsi. Poi gettò un'occhiataccia al mercante, che si passava ancora la moneta da una mano all'altra, con aria soddisfatta. << Gotta, eh? >> disse, facendo un cenno verso il sacchetto che Alfrid teneva in mano. << Hai appena buttato via dei soldi. Se posso permettermi, prova con un po' di Pungitopo. >>
<< Cosa?! Sciocchezze, mio signore, non datele retta. La betulla è un rimedio infallibile. >> sbottò il mercante.
<< Se davvero lo fosse, non saresti costretto a comprarne una nuova dose ogni singola settimana. La betulla non è granché efficace e a lungo andare crea dipendenza, ma suppongo che questo sia utile per gli affari... >> concluse, voltandosi verso il venditore, che le stava lanciando occhiate di fuoco.
<< Ascoltate bene, donna >> grugnì, facendo sparire la moneta nel tascone del grembiule pesante e logoro << Vendo erbe mediche da più di trent'anni. Nessuno viene a dirmi come fare il mio lavoro. >>
<< Tre decenni sprecati >> disse all'improvviso Bain, prima che la donna potesse zittirlo.
<< Che hai detto, moccioso?! >>
<< Ce l'ha insegnato oggi il Maestro! >> ribattè lui, sorridendo alla madre << Trent'anni sono tre decenni, vero madre? >>
<< È stato un piacere. >> si congedò Miulë, rivolgendosi ad entrambi e tirando il bambino per una manica.
Ma potè fare solo pochi passi, prima di sentirsi afferrare per un gomito.
<< Dovresti evitare di farti trovare ancora in giro a quest'ora della sera. >>
Miulë sospirò, quando sul volto di Alfrid apparve un ghigno beffardo.
<< Questa ramanzina è fatta apposta per me, o vai in giro a riservare certe premure a tutte le donne della città? >>
<< Non è una ramanzina, è un avvertimento >> la nota di minaccia che percepì dietro quelle parole la fece irrigidire << A quanto pare l'epidemia sta aumentando, la gente chiacchiera e... >>
<< Se hai qualcosa da dire, non girarci intorno. >>
<< Molto bene. Il Morbo non è naturale, si è esteso solo in questa città, senza colpire altre terre. C'è il forte sospetto che sia opera di stregoneria. Chiunque verrà sorpreso dove non dovrebbe trovarsi dopo il coprifuoco, sarà immediatamente messo ai ferri, fino a nuovo ordine del Governatore, e infine, una volta ottenute le prove, giustiziato pubblicamente. Il tutto come sollecitazione a ricordare cosa succede ai nemici dello Stato e a chiunque trami nell'ombra, ai danni della nostra deliziosa città. >>
                                                 


                                                                                 


         



                                                                                     

<< Lo odio! Che faccia brutta che ha, puzza di liquore come il Governatore ed è cattivo! Non vedo l'ora che pa' gli spacchi... >>
<< Sta' zitto! Non parlare mai in questo modo degli altri finché sei fuori di casa. Qui la gente ci gode come le vacche in calore quando si tratta di mettere nei guai qualcuno per un nonnulla pronunciato incautamente >> sbuffò Miulë, cercando in tutti i modi di non pensare alle minatorie parole di Alfrid, mentre saliva i gradini del portico.
L'arancione del tramonto perforava le nubi, scaldando appena il viso della donna come una carezza gentile.

D'istinto, Miulië pensò alle mani di Bard.

Sul suo viso.

Sulle sue labbra.
Sulla sua schiena, quando la stringeva a sè.

Il tempo delle carezze e delle parole sussurrate all'orecchio non era diventato che un ricordo custodito gelosamente nel suo cuore, un tesoro dal valore profondamente sentimentale con cui riusciva a rivaleggiare tutto e tutti, in quella prigione chiamata Esgaroth.
Ma per quanto ancora, si domandò, resisterò prima di tradirmi?
<< Madre! >>
Il grido la fece riscuotere, quando Miulë si accorse che non era stato Bain a chiamarla.
C'era Sigrid sulla porta; le guance arrossate, la voce agitata e gli occhi lacrimanti dalla paura.
<< Presto, Finn è... gli ho dato da mangiare e poi... non so che cos'abbia! >> gemette, mentre la donna la superava di corsa, entrando in casa.
A metterla in allarme fin da subito fu il pianto del neonato: strozzato, flebile, come se non avesse nemmeno la forza di piangere, Finn aveva le guance paffute scarlatte, i pugnetti chiusi che agitava debolmente sopra la testa.
<< Da quanto tempo è così? >> chiese Miul
ë, premendo con delicatezza gli indici ai lati della gola del piccolo; poi gli posò un palmo sulla fronte. Bruciava come il fuoco.
<< Mezz'ora, credo. >>
<< Mamma, che cosa gli succede? Guarirà, vero? >> Bain si chinò, senza togliere gli occhi di dosso al fratellino.
<< Sta bene, sta bene, solo... >> la donna fece un vago gesto con il braccio in direzione di Sigrid, che immediatamente tirò per un braccio Bain, allontanandolo.
Miul
ë tirò fuori da una delle tasche del suo abito un fazzoletto di stoffa, per poi immergerlo in un secchio pieno d'acqua fredda. Lo strizzò, ripiegandolo con cura, per poi adagiarlo sulla fronte di Finn.
<< Ha mangiato? >>
<< Ho provato a dargli del latte, ma lo ha rigurgitato. >>
Considerando il numero di bambini che si era ammalato nell'ultima settimana, Miul
ë avrebbe mentito a se stessa affermando di non aver tenuto conto di una simile eventualità, ma ora, di fronte ai suoi figli, dovette fare appello a tutta la sua forza per impedire alle proprie mani di tremare.
Finn aveva contratto il Morbo.
<< Dove vai? >> chiese Sigrid, quando vide la madre recuperare da sotto il tavolo un paio di stivali di pelle, che di solito si premurava di usare quando andava a caccia con Bard, in luoghi selvaggi e privi di alcun sentiero. Su decisione del Governatore la caccia era considerata illegale, e il commento di Bard era stato:  << Bruci all'inferno, il Governatore. >>
<<
Devo raggiungere il Fiume Fluente. >> rispose, prendendo una piccola fodera in cuoio e infilandoci dentro un coltellino. Lo sistemò all'interno dello stivale sinistro, sotto gli occhi allarmati di Sigrid.
<< Adesso? >>
<< Sì, Sigrid. >>
<< Ma non puoi! >> la avvisò la ragazzina, improvvisamente spaventata.
<< Mamma, non hai sentito cos'ha detto quell'uomo, prima? C'è il coprifuoco, a nessuno è permesso uscire dalla città. >> si intromise Bain, appoggiando la sorella.
Purtroppo era difficile non assistere quando qualcuno veniva catturato dalle ronde al servizio del Governatore; la notizia passava di casa in casa, come il vento d'estate. E non era mai un bello spettacolo; malgrado Miul
ë avesse cercato di evitarlo il più possibile, anche ai suoi figli era toccato assistere in un paio di occasioni.
<< Se parto adesso sarò di ritorno prima dell'alba. Non uscite di casa, per nessun motivo. >>
<< Madre, aspetta! >> Sigrid si piazzò davanti alla porta che dava al retro della casa << Perché fino al Fiume Fluente? >>

<< Perché sulle sue sponde crescono erbe che qui non possiede nessuno. Mi servono quelle per curare Finn, e mi servono il prima possibile! >> rispose, scostandola. Si coprì il capo col cappuccio del mantello nero. << Continua a bagnargli la fronte e i polsi. Quando la febbre si sarà abbassata, cerca di farlo mangiare di nuovo. Se mangia avrà più forze. >> Esitò, prima di accarezzare la guancia della figlia maggiore con tenerezza, tanto che per un attimo la paura negli occhi di Sigrid si affievolì.
<< Non stare in pensiero; non è la prima volta che esco dai confini della città senza farmi notare. >> sorrise, spostando poi lo sguardo su Bain. << Informate vostro padre, quando arriverà. >>
<< Non potresti aspettarlo? >>
Troppo azzardato.
Così facendo, avrebbe solo rischiato di perdere tempo prezioso. Una volta contratto il Morbo, la media dei neonati della città aveva resistito due giorni, prima di perire. Due giorni di vomito, febbre e contrazioni incessanti. Finn era già andato incontro ai primi due sintomi.
<< Tornerò presto. >> fu tutto quello che riuscì a dire, prima di aprire un poco la porta e sgusciarne fuori, rapida e silenziosa.



Sigrid la seguì con lo sguardo finché potè, ammirandola sparire tra i vicoli di Pontelagolungo, veloce come un'ombra.
<< Ho paura. E se questa volta le sentinelle la prendono? >> mormorò Bain, rigirandosi tra le mani un pezzo di focaccia d'avena, senza alcuna voglia di mangiarla.
<< Non fare lo stupido; mamma conosce sentieri nascosti che le guardie non troverebbero mai. >>
<< Ma come fa a conoscerli? >>
Sigrid esitò un momento. << Be', perché... ci è andata tante volte con papà, credo. >>
<< Continuo ad avere paura. >>
<< Vieni, aiutami a preparare la cena. Vedrai che tornerà prima del previsto! E forse nostro padre arriverà prima che cali il buio. >>
<< Ma, Sigrid... >> sussurrò Bain, prima di abbandonare la finestra per fissare la sorella << è già buio. >>

                                                         


                                                                                           
                                                                         







Profonde e a tratti impetuose, le seicento miglia del Fiume Fluente nascevano da qualche parte, nella fiancata della Montagna Solitaria, e si estendevano a sud di essa, fino al Lago Lungo. In un certo senso si poteva dire che il fiume lambisse i confini di quella che un tempo era stata la magnifica città di Dale.
Una rovina maledetta, così la definivano. Un regno bruciato vivo dal fuoco del drago, che giaceva nell'eterno silenzio da più di sessant'anni ormai, ai piedi della Montagna. La Desolazione di Smaug.
La donna avvertì un brivido alla schiena quando una folata gelida, più violenta delle altre le venne addosso, facendole scivolare via il cappuccio, mentre, stremata dalla lunga camminata, finalmente si metteva in ginocchio per esaminare attentamente le erbacce che crescevano lungo l'argine del fiume.
Tuttavia, non erano solo le urla del vento notturno ad infastidirla;  un rumore quasi impercettibile, un continuo tamburellare, da qualche parte, in un punto poco lontano da lei, per un attimo la fece bloccare.
La donna si diede un'occhiata attorno, in silenzio.
A quell'ora della notte un normale viaggiatore sarebbe stato in netta difficoltà, poiché il buio era sempre uno sgradevole ostacolo alla sicurezza, specie nei pressi di boschi o - in questo caso - fiumi, in cui venivano ad abbeverarsi le bestie feroci.
Ma agli occhi allenati della donna bastava la luce della luna come alleata. Inoltre le leggende che circolavano su quella città morta e silenziosa, poco distante dal fiume, erano talmente macabre che nessuno, nemmeno i briganti o i curiosi, osava avventurarcisi.
C'era una ragione se Miul
ë considerava gli abitanti di Pontelagolungo un'irrecuperabile mandria di capre ignoranti, sebbene in questo caso la loro ignoranza rappresentasse la sua stessa salvezza: Dale e le terre che la circondavano erano luoghi in cui nessuno osava addentrarsi, e questo li rendeva estremamente protetti. Miulë si sentiva più al sicuro lì, che a Pontelagolungo.
Dopo un breve momento di esitazione, la donna estrasse il coltellino dallo stivale, iniziando a recidere qualche stelo che cresceva nascosto, seppellito sotto un cumulo di erbacce.
Ed eccolo di nuovo, lo stesso picchiettio.
La lama brillò, quando Miul
ë rafforzò di colpo la presa sull'elsa. Stava per voltarsi di scatto su se stessa, quando avvertì un frullare d'ali, vicinissimo al suo viso, e l'attimo dopo, su una delle rocce poco distanti da lei si posò un uccellino.
Miul
ë chiuse gli occhi, con un sospiro di sollievo.
<< Oh, sei tu, amico tordo. >> si inginocchiò, posandosi le mani in grembo.
<< Non dirmi che ti ho spaventata. >>
<< A quest'ora della notte non dovresti essere in giro a svolazzare. Potresti diventare lo spuntino di qualche gufo. >>
E no, non era impazzita; comprendere il linguaggio dell'esserino al suo fianco e saperci comunicare era un'abilità di cui era venuta a conoscenza anni orsono, poco dopo il suo arrivo in città. Non lo aveva rivelato a nessuno, neppure a Bard. Questa, con tutta probabilità, era la cosa a cui doveva stare più attenta, dal momento che se qualcuno lo avesse scoperto, le voci sulla sua presunta stregoneria avrebbero finalmente avuto fondamento e lei sarebbe stata bruciata viva su un rogo, come minimo. Facile a dirsi, pensò ironicamente, dal momento che quel piccolo tordo pareva apprezzare la sua compagnia,  e quand'era di buon umore non teneva mai il becco chiuso, seguendo la donna perfino quando camminava tra le bancarelle nei giorni di mercato. E se lei provava ad ignorarlo, l'uccellino iniziava a emettere trilli acuti e fastidiosi, che alle orecchie di chiunque altro non sarebbero stati altro che un insistente cinguettio.
<< Porto ottime notizie, mia signora. >>
<< Sarebbe la prima volta. >>
<< Ricordi quello di cui abbiamo parlato tredici giorni fa? >>
<< Non adesso, ti prego. Devo pensare a mio figlio. >> lo fermò Miulë, mettendo via il coltellino e alzandosi in piedi. Arrotolò le erbe e le infilò in un sacchettino, in una tasca interna della veste, poi fece per tornare indietro.
<< È per il Morbo? >>
<< Già >> la donna sospirò << E preferisco non attendere più del... >>
<< L'ho trovata. >>
<< Che cosa? >>
<< La porta sigillata dei Nani non è la tua unica possibilità. Avevi ragione: c'è un'altra via d'entrata sotto la Montagna. >>









                                                                                  continua    






                              
                               






* La frase che ha pronunciato Miule nei confronti di Bain l'ho presa dal film " Changeling", di Clint Eastwood.

Bene, eccovi servito il primo capitolo. Tralasciando che sono in uno stato di emozione indescrivibile ( è più o meno da tre anni che svalvolavo dalla voglia di pubblicare una long della mia saga preferita ), in realtà avrei un sacco di altra roba da portare a termine, quindi direi che con questa storia non ho fatto altro che infognarmi ulteriormente ahahhahhah, ma oh, alla fine è proprio questo che mi fa star bene con me stessa.

Come già anticipato nella presentazione, ho inventato il personaggio di Miulë per trovare quello che sarebbe stato sia il jolly che il fulcro con cui intrecciare il destino di Bard ( l'oscuro e affascinante  chiattaiolo che abbiamo avuto modo di conoscere nel secondo film de Lo Hobbit ), ma soprattutto quello di Bilbo ( eccome se ci sarà! Lui, e tutta la cumpa di nanerottoli ) e di Smaug. Io VENERO Smaug, è uno dei pg che apparirà più spesso in questa storia, ergo se non vi piace e il vostro interesse è incentrato su altri personaggi, vedete voi; io ho fatto il mio dovere e vi ho messe in guardia ;)

Altra cosa importante: avendo anche letto il libro, mi sono rimaste particolarmente impresse alcune frasi scritte da Tolkien, quasi tutte riguardanti le leggende sui draghi e sulle ricchezze dei Nani... il problema è che sono quasi tutte una sorta di " dico/non dico ", quindi mi sono presa la libertà di giocherellarci sopra, interpretandole a modo mio.

Credo di aver detto tutto quello che dovevo dire.
Grazie in anticipo a chi leggerà e a chi avrà il piacere di seguire la storia; che l'idea vi incuriosisca o meno, sono comunque certa che la concluderò. Quando, eh, quella è un'altra storia. Cercherò di essere regolare negli aggiornamenti, per quanto mi sarà possibile.

Buona notte,

Luce L.





                                       




















 





 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Luce Lawliet