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Autore: Miryel    02/12/2014    7 recensioni
[VI PREGO DI NON PASSARE QUI, STORIA IN REVISIONE]
"Non ci pensate nemmeno! Sono io il vostro chitarrista!" sbottò Vanitas, capendo al volo a cosa si stessero riferendo. Sora gli diede un pugno amichevole sulla spalla, ridacchiando.
"Van, ho la sensazione che vogliano tagliarti fuori dal gruppo!"
"Devono solo provarci!" rispose acidamente il fratello più grande, imbronciandosi "Gli mando Ventus a picchiarli, parola mia!"

[AkuRoku - VanVen - RiSo]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Riku, Roxas, Vanitas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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Capitolo 14. Dearly Beloved
"Basteranno due teglie di lasagne?"
"Non lo so, contando che solo Axel e Vanitas sono due pozzi senza fondo, forse no!"
Zack a quella risposta di Riku ridacchiò, mentre si infilava un guanto da cucina per aprire il forno e vedere a che punto fosse il suo primo.
"Spero tu stia esagerando, Ri!"
Riku sospirò e fece spallucce: "Un po' si e un po' no! Comunque non preoccuparti, c'è abbastanza antipasto per nutrire un reggimento! Ma perché avete comprato tutta quella roba?" chiese il nipote, divertito.
"Lo sai che Cloud non ha mezze misure, quando si tratta di mangiare! Esagera sempre!"
"Ti ho sentito!" esclamò il diretto interessato, comparendo in cucina e avvicinandosi al suo fidanzato, esasperato.
"Cloud, ma tu hai il potere speciale di comparire quando parliamo di te?" chiese Zack, cingendogli un braccio intorno alla vita e avvicinandoselo.
Cloud rise leggermente, poi gli diede un leggero bacio sulle labbra.
"No, è solo quando sei tu a parlare di me, che il mio radar si accende!" informò, poi protese una mano verso un cesto pieno di grissini e ne prese uno, senza però allontanarsi dal suo ragazzo.
"E non mangiare prima di cena, che ti rovini l'appetito!" lo redarguì Zack, dandogli un leggero schiaffo sulla mano, non riuscendo però a fermarlo. Ma comunque non era il suo intento. Voleva solo imitarlo, miseramente.
"E' casa mia e mangio quando e come mi pare! Siete voi due gli ospiti indesiderati!" disse, allontanandosi poi per recuperare i tovaglioli su un mobile della cucina.
Riku rise, perché sapeva che suo zio stava scherzando... forse!
Si avvicinò al cassetto delle posate e le contò per prenderle giuste, poi raggiunse Cloud in salotto per finire di apparecchiare.
"I posti dove capita?" chiese lo zio, osservando la tavola.
Riku alzò un sopracciglio: "Perché, sono prestabiliti?"
"Certo! Ognuno ha il suo posto, no? Un po' come noi quando ceniamo la sera!" rispose, come se fosse la più ovvia delle regole. Riku ringraziò il cielo di non avere a cuore certe cose, perché erano da veri snob.
"Non credo che guarderanno certe cose, Cloud..."
Il biondino sospirò, come se tutto il mondo si fosse rovesciato e solo lui la pensasse nel modo corretto: "Come vuoi! Ma il galateo andrebbe rispettato anche durante le feste tra amici!" disse, poi tornò in cucina per finire di prendere le ultime cose.
Riku osservò la tavola apparecchiata e sorrise. A mezzanotte era il suo compleanno e aveva deciso di festeggiarlo insieme ai suoi amici più stretti. Era una vita che non faceva una cosa simile, ma quell'anno meritava una grande festa. Stava andando tutto molto bene e, da quando stava con Sora, dava molta più importanza a certe cose a cui prima non badava minimamente.
Sistemò una sedia un po' storta e sospirò, impaziente di ricevere i suoi amici a casa sua. Andò in camera a recuperare la macchinetta fotografica e la poggiò su un mobile, così da potersi ricordare di scattare qualche foto, anche se era certo che Ventus avrebbe portato la sua. Ci stava in fissa, quel tipo, ad immortalare i momenti più significativi della loro vita e ne era confortato, in un certo senso, perché lui a certe cose non pensava mai.
Però grazie a lui aveva delle foto in un album ben custodite, bellissime, che a volte andava a rivedere, ricordandosi di tutte le stronzate e tutti i bei momenti passati con i suoi amici.
Il citofono suonò e l'argento si precipitò a rispondere, sorridendo a trentadue denti quando sentì la voce del suo piccolo demonio annunciarsi raggiante, sentendo anche Vanitas redarguirlo per l'urlo disumano che aveva fatto.
Aprì la porta per aspettarli e poco dopo i due fratelli emersero, e stavano come al solito battibeccando.
"Mi avevi detto che mi avresti fatto citofonare e invece lo hai fatto tu! Perché devi essere sempre così pestifero?" gli chiese Van, tirandoselo per un braccio e facendogli male.
Sora si dimenò e se lo tolse di dosso con una facilità disarmante, aggrottando le ciglia.
"Perché non avevo pensato al fatto che è casa di Riku e tutto ciò che fa parte di lui, spetta a me farne parte per primo!" rispose, evitando abilmente uno scappellotto dietro la testa.
Riku rise forte, perché il suo ragazzo era troppo tenero. Era di una dolcezza talmente meravigliosa che gli faceva male il cuore solo a pensarci. Dio, era un miracolo averlo trovato.
"Riiiiiii!" urlò il più piccolo, sorridendo entusiasta quando lo vide sulla porta ad aspettarlo. Gli corse incontro, saltandogli al collo e abbracciandolo.
L'argento lo strinse e si fece baciare da quel minitornado, poi gli cinse un braccio intorno alla vita e guardò Vanitas.
"Magari se la smetteste di farvi certe effusioni ogni cinque secondi, il mondo ve ne sarebbe grato, eh!" commentò il più grande, puntando le iridi color ambra su quelle verdi di Riku, che sospirò, ormai rassegnato alla sua arroganza. Parlava lui, poi, che non si staccava da Ventus nemmeno per un secondo quando stavano assieme.
Preferì glissare e lo salutò mostrandogli il pugno, che l'altro fece cozzare col suo.
"Ci fai entrare o la festa è sul pianerottolo?"
"Mamma mia, ma cosa hai mangiato oggi? Pasta al cianuro?" chiese Riku, ridendo, facendoli poi accomodare in casa, tenendo per mano Sora che saltellò allegramente varcando la soglia.
"No, ho mangiato le fiamme dell'inferno e spaghetti! Contento, ora?" rispose l'altro, acido, sorridendo poi meccanicamente quando vide Zack e Cloud emergere dalla cucina per salutarli.
"Ehilà, ragazzi! Benvenuti!" sorrise il biondino, mentre Sora si precipitava a dare un bacino sulla guancia sia a lui che all'altro, che lo prese in braccio teneramente.
"Ciao, ragazzi! Grazie dell'invito!" esclamò Van, diventando come al solito un finto gentiluomo per l'occasione. Oltretutto il fatto di rispondere a due ufficiali dell'esercito lo spaventava, quindi si guardò bene dal comportarsi male come suo solito.
Riku ne fu sollevato, perché sopportare Vanitas a volte era dura. Molto dura.
"Ri, posso vedere la tua stanza?" chiese Sora, scendendo dalle braccia di Zack, avvicinandosi al suo ragazzo che gli allungò la mano per stringergliela.
"Va bene! Vieni anche tu, Van?" chiese.
Vanitas fece spallucce: "Ma sì, non ho di meglio da fare!" commentò e Riku represse l'istinto di dargli un cazzotto in bocca.
Si avvicinarono ad una porta già aperta che dava su un corridoio buio. L'argento accese la luce e dei faretti ne illuminarono l'ambiente, rivelando quadri di paesaggi molto belli e uno scrittoio antico posto vicino ad un'altra porta, che aprì e ne palesò la sua stanza.
Era grande, tutta blu. Aveva un letto matrimoniale senza spalliera, un armadio a ponte e la scrivania era ad angolo, dove ergeva un computer e dei tomi altissimi di medicina. Alle pareti per lo più poster di gruppi e alcuni quadri astratti che aveva preso ad un vecchio mercatino dell'usato qualche tempo prima.
"Oh, che carina che è!" commentò Sora, poi si sedette sul letto, rimbalzando un paio di volte per capire quanto fosse morbido.
Riku lo guardò compiere quel gesto e represse l'istinto di sbatterlo sul materasso e di infilarglielo fino al gomito. Deglutì e guardò Vanitas, che era l'unico modo per annullare il suo sex appeal.
"Camera mia è un buco a confronto!" disse Van, guardandosi intorno e raggiungendo la scrivania per impicciarsi dei suoi soprammobili. Un modellino del corpo umano ergeva inquietante sullo scaffale più basso. "Ma che è 'sto schifo?"
"Un modellino, Van... non ho scuoiato nessuno, te lo assicuro!" rise Riku, fiancheggiandolo.
"Ci credo poco, macabro come sei! Non sei forse tu quello che quando è stato preso a medici ha esultato perché avrebbe visto operazioni a cuore aperto?"
"Beh, fa parte del mio lavoro! Tu guardi le architetture e io le operazioni più schifose!" lo punzecchiò, dandogli una gomitata nelle costole che lo fece scansare, inorridito.
"Sei malato, fattelo dire! E nemmeno poco! Giusto mio fratello poteva mettersi con uno così!" rispose, acido come sempre, dando un'occhiata a Sora che ora lo stava fulminando.
"Parla quello che Ventus ci sta per pietà!" controbatté il più piccolo, alzandosi dal letto e abbracciando Riku.
"Stai zitto, nano!"
Sora si nascose sotto il braccio dell'argento e gli fece una linguaccia, contraccambiato poco dopo dal fratello.
"Ok, smettetela o vi chiudo qui finché non vi ammazzate a vicenda!" esclamò il batterista, esasperato dai loro continui battibecchi, sentendo poi subito dopo il campanello della salvezza. "Oh, deve essere Ven!"
Raggiunsero il citofono, trovando Zack già pronto a rispondere. Lo videro sorridere e voltarsi a guardarli per dire loro tacitamente di aprire la porta.
Quando la aprirono, poco dopo dall'ascensore ne emersero Ventus, Roxas e Axel. Gli ultimi si stavano punzecchiando a vicenda facendosi i dispetti, mentre il più grande dei fratelli si spiaccicava una mano in faccia, esasperato.
"Ciao Ri, fammi subito entrare, ti prego!" supplicò il filosofo, mentre anche gli altri due si accingevano a salutare sorridendo.
Riku li fece entrare e di nuovo i suoi zii emersero per salutare i suoi amici. Ventus posò un pacco un po' grande sopra al divano di pelle, mentre l'argento lo guardava incuriosito.
"Ovviamente è il tuo regalo, se te lo stai chiedendo! E il tuo compleanno è a mezzanotte, quindi per ora scordati di aprirlo!" esclamò Ven, vedendo la sua faccia interrogativa e curiosa, anche se Riku cercò di reprimere il fatto che non vedeva l'ora di sapere cos'era.
"Non dovevate farmi un regalo!" disse, sorridendo.
"Ah, ok, allora me lo riporto via!" rispose Vanitas, in tono disinteressato e l'argento gli diede un pugno sulla spalla.
"Era per dire!"
Axel gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, sorridendo.
"Ho fame!" sentenziò, e tutti scoppiarono a ridere.
"Lo so, e per fortuna è quasi pronto! Se volete possiamo iniziare a mangiare qualcosa come aperitivo!" propose l'amico, avvicinandosi al tavolo, trovando Sora già intento a mangiarsi le tartine al salmone, di cui andava matto. "Sora..."
Il piccoletto lo guardò, con la bocca piena e un'altra tartina già pronta nella mano per essere mangiata. Deglutì velocemente e sorrise a trentadue denti.
"Non potevo?" chiese.
Riku fu talmente intenerito da quella domanda e dalla sua faccia che non poté fare a meno di perdonarlo. Gli ricordava troppo Zack quando mangiava di nascosto e Cloud lo beccava in fragrante per poi redarguirlo facendogli fare una figuraccia.
Roxas si avvicinò a Sora, contemplando ammirato tutta quella roba. Era affamato da morire, perché quel pomeriggio non aveva mangiato apposta per prepararsi alla cena di compleanno.
"Rox, sono buonissime! Prendine una!" gli disse Sora, porgendogli una delle tartine e lui la prese volentieri, cominciando a mangiare da un angolino piccolissimo mordendolo appena.
Vanitas lo guardò, reprimendo l'istinto di togliergliela dalle mani e spiaccicargliela sulla faccia. Ma perché mangiava così piano?
"Fermi, fermi! Le tartine al salmone sono tutte mie!" esclamò Axel, mettendosi tra i due sedicenni, che quasi si strozzarono quando vennero spintonati da quel terremoto improvviso.
"Non se ne parla proprio! Le abbiamo viste prima noi!" rispose Sora, dandogli uno spintone che lo fece cozzare contro Roxas, che dovette tenersi ad una sedia per non cadere.
Axel lo guardò mentre si accigliava e trattenne il respiro, perché il suo sguardo era a dir poco omicida.
"Ma vuoi stare attento una volta tanto?" lo redarguì il bassista dandogli una spallata. Axel contraccambio.
"Mi scusi principessina sul pisello!" controbatté il rossino, prendendo poi una tartina fugacemente dal vassoio. Sora gli saltò sulle spalle per fermarlo, mettendoci tutta la forza che aveva in corpo.
"Dammi subito quella tartina!" urlò il moretto, cercando di prendergliela dalle mani.
"Sora, fallo cadere!" gli diede corda Roxas, cercando di tirargli il braccio per non farlo mangiare, ma Axel gli circondò un braccio intorno al collo e lo bloccò.
Ventus, Vanitas e Riku li guardarono con un'espressione indefinibile, perché nemmeno erano arrivati e già avevano fatto venir loro il mal di testa. Roxas, poi, era il più vendicativo, quindi paradossalmente stava facendo più casino di tutti.
"Ri... se dovessi ucciderli..." esordì Ven, spiaccicandosi una mano sulla faccia, esasperato.
"Fai pure, non ti fermerò!" esclamò l'argento, con un sopracciglio alzato, mentre Sora cercava di strozzare Axel da dietro.
"Adesso basta!" ruggì Vanitas, comparendo dietro di loro e dividendoli. "Avete rotto il cazzo, non vi sopporto più!"
I tre sismi si fermarono, abbassando lo sguardo, leggermente a disagio per essere stati ripresi dal signore del male in persona. Axel guardò prima Sora, che gli fece una linguaccia e poi Roxas che fece la stessa azione.
"Ma dai, ma sono due pesti! Mi fanno la linguaccia!"
Van gli diede uno scappellotto dietro la testa, facendogli male mentre gli altri due ridacchiavano divertiti.
"Sediamoci, vi prego..." supplicò Ventus, prendendo poi posto, imitato da Riku.
Quando la situazione si fu calmata e gli altri quattro avevano smesso di bisticciare - perché Vanitas aveva cercato di fermarmi, ma si era ritrovato a fare casino insieme a loro - tutti ebbero preso posto e i numerosi manicaretti preparati da Zack ebbero un gran successo e i sei amici si spazzolarono via tutto in pochissimo tempo.
"Ma i vostri genitori vi danno da mangiare?" constatò Zack, mentre portava la prima teglia di lasagne, e Cloud dietro portava la seconda ridacchiando per quella sua uscita, tra l'altro veritiera. "Sembra che non tocchiate cibo da mesi!"
"Colpa vostra che ci avete preparato un antipasto buonissimo!" rispose gentilmente Axel, allargando le narici per sentire l'odore di pasta appena sfornata con tutto se stesso.
Zack si ringalluzzì, entusiasta per quel complimento e posò la taglia sul tavolo, poi cominciò a distribuire la lasagna a tutti.
"Qualcuno beve del vino? E' di ottima annata!" propose Cloud, alzando la bottiglia e mostrandola.
Tutti rimasero in silenzio, perché la cosa fu parecchio imbarazzante e non seppero cosa rispondere. Qualcuno tossì a disagio.
Cloud poggiò la bottiglia sul tavolo e mormorò: "Non vi accalcate..."
"Ehm... buon appetito!" esclamò Riku, cercando di far cadere quella pesantezza che era scesa. Tutti presero quell'occasione al volo per cominciare a mangiare e nessuno riuscì a trattenersi nel fare i complimenti a Zack, che era sempre più su di giri.
Anche il secondo ebbe un grande successo: un buonissimo arrosto ripieno che profumava di carne buona e fresca. Cottura media e aromi particolari. Una delizia.
Axel ne prese tre porzioni, per quanto gli era piaciuto, buttandosi poi sulla sedia strapieno e con la voglia di dormire per la sonnolenza che gli era venuta.
Fecero una pausa, chiacchierando animatamente, prima di tirare fuori la torta quando fu quasi mezzanotte.
Cloud spense le luci, entrando con le candeline accese mentre tutti intonavano una canzoncina di buon compleanno, mentre Riku si sentiva un deficiente.
Quando lo zio poggiò la torta di fronte al nipote, mentre Ventus non la smetteva un solo istante di scattargli foto, Riku represse l'istinto di urlare per l'imbarazzo.
"Ok... ok, basta! Cristo, ho appena compiuto ventuno anni e sto qui a farmi cantare le canzoncine!" esclamò, mentre una venetta pulsante gli compariva sulla tempia.
Sora gli si avvicinò e lo prese a braccetto, supplicandolo di fare una foto assieme perché da quando si erano fidanzati non ne avevano fatta nemmeno una. L'argento, di fronte a quello sguardo supplichevole, non poté dirgli di no, così si fece stringere e Ven scattò la sua foto, soddisfatto.
"Dai, ve ne faccio una tutti assieme!" propose Zack, prendendo la macchinetta di Ventus e intimandogli di raggiungere gli altri.
Riku si spiaccicò una mano in faccia, terribilmente a disagio. Si sentì catapultato a dieci anni prima, quando faceva le feste con i palloncini e i festoni, con le trombette e i cappellini.
"Ri, non nasconderti la faccia!" lo redarguì Sora, mentre Zack non la smetteva di scattare foto a raffica perché non stavano fermi un minuto.
"Allora, ci vogliamo fermare? Sembra che stia scattando le foto da un treno in corsa!" esclamò e tutti risero e riuscì ad immortalare quelle risate genuine, sfornando una foto bellissima.
"Ok, ora basta foto! Accendiamo la luce e mangiamo questa stramaledettissima torta!" fu il commento dell'argento, che intimò a tutti - tranne a Sora - di allontanarsi e di riprendere posto.
"No, dai! Prima il regalo!" esclamò Ventus, che non stava più nella pelle.
"Sì, è vero, il regalo Ri!" gli diede corda Axel.
Ven raggiunse il divano e prese il pacchetto, tirandolo su con una certa fatica perché pesava. Vanitas si accinse ad aiutarlo lapidario, poi posarono il pacco sul tavolo davanti all'argento, mentre Cloud prendeva la torta e andava in cucina a tagliarla.
"Aprilo!" lo incoraggiò Sora, sorridendo, mostrando tutta la sua dentatura in un sorriso scaltro.
Riku alzò un sopracciglio alla vista della carta che avevano usato. Era stupida, con sopra tutti palloncini e orsetti teneri. Si sentì profondamente preso per il culo.
"Immagino che la carta l'abbia scelta Axel..." commentò.
"No, è stato Sora, in realtà!" rispose il rossino, scoppiando poi a ridere quando gli vide palesarsi sul volto un'espressione assolutamente buffa.
"Non ti piace? Era così carina..." si imbronciò il suo ragazzo, abbassando lo sguardo. Riku deglutì a vuoto e lo abbracciò circondandogli un braccio intorno alle spalle.
"No, no! E' molto bella!" si affrettò a dire e Sora parve riprendersi.
"Lo vuoi aprire o no, prima che lo frulli dalla finestra?" sbottò Vanitas, spazientito, perché non amava che la gente ci mettesse troppo tempo per fare qualcosa. Lo mandava in bestia.
Riku gli fece cenno di calmarsi, poi strappò la carta e quando vide il suo regalo, chiuso in una scatola di cartone, rimase immobile, senza espressione facciale, con le braccia molli lungo i fianchi e gli occhi lucidi.
"Non credo abbia capito cos'è..." sussurrò Van, rivolto a Ventus, che lo abbracciò e rise divertito da quella sua costatazione.
"E'... un Charleston nuovo..." mormorò l'argento, fissandolo ancora, allibito. Non riuscì a palesare in alcun modo la sua felicità, perché era un regalo che proprio non si aspettava.
"Esattamente!" fu il commento di Axel, che era sempre più divertito dalla varietà delle espressioni del suo batterista, che quella sera stava dando il meglio di se.
"Dove... dove lo avete preso?" chiese, sempre più rapito da quella visione celestiale.
"Devi ringraziare Roxas, che se n'è occupato personalmente, dato che era quello più ferrato!" esclamò Ven, tutto borioso, circondando un braccio intorno alle spalle di suo fratello, che sorrise in direzione dell'argento, che ora lo stava guardando.
"Grazie mille, Roxas..." mormorò, visibilmente commosso dal gesto dei loro amici. Sapevano quanto fosse a disagio nel chiedere altri soldi ai suoi zii, quindi mettere insieme i loro era stato più facile. Poi, comunque, erano amici e lo avrebbero aiutato sempre come potevano, perché sapevano che lui avrebbe fatto altrettanto.
"Grazie a tutti, ragazzi!" esclamò, infine, guardandoli uno per uno, reprimendo a stento una lacrimuccia di commozione. Erano dei santi, i suoi amici, e avrebbe fatto bene a tenerseli stretti.
"Non dirlo, Ri... lo abbiamo fatto con piacere, lo sai!" rispose Ven, inclinando la testa di lato per studiare il suo viso commosso.
"E adesso vedi di suonare un pochino meglio, invece di far cagare come al solito!" fu il commento altrettanto dolce di Vanitas.
Riku, a quella frase, sentì che la lacrimuccia ritornò indietro, lasciando spazio ad un'espressione rassegnata da quel tipo matto da legare che non ti faceva un complimento nemmeno a pagarlo oro.
"Ci proverò, Vanitas..." fu la sola risposta, mentre alzava gli occhi per fulminarlo e tutti scoppiavano a ridere.
Cloud tornò in sala, con la torta tagliata mentre Zack invece aveva preso i piattini da dolce con le posate. Poco dopo tutti erano intenti a gustarsi la torta e Riku, mentre chiacchieravano allegramente a tavola del più e del meno, sentì Sora prendergli la mano sotto al tavolo.
Rimase con la forchettina a mezz'aria e lo guardò, arrossendo quando gli vide sul viso un sorriso talmente dolce da farlo palpitare.
Il moretto si avvicinò, tirandosi con la sedia accanto a lui, poi gli posò la testa sulla spalla e chiuse gli occhi.
"Anch'io ho un regalo per te..." mormorò, vicino al suo orecchie, in modo che solo lui potesse sentirlo.
Riku alzò un sopracciglio.
"Ah, sì?"
Sora non aprì gli occhi, ma annuì leggermente: "Sì... ma dovrò dormire qui per fare in modo che tu lo riceva!"
L'argento sobbalzò sulle spalle, sentendosi avvampare letteralmente, mentre il pezzo di dolce ancora attaccato alla forchetta cadeva sul piatto al suono di 'splat'. Quando poi lo sentì ghignare malignamente, si chinò rassegnato e gli lasciò un bacio sulle labbra, scoprendo che erano dolcissime per via della crema della torta.
"Sei tremendo!" gli mormorò Riku, ridacchiando.
Sora fece spallucce e aprì gli occhi, rivelandone quei due diamanti celesti illuminati come due fari, che lo accecarono.
"Lo so..." rispose, semplicemente.
Quando tutti finirono di mangiare la torta, rimasero a chiacchierare per parecchio, al tavolo, organizzando anche la famosa settimana nella casa dei nonni di Van e Sora. Il più piccolo dei fratelli e Riku sarebbero partiti 3 giorni a Parigi, ma non avrebbero rinunciato per nulla al mondo a fare una vacanza tutti assieme.
Sora, poi, era entusiasta che anche Roxas avesse deciso di unirsi a loro. Era nata una bella amicizia tra di loro e aveva un sacco di cose da fargli fare, in vacanza, per farlo divertire e sapeva che il biondino lo avrebbe seguito sempre, perché doveva ancora imparare un sacco di cose.
Quando decisero di tornare a casa perché si stava facendo tardi e, malgrado loro fossero in ferie, gli zii di Riku il giorno dopo avrebbero lavorato, quindi non potevano trattenersi poi molto.
Comunque era quasi l'una, quando tutti si salutarono e si accinsero a tornare a casa, a parte Sora che infine sarebbe rimasto davvero a dormire da Riku per dargli il suo regalo personale.
L'argento, ovviamente, non era più nella pelle.
"Allora noi andiamo! Mi raccomando, non esagerate!" si raccomandò Vanitas.
Riku si riteneva fortuna che il suo amico non fosse geloso fradicio di suo fratello. Cercò di prefigurarsi davanti la stessa scena ma con Axel e Roxas e un Ventus che prendeva a pugni il rossino quando questi gli diceva che suo fratello avrebbe dormito da lui... si, decisamente gli era andata bene, malgrado Vanitas non fosse tanto normale.
"Ci proveremo!" rispose Riku, facendo un sorrisetto scaltro che fece arrossire Sora.
"Ci vediamo domani, Ri! Buonanotte!" esclamò Ventus, dolcemente, mentre gli altri lo imitavano. Non appena l'argento chiuse la porta, i quattro si avviarono verso l'ascensore, che presero poco dopo, finché non iniziarono a camminare lungo il marciapiedi, verso la stessa direzione.
Vanitas avrebbe dormito da Ventus e Axel ne fu sollevato, perché ora camminavano mano nella mano di fronte a lui e Roxas, senza curarsi di loro.
Meglio, avrebbe avuto un po' di tempo per parlare con la sua peste, anche se non avevano fatto altro tutta la sera, seduti uno accanto all'altro, punzecchiandosi continuamente.
"Sono proprio contento che a Riku sia piaciuto il nostro regalo!" esclamò Roxas, entusiasta davvero di quel fatto, sorridendo.
"Già! Grazie per averlo trovato per noi!"
Il biondino lo guardò: "Non c'è bisogno, l'ho fatto volentieri!"
Axel si perse per un attimo nel mare splendente dei suoi occhi, mentre lo guardava con quelle pupille illuminate, poi gli arruffò i capelli.
"Smettila di essere così adorabile, accidenti!" lo redarguì il rossino.
Roxas sbuffò fintamente scocciato: "E tu smettila di comprarmi con questi stupidi complimenti!"
Axel alzò un sopracciglio: "Comprarti? Io se voglio ti rapisco e non ti lascio più andare, piccola peste!"
Davanti a quel sorriso scaltro, il biondino si bloccò, fermandosi, mentre suo fratello e Vanitas continuavano a camminare di fronte a loro, abbracciati.
"Perché invece domani non ti fai rapire da me e vieni a casa mia?" chiese, nemmeno troppo timidamente. Anzi, sembrava parecchio di fretta e Axel si rese conto che erano quasi arrivati a casa sua e che quindi quella proposta doveva fargliela per forza in quel momento.
"Perché a casa tua?"
"Perché sono da solo domani!" rispose il biondino, abbassando la voce per non farsi sentire da suo fratello.
Axel sospirò, ricordandosi di come era riuscito a mantenere l'autocontrollo per un soffio, quel giorno a casa sua, mentre erano da soli.
Si passò una mano tra i capelli, stancamente, senza guardarlo, ma non voleva dirgli di no. Così si prefissò di prendersi a ginocchiate i testicoli prima di andare per essere sicuro che non avrebbe compiuto nemmeno un passo falso.
"Va bene... domani pomeriggio sono tutto tuo! Voglio un succo alla pera tutto per me!" esclamò, ricominciando poi a camminare, seguito da Roxas.
Il bassista sorrise, contento che gli avesse detto di sì: "Va bene, vedrò cosa posso fare!"
 
Erano seduti schiena contro schiena, sul pavimento freddo del salotto, con la sola luce della finestra ad illuminare quell'ambiente che li stava circondando.
Era stato Roxas a volersi mettere così, tenendogli la mano, perché voleva fargli delle domande, tutte quelle che non gli aveva mai fatto da quando si erano conosciuti, ma si vergognava a farlo guardandolo negli occhi.
Quando gli aveva posato la schiena sulla sua, Axel non gli aveva chiesto il perché, ma capì. Aspettò solo che i suoi quesiti iniziassero, per poter rispondere sinceramente, perché Roxas aveva la forza di fargli dire sempre e solo la verità.
"Come hai conosciuto mio fratello?" chiese, intrecciando di più le dita alle sue, piegando le ginocchia verso il petto e poggiandovi il mento.
Axel distese una gamba, mentre l'altra la piegava leggermente e sorrise.
"Me lo ricordo come fosse ieri! Ven stava giocando a nascondino con i ragazzini della sua classe ed io con quelli della mia! Ho aperto la porta dello stanzino e ce l'ho trovato dentro. Mi ha fatto cenno di non parlare e mi ha spinto dentro con lui, dicendomi poi che quello era un nascondiglio perfetto!" rise, sorridendo a mezza bocca, mentre la mente tornava ad elaborare quell'esperienza, nitidamente. "Era fin troppo perfetto! Non ci hanno trovato per le restanti due ore! Siamo rimasti a chiacchierare per tutto quel tempo e, quando poi le maestre ci hanno trovati, preoccupatissime, eravamo i ragazzini più felici del mondo per aver vinto a nascondino così scaltramente!"
Roxas si lasciò sfuggire un debole sorriso: "Non credevo che Ventus potesse fare una cosa simile... insomma, sparire per vincere a nascondino, invece di seguire le lezioni..." constatò, leggermente divertito.
"Già, a pensarci bene mi fa strano anche a me!" rispose Axel, "Comunque quel giorno abbiamo parlato così tanto da scoprirci molto affini, così non appena ne ho avuto l'occasione l'ho fatto conoscere a Riku, che era già il mio migliore amico quando eravamo alle elementari! Lo so, non dovrei andarne fiero!"
"Invece dovresti. Siete molto affiatati!"
Axel sospirò: "Riku è un tipo strano, ma non mi ha mai tenuto nascosto nulla o detto una bugia! E' un amico leale e, a parte gli scherzi, me lo tengo ben stretto!"
"Quindi Riku e Ven li conosci dalle elementari." constatò Roxas, poi arricciò le labbra: "E Vanitas?"
Axel rise, divertito a quel ricordo: "Colpa di tuo fratello! Malgrado sembri che ci conosciamo da molto più tempo, io e Van ci conosciamo dalle seconda media, quando lui e tuo fratello sono diventati amici!"
"Prima che si mettessero insieme?"
"Esatto! Vanitas aveva preso di mira tuo fratello e sembrava odiarlo... invece lo scemo ne era già cotto da un pezzo! Quando hanno chiarito, Ven ce lo ha fatto conoscere qualche tempo dopo ed è stato amore, soprattutto per via della musica che ascoltava!" spiegò Axel, poi un sorriso malinconico gli solcò la faccia, senza che se ne accorgesse nemmeno. "Di primo impatto mi stava sul cazzo! Era arrogante e sempre acido, proprio come è ora, ma Ven continuava a dire che col tempo avremmo imparato a conoscerlo e infatti fu così. E' diventato il mio migliore amico anche lui, insieme a Riku!"
"E' una brava persona, malgrado voglia far vedere sempre il contrario..." rispose Roxas, ricordando il suo primo incontro con Vanitas, quando già stava con Ventus ed era stato davvero molto gentile con lui e col tempo era diventato una specie di fratello maggiore a cui non riusciva a non voler bene.
"Beh, sì, altrimenti non sarei suo amico!" esclamò Axel, poi continuò: "Vuoi chiedermi altro?"
Roxas non rispose subito, ma si fissò le ginocchia, pensieroso, perché c'era una domanda che voleva fargli da un po', ma non aveva il coraggio, o forse era la risposta ad intimorirlo.
Diede un paio di colpi di tosse, poi optò per esporla.
"Hai avuto molte fidanzate?" chiese, infine, con un filo di voce, pentendosi subito dopo di aver espresso quel quesito. Non era affar suo, in realtà, ma sapeva che era una curiosità dettata dal fatto che si fosse innamorato di Axel e che, forse, sapere chi c'era stato prima di lui poteva in qualche modo cambiare le cose.
Axel a quella domanda sussultò. Non tanto per la domanda stessa, quanto per il fatto che desse per scontato che era stato con delle ragazze.
Contando le effusioni continue che si facevano, malgrado non si spingessero oltre ad un dolcissimo abbraccio, era palese che ad Axel le donne non interessassero molto. Ma, comunque, non era detto.
"Roxas..." esordì, arricciando poi le labbra, perché non sapeva come esprimersi per spiegargli il concetto. "Fidanzate nemmeno una... a me non piacciono le ragazze..." spiegò.
"Io... non ci capisco molto di queste cose... nel senso: se qualcuno mi fa sentire felice e vorrei averlo accanto, che importanza ha se è maschio o femmina?" constatò, accigliandosi leggermente, il biondino, perché quel suo discorso sembrava così semplice e naturale, ma non tutti la pensavano così e questo un po' lo infastidiva.
"Lo penso anche io..." sorrise Axel, felice di sentirglielo dire.
"Hai avuto dei fidanzati, quindi?" chiese ancora il biondino, ormai intenzionato ad arrivare in fondo a quella faccenda,
"Ho avuto dei ragazzi, sì..." rispose il rossino, "Un paio, forse tre!"
"Ho capito..." fu la flebile risposta di Roxas, che represse un sospiro malinconico. Si sentì un po' geloso a quella rivelazione, ma sapeva di non poter dire o fare nulla. Era il passato di Axel ed era più grande di lui di quattro anni. Era normale che avesse avuto già delle esperienze con altre persone, ma, malgrado questo, un po' era infastidito.
Axel reclinò la testa all'indietro, poggiandola sulla sua e sorrise: "Stai bene?"
"Sì..." mormorò il biondino, affondando poi la testa tra le ginocchia, "E che forse non dovevo chiedertelo..."
"Se ti premeva saperlo, dovevi farlo! Ma sono storie passate, non pensarci..."
"E che... non ricordi nemmeno il numero esatto e quindi mi chiedevo quanto fossero stati importanti..."
Axel gli strinse di più la mano, un po' per rassicurarlo e un po' per rassicurare se stesso. Represse un sospiro, perché effettivamente aveva dato l'impressione che le sue storie passate non fossero state importanti, ma volerle dimenticare era stata una sua scelta per non soffrire ogni volta che il ricordo sarebbe riaffiorato.
"E' stato moltissimo tempo fa, Roxas... e anche se non ricordo il numero, non vuol dire che al tempo non fossero importanti! Io credo che una storia debba essere vissuta in quell'attimo, poi non importa se, una volta finita, venga ricordata con distacco. L'importante è essere stati felici in quel presente, non credi?"
Roxas non rispose subito, ma fissò un punto indefinito davanti a se, prima di rendersi conto di quanto fossero veritiere le parole del rossino, così fece spallucce e rispose: "Immagino di sì."
"Posso fartela io, ora, una domanda?"
Il biondino sussultò sulle spalle, perché la voce di Axel era un po' seria, ma ancora la sua dolcezza la continuava a caratterizzare.
"Sì..."
"Dove sei andato quella settimana che non ti sei presentato in conservatorio?" chiese il rossino, ben sapendo che non gli avrebbe mai chiesto come faceva a saperlo e il perché di quella domanda. Lo sentì solo irrigidirsi, leggermente, per poi poggiare la schiena sulla sua, lasciandosi andare completamente.
Roxas tacque per minuti interminabili e, quando il silenzio fu talmente doloroso da ferire il timpano, si ricordò di rispondere, perché la sua mente aveva iniziato a vagare.
"Al parco a suonare il violino..."
"Il parco della nostra città?" chiese Axel, leggermente stupito.
"Sì..."
"Non avevi paura che qualcuno che conoscevi potesse vederti?" domandò ancora il cantante.
Roxas fece un debole sorriso ricordando quei giorni, poi rispose: "Non mi importava molto... avevo da poco deciso di saltare anche le lezioni di violino, quindi è stata per certi versi una settimana di riflessione. Non aveva importanza essere scoperti."
"Nessuno ti ha visto suonare?"
"Un sacco di bambini si sono avvicinati per sentirmi suonare e, il terzo giorno di fila, mi si sono seduti tutti intorno e... non dicevano o facevano nulla. Ascoltavano e basta!" spiegò, inclinando la testa di lato, intenerito da quel ricordo.
"E' una cosa molto dolce..." ammise Axel, anche se un po' quel racconto lo aveva rattristato, perché se lo prefigurava, Roxas, tra quei bambini, mentre suonava malinconico e loro lo ascoltavano rapiti.
"Mi hanno ascoltato per tutti i giorni a seguire, finché ho smesso di andarci quando mi sono reso conto di aver perso troppi giorni a scuola. Non potevo continuare così o mi sarei messo nei guai"
"Ti sei sentito bene a fare questa cosa, Roxas?" chiese Axel, subito dopo.
"Sì, non me ne pento e lo rifarei, se potessi..." ammise, abbassando lo sguardo tra le ginocchia, sospirando subito dopo.
"Roxas..." lo chiamò piano, il rossino, dolcemente.
"Dimmi" rispose, senza alzare la testa dal suo piccolo nascondiglio tra le gambe.
"Suoneresti anche per me?"
 Il biondino alzò la testa e si sentì le guance in fiamme, perché il tono supplichevole che Axel aveva usato lo aveva completamente disarmato.
"Con piacere" rispose, alzandosi poi in piedi per andare a recuperare il violino in camera da letto. Lo tolse dalla custodia con molta cura e prese la stecca, tornando di nuovo in salotto e trovando Axel esattamente come lo aveva lasciato, di schiena, con un braccio poggiato ad un ginocchio piegato.
Si sedette di nuovo, poggiandosi a lui e si mise il violino sotto al mento, pronto a suonare.
"Vuoi sentire qualcosa in particolare?" chiese, titubante.
"Quella... quella musica che mi hai suonato quella volta al pianoforte... quella che volevo chiamarla come te."
Roxas sorrise debolmente a quel ricordo, sentendo le guance arrossire un po'. Abbassò le ciglia per contemplarsi le scarpe e poi si accinse a suonare.
Non appena la stecca toccò le corde tirate del violino, la musica soave e lenta di quella melodia li inondò.
Axel, appena la sentì, chiuse gli occhi, reclinando la testa all'indietro e poggiandola di nuovo a quella di Roxas, che continuava a suonare quella musica come se non servisse altro che quello, per continuare a vivere.
E il rossino cominciò a fantasticare, come al solito, cullato dalla musica e dal contatto della sua schiena contro quella del biondino. Si strinse le ginocchia al petto, sentendosi felice, ma anche malinconico, ma sempre più innamorato.
Non c'era niente di più dolce che ascoltare le note di quella armonia, vicino alla persona più importante della sua vita. Si sentiva bene, ma si sentiva anche scoppiare perché mille e più emozioni gli tartassavano la testa e l'anima e, in un certo senso, era anche molto doloroso.
Quando Roxas smise di suonare, poggiò con delicatezza il violino sul marmo, continuando a tenere la stecca in una mano e lisciandola con l'altra, un po' nervoso.
"Suonata con il violino è ancora più bella..." ammise il rossino, fissando un punto indefinito di fronte a se, poggiando il mento sulle ginocchia.
"Non l'avevo mai provata con il violino... effettivamente è molto meglio" rispose l'altro, un po' in imbarazzo ad ammettere una cosa simile. Non gli erano mai piaciute le cose che aveva scritto, ma questa, in qualche modo, era un po' la canzone sua e di Axel. Gli venne da sorridere a quel pensiero. "Andiamo nella stanza del pianoforte?" chiese, subito dopo e l'altro acconsentì, alzandosi in piedi e facendosi prendere per mano.
Axel lo seguì mentre raggiungeva la porta di legno che li avrebbe portati nell'imponente sala che ospitava il pianoforte del biondino.
Aprì la porta e rimasero per qualche istante a fissare l'immobilità di quello strumento così regale e magnifico, fermo immobile ad attendere che qualcuno premesse i suoi tasti.
Roxas si avvicinò, lentamente, tenendo ancora per mano il rossino, che lo seguiva senza dire una parola. Si lasciava trascinare, in ogni dove, perché era quello che voleva fare di più al mondo con quel biondino meraviglioso. Non aveva bisogno di chiedergli spiegazioni, quando si trattava di ricevere certi gesti, dettati da una naturalezza e un amore sconfinato.
Il più piccolo fronteggiò la tastiera e premette leggermente qualche tasto, lasciando che la stanza venisse inondata da una melodia delicata e piacevole.
Axel chiuse gli occhi, stringendo di più la sua mano libera e si avvicinò alla sua schiena, ascoltando con le orecchie e con il cuore, quel suono soave che veniva da quelle dita angeliche, affusolate, candide e lisce.
Roxas continuò a suonare, sorridendo leggermente, percependo dietro di se la presenza rassicurante del suo cantante; sentendo il suo petto poggiare sulla sua schiena un po' ricurva sul piano.
Axel alzò l'altra mano per fermarlo delicatamente. Quando il biondino fu immobile di fronte a lui, chiuse delicatamente la tastiera del pianoforte, poi lo strinse da dietro, circondandogli le braccia intorno alla vita e poggiando una guancia tra i suoi capelli.
"Cocco..."
Roxas rise leggermente, ricordandosi del giorno in cui Axel lo aveva accompagnato a casa e gli aveva detto la stessa frase, quando si era alzato quel leggero vento e aveva inebriato il cantante di quell'odore meraviglioso.
"So che ti piace, così ho continuato a comprare quello shampoo..." ammise, posando le mani sulle sue.
Axel non rispose. Gli baciò la testa, con una lentezza quasi snervante, continuando ad inebriarsi da quell'odore assuefacente.
Quando si staccò lo fece voltare lentamente, fronteggiandolo e Roxas incrociò i suoi occhi verdi, così accesi e meravigliosi, che gli fecero sentire un brivido lungo la schiena.
Axel lo prese per i fianchi e lo alzò, facendolo sedere sulla superficie del pianoforte. Il biondino lo guardò compiere quel gesto, senza sapere cosa dire. Sentiva solo che era pronto a tutti; qualsiasi cosa fosse questo tutto.
Il cantante lo guardò, avvicinandosi al suo viso per contemplarlo. I suoi occhi esitavano sulla pelle chiara del suo collo, alzandosi poco dopo ad ammirare quel mento perfetto per poi soffermarsi su quelle labbra così invitanti. Rosa, simmetriche, dannatamente stupende. Avrebbe commesso un grave peccato ad appropriarsene?
Roxas lo fissava con le pupille tremanti, accese, un po' lucide per l'emozione. Le mani gli tremavano un po', ma riuscì ad alzarne una per carezzare una guancia spigolosa di Axel, che si sentì totalmente inebriato da quel tocco delicato.
Il cantante poggiò le mani sul pianoforte, piegandosi ancora verso di lui, fissandolo.
"Roxas..." mormorò, perché non era sicuro di volerlo fare. Non era sicuro che lui fosse pronto. Non era sicuro che non lo avrebbe ferito per davvero, sta volta.
Il biondino sorrise leggermente e lo zittì posandogli un dito sulla bocca.
"Shhhh, fallo e basta!" disse, semplicemente.
Axel chiuse gli occhi, staccando le mani dalla superficie liscia del pianoforte e le portò delicatamente sul viso di Roxas, esitando per un attimo nel compiere quel contatto, prima di prendere un lungo sospiro per poi sfiorare leggermente quelle labbra che bramava da una vita. Sentì tremare ogni singolo muscolo, ogni singolo osso, ogni singola cellula del suo corpo.
Lo stava baciando e si rese conto di aver appena realizzato il desiderio più grande della sua vita.
Roxas gli circondò le braccia intorno al collo e il rossino lo sentì ancora più vicino e non gli importava niente che le ginocchia gli stessero premendo contro la tastiera chiusa facendogli male, perché la sua testa non aveva tempo per dedicarsi ad un dolore che non avrebbe mai sentito.
Tutto ciò che contornava quell'attimo era sparito, perché non era necessario.
Non c'era bisogno di nessuno scenario, di nessuna musica romantica o di un profumo particolare a fare atmosfera. C'era mani, labbra e cuore. Non serviva altro.
Axel si staccò lentamente, sentendo i fili rosa dell'altro staccarsi dalle sue labbra come se si stessero scollando lentamente. Come quando togli la pellicola ad un foglio adesivo.
Aprì gli occhi, lentamente, e vide che Roxas stava piangendo.
Aggrottò le sopracciglia: "Ehi... ehi, non piangere..."
In totale contrasto con le sue parole, Roxas strinse gli occhi cominciando a singhiozzare, sempre più forte, echeggiando nella stanza vuota dove il ricordo del loro primo bacio sarebbe rimbombato per sempre.
Axel non gli staccò nemmeno per un istante le mani dal suo viso, come a volerlo sorreggere, come se da un momento all'altro dovesse cadergli.
"E' stato... il mio primo vero bacio..." singhiozzò il biondino, passandosi i palmi delle mani sugli occhi per asciugarli, anche se le lacrime sembravano aumentare, invece che diminuire.
"Forse... forse avrei dovuto aspettare... forse..."
"No!" rispose l'altro, sicuro di se, riaprendo gli occhi e incatenandoli a quelli del cantante. "Sono... sono solo felice che sia successo con te..."
Axel capì. Roxas non aveva mai provato grandi sensazioni nella sua vita, e quelle poche che aveva sentito erano solo tremendamente angoscianti e terribili. Da qualche tempo aveva sentito sulla sua pelle cosa volesse dire essere felici, soprattutto grazie al suo aiuto e, intuendo che quello fosse un pianto di felicità, Axel si sentì più rincuorato. Poteva piangere quanto voleva, ciò che importava era che non fosse dettato ad una profonda sofferenza.
Non più.
Gli posò un bacio sulla fronte e poi tornò a guardarlo, sorridendo leggermente, passandogli una mano tra i capelli biondi.
"Credevo stessi piangendo perché bacio da schifo..." mormorò, con un leggero sorriso.
Roxas singhiozzò e rise allo stesso tempo, producendo un suono gutturale tenerissimo.
Non rispose a quella stupida battuta, che comunque lo aveva tranquillizzato, ma si limitò a staccare le braccia dal collo del rossino per prendergli le mani tra le sue e stringerle dolcemente.
Tirò su col naso, senza smettere un solo istante di guardarlo.
Axel gli carezzò la punta del naso col suo, sorridendo leggermente.
"Stai bene?" chiese, a bassa voce.
Roxas annuì e slegò una mano per stropicciarsi un occhietto umido, facendo intenerire di più il cantante.
Axel capì che non aveva voglia di parlare, forse perché stava cercando di mettere in ordine le idee che aveva in testa. Lo abbracciò dolcemente, sentendo le sue mani aggrapparsi alla sua maglietta, delicatamente, cercando di sentire la sua presenza più vicina possibile.
"Roxas..." esordì il rossino, sentendo il cuore scoppiare, perché voleva dirgli un sacco di cose e non sapeva se lui fosse disposto ad ascoltarle. Quando lo sentì stringere di più la presa non appena ebbe sentito il suo nome, capì che lui era pronto ad ascoltare tutto ciò che voleva dirgli, e si sentì più sicuro. "Tu... sei la cosa più bella che potesse capitarmi nella vita. Sei l'essere più meraviglioso che io abbia avuto la fortuna di incontrare e credimi quando ti dico che è così, perché lo penso davvero..."
Roxas posò una guancia sulla sua spalla e sorrise, con gli occhietti ancora umidi e perlati da piccole lacrime. Sospirò leggermente, alleggerito da tutta l'ansia e l'angoscia che lo aveva attanagliato poco prima.
"Mi chiedo dove fossi nascosto fino ad ora..." mormorò ancora il rossino, un po' affranto, perché davvero avrebbe voluto conoscerlo molto prima.
"Ti aspettavo" rispose Roxas, piano, con la voce rauca, graffiata ancora da quel pianto che poco prima aveva palesato.
"Ho capito, come al solito sono arrivato in ritardo anche su questo!" sbuffò Axel, mezzo divertito e facendolo ridere un po' per la sua irriverenza, che non riusciva proprio a tenere a bada. Gli piace anche per quello.
Axel si staccò e lo prese per le spalle, perché voleva guardarlo, ammirarlo, voleva baciarlo ancora, per sempre, per l'eternità, se solo avesse potuto.
"Posso baciarti ancora?" chiese, stupidamente.
Roxas gli diede un buffetto sul naso e scosse la testa, rassegnato.
"Non devi chiedermelo mai più, stupido!"
Axel si fece sfuggire un sorriso scaltro, prima di chinarsi di nuovo sulle sue labbra per baciarlo dolcemente, mentre Roxas, di nuovo, gli circondava le braccia intorno al collo.
"Avrei dovuto baciarti molto prima..." ammise il rossino, quando si furono staccati.
"Eri troppo codardo per farlo!" controbatté Roxas, scoppiando poi a ridere.
Axel sussultò sulle spalle, poi gli strinse il naso tra le dita: "Ehi, piccolo insolente!"
Roxas ridacchiò di nuovo, poi si fece serio e gli posò una mano sulla guancia.
"Axel... tu sei stato capace di aspettare sempre il momento giusto, e non parlo solo di questo. Tu hai sempre saputo prendermi, hai sempre saputo usare le parole giuste al momento giusto. Io non credo esista nessuna persona al mondo che mi abbia capito più di te..." confessò, un po' titubante.
"Non ho fatto niente di che!" rispose l'altro.
Roxas lo zittì con un gesto della mano.
"Hai fatto moltissimo... e senza di te io non sarei quello che sono ora. Sarei ancora quel ragazzino taciturno, che sta antipatico a tutti, che non sa fare nient'altro che suonare, che non ha più nulla tra le mani per vivere..." alzò le ciglia lunghe, incurvandosi leggermente per guardarlo dal basso, sorridendo poi dolcemente. "Ora ho un sacco di cose che ho voglia di fare, ho degli amici, ho un gruppo, delle passioni... e ho te!"
Axel sgranò leggermente gli occhi, perché consapevolizzò solo in quel momento che Roxas ora era solo suo, di nessun altro. Gli apparteneva e non lo avrebbe ceduto a nessuno per nulla al mondo, non ora che lo poteva avere tutto per se.
Non disse nulla, ma gli intrecciò le dita tra le sue, chinandosi di nuovo per baciarlo, perché non aveva bisogno di altre parole o altri gesti per fargli capire quanto era importante per lui.
E, quando si staccò, sospirò perché il cuore stava per esplodergli e non riuscì a fare altro che posargli la fronte sulla sua, dolcemente, incatenando gli occhi ai suoi, perdendocisi, molto più di quanto gli era successo altre volte.
"Io... non credo di aver mai amato così tanto qualcuno, come sto amando te in questo istante..." gli disse, senza paura, senza freni. Era quello che pensava e voleva dirglielo da una vita che lo amava, che per lui era la persona più importante e necessaria della terra.
Roxas lo guardò e sorrise, sentendo le lacrime di nuovo salirgli agli occhi. Si sentì emozionato, capito, ammirato ma, soprattutto, amato per la prima volta nella sua vita.
"Io invece non ho mai amato nessuno in vita mia... ma se questo è amore, allora voglio poterlo provare per sempre..." ammise, mentre una lacrima gli scendeva lungo la guancia. "Mi batte forte il cuore..."
"Anche a me..." rispose l'altro.
"E adesso so il perché" sorrise Roxas, poi alzò il viso per baciarlo di nuovo, perché lo voleva, lo pretendeva e sapeva che se non lo avesse fatto, il cuore gli sarebbe esploso per tutte quelle sensazioni che provava, di cui, però, ora era consapevole.
Era consapevole anche che, malgrado i baci ricevuto da quell'uomo, quello di Axel era stato il suo primo, vero bacio e non avrebbe voluto riceverlo da nessun altro. Lo avrebbe sempre ricordato come il primo, unico e insostituibile. Nemmeno il ricordo degli altri lo poteva eclissare, perché era stato bello ed era stato dato con dolcezza, con amore, con tutta quella attenzione che Axel metteva in ogni gesto che dedicava solo a lui.
Si disse, poi, che quel ricordo doveva imprimerselo nella mente per sempre, perché era troppo importante per essere dimenticato.
 
Quando Axel e Roxas raggiunsero il parchetto della facoltà, mano nella mano, non si premurarono molto degli sguardi straniti dei loro amici. In fondo non era importante, e nemmeno interessante, vedere le loro facce basite. Nessuno poi riuscì a dire nulla, nemmeno un saluto.
"Ehi, ciao eh! Non so se ve ne siete accorti, ma noi siamo arrivati!" esordì il rossino, alzando la mano libera per farsi vedere.
"Axel, non so se te ne sei accorto, ma siamo un po' shockati!" rispose Vanitas, pungente, alzando un sopracciglio, mentre Ventus accanto a lui sorrideva, fissando le mani intrecciate dei due.
"Dal fatto che sto tenendo per mano il fratello del tuo fidanzato?" chiese ancora Axel, mentre Roxas ridacchiava arrossendo un po', perché non sapeva proprio come comportarsi.
"Del fatto che ho paura a chiederti se sei diventato mio cognato anche tu..." mormorò l'altro, mentre il suo sopracciglio raggiungeva livelli disumani di altezza. Axel credé di vederlo partire in volo da un momento all'altro, stile rondine a primavera.
"Ancora con questa storia? Ma ci stai in fissa! Nessuno ti vuole come cognato, mettitelo in testa, Van!" esordì Riku, indicandolo con un gesto teatrale, perdendo la pazienza. Era un chiodo fisso, santo cielo!
Vanitas si voltò a guardarlo, fulminandolo: "Senti, non è colpa mia se vi imparentate con me e con il mio ragazzo! Questi sono i gradi di parentela, che vi piaccia o no!" disse, tra i denti.
"Ma sei tu quello polemico che non ci vuole come cognati, che cazzo vuoi?"
"Bella chioma, abbassa le penne o ti faccio pentire di essere venuto al mondo!" controbatté Vanitas.
"Come, a colpi di progetti architettonici?" lo punzecchiò l'altro mentre Sora si spiaccicava una mano sulla faccia, ormai totalmente rassegnato alla loro stupidità. Non solo suo fratello era un demente, ma Riku non era da meno quando ci si metteva a litigare.
Axel e Roxas li guardavano battibeccare, consci che si fosse perso il punto iniziale della conversazione, e ne erano un po' contenti, soprattutto il bassista.
Si sedettero sull'erba, accanto a Ven, che li guardò dolcemente, avendo già capito che cosa era successo.
"Tutto bene?" chiese il biondino.
Axel si lanciò una fugace occhiata con Roxas, che gli strinse di nuovo la mano tra la sua, sorridendo.
"Sì, sì! Voi?"
"Oh, avanti Axel... non cercare di svicolare! Vogliamo sapere tutto!" esclamò Ven, divertito.
"Guarda che non c'è molto da dire, eh! Credi che sia qui a chiederti la benedizione e la tua approvazione per stare con tuo fratello?" chiese, aggrottando la fronte, spavaldo. Non era in imbarazzo, era contento e basta. Voleva solo che, ora che stava con Roxas, le cose non cambiassero tra lui e Ven.
E sperò che anche lui non se ne uscisse con quella stupida storia dei cognati.
"Non è a Ven che devi chiedere l'approvazione, ma a me!" ruggì Vanitas, lasciando stare Riku quando gli sentì dire quella frase.
"E tu che c'entri?"
"Io sono suo cognato, colui che si farebbe in quattro per proteggerlo!" rispose l'altro, tutto convinto, alzando a mezz'aria un pugno solenne e vittorioso.
"Perché non fai il paladino della giustizia con Sora, invece?" lo punzecchiò Axel, stringendo poi un braccio intorno alle spalle di Roxas per abbracciarlo e portarselo più vicino.
"Ti prego, non mettergli strane idee in testa! Non ho bisogno delle sue strambe idee di protezione, me la cavo benissimo da solo!" piagnucolò Sora, mettendo poi il broncio, e Riku vicino a lui scoppiò a ridere, prima di prendergli il viso tra le mani per baciargli quel labbretto sporgente che aveva.
"Ho fame!" esclamò Roxas, d'un tratto, aprendo bocca per la prima volta da quando era arrivato, perché tutto quel trambusto gli stava facendo venire solo un gran mal di testa.
"Un pozzo... un pozzo senza fondo! Abbiamo preso il gelato poco fa, Roxas!" lo redarguì Axel, chinandosi a guardarlo.
"Lo so, ma ho fame davvero... il gelato non mi ha saziato!" rispose, un po' contrariato, mentre Axel scoppiava a ridere e guardava poi Ven.
"Mi manderà in banca rotta, vero?" chiese.
Il viso di Ventus venne attraversato da un guizzo divertito, poi inclinò la testa e sospirò stancamente.
"Sì, Axel... ti manderà sul lastrico!"
Roxas si imbronciò: "Antipatici!"
Axel gli posò una mano sulla guancia per dargli un fugace bacio sulle labbra e Ven non riuscì a reprimere quel battito cardiaco birichino che gli mosse un leggero stato di gelosia, ma che catalogò come normale.
Non aveva mai visto nessuno baciare suo fratello, per quanto ogni gesto di Axel fosse sempre stato parecchio ambiguo. Ma le labbra... accidenti, che botta al cuore!
Cercò di non darlo a vedere e si promise con tutto se stesso che doveva abituarsi e basta. Non sarebbe stato l'ultimo che avrebbe visto, in fondo, no?
"Ehi, ma che ti baci, così, alla luce del sole? Sei impazzito?" urlò Vanitas, alzandosi in piedi in un riflesso incondizionato, gelosissimo.
Axel si voltò a guardarlo, shockato: "Vanitas, non so se sto per darti la notizia del secolo, ma è Sora tuo fratello, non Roxas! Semmai questa scenata doveva farmela Ven, che dici?"
Ventus chiuse gli occhi con eloquenza, calmo come sempre.
"Infatti come al solito te ne esci con cose che non stanno ne in cielo ne in terra, mostro!" disse, serio.
Vanitas gli si appiccicò come una cozza allo scoglio, indignato.
"Ven, picchialo quel maniaco! Ti vuole portare via tuo fratello! Sta tramando qualcosa, lo sento!"
"L'unica cosa che sto tramando è quella di alzarmi e darti una ginocchiata sui denti!" rispose Axel, spiaccicandosi una mano sulla faccia, rassegnato.
"Anch'io ho fame..." sbottò Sora, sentendo il pancino brontolare e arrossendo perché si era sentito chiaramente.
Tutti scoppiarono a ridere e Riku non resistette più. Lo baciò dolcemente per poi staccarsi e ridere ancora.
"Questo non mi ha saziato, Ri..." lo redarguì il moro, scherzosamente.
"Va bene, va bene! Non volevo tirarli fuori così presto ma non mi lasciate altra scelta!" esclamò Ventus, rassegnato, scotendo la testa. Chinò la schiena sulla sua borsa e ne fece emergere un porta-pranzo trasparente da dove si potevano intravedere dei muffin al cioccolato.
"Dio benedica tuo fratello, Roxas!" mormorò Sora, alzandosi in piedi e avvicinandosi al più grande dei biondi.
Ventus alzò sulla testa il porta-pranzo, per non permettergli di prenderlo, dato che conosceva troppo bene Sora e la sua fame. Diventava una bestia, come se non vedesse cibo da mesi.
"Abbi pazienza, piccoletto! Ce ne sono per tutti e anche di più!"
Aprì il coperchio e il profumo che ne venne fuori fu quanto di più buono al mondo. Chiusero tutti gli occhi, annaspandolo il più possibile e Ven scoppiò a ridere a vedere le loro facce in estasi.
"La mamma è un mostro quando si tratta di dolci! Fortuna che ho avuto abbastanza autocontrollo da non rubarne nemmeno uno!" esclamò, sorridendo in modo accattivante.
"Se lo avessi fatto saresti stato un mostro!" esclamò Vanitas, prendendo tra le mani il suo dolcetto e odorandolo. Era ancora tiepido.
"Il mostro sei tu, qui!" rispose l'altro e Van si finse offeso, poi si avvicinò per dargli un bacio sulle labbra, che l'altro accolse volentieri.
Ven distribuì i muffin a tutti, poi prese dei bricchetti dalla borsa e ne tirò uno alla pera ad Axel.
"Anche se non lo meriti, visto che vuoi rubarti mio fratello!" scherzò, redarguendolo con un ditino accusatorio davanti alla faccia.
"E' lui che vuole rubarsi me!"
"Io non voglio rubarmi nessuno!" rispose Roxas, imbronciandosi, dando poi un morso rabbioso al suo dolce e facendo ridere il cantante per la faccia che aveva fatto. "Che c'è?"
Axel rise ancora poi gli arruffò i capelli: "Niente! E' che sei tenero da morire quando sei arrabbiato!"
Roxas arrossì e si imbronciò ancora di più e tornò a nascondersi dietro al suo muffin, che era buono davvero! Sua madre aveva le mani d'oro, non c'era che dire.
"Beh, dedico questo Muffin al fatto che Axel non reggerà mai più il moccolo uscendo con noi!" esclamò Vanitas, alzando il suo dolcetto come se fosse un calice di vino.
"Ah ah ah! Che simpatico che sei!" rispose Axel, indignato, ma poi lo imitò divertito.
"Dedico questo Muffin al fatto che per la prossima mezz'ora Sora non mi stresserà perché ha fame!" disse Riku e il suo ragazzo gli diede una gomitata sulle costole, facendogli male e facendolo urlare di dolore.
"Io lo dedico al fatto che presto saremo al mare, a rilassarci, prendendo la tintarella!" diede corda Ventus, sognante, mentre con la testa era già sulla spiaggia a leggere sotto al sole.
"Io lo dedico a voi..." mormorò Roxas, imitandoli, poco dopo. Abbassò lo sguardo un po' a disagio e tutti lo guardarono inteneriti. "Grazie per tutto quello che avete fatto e che state facendo per me..."
"Non dirlo nemmeno, Roxas..." rispose Vanitas, leggermente commosso, reprimendo una lacrimuccia di emozione.
"E' molto importante per me che lo sappiate." continuò il biondino, poi alzò lo sguardo e cercò di sorridere per non lasciarsi sopraffare dai brutti pensieri.
"Stasera andiamo a mangiare una pizza tutti assieme, poi andiamo allo Strawberry! Che ne dite?" propose Ventus, entusiasta, perché quel sorriso che suo fratello aveva fatto lo aveva ricaricato.
Axel mandò giù l'ultimo boccone del suo muffin e circondò di nuovo un braccio intorno alle spalle di Roxas, che stava ancora a metà del suo, come al solito lento come una lumaca.
Si godeva il gusto delle cose... Mah!
"Va bene! A te va, piccola peste?" chiese, voltandosi a guardarlo.
"No, stasera volevo leggere un saggio di Kierkegaard su Mozart!"
Axel alzò un sopracciglio, prima di fissarlo torvo non sapendo se stesse scherzando o no.
Roxas scoppiò a ridere: "Scherzavo, scherzavo! Certo che mi va!" esclamò, lapidario, cercando di giustificarsi, mentre Axel lo abbracciava di nuovo con una certa violenza, data la sua insolenza ormai latente.
"Un mostro... ho creato un mostro!" mormorò a bassa voce, ma non abbastanza da non farsi sentire da Roxas, che gli lasciò un fugace bacio sulla guancia per prenderlo di sorpresa.
Axel si voltò, e lo baciò sulle labbra per fargli capire che certe cose, a lui, non lo imbarazzavano.
Roxas, al contrario, arrossì.
"Siete vomitevoli peggio di Sora e Riku!" commentò Vanitas, storcendo il naso, mentre Ven ridacchiava nervoso. Non si sarebbe abituato mai, accidenti!
"Noi non siamo vomitevoli, piuttosto voi due lo siete!" ribatté Sora, indignato, indicando suo fratello e il suo ragazzo. Riku annuì con vigore per dargli corda.
"A me non fai incazzare tu, razza di bimbetto! Mi fa incazzare quel tipo accanto a te, che se la ridacchia e annuisce! Ma che ti annuisci, pezzente, che ti prendo a pugni finché non mi chiedi pietà!" rispose acido come sempre l'altro, stringendo un pugno per mostrarlo minaccioso.
"Devi prima vedere se ci riesci!" rispose Riku, in tono indifferente, incrociando le braccia al petto.
"Ci riesco, ci riesco, vuoi che te lo dimostri?"
"Eddai, calmatevi! Che agonia sopportarvi, mamma mia!" si intromise Ven, alzando gli occhi al cielo e tentando di fermare quello stupido siparietto, senza riuscirci e trovandocisi dentro.
Axel e Roxas li guardavano battibeccare divertiti, tenendosi per mano, felici che le cose non fossero cambiate per niente e che quella solita aria familiare continuava a tener loro compagnia costantemente.
Si voltarono a guardarsi quasi all'unisono e furono leggermente divertiti da quella sinergia.
Axel gli posò la fronte sulla sua e sorrise, ricambiato da due occhi innamorati come non mai, che erano ancora più solari di quelle labbra.
Il cantante chiuse gli occhi e lo baciò, dolcemente, approfittando che nessuno si stesse curando di loro.
Lo avrebbe baciato in ogni istante, se solo avesse potuto e ogni occasione era da prendere al volo senza esitare. Si sarebbe appropriato di quelle labbra ogni volta che poteva.
E a Roxas, comunque, non dispiaceva neppure che lui se ne impadronisse così spesso.
 
 
"Allora sei proprio sicuro?"
"Non molto, se mi guardi così!"
La voce dell'altoparlante della stazione chiamò un treno in arrivo, mentre da lontano si percepiva il suono delle ruote ferrose grattare sulle rotaie, frenando.
Non era il treno che Roxas avrebbe preso, ma quello stava comunque per arrivare.
Axel gli strinse la mano, fermo immobile davanti a lui sulla banchina, in attesa, mentre un miliardo di persone andavano e veniva, trascinandosi valige rigonfie e parlando al cellulare.
"Se continuo a guardarti così non parti?" chiese il rossino, mostrando la dentatura in un sorriso speranzoso. Scherzava, ma nello stesso tempo sperava che quella richiesta potesse essere esaudita.
Roxas rise e si alzò sulla punta dei piedi per lasciargli un bacio sulle labbra.
"Probabilmente, se insisti di più, potrei cambiare idea, ma dovrei ucciderti dato che ormai ho già tutto pagato!" disse, quando si staccò, tornando a posare la pianta dei piedi sul pavimento di marmo della stazione.
Axel sospirò: "Certo che sei proprio una peste bella e buona, eh! Anni e anni resecato in questa merda di città e ora che stiamo per festeggiare il nostro primo anno insieme te ne vai... potevi pensarci prima di conoscermi!" sbuffò, grattandosi poi la testa, un po' contrariato.
"Guarda che se sono diventato così peste, è solo colpa tua! Se non mi avessi cambiato la vita in questo modo, ora sarei ancora chiuso in camera mia a farmi la gobba sui libri!" scherzò Roxas, incrociando le braccia al petto.
"Io è un sacco che ti dico che ho creato un mostro, sei tu che non vuoi credermi!"
Roxas lo guardò sorridendo, poi inclinò la testa di lato e aggrottò le sopracciglia.
"Mi mancherai un sacco, Axel..." sbottò, improvvisamente, rendendosi conto che stava davvero per separarsi dal ragazzo che amava, per partire un anno in un paese straniero.
Axel lo guardò e le sue braccia ricaddero pesanti lungo i fianchi, perché quella frase gli aveva fatto male, detta dopo tutte quelle stronzate. Aggrottò le sopracciglia e lo fissò con gli occhi tremanti, prima di stringerlo a se e abbracciarlo dolcemente.
"Anche tu mi mancherai un sacco, Roxas..."
Il biondino posò una guancia sulla sua spalla, sentendo che da lì a poco sarebbe scoppiato a piangere, perché era sicuro al cento per cento della sua decisione, ma l'unica cosa che lo aveva spinto a prenderla il più tardi possibile era proprio il fatto di doversi separare da Axel.
Il cantante sentì la sua guancia morbida sulla sua clavicola e si ritrovò a pensare che nel giro di un anno si era alzato parecchio in altezza. Pensare che quando si erano messi insieme gli arrivava all'altezza del cuore.
Alzò una mano per carezzargli i capelli biondi, soffici, tremendamente profumati di cocco.
Tornò con la testa alla notte prima, sentendo ancora sulla sua pelle i baci passionali e le dita del biondino intorno ai suoi capelli, mentre facevano l'amore per l'ultima volta, prima della sua partenza e si rese conto che voleva piangere.
Avere Roxas tra i piedi era una delle cose più belle che gli fossero capitate in tutta la sua vita, e non voleva privarsene per nulla al mondo, ma sapeva anche che il suo ragazzo stava ancora cercando di ritrovare se stesso, di conoscersi, di capire cosa volesse dalla sua vita e quel viaggio probabilmente lo avrebbe spronato un po', cambiandolo ancora, ma lasciando che rimanesse sempre un po' se stesso.
Alzò una mano per prendergli il viso e guardarlo, staccandosi da quell'abbraccio dolcissimo.
Socchiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia, prima di avvicinarsi e baciarlo con una lentezza e profondità disarmante.
Roxas sentì il cuore infrangersi in minuscoli pezzettini di vetro, a quel contatto, conscio che fosse un bacio pieno d'amore e tristezza, dovuta alla sua partenza.
Axel si staccò e gli posò la fronte sulla sua, senza aprire gli occhi. Sospirò frustrato.
"In questo momento ho voglia di mangiare un gelato, di vedere un film abbracciati, di mangiare il sushi, di cantare mentre suoni e di fare l'amore finché non mi chiedi pietà!" esclamò, tutto d'un fiato.
"E se non ti chiedessi pietà?" chiese Roxas, maliziosamente, con un sorrisetto scaltro che fece perdere un battito al cuore del cantante, quando riaprì gli occhi per guardarlo.
"Roxas, se non la smetti di guardarmi così giuro che te lo sbatto qui seduta stante davanti a tutti!" lo redarguì, nemmeno troppo scherzosamente, visto che quel faccino da schiaffi era sempre stato il motivo numero uno dei suoi sogni erotici.
Il biondino ridacchiò, poi gli si avvicinò all'orecchio e gli disse qualcosa e quando si allontanò Axel divenne rosso come un peperone, dandogli poi uno scappellotto dietro la testa per punirlo.
"Sei tremendo! Tremendo! Pervertito che non sei altro!"
"Lo so!" ammise l'altro, alzando gli occhi al cielo, prima di abbracciarlo di nuovo dolcemente, contraccambiato.
"Uffa..." mormorò semplicemente Axel, prima di sbuffare, mentre poggiava il mento sulla sua testa.
"Mentre sono via studia e datti da fare... non voglio che per colpa mia cali il tuo rendimento" si raccomandò il biondino.
"Ci proverò... ma non posso garantirti nulla. Questa partenza mi fa troppo male..."
"Lo so... e mi dispiace dovermene andare, ma so che mi servirà"
"Non ho detto che non sia così, Roxas... è solo molto triste, tutto qui" ammise l'altro, sospirando poi malinconico.
"Possiamo sentirci quando vogliamo, Axel. Il college ha la connessione WiFi libera, quindi potrò usufruire di internet in ogni istante!" cercò di rassicurarlo, sentendo però le lacrime di nuovo salirgli agli occhi.
"Vorrei che fosse dotata di teletrasporto, così quando decido di volerti vedere posso farlo quando voglio..." rispose l'altro, saggiamente, sempre più sconfortato, per quanto forse quell'esperienza li avrebbe aiutati ad unirsi di più, per via della lontananza.
Roxas scoppiò a piangere, dopo quella frase, perché non riusciva più a trattenersi. Strinse due pugni nella maglia del rossino, nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla, lasciandosi andare.
Axel cercò di mantenere il controllo più che poteva. Doveva essere forte, come sempre, quello più fermo e padrone della situazione.
Egoisticamente, voleva che non partisse più. Non gli importava delle esperienze, dello studio o di tutti quei cazzi di cui Roxas gli aveva parlato tanto e di cui sentiva la necessità. Aveva bisogno di lui, lì, accanto, pronto a vedersi quando volevano e se pure il tragitto da casa sua a casa del biondino gli sembrasse sempre lunghissimo, questa partenza gli sembrava che avesse allungato la distanza all'infinito, e gli fece male solo il pensiero dei kilometri che li avrebbero separati.
"Mi mancherà stringerti così... mi mancherà guardarti negli occhi, intrecciare le mani alle tue, carezzarti i capelli, vederti sorridere..." si bloccò, staccandosi e guardandolo. Esitò per un attimo sulle sue labbra, chinandosi "Cristo, mi mancheranno queste labbra più di quanto tu possa credere..." mormorò, poi lo baciò, sentendo la sua bocca salata per via delle lacrime che gli avevano bagnato le labbra.
Roxas gli strinse le braccia intorno al collo, perché ora come ora l'idea di sentirlo più vicino possibile era il suo unico conforto. Continuò a piangere, perché era triste, perché un po' era pentito, ma non così tanto da fargli  cambiare idea.
Doveva andare, vivere, cambiare aria e poi tornare dal suo principe, che lo avrebbe sempre aspettato.
Quando si staccò da quel bacio vide che anche Axel si era messo a piangere, perché il treno stava arrivando e lo aveva sentito da lontano.
La consapevolezza che di li a pochi minuti sarebbe partito lo schiacciò, ma cercò di non cedere e posò le mani sulle guance del rossino, cercando di confortarlo, per quanto fosse la persona meno adatta, visto che era lui l'artefice del suo pianto disperato.
Si sentì morire.
"Passerà subito, Axel... te lo prometto" mormorò, tra le lacrime, cercando di sorridere.
"Vorrei che fosse davvero così" rispose l'altro, sempre più angosciato.
"Tornerò per le vacanze di Natale e poi per Pasqua, per il tuo compleanno, per quello di Ven... tornerò ogni volta che potrò!"
"Va bene..." rispose Axel, annuendo leggermente, cercando di dargli a vedere che la cosa lo avesse un po' confortato, ma non era così. Il solo pensiero di vederlo tornare e poi ripartire gli fece ancora più male, ma non voleva ferirlo perché sapeva che anche lui ne avrebbe sofferto.
Roxas gli prese le mani tra le sue e sentì il treno frenare dietro di se, fino a fermarsi. Chiuse gli occhi, mentre il vento leggero che si era alzato gli spettinava i capelli. Strinse dolorosamente le palpebre, quando tutto cessò,  come se avesse paura che di li a poco dovesse scendere qualcuno e prenderlo di peso per farlo salire.
Ventus, Vanitas, Riku e Sora si avvicinarono, perché il biondino li aveva guardati in un tacito invito a farlo.
Aveva ancora pochi minuti e avrebbe dovuto salutarli tutti quanti, sebbene avrebbe preferito passare quel tempo da solo con Axel.
"Torna presto, Roxas!" si raccomandò Sora, avvicinandosi e abbracciandolo.
Il biondino sorrise leggermente, perché ormai non poteva fare a meno nemmeno più del suo migliore amico. Avevano legato tantissimo durante quell'anno e sapeva che anche le cazzate fatte con lui gli sarebbero mancate moltissimo.
"Lo farò, te lo prometto Sora!" disse, per poi prenderlo per le spalle e guardarlo. Sora gli diede un bacio sulla guancia, frettolosamente, perché gli venne da piangere e si voltò asciugandosi una lacrima e tornando da Riku che lo abbracciò per consolarlo.
Roxas lo guardò:  gli sarebbe mancato anche quel suo maledetto modo di fare tenero e spensierato e tutta quel suo genuino modo di affrontare le cose, rendendole sempre magiche e pure.
Vanitas si avvicinò, con un'espressione sul volto indescrivibile. Non seppe come catalogarlo. Era triste? Arrabbiato? Indifferente?
Smise di chiederselo quando gli si avvinghiò al collo, disperato.
"Roxas, non andare! Non andare via!" piagnucolò stringendolo fortissimo e facendogli male.
"Ehi, Van... non preoccuparti, tornerò! Non è un addio!" ridacchiò, spaesato, senza sapere se contraccambiare l'abbraccio o no.
"Se te ne vai Axel sarà intrattabile ed io dovrò ucciderlo! Non ti basta come motivazione per restare?"
"Ehi!" sbottò il rossino, indignato.
"Non preoccuparti, saprò tenerlo a bada anche da lontano!" rispose Roxas, divertito.
"Ehi!" ripeté Axel, "Ma è una cospirazione contro di me?"
"Sta zitto, rossino!" controbatté Vanitas, acido, poi si staccò dall'abbraccio e tirò su col naso. "Spero che ti servirà davvero questo viaggio... o quando tornerai dovrò picchiarti!"
Roxas deglutì a vuoto dopo quella minaccia: "Farò di tutto per farlo fruttare al meglio, allora!"
"Così mi piaci! Buon viaggio Rox!"
"Grazie Van!" rispose il biondino, guardandolo voltarsi e vedendo Riku avvicinarsi.
Malgrado fossero ormai amici non avevano mai avuto gran modo di dimostrarlo, soprattutto per i loro caratteri quasi simili. Sia lui che Riku non riuscivano ad esternare il bene che volevano ai loro amici con del contatto fisico; ma questo non implicava che il loro affetto fosse da prendere sottogamba.
L'argento lo fronteggiò e lo fissò per un po', leggermente a disagio, con un sopracciglio alzato.
Si guardarono per qualche secondo, poi Riku fece un suono schioccante e buffissimo con la lingua e lo abbracciò.
"Al diavolo, stai partendo e mi mancherai! Inutile nasconderlo!" disse, tra i denti, e Roxas rise.
"Mi sento onorato!" rispose.
"Fa buon viaggio e fatti nuovi amici ma non dimenticarti di noi, intesi?" lo redarguì, prima di staccarsi dall'abbraccio e arruffargli i capelli biondi.
"Questo non potrà mai succedere, te lo assicuro Ri!" disse, ridacchiando e l'altro annuì, contendo di sentirglielo dire.
"Roxas..."
Il biondino guardò suo fratello avvicinarsi, con gli occhi lucidi che cercava di reprimere quelle dannate lacrime di tristezza. Non lo avrebbe visto per un po', proprio ora che avevano instaurato un bel rapporto di complicità che li aveva uniti tantissimo.
"Ven..." mormorò il più piccolo, aggrottando la fronte, prima di scoppiare a piangere e buttarsi tra le braccia di suo fratello, che lo accolse in lacrime anche lui.
"Accidenti a te, mi mancherai un sacco!" singhiozzò il più grande, carezzandogli i capelli.
"Anche tu! Mi mancherai tantissimo!"
"Come faccio a stare senza mio fratello per tutto questo tempo? La casa sarà così vuota senza di te..." ammise Ventus, stringendolo di più.
"Sta vicino alla mamma e confortala! Io vi penserò sempre, è una promessa Ven"
"Lo so, Roxas, lo so... ma non sai quanto fa male saperti così lontano..."
Axel si ritrovò a pensare a quanto quelle parole fossero dannatamente vere. Voleva urlare, in quel momento, e prenderlo per mano, portarselo via, chiuderlo in una stanza e rimanere con lui per sempre, se solo avesse potuto. Ma lui rispettava le decisioni della sua piccola peste, e le avrebbe sempre rispettate, malgrado questa lo facesse soffrire moltissimo.
Roxas si staccò dall'abbraccio perché l'altoparlante chiamò il suo treno in partenza e quindi doveva sbrigarsi e tornare da Axel. Ventus si chinò per baciargli la fronte e Roxas singhiozzò a quel contatto perché era un gesto fraterno dato con tanta dolcezza e lui ne aveva bisogno, in quel momento come in nessun altro.
Ven gli prese una mano e la strinse, poi gli diede un bacio sulla guancia e si allontanò, perché sapeva di dover rispettare quegli ultimi istanti che Roxas voleva passare con Axel, per salutarsi, infine, prima che il treno lo portasse via.
Il biondino gli diede un'ultima occhiata, mentre si allontanavano per lasciarli soli di nuovo, salutandolo con la mano.
Axel si avvicinò e gli prese la mano, stringendola e Roxas sentì che tremava tantissimo e si voltò a guardarlo.
"Vorrei andare a casa a dormire e risvegliarmi quando sarai tornato..." mormorò, avvicinandosi e fronteggiandolo.
"Per farmi passare questo anno senza mai sentirti? No... io non lo voglio..." rispose, cercando di sorridere.
"Roxas, voglio che tu sappia che ogni istante della tua giornata io ti penserò e che l'unica cosa che farò sarà sperare che tutto questo passi in fretta, perché non voglio perdere l'occasione di poterti essere vicino nemmeno un istante..." gli disse, prendendogli il viso tra le mani.
"Passerà, come passa tutto e tornerò da te... non dubitare di questo, mai"
"Ti amo." rispose, semplicemente, perché l'annuncio riecheggiò, intimando i passeggeri a salire perché il treno era in partenza.
Roxas aggrottò le sopracciglia e due lacrime gli scesero lungo le guance e lo fissò: "Ti amo anch'io..."
Axel lo bacio, perché ora non c'era davvero più tempo da perdere. Quel bacio sembrò durare anni, secoli; un tempo infinitamente lungo e snervante e quando si staccarono si resero conto di quanto poco fosse durato, in realtà. Troppo poco per farselo bastare per così tanto tempo.
Il rossino gli posò la fronte sulla sua e chiuse gli occhi.
"Vai, ora... prima che cambi idea e ti rapisca..." mormorò, seriamente, con le dita affondate nelle sue guance morbide e umide.
"D'accordo..." rispose lui, non del tutto sicuro.
Si staccò con una lentezza snervante, senza perdere il contatto visivo nemmeno per un istante.
Prese il trolley con una mano e indietreggiò di qualche passo, allontanandosi dal suo cantante, perché se gli fosse rimasto così vicino non avrebbe avuto più la forza di partire.
"Fa buon viaggio..." disse Axel, rendendosi conto di quanto fosse stupida quella frase, in quel momento.
"Grazie" rispose l'altro, semplicemente, poi si voltò e si avvicinò alle scalette che lo avrebbero portato sul suo treno. Un addetto lo aiutò ad alzare il trolley e lo ringraziò sorridendo leggermente, perché non aveva più la forza nemmeno di parlare.
Axel lo fissava, immobile, senza espressione.
Roxas gli diede un'ultima fugace occhiata e poi lo salutò con la mano e lui ricambiò con fatica. Vide la porta chiudersi e il biondino sparire.
Il treno poco dopo fischiò e poi cominciò a muoversi lentamente. Ven e gli altri si avvicinarono e Axel vide spuntare la testa bionda del suo bassista dal finestrino, in lacrime.
Lo seguì camminando lentamente accanto al treno che pian piano prendeva velocità.
"Mi mancherai un sacco..." mormorò il biondino, guardandolo.
"Tu di più! Non farmi preoccupare, torna presto, pensami sempre!" gli urlò quando la velocità aumentò.
Roxas sorrise: "Non dubitare di questo! Ti amo!"
Axel cominciò a correre: "Ti amo anch'io, Roxas! Ti amo!" urlò, poi rallentò e il treno sparì velocemente, portandosi via la cosa più importante della sua vita, per un lungo anno.
"Volevi seguirlo fino al college?" chiese Riku, quando lo ebbero raggiunto, ridacchiando e posandogli una mano sulla spalla.
"Lo seguirei in capo al mondo, se potessi, quella dannata peste!" rispose, cercando di sorridere, guardando ancora la linea lontana del treno serpeggiare sui binari e allontanarsi sempre più velocemente.
"Sarà un lungo anno... mi mancherà tantissimo!" esclamò Sora, abbassando lo sguardo e imbronciandosi. Riku gli circondò un braccio intorno alla spalla per confortarlo, ma anche lui era triste per la partenza di Roxas. Ormai era una presenza fissa, in più era il migliore amico del suo fidanzato, quindi era abitudine averlo tra i piedi, piacevolmente.
"Accidenti, non è nemmeno partito e già si sente la sua mancanza..." mormorò Ventus, premendosi una mano sulla bocca per soffocare un rantolo, dato che stava per mettersi a piangere di nuovo.
"Gli farà bene un viaggio simile! Vedrai che il suo ritorno gioverà a tutti! Tornerà per colmare questo vuoto!" lo rassicurò Riku.
Axel non disse nulla, ma si limitò a fissare l'orizzonte dove ormai il treno non era più visibile.
Cercò di prefigurarselo, seduto sul suo sedile, con la musica nelle orecchie, mentre masticava la gomma distrattamente, facendo le bolle per poi farle scoppiare e facendo innervosire il suo vicino di posto senza rendersene conto. Lo vide, con gli occhi chiusi, le ciglia lunghe a contornare quel viso da schiaffi che aveva, niveo, con le gote rosse e le lentiggini appena visibili. I capelli biondi spettinati davanti al viso e un libro sulle gambe pronto a fargli vivere qualche avventura.
Se lo voleva ricordare così, spensierato, o mentre sorrideva, o mentre piangeva, o mentre si arrabbiava per il suo ennesimo ritardo, o mentre lo baciava dolcemente, o mentre lo fissava intensamente mentre facevano l'amore per la milionesima volta.
Cercò di imprimersi nella mente tutti i suoi modi di essere, in ogni situazione quotidiana che, fino a qualche tempo prima, vedeva con meno importanza, ma ora tutto questo gli sarebbe mancato.
Prese un lungo sospiro e si voltò, seguito dagli altri, per uscire dalla stazione e tornare a casa e cominciare il primo giorno senza Roxas.
Si infilò le mani in tasca, mentre Sora piangeva abbracciato a Riku e Ventus teneva la mano di Vanitas, passandosi quella libera su un occhio umido.
Sospirò e sorrise leggermente, perché quel biondino anonimo che aveva conosciuto un anno prima, ora era diventato essenziale per tutti e la sua mancanza avrebbe lasciato il segno anche sugli altri.
Si passò una mano tra i capelli, cercando di rassegnarsi a quei giorni di strazio che lo aspettavano, mentre le parole che Roxas gli aveva detto prima nell'orecchio gli rimbombavano nel cervello e lo fecero ridere.
"Quando tornerò non avrai scampo e sarai tu a chiedermi pietà, perché ti incatenerò nella mia stanza senza lasciarti più andare... dopodiché vedremo come ti libererai di me, rossino!"
E Axel, di lui, non se ne sarebbe voluto liberare mai.
Fine.
 
 
Mi sembra ieri che ho iniziato a scrivere questa fic, e oggi è finita, portandosi via tutti questi meravigliosi personaggi che ho voluto portare nel nostro mondo, forgiando nuove amicizie e rafforzando quelle nuove, creando storie d'amore e raccontando di quelle che già c'erano.
Mi hanno fatto tribolare, mi hanno fatto ridere, piangere, sussultare, arrabbiare, scapocciare, ma non potrò mai dimenticarli.
Potrò scrivere altre mille fan fiction con loro protagonisti, ma mi affezionerò sempre al ruolo che gli ho dato in ogni singola storia. In questa sono ragazzi, sono musicisti, sono studenti, sono innamorati, sono problematici... e sono come noi, in un certo senso.
Li ringrazio per avermi fatto vivere questa lunga avventura e maledirò per sempre Roxas, che fino alla fine mi ha fatto patire come solo lui sa fare.
E poi ringrazio voi, che recensite, che leggete, che seguite, che avete messo la storia tra preferiti, tra ricordate... e vi ringrazio tanto, perché senza di voi questa storia non aveva senso di esistere e non l'avrei mai continuata.
Ringrazio Monique che mi ha sopportata anche dal vivo, a cui ho chiesto mille consigli, a cui rompo su Whatsapp per chiederle opinioni sincere e lei me le ha sempre date.
Ringrazio The One Winged Angel e Lady666 che si sono appassionate con tutto che non hanno mai giocato a KH e si sono affezionate ai personaggi, soprattutto a Vanitas e sono felice che sia, alla fine, il personaggio più riuscito, perché ci tenevo tantissimo che fosse così.
Ringrazio la mia ciccia Devilangel476, che mi ha sostenuta, che mi ha dato la carica, che recensisce sempre con un certo impeto e questo mi ha sempre e solo aiutata a migliorare.
Ringrazio Tenue, che amo, che è dolcissima, che è un amore di ragazza e sono così felice di averla conosciuta... soprattutto perché con le sue storie mi emoziona sempre.
Ringrazio AxelBlake che mi legge e mi recensisce i resoconti, facendomi sempre un sacco di complimenti! Sono felice di aver conosciuto anche te, dolcissima creatura.
Ringrazio Dreamer_98, anche lei dolcissima. Ogni volta che vedo il suo avatar di Naminé sono contenta di vederla, perché anche lei mi ha sempre riempita di complimenti e mi ha sempre dato la forza di continuare questa storia.
E poi tutti quelli che l'hanno letta e che, anche se non hanno recensito, ringrazio infinitamente. Vi prego solo di recensire questo ultimo capitolo, anche solo con due righe, per sapere se vi ha finito di emozionare o se è da cestinare totalmente.
Grazie a tutti davvero per esserci stati sempre, per avermi supportata. Siete tanti e io non credevo davvero di poter scrivere qualcosa che sarebbe piaciuto tanto.
E ora vi lascio alla Bonus Track, perché non posso lasciarvi senza proprio all'ultimo capitolo e ve lo meritate. E' tutto per voi, proprio come tutta la storia e i suoi strambi personaggi.
Spero che continuiate a seguirmi anche nelle prossime storie, ci tengo.
Vi adoro.
Sempre vostra.
Miryel
 
 
*Bonus Track*
Doveva fare un freddo cane fuori, perché oltre al fatto che fosse novembre inoltrato, il vento era fortissimo e gelido e l'atmosfera fuori era delle meno ospitali.
Dentro la stanza il tepore era anche troppo. I termosifoni accesi erano un toccasana, ma l'ambiente talmente piccolo che si riscaldava subito.
Roxas sentì le palpebre pesanti, perché quel caldo gli faceva venire quasi sonno.
Ma doveva studiare, perché il primo trimestre stava per finire e tra meno di un mese sarebbe tornato a casa per le vacanze di natale. Non vedeva l'ora.
Non vedeva l'ora perché tutti gli mancavano da morire, soprattutto Axel.
Incrociò le braccia sul libro di algebra e sospirò, un po' affranto, perché oltretutto il rossino non gli rispondeva dalla sera prima ed era un po' preoccupato che fosse successo qualcosa.
La connessione WiFi era stata davvero la loro salvezza!
Ogni sera, prima di andare a dormire, si sentivano e si vedevano su Skype ed era l'unico modo per tenersi in contatto ed essere il più vicini possibile. Ringraziò il cielo di essere nato nell'epoca dove la tecnologia aveva sicuramente raggiunto un ottimo livello.
Prese il cellulare, sbloccandolo, rivelandone lo sfondo dolcissimo di lui e Axel abbracciati al parco, sorridenti, vicinissimi. Fu geloso fradicio del se stesso di quel periodo.
Aprì la casella messaggi e rilesse quello di che Ventus gli aveva spedito poco prima.
"Non ho idea di dove sia Axel, mi dispiace Roxas! Magari è con Riku! Non so cosa dirti, perdonami :("
Sospirò di nuovo, sperando che presto il rossino si sarebbe fatto sentire.
Posò il cellulare di nuovo sulla scrivania e spiaccicò la fronte sul libro, continuando a sospirare, mentre lo stomaco gli si contorceva dalla preoccupazione.
E mentre chiudeva gli occhi, ormai totalmente intenzionato a lasciarsi andare e dormire, sentì bussare alla porta della sua stanza e trasalì.
Si alzò in piedi stancamente, sentendo le gambe indolenzite, perché si era alzato solo un paio di volte da quando aveva iniziato a studiare e le ginocchia gli scricchiolarono.
Aprì la porta, tirando giù la maniglia bollente per via dei termosifoni e rimase immobile, con un'espressione indefinibile sul volto, shockato.
"Hai visto un fantasma?"
Roxas, sentendo quella voce, si impietrì ancora di più, perché tutto ciò che riuscì a pensare era che probabilmente si era davvero addormentato sul libro e che avesse iniziato a sognare.
Sentì gli occhi inumidirsi involontariamente.
"Axel..." mormorò, scoppiando poi a piangere, senza riuscire a trattenersi.
Il rossino, che aveva esordito con quella battuta idiota, ma era emozionato da far schifo, lo prese delicatamente per le spalle, facendolo indietreggiare e si chiuse la porta alle spalle.
"Ehi... non sei contento di vedermi?" chiese, ridacchiando leggermente, mentre si chinava per asciugargli le lacrime con i pollici, prendendogli il viso tra le mani.
Roxas, di tutta risposta, gli si fiondò al collo, abbracciandolo, senza smettere un solo istante di piangere.
Axel lo strinse a sé, carezzandogli la schiena per confortarlo, per fargli capire che era vero e non un ologramma, o un sogno, o un'allucinazione.
"Mi hai fatto preoccupare un sacco!" quasi urlò il biondino, con la voce rotta dalle lacrime, stringendolo di più e affondando la testa nella sua spalla.
"Scusa, e che volevo farti una sorpresa..." mormorò, intenerito da quella sua reazione dolcissima.
"Sei un idiota, un deficiente!" gli disse, arrabbiato "Stronzo!"
Era la prima volta in vita sua che sentiva Roxas dire una parolaccia e gli venne da ridere. Doveva essere davvero arrabbiato per farlo!
Represse un guizzo divertito per evitare che lo prendesse a pugni.
"Lo so, perdonami..." disse, semplicemente, prendendolo poi per le spalle, visto che non ce la faceva più a stare senza quegli occhi azzurri e quelle labbra allucinanti.
Roxas alzò una manina per stropicciarsi un occhi e lo fissò, un po' più calmo.
"Non mi stai nemmeno baciando!" lo redarguì, arrabbiato seriamente per quel fatto.
Axel alzò gli occhi al cielo, fingendosi esasperato: "Sei tu che non ti sei fatto..."
Il biondino non ce la faceva a stare a sentire ancora tutte quelle stronzate che aveva da dirgli. Gli si fiondò sulle labbra, circondandogli le braccia intorno al collo e lo baciò.
Basta parole, basta cazzate, era il momento di accantonarle, visto che erano quasi cinque mesi che non si vedevano.
Axel rimase per un attimo basito da quella reazione disperata, ma smise di badarci quando si rese conto di quanto gli fossero mancate le labbra di Roxas, oltre che l'intero biondino.
Gli strinse le braccia intorno alla vita, avvicinandoselo sempre di più, perché ora voleva solo sentire ogni singola cellula del suo corpo attaccata alla sua.
Quando si staccarono, si fissarono per minuti interminabili, prima che il biondino si decidesse a dire qualcosa.
"Quando sei partito?"
"Questa mattina molto presto, ho preso l'aereo delle sei e poi un pullman per venire qui. Scusa se non ti ho detto niente..." disse il rossino, carezzandogli poi una guancia nel tentativo di farsi perdonare.
Ma Roxas non aveva nulla di cui accusarlo, era felice e basta. Aveva già dimenticato la preoccupazione che lo aveva attanagliato quando non lo aveva più sentito e, in fondo, la sorpresa era stata meravigliosa.
"Per quello non fa nulla... mi sei mancato da morire..." mormorò il biondino, abbassando lo sguardo. "Quanto rimarrai?"
"Domani riparto, Roxas... lo so, è pochissimo tempo, ma è quello che sono riuscito a trovare! Dopodiché ci rivedremo a natale..." lo informò, un po' affranto ma felice di essere riuscito a realizzare quel piano. "E prima di quel tempo non potrò farti un'altra sorpresa simile..."
Roxas alzò la testa per guardarlo e, perdendosi nei suoi occhi verdi, sorrise: "Allora dobbiamo passare questo tempo in modo produttivo!" esclamò, mentre le pupille si illuminavano di una lucetta a dir poco maliziosa.
Axel alzò un sopracciglio e lo scrutò: "Lo penso anch'io..."
Si chinò di nuovo per baciarlo, mentre smanettava con una mano per chiudere la porta a chiave, facendole fare un paio di giri. Poco dopo lo prese in braccio e lo portò sul letto, facendolo stendere e continuando a baciarlo, sovrastandolo.
"Non hai dei fottuti compagni di stanza, vero?" chiese, sulle sue labbra, a bassa voce, infilandogli una mano sotto la maglietta per carezzargli un fianco.
Roxas sorrise e scosse la testa: "Per tua fortuna no!"
"Bene!" furono le uniche parole del rossino, prima di affondare di nuovo la bocca nella sua, mentre l'altro cominciava a smanettare con la cintura dei suoi pantaloni.
A Roxas era mancato tutto di Axel, dai suoi capelli rossi, alla sua voce, fino alle sue labbra e il suo intero corpo. Non poteva ancora crederci che fosse lì, e che lo stesse baciando e che stessero per fare l'amore in quel vecchio letto arrugginito del suo dormitorio.
Si sentì morire, ad ogni contatto con la sua pelle, ad ogni bacio, ad ogni spinta delicata o brusca. Gli era mancato tutto questo e se lo sognava la notte, a volte, svegliandosi poi con una malinconia dolorosissima.
Quando si distesero sul letto, riprendendo fiato e asciugandosi il sudore dalla fronte, Axel lo abbracciò, facendogli adagiare la testa sul suo petto e lasciandogli un bacio sulla fronte, sorridendo.
Roxas intrecciò una mano alla sua, mentre il petto ancora si muoveva velocemente per via del respiro corto. I capelli gli si erano appiccicati alla fronte e se li spostò con il dorso della mano.
"Ti sto dando una piccola tregua, tra un po' ricominciamo!" sentenziò il rossino, e il biondino rise.
"Per me possiamo ricominciare anche ora!"
"Cristo, ma da dove la prendi tutta questa energia, Roxas?" gli chiese, basito, sentendosi stanchissimo in realtà, mentre quei maledetti termosifoni non facevano che aumentare il sudore sulla sua fronte.
"Sarà che sono giovane, a differenza tua..." fu la risposta pungente del bassista, guadagnandosi un pizzicotto sulla guancia che lo fece sussultare. "Ahio..."
"Dannato insolente!"
Roxas ridacchiò, massaggiandosi la guancia: "Lo so... e lo sai anche tu, ormai, che sono così!"
"Io non volevo che diventassi così, sei tu che mi sei sfuggito di mano!"
Il biondino a quelle parole sbuffò divertito, poi si voltò a pancia in giù per poterlo guardare. Si fece scivolare verso di lui e, prima di baciarlo, gli mormorò sulle labbra: "Pensi che dovrei essere punito, per questo?"
Axel gli posò una mano sulla guancia, esitando con le sue iridi verdi sulla sua bocca umida. Alzò le ciglia per guardarlo e sorrise: "Sì, penso di sì..." disse, con un filo di voce, prima di baciarlo.
Roxas era stanco, stanchissimo in realtà, ma non poteva assolutamente perdere l'occasione di fare l'amore anche cento volte di seguito con il suo cantate. Ci sarebbe stato tempo per riposarsi, l'indomani e nei giorni a seguire, ma ora non poteva non approfittarne, era un lusso che non poteva concedersi, anche perché Axel, probabilmente, non glielo avrebbe nemmeno permesso.
Fine.
   
 
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