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Autore: Queen of Superficial    10/12/2014    6 recensioni
“Immagino fosse la conseguenza naturale delle suore francesi e del corso di danza classica e buone maniere. I miei sono gente all'antica.”
Brian sbuffa sarcastico, essendo lui un fervente attivista contro le suore francesi, la danza classica e le buone maniere.
“E ve la fanno un po' di educazione sessuale, in collegio?”
“Siamo un collegio femminile.”, risponde la bionda quasi in tono di scusa, dopo un attimo di tentennamento.
Lui ride, offensivo. “Quindi non sapete proprio nulla della cosa più divertente del mondo?”
Matt armeggia con la pulsantiera, infastidito.
“Brian, ti sembra il momento di tenere un comizio sulle api e i fiori? Nel caso non te ne fossi accorto, siamo bloccati in un ascensore.”
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johnny Christ, Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli ascensori con massima portata 20 persone sono una macchinazione architettonica del demonio.
In primis, quando si aprono le porte con quel lieve plin il colpo d'occhio ti conferma un sospetto già formulato prima, leggendo la targhetta con la capienza: in quello spazio lì, 20 persone ci stanno solo se si vogliono molto bene, e quindi non si infastidiscono a sentire la massa corporea del vicino premergli addosso con un'intensità che rasenta la molestia sessuale. O forse abbiamo tutti frainteso, nella vita, e le 20 persone sono pensate per starci orizzontali. Orizzontali, a coppie, e impilate una sull'altra, allora forse c'entrano venti persone, in quelle trappole per topi.
Plin. Ascensore al piano. Le porte si aprono su due belle signorine in uniforme, o quella che sembra un'uniforme da collegio di lusso. Squadro la bionda. Guarda un punto misterioso della cabina, ma sente i miei occhi perforarle le costole, e più nello specifico il seno generoso dentro il maglioncino nero; mi sorride, timida. Le sorrido. Entriamo.
Siamo cinque, quindi più le due educande arriviamo a sette, ma già l'aria si fa irrespirabile. Shadows sta aprendo e chiudendo le braccia come una specie di gorilla rimbesuito dalla vecchiaia precoce: non ho capito se sta facendo esercizio o se cerca di mettere in mostra i muscoli. Lui dice che si concentra, quando fa così. Sono dieci anni che non gli crediamo eppure annuiamo partecipi, per quieto vivere.
“Non vi muovete troppo.”, sibila lievissimamente una voce vagamente nasale alla mia immediata sinistra. Jimmy, il nostro batterista, ha già il cuore che viaggia a una velocità irreale per via della fatica che fa a suonare quello strumento impegnandosi nell'imitazione fedele all'originale di una piovra in crisi pantoclastica; oltretutto, è afflitto da una lunga litania di fobie, una delle quali sono gli spazi chiusi.
Dobbiamo arrivare all'attico di questo hotel per quello che vorrebbe essere il party di lancio del nuovo album di una band di amici il cui nome al momento ho rimosso completamente.
7,8,9,10.
Ci proiettiamo a ritmo sostenuto nelle viscere dell'edificio.
11, 12, 13.
Zacky, alla mia destra, apre e chiude i pugni e getta sguardi languidi alle due collegiali. La bionda apre bocca per rivolgermi la parola.
14,15
clang

Le parole le muoiono sulle labbra, mentre con un bzz metallico l'ascensore si ferma. Lo scossone dello stop inaspettato catapulta le due educande giusto in mezzo al branco dei lupi. La bionda finisce dritta nelle braccia di Jimmy, che la sorregge più per cavalleria che per intenzione. È così teso che a momenti si spezza.
“Che cazzo è successo.”, formula, senza punti interrogativi, congelando con la ragazza ancora tra le braccia.
“Penso si sia fermato.”, interviene Brian.
“Grazie, Sherlock Holmes.”, lo rimbecca Jimmy.
Un altro scossone.
“Si staccano i fili!”, ipotizza, inusualmente stridulo, Zacky. Non riesce a stare fermo. Si agita come un ramoscello in balia del vento.
“Zacky, cosa dici.”, articola lentamente Brian.
Jimmy non parla. È piombato in una pozza gelata di terrorizzato mutismo. L'unica cosa che lo trattiene dallo strillare come un'aquila è il mantenimento della dignità di fronte a due estranee di sesso femminile. Oltretutto, la seconda educanda è stata afferrata da Shadows. È una ragazza pallida, esangue, sento da qui la puzza di soldi dei suoi; se ne sta ferma tra le sue braccia, aggrappata alle sue spalle, e si scruta intorno con aria vagamente superiore.
Ma perché a me non capita mai niente?
Insomma stanno fermi, impalati, tutti e due, con le signorine strette al petto. Non le lasciano andare, e loro non si divincolano. Piomba un silenzio antico, irreale. Siamo bloccati, senza speranza, in una gabbia per uccelli scavata in un muro.
“Ci dev...”, dice Zacky, ma poi si ferma, cercando di riportare la voce al suo timbro normale, due ottave più in basso. Ci riesce solo in parte. “Ci deve essere un pulsante di allarme, premetelo.”
Nessuno fa nulla.
La bionda addosso a Jimmy allunga un braccio. Sono i più vicini alla pulsantiera, ma nessuno dei due sembra volersi staccare dall'altro: un mutuo, silenzioso conforto. La ragazza spinge a fatica – fatica dovuta al fatto che sta aggrappata a Jimmy come un polpo a una boa - il bottoncino giallo con sopra il simbolo della campana. Attendiamo il suono, tutti quanti, con il fiato sospeso. Niente.
“Non funziona.”, gracchia Zacky, e si agita ancora peggio.
“Facciamo qualcosa!”, interviene Jimmy.
“Non c'è campo!”, ci informa Brian, che ha estratto il cellulare da una tasca.
“Ommioddio!”
“Cosa facciamo?”
“Facciamo qualcosa?”
“Cosa?”
“State zitti.”, tuona la voce di Shadows, improvvisa e solenne, “E fermi. State zitti e fermi.”
Infila le mani nella fessura delle porte e inizia a tirare, lentamente.
“Che cazzo fai”, squittisce Jimmy.
“Controllo a che piano siamo.”
Viene poi fuori che siamo nel muro. Dietro le porte aperte da Shadows ci osserva, impassibile, una solida parete di cemento armato.
“Sono claustrofobico”, ci informa Jimmy, d'un fiato. “Lo sappiamo”, rispondiamo tutti e quattro in coro. L'educanda bionda organizza un filo di voce per dire “Anche io.”
Brian solleva un sopracciglio, recuperando un minimo della sua verve da vipera.
“Anche tu lo sai?”
“No, anche io sono claustrofobica.”
Il nostro chitarrista le lancia un'occhiata stizzita.
“Beh? Siete claustrofobici? E non ve ne state attaccati come due francobolli, che siete, cretini?”
Jimmy osserva cupo le plafoniere sopra la sua testa.
“Ha un buon profumo.”, dice, sovrappensiero, “Mi tranquillizza.”
“Grazie! Come ti chiami?”
Abbassa lo sguardo lentissimamente sulla corpo umano che stringe tra le braccia. Si sofferma sugli occhi grandi e il viso pulito.
“James.”, risponde, ma dura solo un attimo. Vedo il terrore riaffiorargli sul volto a velocità sostenuta.
“Io sono Johnny.”, dico, tanto per dire qualcosa. “Lui è Zacky”, sorriso stirato, breve cenno, “lui è Matt”, torsione muscolare all'altezza della spalla, sorrisetto accattivante, “E lui è...”
“Incazzato come una bestia.”, conclude Brian, “Piacere.”
“E datti una calmata, Synyster Gates.”
La voce è giunta dalla ragazza esangue che ancora si tiene nelle immediate vicinanze di Shadows; come se ci fosse alternativa, poi, visto lo spazio angusto in cui ci troviamo. Il fantasmino alza un dito all'indirizzo della sua amica: “Sono una band metal che ascolto io. Si chiamano Avenged Sevenfold.”, dice, presentandoci. Per un attimo, il fatto che siamo in una scatola, sospesi nel vuoto, appesi a quattro corde e con l'unica via d'uscita bloccata da quindici quintali di calcestruzzo passa in secondo piano. Tutti la osserviamo leggermente frastornati. La pelle di un bianco che sembra porcellana, i capelli chiarissimi, le unghie curate, la gonnellina stirata di fresco e la camicia inamidata infilata oltre il bordo. No, decisamente non il nostro pubblico abituale.
“Tu ascolti metal?”
Il timbro vocale alto e lieve che pronuncia la domanda mi trae nell'inganno che a parlare sia stata la sua amica; invece, sfortunatamente, è stato Zacky.
“Lo sai che è la prima volta che noto che quando sei agitato hai il tono di voce di Celine Dion?”, fa presente Jimmy, che a brevi inframezzi inspira i capelli della bionda come se stesse respirando da un sacchetto antipanico.
Casper si stringe nelle spalle. “Sì, beh, è per questo che sono finita in collegio.”
“Pensavo fosse perché non sai apparecchiare.”, interviene la bionda.
Jimmy ride, ma piano.
“E tu, Raperonzolo? Perché sei finita in collegio?”, le chiede Brian, lusingato dal fatto di essere stato riconosciuto ma deciso a non dismettere i suoi consueti paramenti da arpia.
La ragazza bionda ha un'espressione molto dolce. C'è una certa cortesia nel modo in cui tiene le mani sul petto di Jimmy e gli lascia infilare il naso nei suoi capelli per calmarsi. Ha gli occhi scuri, profondi e delicati.
“Immagino fosse la conseguenza naturale delle suore francesi e del corso di danza classica e buone maniere. I miei sono gente all'antica.”
Brian sbuffa sarcastico, essendo lui un fervente attivista contro le suore francesi, la danza classica e le buone maniere.
“E ve la fanno un po' di educazione sessuale, in collegio?”
“Siamo un collegio femminile.”, risponde la bionda quasi in tono di scusa, dopo un attimo di tentennamento.
Lui ride, offensivo. “Quindi non sapete proprio nulla della cosa più divertente del mondo?”
Matt armeggia con la pulsantiera, infastidito.
“Brian, ti sembra il momento di tenere un comizio sulle api e i fiori? Nel caso non te ne fossi accorto, siamo bloccati in un ascensore.”
“E cosa proponi di fare, Capitan Findus? È inutile che perseveri in questo atteggiamento da caposquadra, siamo tutti bloccati, e finché a qualcun altro non viene la malsana idea di chiamare l'ascensore per salire nessuno si accorgerà del fatto che ci sono sette stronzi intrappolati come dentro quel film di merda, Buried.
“Buried.”, ripete Jimmy, improvvisamente sovrappensiero, “Buried alive...”
“Cosa sta dicendo, questo deficiente?”, sibila piccato Shadows, che si trova ancora di spalle a tutti e fissa la parete di cemento come se quella, da un momento all'altro, dovesse farsi da parte per farlo passare.
“Niente, cose senza senso.”, chiosa Brian, ormai irreversibilmente convinto che il miglior modo per passare il tempo in attesa che ci salvino è mettere in imbarazzo le educande.
“Allora, Raperonzolo e Sposa Cadavere, siete vergini?”, chiede, ammiccando come il coglione che in effetti è.
“No.”, risponde secca Casper, incrociando le braccia. Raperonzolo si muove a disagio addosso a Jimmy. “Sì.”, risponde, non sa nemmeno lei perché. Jimmy ripiomba per un attimo tra i vivi. “Quando usciamo da qui, sarei felice di porre rimedio.”
Lei avvampa, diventando di una curiosa sfumatura rosso carminio, e gli stacca impercettibilmente le braccia dal petto. Improvvisamente, poi, sorride. Pianissimo.
Brian scuote la testa, provocatorio. “Non penso che il mio amico sia tipo da fiori e valzer, però. Il corteggiamento non sarà un granché.”
Jimmy realizza cosa ha detto poco prima e si volta, stizzito: “Brian, stai zitto.”
“Magari, se ti ritrovi una cravatta che ancora non hai tagliato puoi andare a presentarti dai suoi, prima. Così, tanto per dare una parvenza ufficiale alla cosa.”, ribatte quello, per niente turbato. “E tu, cadaverino? Chi è stato il fortunato?”
“Chi sei, il prete confessore del collegio?”, risponde Casper, piccatissima.
“Oh, perché, le dite queste cose quando vi confessate?”, chiede Zacky, improvvisamente interessatissimo. Guarda Raperonzolo. Raperonzolo si stringe un po' di più a Jimmy, in evidente imbarazzo.
“Beh, sì. Siamo tenute a confessare i peccati, gli atti e i pensieri... beh, impuri che... beh.”
“Che meraviglia! Vogliamo sapere tutto.”, rincara Zacky. Casper alza gli occhi al cielo e Raperonzolo li abbassa al suolo, quasi allo stesso tempo. Io batto contro il muro dell'ascensore per attirare l'attenzione di qualcuno che, magari, passando, sente il rumore e ci tira fuori da qui prima che i miei compagni abbiano il tempo di lanciarsi in ulteriori investigazioni sull'altrui vita sessuale.
“Che volete sapere?”
Oh, Casper ha deciso di collaborare. Improvvisamente, mi coglie un vago interesse e mi metto ad ascoltare anche io.
“Come fate se dovete vedervi con qualcuno per scopare, in collegio?”, chiede subito Brian. Guardo Raperonzolo, che con ogni probabilità sta pensando che aveva ragione sua madre, i maschi sono tutti immondi sacchi di putridume con le gambe che non pensano ad altro che a quello.
“Lei esce dalla finestra. Io non ho ancora trovato nessuno per il quale valesse la pena di spaccarmi tutte e due le gambe scalando una grondaia.”
Raperonzolo, mi hai stupito. Sai fare altro oltre che balbettare e arrossire. Brava.
“E tra di voi non fate mai niente?”, si informa Zacky, pieno di antropologico interesse.
“Alcune delle educande sì. Noi due, tra noi, una volta sola. Non è stato granché.”
“Voi due siete state a letto insieme?”, rincara la dose il nostro secondo chitarrista, occhieggiando le gonnelline come un settantenne allupato. Beh, noi non siamo da meno. Stiamo tutti pensando un po' la stessa cosa. Jimmy si scosta leggermente da lei, vuole evitare che il suo corpo abbia qualche reazione inconsulta che gli costerebbe forse dieci, quindici anni di prese per il culo da parte nostra.
“Una notte. Avevamo bevuto un po'.”, spiega Raperonzolo, sfilandosi il maglione. “Dio, che caldo qui dentro.”
Passiamo tutti in posa da calcio di punizione, con le mani davanti al pacco. Raperonzolo ride, perché non è per nulla ingenua come sembrava. Si arrotola le maniche della camicia e la tira fuori dalla gonna, pinzandola con due dita per farsi un po' d'aria.
“Qualunque cosa tu faccia, non sbottonartela neanche un po'. Siamo già al limite dell'autocontrollo, qui.”, le consiglia Casper, togliendosi anche lei il pesante cardigan. Raperonzolo mette le mani sui fianchi, fa cenno a Jimmy con la testa: “Io mi prendo lui, agli altri pensaci tu.”, le dice, con un occhiolino. Ci guardiamo in faccia come se ci fossero appena spuntate a tutti sulla fronte delle manopole da forno. Incapaci di articolare pensiero, perfino Brian scivola in una vaga sistole e rallenta la propria capacità di ragionamento: da bersagliatore, è diventato bersaglio delle angherie psicologiche di queste due educande. Un po' se lo merita, penso con un sorriso. Che lui capta. “Che cazzo ridi, Christ.” Detesto ammetterlo, ma siamo un po' intimiditi.
“Ormai è un po' che siamo qui dentro, cosa facciamo?”, chiede Raperonzolo. Casper deposita il maglione in mano a Zacky, che lo prende come in trance.
“Vogliamo provare a vedere qual è la situazione sopra?”, risponde l'amica, occhieggiando la plafoniera sospesa sulle nostre teste.
“Cerco di spostare il quadro e vedo se c'è un comando elettrico esterno, tu dimmi se si muove qualcosa.”, ne conviene Raperonzolo. Brian la fissa con la bocca leggermente aperta. “Una mano a salire, per cortesia?”, chiede lei a Jimmy. Jimmy la guarda. Lei lo guarda. Jimmy si scuote dal sonno di morte cerebrale che l'aveva colto. “Certo.” dice “Come vogliamo fare?”
“Prendimi in braccio e tirami su.”
“Devi tirarla su per le cosce, non per i fianchi, altrimenti non ci arriva.”, interviene d'un tratto il noto ingegnere edile Brian Haner Jr., pensando con ogni probabilità a un'occhiata clinica alle mutandine che si sarebbero rivelate da sotto la gonna.
“Fate lo sforzo di non guardarmi le mutande?”, chiede Raperonzolo come leggendogli nel pensiero, mentre perfino Shadows si sta adoperando per dare una mano a Jimmy a issarla senza provocarle lividi equivoci sopra le cosce. Raccomandazione inutile. Lei stacca il quadro, noi tutti, ivi inclusa la sua compagna di stanza, le fissiamo rapiti uno slip di seta rosa pallido.
“Non ho appoggio.”, dice. Sobbalziamo tutti insieme, scossi.
“Non ho appoggio.”, ripete. Sta oscillando pericolosamente, non basta che Jimmy e Shadows la reggano per le gambe. Ha staccato il quadro ma non riesce ad avventurarsi all'esterno della parte superiore di quella trappola per topi. Casper fa un passo avanti, le appoggia una mano sul culo per darle stabilità.
“Sei bassa.”, le ingiunge Raperonzolo.
“Scusa, eh.”, ribatte irritata lei, rimuovendo la mano. Shadows e Jimmy si guardano. A questo punto, è questione di chi arriva prima. Ed è Jimmy che arriva prima, forte di un discreto allenamento alla velocità manuale dato da anni di batteria. La sospinge verso fuori. “Grazie.”, dice lei. “Prego.”, risponde lui, muovendosi a disagio a causa dell'incipiente erezione. Dopo circa un minuto, Raperonzolo ridiscende tra noi, aiutata dai miei volenterosi compagni di band. Si pulisce le mani sfregandole.
“Non ci sono quadri elettrici esterni.”
“Lo avevo intuito.”, risponde Casper, ancora leggermente risentita.
“Ora puoi togliere la mano, grazie.”, dice poi Raperonzolo a Jimmy, voltandosi a rivolgergli uno sguardo tra le ciglia. Jimmy alza le mani, dolcemente. Raperonzolo si volta. L'occhiata di compatimento che lancia a Brian lo spinge a ritrarre velocemente la mano e, al tempo stesso, lo fa infuriare come una vipera. “Scusa, volevo verificare.”, le dice lui. “Bel colore di mutande, comunque.”
“Grazie, me le ha comprate la mamma.”
Gliele ha comprate la mamma! Tutti ci muoviamo saltellando, a disagio, a causa del potenziale erotico sottaciuto di questa frase di cui lei, evidentemente, non si è resa conto.
“Beh, la mamma te le ha comprate e lo zio Brian te le toglierebbe volentieri.”, la informa Shadows, che di solito in queste discussioni becere fa più che altro l'arbitro, e non partecipa mai. Lo squadriamo basiti.
“Spiacente, sono già promessa.”, dice, indicando ancora una volta con la testa, ci dispiace dirlo, Jimmy, che rivolge a Brian un sorriso infido.
Un altro scossone.
“Che cazzo è.”
“Moriremo.”
“E' la fine.”
Shadows alza le mani per zittire la combriccola, appoggiando un orecchio esperto al muro. Fortunatamente è velocissimo a ritrarsi, perché l'ascensore riprende la sua corsa e rischia di grattugiargli l'orecchio contro il minaccioso cemento al di là delle porte che lui aveva contribuito a spalancare. La luce si spegne. Urliamo e ci abbracciamo tutti insieme. La luce si accende. Ci fissiamo stralunati, sempre urlando, in quei brevi inframezzi di fuga dall'oscurità. La luce si spegne. Le porte si richiudono con uno strano clangore. Qualcuno ritrova la fede in Dio. Qualcun altro fa presente di non averla mai persa, nonostante fosse potuto sembrare il contrario. La luce si accende. Casper urla fossero almeno stati i Metallica, credo riferendosi all'ingiustizia di dover morire in un ascensore in compagnia degli Avenged Sevenfold. La luce si spegne. Improvvisamente, la scatoletta si blocca. È una frenata brusca, ottusa. Cadiamo tutti a terra, scomposti. La luce si riaccende, e le porte si aprono con un delicatissimo plin. Brian è a gambe all'aria; in mezzo, riesco a vedere il volto scandalizzato del nostro manager e di quattro vecchi vestiti da teiere d'epoca.
“Mamma?”, scandisce un po' a corto di fiato Raperonzolo, a cavalcioni su Jimmy che le tiene le cosce strette in una morsa assassina. Gli sta praticamente distesa addosso. Si girano l'una verso l'altro stampandosi un primo piano che rasenta il tentativo di bacio, sconvolti, e poi si rigirano verso i vecchi fuori dall'ascensore. La signora Raperonzolo fissa per un secondo il quadro generale, poi si concentra sui tatuaggi sul braccio di Jimmy, poi su quelli sull'avambraccio, poi su quelli sulla mano, e infine osserva clinica quelli sulle dita, che stringono la coscia di sua figlia ben oltre il limite della decenza, quasi all'attaccatura dell'inguine che, per inciso, sta incollato al suo, di inguine, per via della caduta che tutti abbiamo subito durante quella brusca frenata che ha posto fine alla nostra avventura ascensoristica.
Finalmente, la signora si decide a svenire, accasciandosi al suolo. Casper si rialza - sua madre è ancora in posizione eretta e non batte ciglio, ha preso meglio il fatto che avesse il culo praticamente in faccia a Brian - e tira su l'amica da Jimmy, abbassandole la gonna in un unico, fluido, movimento. Io mi rimetto in piedi tenendomi la testa. Nessuno fiata. Intercetto quello che per conseguenza logica penso sia il padre di Raperonzolo, il quale non ha affatto soccorso la moglie: fissa ora la figlia, ora Jimmy, muto come un pesce e assolutamente inespressivo. Mi sporgo in avanti, a mano tesa: “Piacere, Jonathan Seward.”, dico.
“Caius Cartwright.”, mi risponde quello.
“Lei è il padre di...?”
“Eh? Lilian. Di Lilian...”
Ah, Raperonzolo si chiama Lilian. Lilian che si piega verso Jimmy, “Io sono Lily, a proposito.”, dice. “Beh, ci vediamo in giro.”
Jimmy le fa ciao con la mano, da terra. Vorrei scoppiare a ridere ma non sono certo che gli altri siano tutti vivi, quindi preferisco controllare.
Mentre mi sincero che i miei compagni respirino ancora, Lilian e Casper (che è rimasta senza nome) escono dall'ascensore. Ancora nessuno presta soccorso alla signora Cartwright. Sbuffando, capisco che, come al solito, devo fare tutto io. Mi chino in avanti, sul corpo esanime della statua di gesso vestita di avorio. “Signora? Mi sente?”
Zacky mi si fa accanto, gattoni. “Che cazzo fai qua? Se si sveglia e ti vede la spaventi!”, mi sibila.
“Ah, certo. Meno male che ci sei tu che tieni la faccia bella.”, lo prendo in giro. Non coglie.
“Signora?”
Jimmy si è alzato, e fronteggia il padre di Lilian. “Quello che ha visto è frutto di circostanze puramente accidentali, signor, ehm, signor...”
“Cartwright.”, risponde quello, ancora in trance, incredulo e basito.
“James. James Sullivan. Piacere.”
“Signora? Qualcuno ha dei sali? Mi portate dei sali?”, domanda Zacky, voltandosi a destra e a sinistra, stizzito dalla mancanza di collaborazione di tutti nella sua eroica operazione di salvataggio vecchie bacchettone vestite male.
“Si è bloccato l'ascensore e sua figlia, beh, mi è caduta addosso.”, seguita a spiegare Jimmy alla scultura di cera che ha preso il posto del padre di Lilian.
Brian si è avvicinato a noi, stordito. Abbassa lo sguardo sulla sagoma esanime della mamma di Lilian. Le si avvicina cauto a un orecchio.
“SIGNORA?”
“Sono morta!”, rinviene quella.
“Ma no, è solo...”
Madame Cartwright apre gli occhi su Brian, e subito acquistano una sfumatura di vaga preoccupazione.
“Lei è Satana?”
“Ora non esageriamo.”
La donna fa scorrere lo sguardo intorno a sé, prende una decisione, la mette in atto.
“Mi aiutereste ad alzarmi?”
Ci porge due braccia. Ci guardiamo come dei cretini, le afferriamo e la tiriamo su con una certa energia. Lei si liscia pieghe inesistenti del vestito e guarda, malissimo, Jimmy.
“Lilian, cosa ci facevi a cavallo di costui?”
“Sopravvivevo a un volo di quindici piani, madre.”
“Nient'altro?”
“Vi ho mai dato modo di pensare il contrario?”
Jimmy si volta verso Lilian, repentino. “Dai del voi a tua madre?”
Lei si stringe nelle spalle, dolce. “Te l'avevo detto che i miei sono gente all'antica.”
La signora stira le labbra in una smorfia di disappunto. “Vedo che invece voi due siete passati già al tu.
Lilian salta su piuttosto platealmente. “No, per carità.”, si volta verso Jimmy e gli tende la mano, “E' stato un piacere fare la sua conoscenza, signor Sullivan, e del suo... beh, del cavallo dei suoi pantaloni. Non dimenticherò mai la mano che mi ha dato per salire a controllare il quadro dei comandi sopra la centralina dell'abitacolo.”
Cerchiamo tutti di trattenere le risate, soprattutto Jimmy, che le stringe la mano divertito.
“Il piacere è stato mio, signorina Cartwright. Sarò lieto di darle una mano quando vuole.”
Lilian sorride, e finalmente rivedo la ragazza che per un attimo ho intravisto in ascensore, quella intraprendente, leggera, ironica. Divertente.
“Tutto questo è molto inopportuno.”, osserva Madame Cartwright, cercando complicità in Brian al suo fianco, prima di accorgersi che si tratta di Brian. “Ne convengo.”, risponde quello, beccandosi un'occhiata di disapprovazione dalla donna.
Finalmente, anche i genitori di Casper sembrano riacquistare la parola.
“Bene, credo che le nostre strade si dividano qui.”, dice il padre, “Ivy”, ah, Casper si chiama Ivy, “Lilian, Caius, Marjorie, cara”, cara sarebbe la moglie, “è meglio che andiamo, abbiamo già fatto tardi e le ragazze non sono nemmeno riuscite a cambiarsi per la cena.”
“Grazie ancora per il vostro aiuto, ragazzi.”, dice Ivy, rivolta a tutti noi, “Non ce l'avremmo mai fatta a uscire da lì senza il vostro intervento.”
Il vostro intervento? Che abbiamo fatto? Shadows ha aperto le porte, Brian ha dato fastidio alludendo ai costumi sessuali delle educande, io sono stato per lo più zitto, Jimmy ha fatto un po' il fesso con Lilian e Zacky ci ha deliziati tutti con le sue opinioni cretine. Per il resto del tempo, ci siamo urlati addosso come cinque oche. Il nostro manager tace.
“Beh, visto che questi ragazzi sono stati così gentili da aiutare le bambine” le bambine “a uscire di qui, forse dovremmo invitarli a cena.”
Tutti guardiamo il signor Cartwright, sconvolti. Il nostro manager si ricorda all'improvviso del lancio del cd che ci aspetta nell'attico.
“Veramente...”, tenta di dire.
“Accettiamo con piacere.”, ci precede tutti Brian, sfoggiando il suo miglior sorriso.
Il signor Cartwright tossisce.
“Allora, forse, volete approfittarne e cambiarvi tutti.”, osserva, squadrando le uniformi delle bambine e le nostre maglie con i teschi, i pantaloni strappati e l'eyeliner che il caldo dell'abitacolo ha fatto anche colare un po', per non parlare di tutti quei tatuaggi in bella vista.
“Non so se ho qualcosa di adatto.”, soggiunge Shadows, meditabondo.
“Io sì.”, interviene Zacky, tempestivo come gli uragani in Louisiana.
Il signor Cartwright tossisce di nuovo.
“C'è un ascensore di servizio, in fondo a quel corridoio.”, ci dice, questionando tra sé e sé l'invito che aveva poc'anzi così gentilmente avanzato.

 

Il secondo ascensore che abbiamo preso, con la cortese compagnia di un facchino dell'albergo, non si è bloccato. Siamo saliti e riscesi in perfetta salute. Jimmy squadra il vestito con il fiocco di Lilian, probabilmente pensando a quanto starebbe bene sul pavimento della sua camera da letto. Lei si volta ad aggiustargli il nodo della cravatta.
“Quanti anni hai, Lilian?”, le chiede, fissandola mentre armeggia con il suo collo.
“Diciannove.”, risponde lei.
“Diciannove...” fa eco ironico e acuto Brian. Jimmy storna lo sguardo su di lui, che, da dietro alle spalle di Lilian, giunge le mani all'altezza dei polsi e gli fa il gesto delle manette.
“Ecco qui.”
Jimmy riabbassa lo sguardo su di lei e le fa l'occhiolino. Lilian si volta e avvampa. Gesù, come sono dolci, carine e pudiche queste educande. Voglio vomitare.
Le ragazze, nei loro vestitini bon ton, ci precedono fuori dall'ascensore. Brian si avvicina a Jimmy, tirandosi il collo della camicia per respirare meglio. “Ti arrestano!”, gli sibila a un centimetro dall'orecchio, sorridendo alla signora Cartwright che sta apparendo in dissolvenza dietro l'angolo, “Un'altra volta!”, aggiunge, per ricordargli la lunga litania delle sue incomprensioni con la legge.
Jimmy osserva Lilian che si china in avanti verso sua madre per dirle qualcosa e poi si volta a guardarlo come un cerbiatto, tra le ciglia.
“Ti raccomando, vienimi a portare le arance, in carcere.”, dice a Brian, prima di raggiungere la famiglia di porcellana accelerando sulle gambe lunghe.

 

 

 

 

Allora.
È andata così:
“Ti prego, basta psicodrammi.”
“Ok.”
“Una cosa corta, leggerina, per Natale? Magari un paio di capitoli? Tipo calendario dell'avvento?”
“Ok.”
"Ma mi stai almeno ascoltando?"
"No. Sì. No. Ti chiamo dopo."
E mi sono messa a scrivere.







 

   
 
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