LA
LUCE DEI MIEI OCCHI
CAPITOLO
VENTISEI
Charley
si svegliò di colpo, ma rimase con gli occhi
chiusi, in una specie di dormiveglia caldo e sicuro. Era certa che
ormai fosse
mattina, lo capiva dai raggi che debolmente penetravano dalle finestre
e
andavano a illuminare e scaldare la
stanza. Un’altra cosa di cui era sicura, però, era
che non si trovava nella sua
stanza e nemmeno nel suo letto. Era sdraiata su qualcosa di morbido,
questo sì,
ma un letto non poteva avere tutte quelle curve ed essere
così malleabile.
D’un
tratto si ricordò tutti gli avvenimenti della
sera prima: il diario di sua madre, la storia della sua nascita, la
fuga a casa
di Shary, il sogno, Fang… Adam.
Suo
fratello…
Di
colpo alzò la testa nella sua direzione e lo
trovò ancora profondamente addormentato, con una parte del
viso illuminata dal
sole a renderlo quasi un qualcosa di… angelico, etereo, prezioso. Restò
a fissarlo come imbambolata,
accorgendosi di tutte le loro somiglianze. Avevano i lineamenti simili,
duri e
marcati e i capelli scuri; anche quelli di Fang erano piuttosto lunghi,
tra un
po’ sarebbe riuscito a legarli in una coda. Immediatamente le
venne in mente Bob:
anche lui portava i capelli così. Loro due somigliavano al
padre più di quanto
pensasse. Non che fosse una cosa così brutta, dalle foto che
aveva visto Bob
sembrava proprio un bell’uomo e anche Fang lo era, capiva
perché Max si fosse
innamorata di lui.
Ma lo odiava, odiava quel padre che non aveva mai conosciuto, odiava
quello che
aveva fatto, odiava come aveva trattato sua madre. E certo, adesso era
arrabbiata pure con lei, ma le voleva ancora bene. Anche se le sarebbe
servito
un po’ di tempo.
L’altra
sera avevano parlato, non tantissimo, ma
abbastanza per chiarirsi e capire che cosa fare. E poi erano stati
avvolti
dalle dolci braccia di Morfeo che li aveva fatti addormentare
lì sul divano,
lei distesa sopra la sua pancia e le gambe incrociate con le sue.
Immediatamente,
un sorriso le nacque spontaneo in
volto; non capiva bene la sensazione che sentiva. Era come se dentro di
sé si
fosse appena tolta un grosso macigno e adesso si sentiva più
leggera. Era
quella sensazione che si prova quando si ritrova qualcosa di molto
prezioso e
che non si sapeva nemmeno di possedere.
Ed
effettivamente, lei qualcosa di importante
l’aveva ritrovato.
Era
questa la sensazione di felicità di cui tutti
quanti parlavano? Forse, non lo sapeva visto che lei non
l’aveva mai provata
veramente. Ma se era proprio questa, allora era veramente bella come
dicevano.
Improvvisamente,
sbattendo le palpebre, anche Fang
si svegliò, probabilmente sentendosi nel subconscio lo
sguardo della ragazza
addosso.
“Ciao”,
la salutò con un sorriso dolce.
“Ciao”.
“Dormito
bene?”
“Benissimo.
Sai, sei proprio comodo, non l’avrei mai
detto”.
Fang
sghignazzò, sistemandosi meglio Charley
addosso.
In
quel momento, senza che i due l’avessero sentita,
comparve Max in salotto che, in un primo momento, rimase leggermente
confusa e
li guardò come se non capisse bene perché si
trovassero lì. Ma poi, realizzò
tutto, e assunse un’espressione corrucciata, quella che
adottava sempre quando
si trovava di fronte a dei nemici da sconfiggere.
“Che
cosa stavate facendo?” chiese con tono severo,
lanciando un’occhiata omicida in direzione di Charley.
“Niente”,
le rispose Fang, comportandosi il più
naturalmente possibile.
“Come
sarebbe a dire niente?!” sbraitò di nuovo Max.
“Lo sapevo che prima o poi lo avresti fatto, che prima o poi
gli avresti messo
le mani addosso”.
Attirati
dalle urla della ragazza, anche gli altri
abitanti della casa li raggiunsero, stropicciandosi ancora gli occhi
assonnati
e adesso anche confusi da quegli schiamazzi.
Max,
però, sembrò non accorgersene perché
continuò ad
urlare e, questa volta, avvicinandosi minacciosamente alla ragazza
ancora addosso
Fang che non capiva bene cosa stesse esattamente succedendo.
“Sei
solo una sgualdrina! L’ho capito fin da subito
che Fang ti piaceva, ma non ho voluto credere che avresti tentato di
fregarmelo, cosa che invece avrei dovuto fare!” Allora
afferrò la ragazza e la
buttò giù dal divano. La poveretta, non potendo
resistere alla sua forza, visto
che era ben più superiore alla sua, si ritrovò a
sbattere il sedere sul duro
pavimento e la guardò con un’espressione
leggermente sbigottita e spaventata. Davanti
al volto le comparve una Max indemoniata, le mancava solo il fumo che
usciva
dalle orecchie.
“Giù
le mani dal mio ragazzo!”
“Max,
ferma! Che stai facendo?!” cercò di fermarla
Fang, bloccandole le braccia.
“Zitto
tu! Con te farò i conti dopo!” gridò
lei,
mollando un calcio nello stomaco di Charley.
Fang,
allora, usando parecchia forza, la spinse
lontano dalla sorella, bloccandola al muro con le braccia e guardandola minaccioso e
arrabbiato. Shary,
invece, corse dall’amica per vedere se stava bene; Max non ci
era andata
leggera e gli altri guardavano tutta quella scena sbigottiti. Temevano
tutti
quanti che la leader dello Stormo durante la notte, avesse perso tutti
i
criceti che muovevano il suo cervello.
Ma,
dopo le parole che aveva urlato, ormai la storia
doveva essere chiara. La gelosia era proprio una brutta bestia.
“Ma,
Max! Si può sapere che hai capito?!” fece Fang,
puntando gli occhi scuri dritto in quelli della ragazza.
“Mi
sembra abbastanza chiaro. Stavate dormendo
insieme”.
Il
ragazzo sbuffò, ma al contempo si trovò a
ridacchiare. Max e il suo vizio di arrivare alle conclusioni affrettate
senza analizzare
attentamente la situazione.
“Tesoro,
hai frainteso tutto”, le fece notare allora
Fang e la ragazza inarcò un sopracciglio, confusa.
“”Charley è mia sorella”.
“Eh?”
“Cosa?”
“Come?”
Gli
sguardi dei presenti cominciarono a spostarsi da
Fang a Charley, guardandoli come se avessero appena detto di voler fare
un
viaggio su Marte per incontrare il Dalai Lama.
Adesso
avrebbero dovuto spiegare tutto.
“Be’,
almeno adesso sai perché hai quel potere”, disse
Shary rivolta all’amica, mentre preparava la colazione sul
tavolo.
Avevano
trovato la storia di Charley e Fang
piuttosto strana, ma fattibile, effettivamente tutti quanti avevano
notato da
tempo la somiglianza che correva tra i due.
In
quel momento entrò anche Max che, vedendo Charley
seduta al tavolo, si bloccò leggermente imbarazzata.
Abbassò lo sguardo e
cominciò a torturarsi le mani.
“Vo…volevo
chiederti… scu…sa”. L’ultima
parola
l’aveva sussurrata piano, ma comunque abbastanza udibile.
“Scusa,
non ho capito bene”, fece Charley con un
sorrisetto bastardo in volto.
Max
sbuffò, alzando gli occhi al cielo, le guance
colorate di rosso. “Scusa, mi dispiace. Non avrei dovuto
aggredirti così”. Ancora
non aveva avuto il coraggio di alzare gli occhi. Odiava chiedere scusa,
anzi,
più che altro non ne era capace, nemmeno se era in torto. Ma
forse, solo perché
non le era mai capitato di avere torto.
Quando,
però, aveva capito lo sbaglio colossale che
aveva fatto, aveva desiderato sprofondare sottoterra. Non solo aveva
aggredito
una persona per niente, ma aveva fatto anche una pessima figura davanti
al suo
Stormo. Fang non si era arrabbiato, anzi, era divertito, in fondo gli
piaceva
che la sua ragazza facesse la gelosa e, be’, ormai i suoi
metodi violenti li
conosceva.
La
mora ridacchiò. Aveva capito che tipetto tosto
doveva essere la leader dello Stormo ed era contenta di essere riuscita
a
piegarla almeno un po’.
“Perdonata,
ma questa cosa me la ricorderò per
sempre. Anche perché mi rimarrà un bel
livido”. E dicendo questo, si massaggiò
la pancia dove prima Max l’aveva colpita.
Proprio
allora, però, entrarono anche gli altri
ragazzi, chiassosi come al solito, che interruppero le loro
chiacchiere.
“Ma
ragazzi… adesso, che cosa avete intenzione di
fare?” chiese Jo, rivolta ai due fratelli, prima di mettere
in bocca l’intero contenitore
del latte, senza preoccuparsi del buon costume.
I
due ragazzi si guardarono confusi.
“Sì,
insomma. Io vi consiglierei di fare un test del
DNA, tanto per essere sicuri. Non potete basarvi solo su un semplice
sogno”.
“Ah,
la solita razionale Jo”, commentò Shary
divertita.
Cadde
un silenzio di tomba in cui si sentivano
soltanto i più piccoli sgranocchiare avidamente la colazione
che c’era sul
tavolo, quando, ad un tratto, partì la musichetta squillante
di un cellulare.
Charley, capendo che era il suo, lo tirò fuori dalla tasca e
guardò il numero
con sguardo strano.
“Non
rispondi?”
“E’…
è mia madre”.
Cliccò
il bottone rosso riattaccando come se nulla
fosse e scambiandosi un’occhiata con Fang.
“Ho
bisogno di tempo”.
MILLY’S
SPACE
Hola!
Lo
so che è da un sacco di tempo che non aggiorno, ma voi
non potete immaginare quanto da fare ho avuto in questo periodo, tra
università, studio e impegni vari. Mi sono persino
dimenticata di avere delle
fanfiction da aggiornare. Cercherò di recuperare come meglio
posso, intanto vi
chiedo scusa per l’enorme ritardo e spero vi siate goduti il
capitolo.
Un
grosso bacio,
M.
MAXBARBIE:
che bello ricevere sempre le tue recensioni positive : ) sei la mia
lettrice
più assidua.. ahaha XD spero di risentirti. Un bacione.