Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Alexiel Mihawk    17/12/2014    4 recensioni
Hans ha imparato che le due grandi certezze della sua vita sono la morte e l’amore (e a volte anche la morte dell’amore, ma a questo preferisce non pensare). Ha imparato anche che Anna prima o poi ricorda sempre ogni cosa, e che, forse, questa volta sarà quella giusta, questa volta forse lo perdonerà.
[...]
«Ti amo, Anna. Ogni vita precedente l’ho vissuta con la consapevolezza che prima o poi ti avrei trovata, ti ho cercata sempre e a volte non ti ho trovata mai. Ma non era importante, perché sapevo che per quanto lontana tu fossi, per quanto distante, magari legata ad un altro, sapevo che ti avrei trovata e sapevo che avresti scelto me. Ma ora, ora non sono sicuro di volerti imporre questa scelta, perché è sinonimo di morte».

[Hans/Anna, Reincarnation!ModernAU, in cui Hans ha finalmente una seconda possibilità, ma più Anna si innamora di lui, più si ricorda del ciclo di reincarnazione e morte che li ha condotti a quel punto]
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Hans
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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7. I believe that love is real
 
 
My uncle was a scientist, but he believed that love was real. A kind of natural phenomenon. He believed that love could outlive death.
Megan Sixsmith, Cloud Atlas
 
 
La vita è fatta di stronzate, ne facciamo una dietro l’altra e non ci fermiamo nemmeno a pensare come sia possibile.
La vita è fatta di errori e di sbagli grandi come un condominio, e spesso, anzi, quasi sempre, è solo colpa nostra. Certo è più semplice scaricare i nostri sbagli sugli altri, ma è solo un modo carino per prendersi in giro.
La vita è fatta di responsabilità, alcune le rifuggiamo come bambini, di altre ci facciamo carico e piano, piano diventiamo adulti. A volte dei pessimi adulti.
Ma non credo sia tutto qui: la vita è anche, e soprattutto, un insieme di cose positive e negative ed è l’insieme che dobbiamo guardare.
Nel corso della mia fin troppo lunga esistenza ho fatto sogni che sono rimasti con me ben oltre il momento della sveglia, frammenti di ricordi, di vite passate, di esperienze già vissute in precedenza; sogni che sono diventati realtà, che hanno plasmato la mia persona e si sono fusi con essa, diventando per sempre parte di me.
Mano a mano che trascorrevano gli anni, i secoli, mi sono resa conto che i confini sono solo convenzioni in attesa di essere superate, ho scoperto che giusto e sbagliato sono categorie troppo nette per essere prese realmente come punti di riferimento e che la vita non è altro che una scala di grigi in sequenza. Ogni tanto ci accorgiamo di avvicinarci al bianco e allora ci sentiamo come se niente potesse ostacolarci, perché siamo così vicini ad avere raggiunto la verità (una verità, spesso nemmeno noi sappiamo quale) che tutto il resto perde di importanza; altre volte siamo così vicini al nero che pare che il mondo stesso si stia rivoltando contro di noi, pare che non ci sia possibilità di salvezza, né via d’uscita.
Mi ci sono voluti anni per capirlo, ma alla fine ci sono arrivata anche io, con calma, passo dopo passo, vita dopo vita, morte dopo morte.
Alla fine ho capito che a definirci sono le nostre scelte, i nostri insuccessi tanto quanto i nostri successi, i nostri errori tanto quanto i nostri meriti, ciò che scegliamo di essere, di diventare, chi scegliamo di amare.
Credo che l’amore sia una delle cose più importanti da cercare nel corso della propria esistenza, e io lo so bene, l’ho inseguito per millenni e mi sono scoperta disposta a qualsiasi cosa pur di viverlo. Ovviamente parlo dell’amore vero: quello che ti brucia i polmoni e ti lascia senza fiato, quello che toglie il respiro e il sonno e che ti impedisce di pensare ad altro se non alla persona con cui vorresti stare. Quel genere di amore che è come una calamita e che, quando hai tredici anni, sogni con tutta te stessa e credi fermamente che esista, quel genere di amore che a sedici sei convinto sia un’invenzione dei romanzi e che in parte rigetti e in parte vorresti vivere (perché a volte è bello sapere di avere torto), quell’amore che a venti hai più o meno idea di cosa sia, ma ancora non sei in grado di afferrare con mano. E che, già quando arrivi ai venticinque anni, sai di essere disposto ad aspettare tutta la vita.
A volte ci sono cose per cui vale la pena lottare e credo che questa sia una di quelle.
La vita è fatta di errori, ma è anche fatta di seconde possibilità, è fatta di perdono, incomprensioni e mani tese. È fatta di scelte e, a volte, sta a noi decidere se perdonare e riprovarci ancora o se girarci, non offrire altro che le nostre spalle piegate dal peso del passato e cancellare quanto abbiamo vissuto prima.
So che in molti diranno che non ne vale la pena. Che un uomo che ha sbagliato una volta sbaglierà ancora, che sceglierà di nuovo la morte e tornerà a stringere il mio corpo freddo, che la mia non è che una storia, un’illusione, il sogno di qualcuno che ha vissuto troppo a lungo e ha perso di vista la realtà. Ma quanto di vero ci può essere in un sogno? Quando vi troverete di fronte a un bivio in cui dovrete scegliere tra ciò per cui vale la pena soffrire e ciò che sembra essere più sicuro, sarete in grado di fare la scelta giusta? Sarete in grado di perdonare? Il perdono comporta un grande cuore, comporta sforzo e sacrificio, e spesso anche sofferenza, ma a volte ciò che si ottiene in cambio è in grado di illuminare le nostre giornate e donarci un sorriso e una felicità talmente immensi da ripagare qualsiasi fatica.
Io ho scelto di perdonare Hans e se dovessi tornare indietro lo rifarei. Non c’è niente di cui io mi penta, rifarei tutto dall’inizio mille altre volte per stare con lui, perché ogni anno di solutine e sofferenza è stato ripagato dalla felicità incontenibile che provo ora, che ho sempre provato nel ritrovarlo, nell’amarlo di nuovo.
Nel frattempo, posso aspettare. Posso aspettare mesi, anni, anche decenni.
Quello che ho mi basta. E quello che ho è una consapevolezza: la consapevolezza di non essere sola. La consapevolezza che, da qualche parte a questo mondo, esiste una persona che pensa a me come la sua metà, qualcuno che mi ama, contro il tempo, contro gli anni, contro la distanza e che mi amerà sempre.
E un giorno lo incontrerò ancora, non so quando accadrà, ma so che accadrà e quel giorno mi prenderà per mano, mi sorriderà dolcemente e io sentirò ancora la sua voce dirmi “Ti ho ritrovata”.
E quando mi bacerà di nuovo, finalmente, allora il mondo ritornerà a girare.
Alla fine, rimpiangiamo solo le opportunità che non siamo stati in grado di cogliere.
 
 
Are the dreams you dreams reality or fantasy?
Ashbear, Crimson Lies
 
 
Non ha mai cambiato la serratura.
Da quando si è trasferita a vivere in quella casa, un giorno di Agosto di tanti anni prima, Anna ha sempre lasciato che la porta rimanesse così com’era. In realtà è più corretto dire che non ha toccato niente, non se l’è sentita: stessi mobili, stesse suppellettili, stessi quadri (ci sono ancora i suoi vestiti in un angolo dell’armadio).
È in cucina quando l’uscio si apre con un cigolio, niente di inquietante, niente di sinistro, ma si apre. Sobbalza leggermente nel sentire quel rumore e lascia andare la pasta della torta (per la crostata di lamponi e cioccolata, che prepara sempre ogni domenica), si pulisce maldestramente le mani nel grembiule rosa e si dirige in salotto.
La grossa borsa di color verde militare è per terra, di fronte alla porta nuovamente chiusa, nell’aria un leggero profumo di tabacco.
«Ti stavo aspettando» mormora sorridendo.
Le lacrime le bagnano le ciglia e poi le guance, scivolando giù come in corsa, Anna, però, non smette mai di sorridere, sente il cuore scoppiarle nel petto e tutto il resto non ha più alcuna importanza.
Quando le sue braccia la cingono in un abbraccio capisce che sì, è valsa la pena aspettare; Hans strofina la barba incolta sulla guancia della donna, mentre il suo viso scivola a cercarne le labbra, per il primo bacio dopo otto anni.
Ispira profondamente, fissandola con amore, quindi finalmente sorride.
«Bene. Sono tornato».
 
 
When love is real, it finds a way
Avatar: the last Airbender, Roku
 
 
 
Note:
È finita. È la fine e non mi sono nemmeno accorta di esserci arrivata, perché questa storia è stata scritta così velocemente e così di getto che non so nemmeno come io ci sia riuscita.
Come avrete sicuramente notato questo epilogo è molto corto, ma è normale, perché è, per l’appunto, l’epilogo e serve solo a tirare i fili. All’inizio l’avevo scritto dal punto di vista di Hans, perché quasi tutta la storia è dal punto di vista di Hans, e l’ottima ragione è che mi identifico molto di più con lui che con Anna; ma poi mi sono resa conto che proprio perché avevo sempre dato così tanto spazio ad Hans era meglio se nell’ultimo capitolo avessi finalmente dato voce ai pensieri e alle emozioni di Anna.
E scusate è così melenso che credo mi sia venuto il diabete a scriverlo e ho avuto la tentazione di cancellare tutto otto volte e di non postarlo perché sì, insomma, è troppo cheesy per i miei standard. Ma ok, va bene così, perché sinceramente non riesco a immaginarmi un altro epilogo.
Quindi abbiamo una parte in prima persona e un brevissimo 8 anni dopo, otto anni perché ogni cosa richiede tempo, perché mi immagino Hans che torna in tempo per il trentesimo compleanno di Anna e mi immagino la sua gioia e niente.
Questa è la fine, grazie per avere letto tutta la storia, grazie a chi l’ha commentata, a chi l’ha preferita e a chi ha seguito e basta. Non è l’ultima Hans/Anna che scriverò, ma è sicuramente quella a cui sono più legata.
(Ci sono così tante citazioni sparse in questo capitolo che io boh, se le cogliete tutti siete delle bellissime persone).
 
E niente, sono un po’ triste ora.





   
 
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