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Autore: Aesingr    18/12/2014    3 recensioni
Spyro e Cinerea hanno combattuto e sconfitto il perfido Malefor, drago viola dai poteri immensi. l'hanno sempre considerato un nemico vile e spietato, insensibile di fronte al dolore che stava causando.
Si sa, l'oscurità può sorgere anche dalla luce. A volte l’amicizia, l’amore ed ogni altro sentimento positivo possono mutare in artigli roventi, con cui è facile dilaniare la carne e le ossa per giungere al cuore.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FIGLIO



Nebbie oscure dall’ombra del cielo
In cerca del tempo in un buio anfratto,
Su petali di un fiore privo di stelo
Come una piccola macchia di blu scarlatto.
A caccia del suo nome, poi del suo io
Immerso in un oceano di pallido oblio.
Sprazzi di luce giunti nel cuore,
Freschi di dubbi, poveri d’amore.
Ciò che sarà, percepisce dentro di se
Al tetro culmine di un altro perché,
dai soffi d’anima di un triste cammino
faccia a faccia con il suo oscuro destino.


Aurore di speranza avevano abbracciato la notte in seguito al ritorno della pace e della quiete in un mondo corrotto dal male. Ormai la storia del leggendario drago viola era divenuta realtà nelle terre di tutti i popoli del regno dei draghi, ad Avalar, fino a raggiungere anche i villaggi celati nel sottosuolo o fra i picchi montani. Non si faceva che raccontare la storia dei draghi guardiani degli elementi, divenuti protagonisti di una leggenda che mai sarebbe stata dimenticata.
Flarendor era stato sconfitto e il cristallo custodito nel tempio, privato della sua altra metà, venne distrutto per evitare scelleratezze che avrebbero messo nuovamente in pericolo le sorti del regno. La fonte della vita era stata annientata.
Al tempio la vita aveva ricominciato a trascorrere tranquilla e pacifica, in un susseguirsi di giochi ed allenamenti. I draghetti, divenuti adolescenti sotto i saggi insegnamenti dei guardiani, si godevano la serenità al cui raggiungimento avevano contribuito con coraggio. Neanche Malefor aveva avuto difficoltà a relazionarsi con i suoi nuovi compagni, felice di poterli chiamare amici. Per il suo cuore abituato alla solitudine, ogni minimo gesto d’affetto si trasformava in un attimo di gioia e gli fu facile inumare il suo passato. Avrebbe velato la sua infanzia come un ricordo da cui rifugiarsi per sopravvivere.
Si, l'avrebbe velato; non rimosso.

“Cosa state facendo!”
Glaider e Ignitus, che nel corso degli anni avevano accentuato la loro rivalità ansiché sedarla, non erano mai soddisfatti delle ferite riportate dopo uno dei loro duelli e continuavano a darsele di santa ragione anche quando le forze venivano meno.
Solaris, disperata dalle condizioni con cui uscivano da quegli innocenti scontri, si offriva sempre di aiutarli a rimettersi in forze in cambio della rinuncia ad altre battaglie, promessa che veniva infranta nei seguenti cinque minuti. Anche l’astio giocoso che frizzava tra Zell e Dorim non aveva mai conosciuto tregua; il drago del fulmine non aveva mai perdonato l’affronto subito qualche anno addietro e cercava vendetta ogni volta che ne aveva l’occasione, scatenando le ire di Dorim che provava immenso piacere nel ricambiare il favore a sua volta.
Tutto sembrava perfetto, nessun’ombra avrebbe più potuto insinuarsi nel calore dell’amicizia e dell’amore che i draghi ormai maturi, più o meno, si trasmettevano l’un l’altro.

“Questo è ciò che volevamo Axius, perché proprio tu non vuoi fartene una ragione?”
Il guardiano del ghiaccio se ne stava oziosamente steso su un giaciglio di fogliame morbido e fresco al di fuori del tempio. Cercava nella monotonia del suo ruolo uno spiraglio di semplicità, godendo del sollievo di non dover fronteggiare battaglie a rischio della vita seppur vividi dubbi continuassero ad insinuarsi in lui.
Teneva il muso poggiato fra le zampe come un cucciolo in procinto di addormentarsi, mentre il suo sguardo glaciale fissava la dragonessa in piedi di fronte a lui. Neiry aveva avvolto un ala attorno al tronco di un albero, lasciandosi andare contro di esso e sfidando lo a sorreggere il suo peso. Sopra di loro un abile pittore celeste aveva dipinto una chioma di soffici nuvole bianche su uno sfondo che lasciava intravedere l’infinito azzurro dell’universo. Il sole abbracciava tiepidamente le scaglie delle due creature con delicatezza, portando i loro manti rilucenti ad assumere un aspetto quasi divino; come statue di bellezza incomparabile, come diamanti pianti dal cielo.
“Neiry” La dragonessa non si mosse, attendendo nel suo sguardo la risposta. “Non penso sia così semplice”
“Se uno zuccone come te non vuol farlo essere tale”
“Ti sbagli. Non è finita, non è ancora il momento di abbassare la guardia”
“Perché qualcun altro dovrebbe seguire le orme di Flarendor?” chiese lei.
“Non ho detto questo. Se mai accadrà comprenderai i miei timori”
Neiry lasciò la presa sull’albero e gli si avvicinò con passi leggeri, distendendosi al suo fianco.
“Tuttavia, finché non sarà strettamente necessario ti impedirò di agire. Anche a costo di fracassarti quel duro cranio spinoso che ti ritrovi”
Il drago le sorrise, per poi sferrarle una frustata di coda sul dorso.
"Forse me lo merito"
“Cosa fai?” rispose lei corrucciata mentre si drizzava sulle zampe e gli puntava gli artigli alla gola. “Non si toccano le dolci femmine indifese!”
Axius nascose di nuovo il volto tra gli artigli, socchiudendo gli occhi.
“Tu mi sembri tutt’altro che indifesa”
Neiry sbuffò, ritirando le lame affilate che minacciavano di decapitare Axius.


La notte ormai era calata interamente e aveva rivestito il tempio di un cupo alone di solennità, sprigionata dalle mura imponenti come castelli. Qualche tenue raggio lunare filtrava attraverso le colonne che circondavano parte della costruzione, disegnando sul terreno piccoli coni di colori sfumati. Malefor aveva deciso di riposare lì, assieme a Ignitus e Zell, mentre gran parte degli altri dormivano all’interno del tempio o alle spalle di esso, in prossimità dell’arena d’allenamento.
Con gli occhi socchiusi restava in ascolto del mondo circostante, colmato dal tenue canto dei grilli e da un soffice vento che gli regalava un piacevole riposo. Quella notte capì che non sarebbe riuscito ad addormentarsi facilmente. Ad ogni minima sensazione anormale la sua coscienza si riattivava completamente, impedendogli di riprendere sonno. Era stato abituato da cucciolo a dormire non più di qualche ora ed i ritmi quotidiani gli parevano piuttosto lenti, o comunque non in grado di spossarlo.
Percepì Ignitus muoversi a qualche metro da lui. Attese un istante, poi si ribaltò di fianco per incrociare i caldi occhi dell’amico che lo fissavano vivacemente.
“Niente sonno?” Chiese il drago del fuoco, sedendosi.
“Forse non mi sono impegnato abbastanza oggi” rispose Malefor.
“Hai soltanto affrontato 3 draghi del fulmine e ne sei uscito illeso, che vuoi che sia”
Malefor distese le zampe e sorrise.
“Non ho voluto io questa forza”
“Nessuno te ne farà mai una colpa, finché la userai a fin di bene”
Il drago viola si voltò verso l’esterno del tempio, dove milioni di sciami stellari dipingevano figure luminose attorno a basse nuvole notturne.
“Ti ringrazio”
Ignitus sorrise. Mosse le zampe per alzarsi e avvicinarsi al compagno, ma qualcosa lo trattenne. Si voltò di scatto e vide che Zell aveva avvinghiato la propria coda attorno alla sua, mentre il resto del corpo era ancora abbandonato alle culle dei sogni.
“Zell…”
“No il mare no! No… non l’ho perso io!” bofonchiò il giovane drago del fulmine, ributolandosi nel sonno e trascinando Ignitus con sé.
Ignitus cercò di sfilare la coda senza svegliarlo, ma Zell continuava a farfugliare frasi sommesse e prive di senso, serrando sempre più forte la presa. Ignitus si chiese quanta forza ancora potesse esercitare.
“Zell stai sognando!”
“L’acqua noo!” Gridò, sferzando una codata involontaria che spedì Ignitus addosso ad una colonna.
Il drago di fuoco impiegò qualche secondo per rialzarsi, colto alla sprovvista e stordito dalla botta.
Zell lo fissava preoccupato, mentre ancora i suoi occhi si abituavano alla realtà.
“Che… che succede Ignitus?” Chiese spaesato, venendo fulminato da un’occhiataccia incandescente.
“Zell”
I tre si fissarono l’uno con l’altro. Zell passò lo sguardo su Malefor, che a sua volta sorrise a ignitus. Il drago del fuoco però era di tutt’altro avviso e sorridere fu l’ultima cosa che gli venne in mente.
“Ora io e Malefor dormiamo qui… e tu laggiù” Fu l’unica cosa che disse, indicando il fitto insieme di alberi all’esterno del tempio.
Malefor non riuscì a trattenere le risate nel constatare che ancora Zell non sapeva per quale motivo Ignitus lo stesse aggredendo.
“Ma cosa ho fatto?”
“Mi hai schiantato contro questa colonna se non l’hai notato”
“Io? Em… sicuro? Ah… scusa… ma Dorim mi voleva gettare nel fiume!”
Ignitus sospirò, emanando scintille dalle fauci. “Dorim non voleva gettarti da nessuna parte, torna a dormire”
Senza aver ancora compreso lo svolgersi della vicenda Zell si rannicchiò di nuovo su se stesso, coprendosi ilmuso con un’ala per proteggersi dall’acqua immaginaria.
Malefor non aveva ancora smesso di ridacchiare, sia per l’ingenuità di Zell sia per la triste sorte capitata ad Ignitus, il quale gli fece notare con una zampata che non gradiva essere preso in giro.
“Avrei voluto vedere te al mio posto”
“Povero Ignitus, ti fa male la testolina?” Lo schernì Malefor, ghignando.
L’amico gli saltò addosso e i due iniziarono ad azzuffarsi scherzosamente, mentre Zell si rendeva conto che non era più possibile prendere sonno.
“Come faccio a riaddormentarmi se fate tutto questo chiasso!”
Ignitus, che senza neanche sapere come si era ritrovato sopra al dorso di Malefor schiacciato a terra, si voltò appena in tempo per vederlo gettarsi nella mischia. Per alcuni minuti i tre si divertirono a spingersi a terra e a scambiarsi artigliate e morsi in punti del corpo che non sapevano neanche di avere.
Quando furono sazi di graffi e lividi tornarono a distendersi tranquillamente, come se niente fosse accaduto. Ignitus osservò Malefor accucciarsi sotto le proprie ali e non poté fare a meno di notare la differenza, accentuata con lo scorrere del tempo, tra il cucciolo di qualche anno prima e il drago di allora.
Finalmente sembrava uno di loro, finalmente le ombre non annebbiavano più i suoi pensieri. Almeno in apparenza.

Le sue ali lo spingevano attraverso un’atmosfera quasi palpabile, in cui gli sembrava di nuotare piuttosto che volare. Accanto a lui si ergevano le solide colonne del tempio, di cui il suo corpo ignorava la materia. Non cercò neanche di cambiare direzione quando il suo muso si trovò a pochi centimetri da esse, poiché sapeva di poterle attraversare come se di fattezza eterea.
Oltrepassò diverse pareti di pietra invalicabile, ritrovandosi in un remoto e angusto antro all’interno del tempio. Il suo sguardo non aveva bisogno di cercare, i suoi sensi erano come spenti: veniva guidato da qualcosa di innaturale nel suo subconscio che lo conduceva attraverso gli strati del sogno.
Si arrestò solo quando di fronte a lui comparve un buio spazio circolare, con al centro qualcosa di indefinito. Qualsiasi cosa fosse lo attraeva, lo induceva a raggiungerlo. Sapeva di dover comprendere di cosa si trattava, ma la sua mente riemerse dal sonno, riportandolo come al solito al fresco abbraccio della notte.

Il mattino seguente i tre vennero svegliati dai gruppi di voci che iniziavano ad ammucchiarsi quand’era ora di alzarsi. Zell e Ignitus, presi dall’euforia del divertimento, si erano dimenticati che l’indomani si sarebbero dovuti cimentare nelle prove che li avrebbero trasformati nei futuri guardiani del regno, in competizione con i loro stessi compagni.
Malefor, che durante quegli anni aveva appreso come sviluppare ognuno dei suoi poteri ai quali aveva compreso di poterne sommare altri, aveva deciso di non partecipare a quella gara nonostante Neiry avesse tentato più volte di convincerlo. I suoi poteri andavano ben oltre la media e sia nelle esibizioni di potenza sia negli scontri sarebbe stato notevolmente avvantaggiato. In oltre l’idea di trascorrere il giorno con l’unico avvilente incarico di proteggere un elemento in tempo di pace non lo allettava affatto. In fondo, non era quello il suo destino.
I quattro guardiani, dopo essersi disposti in piedi ai lati dell’arena, ruggirono all’unisono per interrompere i chiassosi schiamazzi degli allievi che si erano ammucchiati a insistere su frivole autovalutazioni, decisamente inadatte ai guardiani degli elementi.
“Che nessuno di voi fiati da adesso fino all’inizio delle prove!” Gridò Ignitor, facendo rimbombare il potente tuono della sua voce tutt’attorno.
Come pietrificato da potenze superiori, il gruppo di giovani si concentrò unicamente sul guardiano del fuoco.
“Sembra di tornare indietro nel tempo vero Glaider?” Bisbigliò Ignitus rivolto al suo più grande rivale.
“Già. Ma questa volta saremo l’uno contro l’altro, non insieme. Quindi preparati a prenderle!”
“Purtroppo non credo potremo affrontarci. Ce le diamo tutti i giorni, magari saremo entrambi guardiani”
“Tu un guardiano? Tuo padre preferirebbe lasciare il posto ad un golem” sghignazzò Glaider.
Per fortuna il dialogo si concluse rapidamente, evitando a entrambi di incorrere nelle oscure ire del padre di Ignitus. Roba che avrebbe fatto impallidire Flarendor e i cristalli oscuri di ogni più remota epoca.
Neiry percepì Malefor avvicinarsi alle sue spalle e nonostante il suo sguardo fosse ancora impassibile sugli allievi fu felice di accoglierlo.
“Mi dispiace che tu non abbia voluto partecipare”
Malefor le si sedette a fianco, sfiorando una delle sue grandi ali con la propria.
“Non sarebbe stato corretto. E poi dovrei fare il guardiano di tutti gli elementi. Quale senso avrebbe assegnarmene uno?”
La dragonessa si voltò a fissarlo sorridente, con un’espressione al contempo fiera e felice.
“Questo ti fa onore drago viola. Hai ragione, non avrebbe alcun senso destinarti il ruolo di guardiano. Tu puoi puntare molto più in alto e lo sai”
Malefor chinò il muso, agitando placidamente un’ala.
“Non penso serva più di questo. Non c’è altro che vorrei”
Neiry aveva trascorso molte ore in compagnia del giovane drago viola in quell’ultimo periodo e gli si era oltremodo affezionata, imparando a capirlo meglio degli altri in quanto a sentimenti. D’altro canto Malefor non desiderava nasconderle niente, ma non era del tutto convinto della veridicità della sua ultima affermazione.
“Posso capire che tu sia felice di vivere con i tuoi amici, ma sei sicuro che qualcosa non ti tormenti?”
Lui tornò a fissarla, con una nuova strana e baluginante luce negli occhi.
“Non capisco perché da molti giorni faccio sempre lo stesso strano sogno” Ammise con semplicità, certo che la dragonessa l’avrebbe saputo ascoltare.
“Sogno?”
“Si. Non è un incubo, ma se devo dire la verità non è neanche molto piacevole. Per il semplice fatto che mi sveglio sempre prima che il sogno si concluda”
“Bene, potresti spiegarmi di cosa si tratta se vuoi”
Malefor gettò un’occhiata ai compagni in cerchio al centro dell’arena, intenti a fissarsi con reciproca stima e ammirazione, testimonianza della loro amicizia nonostante stessero per scontrarsi come avversari.
“Penso di poter aspettare, adesso voglio proprio vedere quali prove vi siete inventati per quei poveretti”
“Tranquillo, ne usciranno tutti interi. Considerando che la maggior parte di loro trascorrono le giornate a tentare di uccidersi a vicenda non credo che qualche prova di competizione possa preoccuparli. Anche tu ti dai da fare, no?" scherzò lei assestandogli un buffetto sul collo con la coda. "Comunque, puoi raccontarmi intanto. Non insisterei se non mi fossi resa conto che la cosa ti inquieta”
Malefor inclinò il collo, reclinando il muso. “In realtà non mi preoccupa il sogno, ma il fatto di vivere sempre la stessa identica scena. In quei momenti sono cosciente di sognare e so dove dirigermi, ma non riesco mai a raggiungere la meta”
Neiry si fece leggermente scura in volto, interpretando immediatamente la faccenda come qualcosa che non quadrava.
“Continua…”
“Il sogno inizia sempre dal luogo in cui mi addormento, poi è come se una parte di me uscisse dal corpo e si dirigesse all’interno del tempio. Tutto è immateriale, o forse io lo sono, e riesco ad attraversarlo come se niente fosse. Dopo aver oltrepassato alcune stanze arrivo… beh non so cosa sia” La dragonessa attese trepidante, sempre più ombrosa. “Sembra un piccolo vano, con al centro qualcosa che non riesco mai a decifrare. L’unica cosa che riesco a vedere è una pioggerella azzurra che esce dal pavimento e si dirige verso l’alto”
A quelle parole Neiry trasalì. Cercò di mantenere la calma impenetrabile che di consueto la contraddistingueva per non destare sospetti, ma farlo le costò un buon quantitativo di autocontrollo. Non le balenò in mente altra soluzione che sviare la discussione come Malefor stesso aveva suggerito.
“Effettivamente è molto strano. Ne riparleremo, ora goditi lo spettacolo” asserì fingendo la più completa disinvoltura.
Malefor le diede ascolto senza replicare, ma non era certo stupido. Comprese che aveva smosso l’animo di Neiry e questo non fece che alimentare le sue preoccupazioni.
 Le prove iniziarono con uno scontro elementale tra Ignitus e un altro drago del fuoco, i quali si scambiavano vampate incandescenti in volo, in un’esplosiva danza di scintille luminose. Malefor sapeva che quella per Ignitus era una sfida più che ardua, si era allenato molto per non arrivare impreparato a quel genere di battaglia e avrebbe dovuto sopraffare il fuoco avversario senza farsi colpire da esso. Il primo che sarebbe stato investito dalla fiammata avversaria sarebbe stato eliminato. Entrambi se la stavano cavando egregiamente e Malefor sperava che il suo compagno ne uscisse vincitore, ma non riusciva a distogliere del tutto la mente dall’espressione accigliata di Neiry.
Non dovettero trascorrere molti minuti perché Ignitus mettesse a segno un colpo, avvolgendo il suo avversario nelle fiamme. Dopo di lui altri giovani draghi si sfidarono, sempre più agguerriti, sempre più desiderosi di presiedere l’indomani a protezione del loro elemento di appartenenza, raggiungendo così il ruolo quasi ultraterreno di guardiano. Tra di loro emerse subito l’abilità di alcuni draghi quali Glaider, Solaris, Zell e Terrador, i quali si distinsero per capacità fisiche e coraggio in battaglia. Fu dopo scontri consumati tra artigli e vincitori, che Malefor ebbe una spiacevole sorpresa; due dei suoi più cari amici, gli stessi Solaris e Glaider, dovettero vedersela faccia a faccia.
Gli altri giovani draghi, in quel momento spettatori, gridavano esortazioni e incitamenti da ogni direzione e ruggivano per preannunciare quello scontro che sapevano sarebbe stato impressionante date le premesse
“Pronto a prenderle?” fece Solaris, fiera e indomita come una regale dragonessa dei ghiacci.
“Non mi impegnerò con te cuccioletta, non voglio rischiare di farti male” la derise Glaider.
Soltanto loro erano rimasti come rappresentanti dell’elemento del ghiaccio. Chi dei due fosse riuscito a prevalere si sarebbe guadagnato il ruolo di guardiano per la futura generazione.
Erano amici, forse anche qualcosa di più nonostante le respinte di Solaris, ma entrambi erano anche intenzionati a vincere. Quando Axius annunciò l'inizio dell'incontro, i due scattarono rapidamente uno contro l’altra. A dispetto di qualunque previsione che li vedeva compagni si stavano impegnando con tutte le loro forze, devastandosi a vicenda di colpi in un infinito susseguirsi di acrobazie, sferzate e incornate. A Malefor sfuggì un piccolo ghigno divertito nel notare che i due praticamente non si stavano cimentando in niente di nuovo, niente più di una delle loro solite violente zuffe che ogni tanto riempivano i minuti di pausa durante le giornate d’allenamento.
Purtroppo però i suoi pensieri erano occupati da ben altro e avrebbe quasi voluto potersi addormentare per finire di nuovo tra le spire di quello strano sogno, troppo consistente e insolito per essere fine a se stesso. Più cercava di allontanare i pensieri più questi si facevano invadenti e insistevano con prepotenza per non essere ignorati. Avrebbe potuto rimandare ad un altro momento, eppure qualcosa gli suggeriva che se non si fosse sbrigato ad assecondare quelle preoccupazioni se ne sarebbe pentito.
Le sue zampe si mossero quasi indipendenti dalla mente, portandolo d’istinto verso il tempio, in cui ora vedeva qualcosa di nuovo e misterioso. Un appello chiamava il suo nome fuori dallo spazio e dal tempo, riuscendo ad occultare tutto il resto, dalle grida dei draghi alla battaglia sull’arena. Dopo qualche istante sentì che Neiry lo stava seguendo, ma non si voltò. Non le avrebbe impedito di seguirlo ma non si sarebbe neanche fermato.
Lei gli planò accanto con leggerezza, proseguendo al suo fianco fin dove la mente di Malefor li avrebbe condotti.
Arrivarono fino alle colonne frontali che anticipavano l’ingresso al tempio, fermandosi a pochi metri dall’imponente facciata in pietra. Non avrebbe potuto attraversare la materia come in sogno.
“Che devo fare?”
Neiry lo scrutò dall’alto, per poi superarlo e pararsi di fronte a lui.
“Se vuoi scoprirlo, dovrai uccidermi”
Malefor sgranò gli occhi e restò basito, sentendosi ghermire da un improvvisa sensazione di terrore, scaturita dallo sguardo implacabile della dragonessa. Non l’aveva mai vista fissarlo con una simile rabbia e determinazione sul muso, una determinazione che forse il corpo cercava di imporre con difficoltà alla mente; Neiry non avrebbe mai potuto fargli del male, ma sapeva che quello era l’unico modo.
“P... perché? Cosa c’è qui dentro che non devo conoscere. Ho appena smesso di vivere lontano dai dubbi e dalle incertezze, perché non devo sapere?”
“Infatty drago. Per questo devi andartene. Non puoi restare qui un momento di più” Gli ringhiò in faccia Neiry, in un flebile tentativo di intimidirlo.
“Dovrei andarmene da questo posto?”
“Andartene e non tornare!”
Malefor scosse il capo, ora furioso quanto lei.
“Mai! Non me ne andrò mai di quì! Qui ci sono i miei amici e ci sei tu, per quale motivo dovrei andarmene!”
“Se te lo dicessi cercheresti in ogni modo di scoprire verità che potrebbero farti del male. Proprio perché anch’io ti voglio bene devo impedirti di fare sciocchezze”
Il drago viola continuò a fissarla con decisione, sempre più intenzionato a capire cosa ci fosse dietro a tutto questo.
“Non mi allontanerò da qui finché non avrò scoperto cosa mi vuoi nascondere”
"Bene” Concluse Neiri, indietreggiando di qualche passo e snudando le zanne. “Allora vieni a scoprirlo”
Malefor non voleva attaccarla, non ci sarebbe mai riuscito. Ancora una volta doveva scegliere. Abbassò il muso e si infilzò la pelle sotto le scaglie con gli artigli di una zampa, per ridestarsi da quell’inconcepibile frenesia che lo stava invadendo. Se non si fosse fermato immediatamente avrebbe potuto fare del male a colei a cui si sentiva più legato.
“Non posso” le rispose, rialzando la testa e scorgendo una nuova luce nell’espressione di Neiry, che si scostò per lasciarlo passare.
“Sai controllare le tue emozioni meglio di quanto credessi, puoi andare”
Malefor non capì, ma finalmente quell’arrogante smania di sapere si era placata. Restò in silenzio ad attendere un altro segnale, ma Neiry si era chiusa in un immobilità scultorea, lasciandolo unicamente a se stesso.
“Ma non vuoi veramente che io me ne vada giusto?”
“Ti sbagli. Ma ora vai, decidi come preferisci”
Si sbagliava? Quindi non aveva mentito dicendo che avrebbe dovuto abbandonare il tempio?
Lasciò che la speranza di poter giungere a qualche risposta avesse la priorità sulla paura di dover restare di nuovo solo. Passò sotto lo sguardo immutabile di Neiry, che non si mosse di un millimetro, mostrandosi addirittura intenzionata ad andarsene. Voltò le spalle a Malefor, tornando sui propri passi verso l’arena dove gli altri guardiani la stavano aspettando.
“Adesso ti lascio nelle tue stesse zampe. Ti prego di non deludermi”
Nonostante non avesse ancora ben capito cosa stesse succedendo, Malefor annuì e si gettò all’interno del vano principale del tempio. Quando l’oscurità dell’ingresso lo avvolse si fermò, cercando di ricordare in quale esatta posizione si trovasse il suo obbiettivo, restando però spiazzato dalla facilità con cui se n’era dimenticato.
Era più di una settimana che quel sogno si ripeteva continuamente ogni notte, perché non riusciva a ricrearlo con precisione? Attese alcuni istanti immerso nel silenzio, come si aspettasse di captare qualcosa dentro di sé da un momento all’altro.
“Vieni”
Il suo udito non percepì niente di reale, ma la sua mente udì distintamente quella voce provenire dal suo interno.
“Siamo vicini”
Stava per impazzire. Cosa accidenti gli stava succedendo?
“Dove!” Pensò, continuando a starsene immobile e in silenzio.
“Di fronte a te”
Solo in quel momento realizzò di trovarsi davanti a una parete di pietra spessa e invalicabile, antica forse quanto l’Aedo, come del resto il tempio di cui faceva parte.
“Qui non cè niente”
“Se puoi sentirci puoi anche vederci. Avvicinati”
Annullò anche la propria vista, chiudendo gli occhi e avanzando a passo insicuro.
“Non temere”
Cercando di svincolarsi dalle proprie stesse percezioni fisiche, corse in avanti fin quando a fermarlo non fu una piacevole sensazione di caldo misto a freddo, di luce mista ad oscurità, di suoni misti a silenzio. Cercò di riemergere dallo stato di isolamento mentale in cui si era spinto, ma notò che più cercava di emergerne più quelle sensazioni si allontanavano.
Quando riuscì a trovare una buona stabilità interiore si accorse di trovarsi proprio all’interno dello stesso antro che aveva visto in sogno. Qualcosa però era diverso: in quel momento non era solo, a differenza delle altre volte, e sapeva di poter arrivare fino in fondo.
Si trovava proprio al centro della stanza, con le zampe poggiate su uno strano cristallo dalla forma perfettamente sferica e attorno a lui fluttuavano minuscole particelle azzurre che salivano verso l’alto come libere dalla gravità. Dalla semisfera del cristallo emergente dal terreno veniva sprigionata una luce perpetuamente intenza e le gocce cielesti illuminavano a tratti le pareti che lo circondavano. Scese dalla levigata e perfetta superficie vitrea e tastò con gli artigli la consistenza del suolo, altrettanto liscio.
“Dove siete? con Chiunque stia parlando”
Nessuna risposta. Poggiò allora una zampa sul cristallo e ne fissò l’interno, vedendovi impressa la sua immagine, in mezzo a quella di altri due draghi. Quando intuì che quello era semplicemente il suo riflesso sussultò, voltandosi di scatto ad osservare il drago e la dragonessa che gli erano effettivamente alle spalle.
“Ciao Malefor” Disse l'imponente drago rosso alla sua destra. Lehr invece non perse tempo e si avvicinò a suo figlio con un sorriso ad illuminarle il muso.
  
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