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Autore: Aesingr    18/12/2014    3 recensioni
Spyro e Cinerea hanno combattuto e sconfitto il perfido Malefor, drago viola dai poteri immensi. l'hanno sempre considerato un nemico vile e spietato, insensibile di fronte al dolore che stava causando.
Si sa, l'oscurità può sorgere anche dalla luce. A volte l’amicizia, l’amore ed ogni altro sentimento positivo possono mutare in artigli roventi, con cui è facile dilaniare la carne e le ossa per giungere al cuore.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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RINASCERE DALLE ORIGINI



Malefor, sentendosi stringere dalle ali e dalle zampe della madre, non poté che ammettere di aver sofferto molto quella mancanza pur avendola ritrovata in Neiry.
Scoprì che nei suoi occhi rivivevano quelli di Lehr, occhi colmi di purezza e di determinazione. Adesso finalmente si sentiva al proprio posto, capì di aver avuto un’origine. Dall’azzurro gelo della madre e dallo scarlatto fuoco del padre erano nate le sue squame viola, un prodigio avvenuto per capriccio del destino proprio a lui. Sentiva di provenire dall'unione di quei due draghi, due metà unitesi nella sua anima giurando di proteggerla dal paradiso dei draghi in eterno.
“Se sei riuscito ad arrivare a noi significa che il nostro desiderio di poterti incontrare almeno una volta si è realizzato" disse Lehr con soddisfazione.
Malefor non si mosse. Non riusciva a far altro che ascoltare la sua voce, come terrorizzato dalla possibilità che potesse scomparire di nuovo.
“Io ho visto questo luogo in sogno. Qualcosa continuava a volermi condurre fino a qui. Solo ora capisco che eravate voi che chiamavate il mio nome”
“Chiamavamo il tuo nome da un luogo in cui ci è stato concesso di conservare il nostro ricordo fino al tuo arrivo, e adesso...” Cercò di spiegare la dragonessa, venendo interrotta da Airack.
“Non credete che questa conversazione debba essere ospitata da ben più piacevoli terre?”
In un attimo i tre vennero attratti, se pur non fisicamente, dall’oculo incastonato al centro della stanza e vennero risucchiati in esso. Dopo un percorso di fasci splendenti si ritrovarono catapultati tra le ombre di una fitta foresta, su cui il sole riluceva radioso.
“Molto più accogliente direi” Disse il drago rosso, sorridendo.
Malefor era abituato alle potenziali assurdità, ma non riuscì a capire in alcun modo cosa fosse successo e per quale motivo il suo corpo paresse di nuovo esistere fisicamente, allo stesso modo di quello di Lehr e Airack. Ne percepiva la presenza, il calore, l'energia.
“Ma cosa…”
“Tranquillo, tuo padre è sempre stato così” Rispose la dragonessa, sedendosi al suo fianco.
“Siamo veramente fuori dal tempio? O è un’illusione?”
“Anche un’illusione se pur irreale può esistere. Quindi si, stai vivendo in qualcosa di irreale che però sta accadendo. Ma non sono bravo con certe cose” Cercò di spiegargli Airack, con scarsi risultati.
“Ma voi… voi siete…”
Lehr sorrise.
“Sarebbe bello, ma abbiamo abbandonato questo mondo molti anni fa. Comunque se tu lo vuoi lo siamo. Siamo vivi Malefor, viviamo dentro di te”
Il drago viola sfiorò con la coda i soffici fili d’erba che ricoprivano il terreno, non trovando niente di insolito o surreale in quel contatto. I suoi sensi erano perfettamente attivi e poteva percepire la vita scorrere attorno a se. Non era quello però che gli interessava in quel momento. Aveva ben altre domande per la mente e sapeva di doversi godere a pieno quella momentanea e perfetta felicità.
“Non volevo veniste uccisi per me. Non è giusto”
Airack rise, avvicinandosi al figlio che sollevò lo sguardo sul suo muso guerriero e selvaggio.
“Come potevi volerlo? Non esistevi ancora!”
Anche la dragonessa si perse in una leggera risata.
"Come posso vivere sapendo che ho la possibilità di farlo solo grazie al vostro sacrificio”
“Malefor…” lo richiamò Lehr con voce dolce e amorevole. “Tu stesso l’hai detto, non è giusto. Il mondo è ingiusto, e l’hai potuto sperimentare sulle tue squame. Vivere è difficile, ma non pensare che morire sia da meno. La paura di dover abbandonare tutto ciò a cui tieni finisce per prevalere sulla consapevolezza che non dovrai soffrirne. Ma proprio perché sei così puro nel cuore dovrai saper onorare ciò che ti è stato donato. Vivi proprio per ricordare noi che abbiamo volentieri rinunciato a farlo per te. Così non soffrirai ancora, non ti immergerai più nei dubbi che tentano di stringerti nella morsa della paura”
“Io non ho paura” Affermò Malefor, drizzandosi sulle zampe. “Non ne ho da quando ho scoperto cos’è l’amicizia. In quella credo e per quella lotterò"
“Esatto” rispose Airack, scambiando con Lehr un’occhiata colma di fierezza. “Se queste sono le tue scelte, non abbiamo alcun rimpianto. Vivi in funzione di ciò in cui credi e combatti per difendere i tuoi valori, ma non lasciarti mai influenzare dalle promesse dell’oscurità. Sono solo false verità quelle a cui aspireresti”
Malefor ascoltò il padre come se stesse sentenziando una legge assoluta su cui erigere la sua esistenza, riconoscendo in quelle frasi ciò che aveva sempre sospettato ma che nessuno era mai stato in grado di confermargli a pieno.
“È stato proprio un drago corrotto dal male a vedermi crescere. Lo stesso che vi ha uccisi”
“Lo sappiamo” Continuò Lehr. “E sappiamo anche che il tuo coraggio e la tua devozione ai tuoi compagni ti hanno aiutato a vendicarci. Sii fiero di questo e di te stesso, non rimpiangere ciò che hai fatto, e sappi che noi ti vogliamo bene e continueremo a vegliare su di te per sempre”
Malefor si avvicinò alla madre e le strinse con le ali il collo, perdendosi in un caldo e delizioso abbraccio materno.
“Potrei offendermi! Niente abbraccio per me?” Silamentò Airack, avvicinandosi al figlio che aveva disteso l’ala sinistra per unire i tre in un unico indissolubile legame d’affetto.
Quel momento sarebbe vissuto per sempre in eterno nel cuore di Malefor.
Quel momento sarebbe stato per sempre parte di lui.
Quel momento di pace, che non avrebbe mai più potuto rivivere a causa di Flarendor e del potere oscuro dietro cui si era mascherato. Aveva raggiunto l’apice della felicità e da un momento all’altro l’avrebbe perso. L’apoteosi dell’amore, fulgido in quell’abbraccio, avrebbe vissuto in eterno o si sarebbe di nuovo spento come scintille nell’ombra.
“Non voglio perdervi ancora”
“Non ci perderai. Dovrai riuscire a ricordarci senza soffrire della nostra assenza, lasciando che il nostro ricordo continui a vivere in te”
Fu proprio il drago viola a sciogliere l’abbraccio, indietreggiando di un passo e fissando entrambi con angoscia. Una lacrima solcò il suo muso.
Dopo tutti quegli anni, dal momento in cui era nato, non aveva ancora scoperto il significato del pianto. Avrebbe potuto credere che quella fosse una lacrima di felicità, ma scelse di riconoscerla come espressione del suo dolore. Fu quello il suo primo, vero errore. Aveva individuato la retta via di fronte al suo maestro, aveva trovato la risposta con i suoi amici, ma di fronte ai suoi genitori e alla sorte che era loro toccata si perse nei meandri del labirintico bivio della rabbia e dell’angoscia.
Lehr e Airack lo scrutarono con evidente preoccupazione.
“Che ti succede?" chiese Lehr apprensiva. "Malefor, non lasciarti guidare dal furore. So che il tuo animo è nobile e che ti stai tormentando per tutto questo, Ma tu non ne hai colpa. Ti prego cerca di non nascondere la purezza che è in te”
Airack concluse la frase per lei.
“Non abbandonarti all’oblio. Hai visto quel che si raggiunge se schiavi delle tenebre, tu meglio di molti altri lo sai Malefor”
Il giovane drago viola distese le ali lungo i fianchi, lasciandosi tenere in piedi dalla forza dei suoi artigli, senza più volontà a sorreggerlo.
“Malefor… perché questo nome se posso chiedere?”
A quella strana domanda sia Airack che Lehr vennero assaliti dalla stessa insicurezza che stava sommergendo loro figlio.
“No, non è come pensi” Disse Airack, fermandosi con ancora le fauci socchiuse.
Fu Lehr a rispondere, se pur con rammarico, a quella triste mesta realtà.
“Sapevamo che avresti sofferto. Sapevamo che avresti dovuto superare ostacoli apparentemente invalicabili. Il tuo nome è la testimonianza del dolore che hai dovuto patire perché gli altri non ne soffrissero. Tu sei un drago viola che ha scelto di ripudiare le ombre, questo è il reale significato del tuo nome. Le hai fatte tue per poi potertene liberare, liberando anche il mondo dal male stesso. Devi essere orgoglioso di ciò che sei arrivato ad essere. È grazie ai tuoi compagni e alla tua forza di volontà se adesso Flarendor non ti sta usando per i suoi propositi"
Malefor restò in silenzio, senza muovere un muscolo.
“Adesso dobbiamo andare… il tempo che ci è stato concesso sta per terminare” ammise Airack, con una punta di amarezza.
“Ma il tempo che tu potrai concederci vivrà con te, finché tu vivrai” Aggiunse la dragonessa. “Grazie Malefor. Grazie per non aver reso la nostra morte vana. Grazie di essere nostro figlio”
Furono quelle ultime parole ad anticipare ilritorno alla realtà, che avvenne in un rapido susseguirsi di bagliori azzurrini, che avvolsero sia la foresta sia i tre draghi e ricondussero Malefor allo stato di piena coscienza di fronte alla parete da cui tutto era cominciato.
“No. Non mi dimenticherò di voi… vivrete in me”
Senza indugiare un istante di più si volse all’entrata del tempio, verso cui si diresse a passo deciso. Non distinse differenze tra la luce dell’esterno e della foresta di poc’anzi, se non per l’essenza della luce stessa. Fino ad un momento prima era avvolto dallo splendente calore di una famiglia, di un amore che sentiva incredibilmente suo, mentre fuori dal tempio non vi era che luce fragile e instabile, minacciata dalla inesauribile forza del male.
Avrebbe preferito non conoscere, come Neiry aveva anticipato. Tornò dai suoi amici, ancora intenti a disputarsi il titolo di guardiano tra una sfida ed un’altra.
“Amici…”
Si stupì nel trovare ancora Solaris e Glaider intenti a scambiarsi colpi e soffi ghiacciati, dato che quando si era allontanato avevano iniziato già da un bel po’ a combattere. Ne dedusse che quello che era successo aveva trasceso spazio e tempo, realtà e illusione. Lui aveva vissuto quella fantastica esperienza, ma come in un sogno tutto si era consumato in brevissimi istanti.
Quando finalmente raggiunse Neiry, accanto a cui si sedette, notò che Solaris aveva avuto la meglio su Glaider, intrappolandolo in una solida prigione di ghiaccio. Stremato dai colpi sferrati e ricevuti, il giovane drago decise di non reagire e di lasciare che fosse la compagna ad aggiudicarsi la meritata vittoria. Dopo averlo liberato Solaris gli sfiorò il muso con il proprio, aiutandolo a rialzarsi.
“Così non vale. Ti sei arreso troppo presto. Sembra quasi che tu mi abbia lasciato vincere”
Tutti gli altri ruggirono e gridarono esultanti, emozionati dal fatto che sarebbe stata Solaris a presiedere al dominio del ghiaccio in futuro.
“Chi sa se non l’ho veramente fatto” bofonchiò Glaider sogghignando.
“Si. Certamente” Lo schernì lei, ridacchiando.
Anche gli altri si cimentarono nei rispettivi scontri e in prove di abilità che coinvolgevano corpo e spirito, finché non furono emersi, oltre a Solaris, altri tre draghi degni del tanto desiderato compito.
Ignitus aveva con sapiente abilità affrontato ogni prova e sconfitto tutti i suoi avversari, meritando il posto di guardiano del fuoco. Lo stesso era riuscito a fare Terrador, superando in forza e maestria tutti gli altri draghi della terra. Infine accadde qualcosa di totalmente inaspettato: Zell, dopo essersi dimostrato il migliore fra i draghi del suo elemento, decise di cedere il posto a qualcuno che lo bramava più di lui.
A suo parere starsene seduti a contemplare una stanza tutto il giorno non era poi molto allettante. Fu così, che dopo ripetuta protesta dei guardiani, si decise che nessuno per il momento avrebbe presieduto a protezione dell’elettricità.
Quando la folla si fu diradata e i vincitori furono acclamati a dovere, Ignitus, Zell Glaider e Solaris raggiunsero Malefor raggianti e felici, nonostante la stanchezza e nonostante Glaider continuasse ad affermare che si era lasciato sconfiggere per pura bontà d’animo.
“Malefor! Visto che ce l’ho fatta?” Esclamò Ignitus, sfiorandolo con la coda.
“Visto? Visto che mi sono lasciato battere da questa femmina che altrimenti me l’avrebbe rinfacciato a vita?” Lo seguì Glaider, spintonandolo. “Loro non mi credono”
“E io allora?” si immise Zell
“Tu Zell sei matto! Ma come si può vincere e rinunciare ad un tale privilegio” Gridò Ignitus, rivolto al drago del fulmine.
“E dai smettetela con questa storia. Io cerco avventura, non monotonia”
“Ma cosa d…”
“Bravi. Complimenti a tutti” Sussurrò Malefor, a voce talmente bassa e atona che gli altri si chiesero se avesse effettivamente parlato.
Solaris gli si avvicinò, fissandolo negli occhi, in cui notò qualcosa di diverso.
“Tutto a posto?”
Malefor si voltò altrove, distogliendo lo sguardo.
“Si. Sei stata davvero fantastica, hai vinto persino contro Glaider”
Lei cercò di ignorare quell'insolito comportamento, limitandosi ad apprezzare il complimento.
“Modestamente”
Ignitus e Zell risero, mentre Glaider continuava a protestare senza successo per una rivincita personale. Ma la mente di Malefor era altrove.

Erano ormai passati due giorni dalla disputa del titolo di guardiano e i ritmi erano ripresi regolarmente sia per i vincitori che per gli altri, che continuavano, se pur con meno frequenza, ad allenarsi con perseveranza e desiderio di migliorare.
Ignitus, Terrador e Solaris, invece di gioire e vantarsi della propria superiorità, avevano sfruttato l’occasione e la grande opportunità concessa loro per affinare ulteriormente le loro abilità. Continuavano le zuffe tra Zell e Dorim, Glaider si lamentava ogni volta che riceveva un colpo dalla compagna e quando ne aveva occasione continuava a sfidare Ignitus. Tutto seguiva il suo corso, senza abbattersi sul più piccolo scoglio.
“Sei pronto? Ti dovrai impegnare se vorrai sconfiggere il mitico e leggendario futuro guardiano del fuoco!”
Ignitus si trovava in piedi di fronte a Malefor, con le ali spalancate e gli artigli snudati. Il drago viola era uno dei pochi avversari con cui era costretto a dare il meglio di se. Malefor però lo fissava con indifferenza, come se lo scontro non gli interessasse minimamente. Aveva accontentato Ignitus, dopo la decima volta che gli veniva proposta la richiesta di uno scontro, ma combattere contro il suo migliore amico non era mai stato tra i suoi più profondi desideri.
“Mi impegnerò, promesso”
Il giovane drago di fuoco si era già reso conto che qualcosa in Malefor non andava e prese quell’occasione anche come pretesto per cercare di svelare il mistero che il drago viola si portava a presso in quei giorni.
“Fatti sotto!”
Ignitus gli corse incontro, non trovando alcuna iniziale resistenza. con una zampata lo spedì al suolo, senza però trascurare il fatto di esserci riuscito solo perché il suo avversario non aveva reagito.
Non gli importava, lo scontro era iniziato e doveva continuare a combattere. Quando gli si scagliò contro per schiacciarlo sotto gli artigli Malefor si capovolse e balzò in avanti, ruotando su se stesso e sferrando un colpo di coda sul suo fianco destro, completando l’opera con un’incornata frontale. Ignitus attutì il colpo gonfiando i muscoli del collo, reagendo con un soffio di fuoco rovente che Malefor contrastò con altrettante fiamme.
Quando entrambi ebbero consumato completamente il loro fuoco ricominciarono a colpirsi con attacchi fisici, portando più volte entrambi a limitarsi; lo scontro era di un livello incredibile, ma nessuno dei due voleva ferire seriamente l’altro, per cui contenersi e riuscire contemporaneamente a contrattaccare era tutt’altro che semplice.
Soltanto dopo alcuni minuti Malefor, sebbene ancora in grado di combattere, decise di arrendersi. Arrotolò la coda ad una zampa e chinò ilmuso in segno di sconfitta.
“Ignitus, adesso basta. Hai vinto. Devo riconoscere che sei davvero migliorato”
L’amico, affatto compiaciuto da quella conclusione, farfugliò una seccata risposta tra un lungo respiro e l’altro.
“No. Così non va, non ti sei ancora impegnato come si deve. Non puoi arrenderti visto che siamo in parità"
“Basta così Ignitus. Abbiamo già combattuto abbastanza, non sei soddisfatto?”
“No!” ruggì il drago del fuoco, attaccando di nuovo con ferocia, con più vigore di prima.
Malefor indietreggiò, cercando di evitare i colpi senza reagire.
"Impegnati! Impegnati di più!"
Ignitus continuava ad insistere, senza dare tregua al drago viola.
“Basta!”
Ignitus non si era reso neanche conto di cosa fosse successo. Si ritrovò a terra con il dorso disteso sulla liscia pietra del campo d’allenamento, totalmente disorientato.
L’unica cosa che era riuscito a vedere era una zampa di Malefor che lo centrava sul muso, ma era all’oscuro della dinamica degli eventi. A pochi metri da lui Malefor stava tremando in preda al terrore; terrore per ciò che aveva appena fatto, per ciò che sarebbe potuto succedere se si fosse spinto oltre.
“Ignitus!”
Con un balzo lo raggiunse, avvicinandogli gli artigli alla fronte da cui usciva un piccolo zampillo di sangue.
“Perdonami! Non l’ho fatto apposta! Non volevo…”
Ignitus gli sorrise, rassicurandolo.
“Tranquillo non è niente. Ho preso botte peggiori. Ma Malefor, che ti è successo?”
Il drago viola lo fissò sconvolto, come se i suoi artigli l’avessero appena tranciato in due.
“Non… non lo so” Mugugnò, come spaventato, mentre lo aiutava a rialzarsi.
Barcollante, Ignitus si diresse verso Glaider e Solaris che avevano assistito a tutta la scena e impietriti non distoglievano gli occhi da Malefor, che a sua volta fissava il drago del fuoco altrettanto sconvolto.
“Stai bene?” Chiese Glaider, quando Ignitus l’ebbe raggiunto.
“Certo”
Malefor lanciò un’ultima occhiata all’amico, con le zampe che ancora fremevano.
“Ignitus, non ti ho…”
“E dai Malefor! Sono tutto intero” Rispose, passandosi il palmo di una zampa sulla ferita.
Il drago viola si voltò improvvisamente, allontanandosi di scatto da gli altri e correndo come in preda alla pazzia in mezzo agli alberi che circondavano il tempio.
Voleva correre lontano, voleva andarsene, voleva scomparire nel nulla. Tutt’ad un tratto non capiva più chi era, cosa gli stesse succedendo e quale sarebbe stato il suo destino, desiderava solo di impedire ad ogni costo altri eventi come quello. Corse per neanche lui seppe quanto, senza riuscire a dispiegare le ali per librarsi in volo. Correva furente, adirato con se stesso per quello che era appena accaduto. Continuò a correre, mentre sopra di lui le chiome degli alberi si susseguivano rapide in un confuso ammasso di foglie e rami, quasi indistinguibili a quella velocità.
Corse, chiuse gli occhi, ansimò, li riaprì, ansimò ancora e continuò a galoppare finché non si scontrò a piena velocità contro il tronco di un albero, che all’impatto con le sue corna si perforò da parte a parte. Dopo aver estratto le corna dal legno con rabbia, Malefor cadde a terra disteso su un fianco e non si rialzò. Osservava la distanza che ora lo divideva dal tempio, dalla sua casa; la sua vera casa. Solo lì aveva qualcuno che tenesse a lui, solo lì poteva ritenersi vivo.
Il desiderio di tornare sui suoi passi era forte, ma il dubbio che la sicurezza dei suoi compagni potesse essere messa in pericolo dalla sua presenza gli impediva di muoversi di un centimetro. Niente era più certo ormai, le verità in cui aveva creduto si stavano inesorabilmente infrangendo in un unico potente desiderio.
Continuava a ripetersi che non aveva mai voluto colpire Ignitus in quel modo, ma a farlo non era stato Malefor. Non il figlio di Lehr e Airack almeno.
A colpire Ignitus era stato il frutto di troppe sofferenze patite da un cuore tanto limpido. L’ingiustizia riservata ai suoi genitori aveva smosso un tumultuoso vortice d’odio nell’angolo più sperduto della sua mente, in cui ancora navigava il ricordo dell’oscurità. Sollevò lo sguardo ad osservare il sole che splendeva in cielo, incoronato da un alone di intenza luce calda e pulsante.
No, non poteva arrendersi così. Aveva resistito fino a quel momento, non avrebbe ceduto a causa di un ricordo. Tra gli alberi vide spuntare la figura dorata di un drago. Una visita che non gradì affatto. Avrebbe voluto che fosse venuta Neiry a correggere l’errore che stava per compiere, a indirizzargli la strada giusta da prendere.
Fu ben altro però ciò che gli si posò accanto. Sill lo fissava con falsa benevolenza, mentre il suo sguardo saettava dal drago viola all’ombra del tempio in lontananza.
“Che ti succede drago? Perché te ne stai disteso qui da solo?”
Malefor non si mosse, schiudendo semplicemente le labbra.
“Non sono affari tuoi”
“Forse hai ragione. Ma potrei aiutarti se me lo permetti”
“A dire il vero non te lo permetto. Non ho bisogno di aiuto. vattene” rincarò Malefor.
“Non fare l’arrogante. Neiry non vorrebbe vederti in questo stato sai vero?”
“Ti ho detto di andartene”
Siil inclinò il capo di lato, sbuffando.
“Ti va di ascoltare almeno una piccola proposta?”
Malefor, individuato finalmente un motivo per alzarsi, si sollevò spingendosi con gli arti anteriori, divaricando le ali.
“Forse non mi sono spiegato”
“Ei pace drago viola… pace”
“Non ti farò del male. Ma sparisci prima che la mia pazienza crolli”
“Ma perché tratti così un povero vecchio drago del fulmine? Io volevo solo…” Le sue parole vennero troncate a metà dalla vista del draghetto che estraeva gli artigli. “Aspetta. Io so cosa vuoi”
Malefor desisté dall’attaccare, dando a Siil la possibilità di concludere la frase.
“Tu vuoi rincontrare chi hai perso a causa di Flarendor”
Malefor tornò con tutte le zampe a contatto con il terreno, fissandolo con una vena di curiosità.
“E con ciò?”
“Esiste un modo per farli rivivere”
Il giovane drago gli si avvicinò sospettoso, spinto dal dubbio che quello che il guardiano stava dicendo potesse essere in qualche modo realizzabile.
“Dove sono le prove che mi confermano che non stai mentendo?”
Siil rise divertito, un divertimento maligno e serpentino.
“Malefor. Sei davvero un drago strano te l’hanno mai detto? Non ho prove, ma la chiave per far sì che ciò accada sei tu. Devi solo aiutarmi, da solo non posso fare granché”
Per niente sicuro della veridicità delle sue parole, Malefor si vide costretto ad assecondarlo fin quando possibile; non si sarebbe lasciato sfuggire una tale occasione.
“Bene. Cosa dovrei fare? E cos’è che vorresti in cambio?”
“Niente di particolare. Solo prestarmi un po’ della tua energia. Devo utilizzarla per ridare la vita ai tuoi cari”
Ignaro di quanto subdola e viscida fosse la mente del guardiano del fulmine, Malefor annuì ingenuamente, ormai consumato dal desiderio di poter ancora riabbracciare i genitori una volta e per sempre, nella realtà.
“Mi sembra al quanto improbabile una cosa del genere ma proverò a darti fiducia”
All’udire quella risposta sul muso di Siil si stampò un velenoso sorriso con cui mostrò un bianco chiostro di zanne affilate.
“Eccellente! Devi darmi soltanto un giorno. domani smentirò il tuo scetticismo. D’accordo socio?” Concluse, allungando una zampa verso il drago viola che la respinse con una frustata di coda.
“È evidente che ci sia qualcosa sotto”
“Oh beh in effetti c’è" ammise Sill senza nascondere un ghigno. "Ma il tuo desiderio non è quello di rincontrare la tua famiglia? In fondo non ti ho chiesto molto. Solo il prezzo da pagare perché ciò possa avvenire”
Neanche aveva finito di parlare che Malefor si era già lanciato in volo verso casa, incerto di voler ascoltare ancora le parole di Siil.
“Ah! Una cosa soltanto drago viola! Stai attento, temo che qualcuno non ti voglia più al tempio”
Le sue ali si bloccarono a mezz’aria, rischiando di farlo precipitare. Muovendo leggermente la coda si voltò verso il guardiano dell’elettricità, che ricambiò lo sguardo con disinvoltura.
“Si? Qualcosa non va?”
“Cosa vuoi dire”
“Lo capirai. Ma non farti uccidere prima di domani, grazie! E se proprio non ti disturba la cosa, potresti non parlare con nessuno di questo piccolo segreto? Sai qualcuno potrebbe impedirci di attuare una cosa del genere. Andrebbe contro i principi della vita!”

“Sei stata tu”
Neiry, poggiata alla parete della stanza degli elementi, fissava Axius in cerca di aiuto, come se lo implorasse di sentir ragione. Il rimorso per aver scelto di lasciare che Malefor affrontasse un mondo di tenebre da solo la attanagliava, togliendole quasi il respiro.
Il guardiano del ghiaccio era perso nei suoi pensieri, del tutto assente e indifferente alle suppliche della compagna.
“Axius” Nessuna risposta. Il drago muoveva meccanicamente la coda. “Axius!”
“Cosa c’è”
La sua voce era ormai spenta, un tono che non ammetteva né istanze né preghiere.
“Possiamo ancora rimediare”
Axius dissentì con il capo.
“Neiry, è così che doveva andare. Forse al tuo posto avrei anch’io dato fiducia a quel drago, ma ormai come tu hai deciso, l’ho fatto anch’io. Ti scongiuro di non metterti di mezzo, perché ho paura che tra la tua incolumità e quella del mondo intero vi sia una leggera differenza. non costringermi ad averti nemica. Se perdesse il controllo di nuovo potrebbe essere fatale per tutti noi. Sarebbe un pericolo troppo grande per chiunque”
La dragonessa chinò il muso, socchiudendo gli occhi.
“Non lo farò, non sarò io a fermarti”
Dopo minuti di torpore Axius tornò all’esterno delle sue spirali di pensieri e le rivolse un’espressione stupita.
“Ne sei certa?”
“Si. Fai ciò che credi giusto, ma non contare su di me” Rispose Neiry, uscendo dal vano senza troppe remore.
Mentre scendeva le scale del tempio, si chiedeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Eppure tutto sembrava destinato a persistere nell’equilibrio e nella pace. Per quale motivo, per pochi gesti a fin di bene il mondo doveva essere di nuovo in pericolo?
Si gettò all’esterno verso la foresta; doveva parlargli almeno un’ultima volta. Lo vide sfrecciarle incontro, come se entrambi sapessero che avrebbero incrociato il volo dell’altro. Sia Malefor che la dragonessa rallentarono, fermandosi a pochi metri di distanza e scendendo dolcemente di quota.
Appena sfiorarono il suolo Neiry si avvicinò al giovane drago viola e lo afferrò con le zampe anteriori, portandolo contro il suo ventre e avvolgendolo con le ali.
Fu quello l’ultimo gesto d’affetto che Malefor avrebbe rimembrato per il resto della sua esistenza. All’interno di quel guscio protettivo si sentiva al caldo, al sicuro, protetto dall’esterno e da se stesso. Ma sapeva che attorno a lui viveva un mondo in cui per lui non c’era posto. Lui era nato nell’oscurità e in essa sarebbe caduto. Flarendor aveva ragione, le tenebre non l’avrebbero mai abbandonato.
Persino Lehr e Airack lo sapevano. Eppure aveva vissuto credendo erroneamente di potersene disfare come un brutto sogno dimenticato nel tempo; come un giogo che una volta spezzato l’avrebbel’asciato andare.
Neiry allentò la presa e Malefor ne sgusciò lentamente fuori, mentre la scrutava con una nuova consapevolezza sul muso. Ora sapeva quale sarebbe stato il suo destino.
“Ti voglio bene” Le disse, sfiorandole il collo con il naso.
“Anch’io. Te ne ho voluto tanto e avrei desiderato potertene volere ancora”
“Lo so”
La dragonessa avrebbe voluto scoppiare a piangere, avrebbe dato se stessa per impedire che finisse in quel modo, ma ormai percepiva in Malefor qualcosa di nuovo ed irreversibile.
“Ti prego Malefor. Torna indietro. Per favore” Mormorò, avvicinando il muso al suo. “Non lasciarti guidare dall’istinto delle tenebre. Cerca di controllarti. Hai dimostrato di poter affrontare ostacoli peggiori”
Su di lui le parole avevano perduto ogni effetto, adesso voleva solo poter realizzare il suo sogno, poter rivedere chi gli aveva donato la vita. Avrebbe ceduto alle ombre se necessario.
“Siil mi ha detto che posso rincontrare i miei genitori in cambio di un po’ della mia energia”
Neiry d’istinto lo spinse via, lanciandogli un’occhiata furiosa.
“Siil? Cosa ti ha raccontato quell’infame!”
“Quello che ti ho detto”
Neiry grugnì.
“Non devi assolutamente ascoltarlo! Qualunque cosa ti abbia promesso non credergli”
Malefor non si mosse, frammentato tra interno ed esterno, tra purezza esteriore e inferno interiore.
“Come posso non ascoltarlo. Se veramente può riportare indietro i miei genitori, perché dovrei rinunciare?”
“Malefor. Nessuno può riportare in vita chi non c’è più e tu lo sai. Sei solo accecato dalla rabbia per accettarlo" Si prese una pausa, poi proseguì con un sospiro. "Se nelle parole di Siil c'è del vero è perché in effetti la Fonte della vita è molto potente. Da essa ha avuto origine il cristallo che ha corrotto Flarendor. Nel tempio è racchiusa un'energia che va oltre i quattro elementi, è stato costruito proprio per nasconderne l'esistenza al mondo. Non dovrei rivelarti tutto questo, ma hai il diritto di sapere. Nel tempio è celato un potere in grado di originare la vita stessa e di distruggerla, una fonte più antica di qualunque cosa. Scaturisce direttamente dal cuore del mondo e per evitare che qualcuno potesse intaccarla ne era stata intrappolata l'essenza in due cristalli da draghi di epoche ormai lontane, i primi guardiani degli elementi. Sapevano che erigere un tempio e diventarne i guardiani non sarebbe stato abbastanza, vollero quindi donare se stessi per proteggere il mondo. I due cristalli divennero entrambi involucro sia di luce che di oscurità. Quando Flarendor si è nutrito di uno di essi tutto si è destabilizzato, poiché l'energia in esso racchiuso, alla sua morte, non aveva più un corpo in cui risiedere. Credevamo di aver annientato il flusso d'energia, tu stesso ci aiutasti"
Malefor non era interessato alla storia del tempio, ma Neiry riuscì a coinvolgerlo e a instillare in lui curiosità.
"L'energia del cristallo rimasto al tempio reagì e cercò di liberarsi. Abbiamo dovuto distruggerlo, ma non credevamo che in questo modo la Fonte della vita sarebbe sgorgata nuovamente. Nessuno di noi riusciva a percepirla. eravamo certi nessuno potesse più accedervi, soprattutto considerando che uno dei due cristalli era rimasto nascosto anche a noi guardiani per molto tempo. Fu Flarendor, non so come, a ritrovarlo e a condividerne il potere con Siil finché lo ritenne necessario. A quel punto i due cristalli si erano riavvicinati. Non pensavamo prima di allora potessero essere un pericolo, erano in pochi a conoscerne l'esistenza. Uno tra questi era Airack, tuo padre, che operando al tempio come fabbro percepì qualcosa che andava oltre le quattro energie elementali. Axius condivise con lui il segreto, ma nessuno poteva immaginare che gli spiriti di Airack e Lehr sarebbero riusciti a presenziare al tempio così a lungo pur di rivederti"
In qualche modo, Malefor lesse nella convinzione di Neiry qualcosa che andava oltre le sue stesse intenzioni, oltre qualunque follia che avrebbe potuto attuare. Parlava dei suoi genitori con leggerezza ma non sminuendone l'importanza, bensì confermandone la tenacia anche dopo la morte. Questo però non faceva che renderlo più furioso, di secondo in secondo.
"I loro spiriti si trovano dunque al tempio?" domandò speranzoso.
Neiry rimase in silenzio per diversi secondi, fissando prima Malefor poi il cielo. Un volatile dal piumaggio candido si poggiò sulla sua spalla destra, come trovandovi dimora. Il legame di Neiry con la natura circostante era indissolubile.
"Nel cuore del mondo vivono tutti gli spiriti di coloro che hanno vissuto con tanta intensità da imprimere nella Fonte della vita un frammento della loro anima. Non è qualcosa di consapevole, i guardiani di ogni epoca vivono in esso e così altre creature che sono riuscite ad intingere parte del proprio spirito nel flusso della vita. Airack e Lehr desideravano ardentemente di poterti vedere crescere, questo ha permesso loro di vivere nel cuore del mondo. La fonte della vita che sgorga dal cuore del mondo ti ha raggiunto, solo tu potevi sentirli. Era a te che era rivolto il loro ultimo pensiero, così potente da perdurare per tutto questo tempo"
Malefor era incredulo. Non sapeva del cuore del mondo, ma effettivamente si era chiesto da dove provenisse il potere di Flarendor. Ne era rimasto irrimediabilmente corrotto perché aveva cercato di sostenere nel proprio corpo metà delle energie di tutto il creato, ottenendo in cambio una forza che per breve tempo gli aveva permesso di essere più potente anche di un drago viola. L'instabilità di quella pazzia però non poteva certo portarlo lontano, non se ne rese mai conto poiché abbagliato dal gigantesco potere che aveva creduto di aver imbrigliato.
"Loro mi hanno detto di non aver molto tempo. Significa che adesso non esistono più neanche nel cuore del mondo?"
Neiry socchiuse gli occhi.
"Mi dispiace, ma una volta consumatasi l'energia sfruttata per tornare in questa realtà non ne rimane più nel cuore del mondo. Per questo Siil non può comunque fare niente del genere, neanche lo volesse"
Malefor non aveva mai davvero creduto alle parole del guardiano del fulmine. Quella conferma però lo rinfrancò, dissipando la possibilità che ciò potesse portarlo a compiere sciocchezze.
"Stai dicendo il vero? Non cerchi solo di allontanarmi da lui?"
"Se non mi credi e vuoi dargli ascolto non ti fermerò. Ormai non posso fare più niente. Non avrei comunque il coraggio di colpirti, quindi sei libero di scegliere"
Malefor le aveva già fatto capire più di una volta che la sua natura non era malvagia, ma trovarsi faccia a faccia con qualcosa tanto più grande di lui aveva demolito anche le sue difese. Aver scoperto di essere vissuto nell’oblio a causa dell'altrui smania di potere lo rendeva dannatamente furioso.
“Non diventerò un mostro Neiry” Le rispose, fissandola negli occhi. "E non credo a Siil"

Lunga fu la lotte che divorò il tramonto di quello stesso giorno. Al tempio si respirava palpabile agitazione.
Ignitus e gli altri, se pur all’oscuro del cambiamento interiore del drago viola, si erano resi conto che non tutto era al suo posto. Malefor se ne stava disteso, in disparte all’esterno del tempio, sicuro che in quel modo avrebbe reso tutto più facile a chiunque sarebbe arrivato. Teneva il muso poggiato sul suolo e gli occhi chiusi, con il corpo abbandonato a quell’ultimo momento di pace che si sarebbe goduto da solo. Pensò ai suoi amici, pensò a Ignitus e Zell con cui dormiva ogni sera e che in quel momento sperava stessero pensando a lui, in un egoistico desiderio d’affetto.
Non si preoccupò delle conseguenze di qualunque cosa sarebbe successa, ma non li avrebbe mai voluti vedere piangere per lui. sperava che qualcuno l’avesse amato, ma in quel momento pensò agli altri prima che a se stesso. In fondo volle sperare che nessuno si fosse realmente affezionato a lui, almeno non ne avrebbero sofferto. Si sarebbe accontentato del suo ricordo nei loro pensieri.
Nell’ombra alle sue spalle due ali sferzarono l’oscurità di quell’opaca coltre notturna. Axius atterrò, senza curarsi di essere silenzioso o di nascondersi ai sensi di Malefor.
Si fermò per istanti eterni ad osservare il cielo sopra di se e gli alberi circostanti, che insieme avrebbero assistito al suo dovere di protettore della pace nel mondo. Si avvicinò a Malefor, mentre si ripeteva e cercava di convincersi che quella fosse l’unica soluzione possibile. Quando gli fu di fronte, il suo desiderio più profondo fu quello di poter fuggire lontano per rinunciare, ma non si mosse di un passo.
“Sei venuto per uccidermi, finalmente?” Chiese Malefor, altrettanto deciso.
Axius lo osservò. Il modo in cui giaceva inerte e consapevole riuscì a far breccia anche in lui. Tuttavia era abbastanza convinto della necessità di farlo per potersi macchiare di quel delitto.
Eppure indugiò.
“Devi farlo!” Esclamò il drago viola, sollevando le palpebre e voltandosi a fissarlo. “Fallo, ti prego. Non so quanto ancora potrò resistere. Quello che un tempo corruppe Flarendor sta consumando anche me. Devi farlo o rischierò di nuovo di far del male a qualcuno, e in maniera irreparabile questa volta”
Avrebbe forse incontrato così i suoi genitori, per restare con loro per l’eternità.
  
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