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Autore: Fuuma    19/12/2014    3 recensioni
La Stella di Natale tra le braccia di Bucky ha il colore più rosso che abbia mai visto...
{ stucky }
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Characters: James Buchanan Barnes; Steve Rogers;
Pairing: Bucky x Steve { stucky - implicit };
Rating: PG-14
Genre: Fluff; Slice of Life; Triste;
Waring: slash; movieverse;
Prompt: Stella di Natale
Words: 1.805
Disclaimers: I personaggi di Captain America appartengono alla Marvel e a chi di diritto.
Scritta per la Maritombola 6 @maridichallenge

 


 

La Stella di Natale tra le braccia di Bucky ha il colore più rosso che abbia mai visto e la stringe al petto con un sorriso enorme sul volto paffuto, che non si spegne nemmeno quando la porta d'ingresso si chiude alle sue spalle e le pareti vecchie e fredde dell'orfanotrofio lo accolgono. Ci sono due enormi cerotti alla sua guancia che coprono lividi freschi di giornata; non si è stupito che Steve ne avesse più di uno in tasca – per un motivo o per l'altro, ne ha sempre bisogno, perfino più di lui – e quando il bambino, con un broncio indispettito (ha ripetuto a Bucky che non ha bisogno del suo aiuto, che questa volta poteva riuscire a cavarsela da solo), glieli ha messi, la guancia ha smesso di fargli così male.

 

Nella sua stanza – che poi è anche la stanza di altri cinque bambini, ma per un quinto può considerarla propria, quindi immagina non ci sia niente di male a definirla sua, anche se di suo non ha niente; nemmeno i vestiti che prima erano di Thomas e, quando sarà lui a crescere, passeranno ai bambini più piccoli – la Stella di Natale regala colore all'ambiente, dove i letti hanno coperte di un marrone cupo, lenzuola di un bianco spento e i muri grigi sono tappezzati da disegni infantili che sembravano più belli subito dopo averli fatti, ma che ora non sembrano più un granché. Rimane a lungo a guardarla ammirato, lì sul davanzale della finestra dove l'ha sistemata con cura.

La guarda e sorride, felice al pensiero che Steve e la signora Rogers gli abbiano regalato una stella, quasi l'avessero presa dal cielo e tinta di rosso apposta per lui. Lo sa che è solo una pianta – anche se no, non è solo una pianta – ma Bucky chiude gli occhi ed esprimere un desiderio è qualcosa di naturale.

 

~

 

Bucky rabbrividisce davanti alla porta dell'appartamento di Steve e la Stella di Natale che ha comprato quest'anno gli sembra afflosciarsi, sentendo l'irrequietezza del suo stato d'animo.

«Steve, è Natale, per l'amor di Dio, non puoi cacciarmi!»

Batte la testa contro la porta ed urla al legno contro cui la fronte rimane poggiata, al di sotto di un berretto di lana blu (con due scarabocchi cuciti in rosso e bianco che dovrebbero essere due "B", le iniziali del suo nome) così infeltrito che sembra avere almeno dieci anni – ed in effetti ne sono passati esattamente dieci da quando Steve gliel'ha regalato per Natale. Dall'altra parte della porta la risposta che ottiene è un grugnito debole e un colpo di tosse a cui ne seguono tanti altri, sempre un po' più forti e sempre un po' più dolorosi.

Bucky calcia la porta con la punta dello scarpone e ringhia arrabbiato per la stupidità del suo amico.

«Guarda che tanto non me ne vado e, se non mi fai entrare, la febbre la prendo comunque. Quindi tanto vale farmi almeno stare al cal–»

La porta si apre e Steve gli appare come un fantasma, piccolo, pallido e tremante e se non fosse per quegli occhi azzurrissimi che lo guardano lucidi ed irritati, si sarebbe già sporto per afferrarlo, nel timore di vederlo sciogliersi come un mucchietto di neve al sole. Invece il ragazzo gli borbotta qualcosa (crede che siano perlopiù insulti), si scansa di lato per farlo finalmente entrare e Bucky gli sorride.

«E ora fila a letto a riposarti, punk, ti scaldo un po' di brodo di pollo e quando tua madre torna a casa scartiamo i regali.»

Stringendosi nella coperta che gli avvolge le spalle sottili, Steve ha giusto la forza di annuire e guardare la Stella di Natale che, come tutti gli anni in quel periodo, l'amico stringe tra le braccia, a rivangare con affetto il primo regalo che abbia mai ricevuto.

Bucky ne segue lo sguardo, si sente più sereno adesso che non c'è più la porta a separarli e può prendersi cura dell'amico e, ora che ci pensa, gli sembra che anche la Stella di Natale abbia ripreso un po' di vita.

 

~

 

Il campo è un ammasso di neve sporca e fango, sotto un cielo di piombo che accoglie con sollievo il silenzio delle mitraglie e dei fucili. Grazie a Dio anche i tedeschi festeggiano il Natale, per quanto lo si possa festeggiare seduti al gelo in un bunker scavato in fretta con qualche casco militare e il calcio di un fucile.

È stato il loro miracolo di Natale riuscire a spingersi così lontano nel territorio nemico e, seduto con la schiena contro un muro di fango e tra le mani una tazza di latta piena di qualcosa che dovrebbe essere caffè ma che è solo acqua sporca, Bucky fa segno a Dugan di versare anche a lui un po' del whisky che sta condividendo con i soldati.

«La prima cosa che farò quando torneremo a casa, sarà andarmi ad ubriacare.» afferma il rosso. In testa è ancora calcata la bombetta che rifiuta di abbandonare a favore del casco: se proprio dovrà crepare, almeno, che lo faccia indossando il cappello che gli pare.

«Credevo che già lo facessi questo.» commenta Morita.

«Giusto, allora la prima cosa sarà ubriacarmi e portarmi a letto la prima donna che mi capita.»

«Al tuo posto la prima cosa che farei sarebbe un bagno, perché chiunque sia la donna, finirà in ogni caso svenuta dal tuo puzzo.» rincara Jones e i soldati ridono, smettendo per un attimo di battere i denti dal freddo.

Anche Bucky ride, ma il suo pensiero vaga lontano dalla trincea e dai confini tedeschi e con la mente accarezza l'idea di tornare a casa – e per lui casa è qualsiasi luogo in cui ci sia Steve. Non è riuscito ad avere una Stella di Natale quest'anno, ma nell'ultima lettera che ha ricevuto dall'amico, il biondo gli ha confidato di averla comprata per lui.

Ingoia una lunga sorsata del caffè-che-è-tutto-fuorché-caffè caldo. Il whisky gli ha dato un sapore più decente, scivola piacevolmente giù per la gola e lo aiuta a sentire il tepore dei Natali passati, quando erano lui e Steve seduti davanti alla cena – che anche preparando in due non c'era possibilità di non riuscire a bruciare – e non c'era nulla che non potessero superare insieme. Nemmeno una guerra alle porte.

 

~

 

Il Winter Soldier non conosce il significato di Natale. Non ne ha mai sentito parlare e non prova la necessità di ascoltare il poco che qualcuna delle guardie davanti alla porta di un motel di periferia, in cui anche i topi preferirebbero stare altrove, sta dicendo a riguardo.

L'unica cosa che sa è che è il ventidue dicembre di un qualche anno avanti nel tempo, che ha due giorni per completare la missione, dopo i quali lo spegneranno di nuovo. L'unica cosa che sa è che dovrebbe finire di leggere i file dell'uomo incaricato di uccidere, ma per quanto fissi la marea di caratteri cirillici che riempie di informazioni il foglio su cui è stampata, lo sguardo continua a inseguire la sola macchia di colore della stanza. A parte lui. Che, più che altro, è una macchia e basta, nera, che alcuni chiamano Fantasma, ma che invece non è altro se non un Boia Silenzioso. E poi i Fantasmi sono bianchi.

Si volta ad osservarla con più attenzione.

È una pianta dai piccoli fiori gialli circondati da brattee di un rosso intenso, abbandonata per terra in un angolo della stanza. Il vaso è rotto e il terriccio è uscito ammonticchiandosi sul pavimento, infondendo nell'aria il suo odore.

Le molle del letto gemono e il Winter Soldier si alza.

Non c’è alcun suono che producano i suoi anfibi militari mentre cammina fino alla pianta, per poi poggiare un ginocchio in terra e raccoglierla tra le dita della mano destra. La sistema sopra il comodino accanto al letto, senza chiedersi perché lo stia facendo – senza che gli sia stato ordinato – , né perché gli sia venuto così naturale, meccanico, come caricare le pallottole in una pistola e sparare al cuore di qualcuno.

Ritorna seduto sulla sponda del letto e, nel silenzio che lo ammanta, rimane a guardarla, con una strana sensazione che gli scava nel petto. Se gli importasse qualcosa dei ricordi cancellati dalla sua mente, saprebbe che si tratta di nostalgia, ma si convince che non sia così, perché ricordare il proprio passato non è suo compito – non gli è permesso – e il braccio di metallo si allunga in un gesto celere verso la pianta rossa.

Quando il Winter Soldier torna a dar bado ai propri file e alla missione, la Stella di Natale è di nuovo riversa a terra.

 

~

 

Steve continua a muoversi da un lato all’altro della cucina, in passi nervosi e sguardi impazienti che di volta in volta tira ad un forno che Stark gli ha detto essere dell’epoca del paleolitico (Mi stupisco che non funzioni a manovella!), ma che per lui sembra fin troppo moderno e complicato. Non è mai stato bravo a cucinare e, tecnicamente, il suo dovere è solo quello di controllare che il tacchino non bruci, mentre Sam e Bucky preparano la tavola e Natasha finisce di cucinare il dolce. Non è stupito che la donna sia così brava in cucina, i coltelli li ha sempre saputo usare benissimo.  

È il primo Natale che festeggiano dal ritorno di Bucky e Steve vorrebbe che tutto fosse perfetto, come lo era un tempo, quando a festeggiarlo erano solo loro due, una cena che sapeva di bruciato, regali incartati male e frettolosamente e di perfetto, in realtà, non c’era proprio niente. Ma erano felici ed è quello che istintivamente non ha ancora smesso di rincorrere: la felicità di Bucky.

Lo cerca con lo sguardo quando torna in salotto, trovandolo accovacciato di fronte al davanzale della finestra, come un gatto che, curioso, sta studiando le sfumature rosse di una Stella di Natale lì poggiata.

Steve gli si avvicina, i passi cauti e lenti, per lasciare all’altro il tempo di accorgersi della sua presenza ed accettarla. Quando Bucky reclina il capo, sollevando gli occhi su di lui, gli sorride, riconoscendo nell’azzurro delle iridi la stessa espressione di meraviglia che gli ha visto la prima volta: erano ancora due bambini, sospinto da sua madre gli ha porso la Stella di Natale che avevano appena comprato e Bucky lo ha guardato pieno di riconoscenza, come se gli avesse appena regalato la luna.

Gli sfiora la guancia, in una carezza leggera della punta delle dita.

«Ti piace?» gli chiede.

Bucky annuisce e con l’ombra di un sorriso torna a guardare la pianta; non cerca di aggrapparsi a qualche ricordo in particolare che la sua mente ancora fatica a processare, si limita a farsi abbracciare dal calore che prova ad ammirarla da vicino.

Steve si china su di lui, lasciandogli un bacio tra i capelli di nuovo corti.

«Buon Natale, Bucky.» soffia e Bucky ha la sensazione che lo sia davvero un buon Natale e che, dopo anni, sia tornato ad esistere anche per lui.

   
 
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