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Autore: Haruma    22/12/2014    4 recensioni
Peeta non ha potuto raggiungermi in nessun modo, in nessun momento, però mi ha chiamata ogni notte, ogni volta che avevo un incubo, come se avesse avuto un campanello d'allarme pronto a trillare fisso nel cervello.
Mi ha rassicurata e mi ha raccontato di qualsiasi cosa mentre mi ritrovavo seduta sulla poltrona di fronte al letto a reggere tremante la cornetta, con la testa poggiata alla cassettiera.
[Mini-long fiction || Post ritorno di Peeta al Distretto 12 || Leggermente angst e a tratti fluff]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Sae la zozza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tra pezzetti di pane galleggianti'
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Piccola premessa: Consiglio di leggere la mia precedente one-shot Nell'oscurità una luce poiché questa dovrebbe essere una specie di continuo. Non è obbligatorio farlo, infatti alla fine, non c'è nessun collegamento troppo evidente


Winter Flu
One
Tra qualche giorno, sarà definitivamente inverno. Il secondo senza Prim, il primo da quando Peeta è arrivato qui, lo stesso gelido inverno che fa restare chiuso in casa tutto il Distretto 12.
Io non faccio altro che alzarmi dal letto e stare per un tempo indeterminato a fissare il fuoco scoppiettante, accompagnata dall'immancabile tazza di tè che mi prepara Sae.
In questo ultimo periodo si è scatenata una tormenta talmente forte da ricoprire le strade di quasi un metro di neve.
Alcuni si stanno adoperando e cercano di spalarne via la maggior parte ma ogni notte ne cade una fitta quantità dal cielo.
Sembra un tappeto di velluto visto dalla finestra della mia camera. A volte, quando mi sveglio e do un'occhiata fuori, immagino di toccarla e di non sentire per niente freddo.
Sto impazzendo di nuovo. È chiaro, è un segno.
Due settimane fa, Sae e la sua nipotina sono rimaste bloccate a casa mia e ogni notte è stata durissima da superare per loro due.
Con le mie urla, svegliavo la bambina che terrorizzata scappava via e si rintanava nei posti più insoliti. Ricordo quando la nonna l'ha trovata nella cesta dei panni sporchi con Ranuncolo tra le braccia; è strano ma, vedendola raggomitolata in quel modo, sembrava tanto simile a me durante il mio soggiorno al Distretto 13.
Non ho dormito affatto. Sono rimasta per ore al centro del letto a fissare un punto imprecisato davanti ai miei occhi così da non dare problemi. 
Peeta non ha potuto raggiungermi in nessun modo, in nessun momento, però mi ha chiamata ogni notte, ogni volta che avevo un incubo, come se avesse avuto un campanello d'allarme pronto a trillare fisso nel cervello. 
Mi ha rassicurata e mi ha raccontato di qualsiasi cosa mentre mi ritrovavo seduta sulla poltrona di fronte al letto a reggere tremante la cornetta, con la testa poggiata alla cassettiera. 
Durante la prima notte in bianco, al primo riecheggiare del telefono, mi sono alzata e senza nemmeno che dicessi una parola, lui ha cominciato a parlare. 
«Katniss, sei lì?» era un po' assonnato. 
Talmente tanta era la sorpresa di sentire la sua voce che ci ho messo parecchio ad aprire bocca, «Peeta... È successo qualcosa?» 
«Ti ho sentita gridare» inevitabile non rendersi conto della preoccupazione nel suo tono. «È passata, Katniss, sta' tranquilla». 
Per un po' sono rimasta con le ginocchia strette al petto -immaginandomi le sue mani accarezzarmi i capelli- a riflettere su cose che non hanno mai attraversato l'anticamera del mio cervello ma poi mi sono ricordata di lui, che aspettava che gli dessi un minimo segno di vita. 
«Fa freddo...», questo è stato il mio unico modo di rispondere. 
Nemmeno un "perdonami. Anche Sae non mi sopporta più" o un misero "mi dispiace". Nulla. 
Ho espresso involontariamente solo come stavo e cosa mi stava accadendo. 
«Mi dispiace non poter essere lì». 
Ecco. Le scuse che non doveva darmi erano arrivate, puntuali come un orologio svizzero, «non è colpa tua... come ti sei accorto di me?» 
«Semplicemente non riuscivo a prendere sonno dopo il mio ultimo incubo ma anche se avessi dormito, mi sarei svegliato e ti avrei chiamata. È dura anche per me». Per un momento mi sono sentita sollevata. «Ti va di parlare un po'?» mi ha chiesto infine. 
E -a quella domanda- ho annuito come se fosse stato davanti a me.
Ci siamo sentiti telefonicamente per cinque notti di seguito; a volte, quando proprio non riuscivo a tenere le palpebre aperte, crollavo con la cornetta all'orecchio cullata dalla voce calma di Peeta che mi raccontava piccoli aneddoti della sua infanzia che si sforzava di ricordare o di come sarebbe riuscito ad entrare dalla finestra di Haymitch per vedere come stava, oppure cosa avrebbe preparato da mangiare la mattina seguente.
La mia teoria si è rivelata essere vera. Mi sono di nuovo così tanto abituata a sentire le sue braccia stringermi forte che il solo non dormire con lui mi distrugge piano piano, senza che me ne accorga.
In effetti è così. Non ho ancora trovato nessun appiglio alla vita che sia più forte di Peeta e delle primule -ora coperte di neve- le quali mi ricordano che mia sorella non vorrebbe che mi lasciassi andare.
Una volta liberate le piccole vie del Villaggio dei Vincitori, il ragazzo del pane è tornato a fare colazione a casa mia.
Quando sono andata ad aprirgli, l'ho osservato attentamente facendo in modo che ogni minimo dettaglio del suo viso mi si stampasse nella mente: gli occhi azzurri stanchi, i suoi capelli biondi umidi perché ricoperti da lievi fiocchi di neve, le gote e il naso rossi e le labbra -riparate dalla sciarpa- piegate in un leggero sorriso gentile... 
«Ciao» mi ha salutata cortesemente porgendomi un pacchetto. «Ho portato dei biscotti» è entrato dentro strofinando i piedi sul tappeto. 
«Dammi pure il cappotto» gli ho detto leggermente impacciata. 
Mi stavo di nuovo comportando come i primi giorni in cui è arrivato al distretto anche se, alla fine, mi è sempre riuscito difficile fare gli onori di casa. 
«Come stanno le tue ospiti?» mi ha domandato per il corridoio. 
«Stanno mangiando». 
Una volta in cucina, Sae ha alzato lo sguardo dal suo piatto incontrando il volto di Peeta. 
«Ci chiedevamo che fine avessi fatto» gli ha detto scherzosa. «Tutto bene, Mellark?» 
«Buongiorno, ho portato un po' di dolcetti». A quelle parole, gli occhi della nipotina di Sae si sono subito spostati sul sacchetto che avevo poggiato sul tavolo. «Naturalmente li ho fatti per te, ma so che sei brava e che quindi ne conserverai uno per Katniss e la nonna, vero?» ha continuato prontamente lasciando che prendesse quello che voleva. «Ci sono quelli al cioccolato e alla cannella». 
Tuttora credo che quella bambina abbia una leggera cotta nei suoi confronti. 
Ma non mi riferisco a quella sorta di comportamento sfrontato e possessivo che in genere caratterizza le ragazzine, ma a quella specie di timida ammirazione che ho visto in pochissime persone. D'altronde lui è sempre stato il tipo in grado di farsi accettare da tutti. 
Però questo tipo d'interesse è ben diverso: lo noto da come la sua piccola boccuccia si increspa in un leggero e quasi invisibile sorriso quando Peeta le dà qualche attenzione particolare o le disegna una casetta da colorare... e me ne rendo conto quando le sue guance diventano color pesca dopo aver ricevuto un complimento e abbassa la testa facendosi accarezzare piano i capelli. 
Stranamente sono felice del legame che li accomuna, non mi turba affatto. Anzi, mi dà un senso di tranquillità che credevo aver perso. 
Peeta però non vuole restare del tutto da solo con lei; ha paura che con gli episodi -ultimamente meno frequenti- le possa fare del male e infatti non l'ha mai portata a casa sua per farle vedere come prepara il pane. È sempre venuto da me.
«Allora...» ha cominciato Sae «cos'hai fatto in questi giorni?»
«Beh...» si è seduto vicino a lei «ho aiutato giusto un po' il distretto a sbarazzarsi della neve, mi sono assicurato che Haymitch non restasse a digiuno, ho fatto il pane e non ho dormito» ha messo della mollica in bocca. «Però ho avuto molto tempo per riflettere e mettere a posto le idee».
Era solo colpa mia se non aveva chiuso occhio.
«Bene...» ha inghiottito l'ultimo spicchio di arancia cominciando a spezzettare la buccia «Katniss ha sentito molto la tua mancanza» ha azzardato.
Quell'affermazione di Sae ha fatto in modo che Peeta alzasse lo sguardo dalla mia parte imbarazzandomi non poco.
«Ci siamo sentiti al telefono» ha risposto evasivo continuando a mangiare indisturbato.
Sae ha dovuto capire la tensione che si era creata perché ha subito cambiato discorso parlando di Haymitch e delle faccende che avrebbe dovuto fare a casa sua -lamentandosi del prevedibile disordine che l'avrebbe aspettata di lì a poco.
Quella stessa notte ho lasciato che Peeta dormisse con me. La fragranza di cannella e aneto ha invaso immediatamente l'intera stanza. 
«Dicembre è il mio mese preferito» mi ha confessato una volta a letto, «e amo l'inverno perché in panetteria c'era sempre un bel po' da fare con i dolci e poi sembra tutto così candido e puro». 
Non avrei mai potuto immaginare che a Peeta Mellark piacesse una stagione tanto fredda. 
Siccome è un artista, avrei scommesso che amasse i giorni caldi e colorati. 
Ho annuito piano sentendo la sua mano sciogliermi lentamente la treccia disordinata. 
«Hai sonno, Katniss?» mi ha chiesto dopo un po'. 
No. Ho scosso la testa. 
«Vuoi che me ne vada?» è una domanda che fa spesso quando ha il timore che io possa essere spaventata da lui. 
No. Ho continuato a non proferire parola esprimendomi solo con impercettibili movimenti del capo. 
«Non hai paura di me, vero?» mi ha guardata cercando di scovare una risposta da qualche parte. 
È stato in quel momento che l'ho abbracciato lentamente in modo da poter nascondere la mia testa tra la clavicola e il collo inalando il suo profumo. 
Non ho mai osato stringermi a lui in quel modo e infatti è rimasto sorpreso dal mio gesto improvviso tanto che ci ha messo qualche minuto prima di ricambiare con la stretta più forte e calda che avessi mai ricevuto. 
Mi era mancata quella sensazione di pace. 



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Ciaooo! Eccomi di nuovo qui, questa volta a postare una mini long senza pretese di tre capitoli che, per l'appunto e non so come, ho già concluso.
Bene... come nasce questa mia idea? Semplicemente sentivo il bisogno di dover spiegare un po' cosa fosse successo nel periodo di dicembre a Katniss e Peeta e siccome Suzanne - ahimé ç____ç - non accenna minimamente al Natale, non mi sono assolutamente permessa di scrivere qualcosa a proposito di questa mia amata e adorata festività.
Allooora. Ora credo di dover chiarire la presenza della mia piccola premessa.
Naturalmente, chi ha già letto le mie precedenti one-shot si sarà reso conto (o lo farà quando posterò gli ultimi due capitoli) che questa long è collegata a Nell'oscurità... una luce. che, a sua volta, è collegata a «Non voglio diventare come uno di loro» che ha un forte legame con «Credo che sia arrivato il momento di andartene da qui, Mellark» e così via...
E... vorrei farvi rendere conto che HO SCRITTO DI NUOVO IN POV KATNISS.
Ditemi che non è OOC! Ci sto prendendo gusto e sarebbe un colpo al cuore scoprire di aver fallito miseramente ç____ç
Ebbene, penso che alla fine creerò una specie di raccolta nella quale inserirò tutte queste mie storielle, anche le future (perché non ho la minima intenzione di abbandonare questo magnifico fandom) +.+
Perché, poi, proprio questo strano titolo? Sarete sorpresi nel sapere che non avevo idea di che altro mettere e che, be'... lo scoprirete solo leggendo ♥
Naturalmente se volete chiedere spiegazioni basta che me lo facciate sapere.
Mi auguro davvero tanto di ricevere delle recensioni, ne ho bisogno - come Katniss ha bisogno di essere cullata da Peeta - per comprendere se questa cosa così stramba vi piaccia o meno (ammesso che qualcuno stia leggendo, è chiaro ò.ò), voglio assolutamente sapere se ci sono errori oppure meglio chiamati orrori di ortografia e niente... la nipotina di Sae non è meravigliosa? *^* Dovevo contagiarla con il mio amore smisurato per Peeta :D (e comunque vorrei farvi notare che questa povera creaturina non c'è tra i personaggi da inserire. Fate qualcosa!
ç^ç)
Non so... me la sono immaginata in questo modo e siccome la Collins non le ha dato un nome sarò molto attenta a non citarlo minimamente perché non sono all'altezza della grande signora e.e
Okay, questo mio angolino è diventato un angolone enorme.
È arrivato il momento di salutare :)
Al prossimo capitoletto ♥
ps: non vi farò aspettare molto, giuro.

   
 
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