Capitolo
quarto: L’ultimo degli Spiriti.
Non
ebbe il tempo di fare altre domande. Casa
Tendo svanì e al suo posto ricomparve la propria stanza.
“Passato,
presente… suppongo che tu mi
illustrerai il futuro. Dico bene?” chiese ancora Nabiki. Di
nuovo lo Spirito
non rispose, invece si voltò e iniziò a procedere
a lenti passi in direzione
della finestra.
“Perfetto,
mister eloquenza. Suppongo mi tocchi
seguirti.”
Lo
prese per un lembo della veste e cominciarono
entrambi a fluttuare in aria, come la volta precedente. Varcarono la
finestra
e, strettamente aggrappata, Nabiki si lasciò condurre in un
altro volo tra i
tetti del quartiere.
“Oh
oh oh! Finalmente ha avuto ciò che si
meritava! Festeggiamo!”
Quando
l’altra fu lontana, Nabiki si domandò a
chi si riferisse, e più in generale se la Rosa Nera stesse
complottando
qualcuna delle sue pazzie.
In
breve furono sopra il Neko Hanten.
Scesero
e, sempre senza proferire parola, lo
Spirito attraversò la parete e si trovarono
all’interno del ristorante.
“Da
non crederci.” commentò Mousse, versando
l’acqua calda su un porcellino nero.
“Ryoga...”
si lasciò sfuggire Nabiki. “Ma allora
sta bene, e dire che mi ero quasi preoccupata per lui!”
Lo
Spirito le fece cenno di ascoltare.
“Allora,
vecchia?!” era la voce spazientita di
Ranma.
Il
maialino non aveva ripreso affatto le proprie
sembianze umane. Obaba
giocherellò col lungo bastone
“Mmm,
è come temevo.” disse infine.
“Cioè?
Spiegati!” la incitò Ranma.
L’amazzone
rispose con una domanda: “Quanto
tempo passò, quella notte, prima che versaste a Ryoga
l’acqua calda?”
“Ecco...”
cominciò il ragazzo col codino. “In
casa non ne avevamo, e non siamo riusciti a procurarcene nemmeno un
poco fino a
mattina avanzata. Però” si sbrigò ad
aggiungere “l’abbiamo tenuto quanto più
possibile al caldo, avvolto in un sacco di coperte.”
“Questo
è del tutto ininfluente.” Obaba scosse
il capo.
“Eppure
il vostro dottor Tofu, quando arrivò in
tardo pomeriggio” domandò Mousse a Ranma
“non diagnosticò forse che si trattava
di un banale raffreddore, sia pure molto violento?”
“Proprio
qui sta il punto!” spiegò la vecchia.
“Ho riletto uno dei miei tomi, che parla di maledizioni varie
e dunque fa
riferimento anche a quelle di Jusenkyo.”
“E…”
“E
ho scoperto che esiste un effetto
collaterale, legato alle sorgenti. In pratica il raffreddore di Ryoga
ha, per
l’appunto, congelato la sua
maledizione.”
Ranma
e Mousse la fissarono stupiti e in
silenzio. Il maialino grugnì di sorpresa con le lacrime agli
occhi.
“Tutto
vero.” disse Obaba. “Un effetto molto
simile a quello provocato dall’acqua fredda dello
Zhishuitong. Si verifica se
il soggetto in questione si ammala nella sua forma maledetta e vi
rimane per
parecchie ore consecutive, cosa che è accaduta a Ryoga.
Sarebbe bastato farlo
tornare umano entro la mattina successiva ma non è andata
così. Mi dispiace,
non si può fare più niente.”
Nabiki
batté i palmi delle mani. Forse aveva
compreso.
“Spirito.”
si rivolse al gigante incappucciato.
“La tua collega mi riferì che vedeva un posto
vuoto, nel fato di Ryoga Hibiki.
Effettivamente Ryoga non c’è più,
è rimasto solo P-chan il maialino. Il
fantasma dello specchio voleva dire questo?”
Anche
questa volta non ottenne risposta. Nabiki
si morse il labbro. “Ryoga…”
Ranma
tentò di consolare il porcellino che
piangeva disperato. Mousse lo compatì, accennando al fatto
di aver già vissuto
con lui un’esperienza simile tempo addietro, sul monte Horai:
solo che stavolta
non v’era rimedio.
“Mi
dispiace.” ripeté Obaba, come se fosse incapace
di dire altro.
Nabiki
provò a domandare allo Spirito: “Ascolta!
Stiamo davvero osservando il futuro, oppure è ancora
possibile evitare che ciò
avvenga?”
Silenzio.
In compenso, si trovarono di nuovo per
strada e lo Spirito indicò una direzione precisa.
“Là
è dove si trova il ristorante di Ukyo. Vuoi
che andiamo da quella parte?” Il fantasma annuì.
Furono
presto accanto all’insegna. Il locale era
aperto.
“Ucchan
e il suo kunoichi sono là dentro? Eppure
li ho sfrattati!” constatò con stupore, entrando.
“Signorina
Ukyo, perché quella faccia?” domandò
Konatsu. “Lei ha ancora il suo ristorante.”
“Sì,
è vero.” disse la cuoca di okonomiyaki.
“Ma
a quale prezzo!”
“Ho
capito!” esclamò Nabiki. “Quei due
devono
essere riusciti, non so come, a procurarsi i soldi per pagare
l’affitto. Visto?
Le cose non vanno poi così male.”
Suo
padre e Kasumi fecero il loro ingresso nel
locale.
“Novità?”
chiese ansiosa la sorella maggiore.
Ukyo
scosse la testa, dando risposta negativa.
“Nooo!
Figlia miaaa!” Suo padre cominciò a piangere
a
dirotto.
Nabiki
s’incupì. Era forse accaduto qualcosa
alla sua sorellina?
“Akane!”
Il
grido di Kasumi la scosse dalla testa ai
piedi. Si voltò e per un istante credette di non capire
più niente.
“Immaginavo
che vi avrei trovati qui.” A parlare
era Akane. Stava bene.
“Hai
saputo qualcosa?” le domandò Kasumi.
“Niente,
purtroppo.” Akane chinò il capo.
“Perché?!”
gridò suo padre. “La mia Nabiki!”
Tremò,
senza più alcun controllo. Lei, che si
era sempre vantata di gestire ogni emozione.
“Cosa…
Spirito,
spiegami!”
Il
fantasma si voltò e si trovarono di nuovo
all’esterno. Riconobbe facilmente il cortile del Furinkan.
Kuno era seduto
all’ingresso, intento a controllare gli studenti che uscivano
dall’istituto, quasi
che si aspettasse di scorgere qualcuno in particolare. Sasuke stava
dietro di
lui, come in attesa di ordini.
“Il
destino è così spietato… in una notte
si è
ripreso tutto ciò che lei aveva accumulato con tanta fatica.
Gli sforzi della
vita sono così vani, i progetti degli uomini così
fragili.” Si rannicchiò
attorno al suo bokken. “Sasuke, mio buon Sasuke! Sii nunzio
di ben più liete
novelle, stavolta. Te ne prego!”
Il
servitore s’inginocchiò: “Ecco, in
verità non
ho molto da dire. Non si hanno più notizie di Nabiki Tendo
dal periodo
dell’ultimo Natale: quando ci fu quel crollo in borsa delle
azioni della sua
ditta, e lei si ritrovò in poche ore completamente ridotta
sul lastrico. La sua
famiglia la sta cercando da parecchi giorni, ma senza successo. Oggi,
però,
alcuni vagabondi mi hanno raccontato di aver visto una donna dai corti
capelli castani
girare senza meta per la città. Parlava da sola, pareva
avere del tutto perduto
il lume della ragione: lanciava rimproveri verso persone che non
c’erano,
malediceva gli spiriti del Natale o qualcosa del genere. La descrizione
fisica
sembrerebbe corrispondere a quella della signorina Nabiki, ma in quanto
al
resto…”
“Tutto
chiaro.” disse Kuno. “Finalmente sogna,
ma non si tratta dei sogni che le auguravo: si vede che gli incubi ora
affollano la sua mente, e che la pazzia è per lei
l’unica maniera di sfuggire
ad un’esistenza che si è resa conto, troppo tardi,
di aver vissuto nella
maniera sbagliata.”
“Le
persone cui stava rovinando la vita sono
salve.” mormorò Sasuke. ”Noi ci siamo
ripresi la nostra abitazione, i Tendo
hanno ancora la loro palestra e la signorina Kuonji il suo locale. Ma
nessuno
di noi è felice.”
“Il
destino è stato così spietato con
Nabiki.”
ripeté Kuno, sospirando malinconicamente. “Ha
cercato sempre la solitudine: ora
è completamente sola, proprio come desiderava.”
Non
voleva più ascoltare. Afferrò lo Spirito per
la veste e domandò ancora: “Rispondimi!
È possibile o no evitare questo futuro?”
Il
fantasma indicò una ragazza che pareva
correre verso di loro.
“La
riconosco, è Akari Unryu! Ma cosa ha a che
fare con noi?”
“Katsunishiki!”
gridò la giovane.
“Viene
verso di noi: è come se ci vedesse, Spirito,
o meglio, come se ti vedesse!”
“Katsunishiki!”
continuò Akari.
Fece
mente locale. Quello non era forse il nome dell’enorme
maiale da sumo che quella strana ragazza si portava sempre appresso?
“Ma
cosa c’entra?” disse ad Akari, anche se lei
non poteva sentirla. “Lo Spirito del Natale
Futuro… AAAAAAAHHHHHH!”
Così
gridò, quando vide che il fantasma si era
levato il cappuccio, rivelando la sagoma di un suino formato extralarge.
E
di colpo aprì gli occhi e si ritrovò nel
proprio letto, nella propria stanza.
Diede
uno sguardo all’ora segnata dalla
radiosveglia: le sette e mezza di mattina. Un brutto sogno,
nient’altro. Anzi
no, dato che la radiosveglia si trovava per terra. Forse… un
momento, le sette
e mezza! Sogno o no, sapeva cosa bisognava fare e doveva sbrigarsi.
Un
paio di telefonate alle persone giuste,
quindi si vestì in fretta e corse verso il suo ufficio.
Arrivò che mancavano
solo dieci minuti alle otto. Dopo aver spalancato la porta della stanza
principale, si posizionò sulla propria sedia –
accorgendosi con piacere che il
dolore alla schiena del giorno prima era solo un brutto ricordo
– dunque
aspettò pazientemente. Era sicura che Sasuke sarebbe
arrivato in ritardo.
Spiriti del Natale o no, quella era l’occasione giusta.
L’orologio
indicò le otto e niente Sasuke. Le
otto e un quarto, e ancora niente Sasuke. Contò ancora i
minuti. Diciotto, no,
diciannove. Ben diciannove minuti di ritardo. Come previsto. Finalmente
lo vide
fare il suo ingresso nel corridoio e lanciarsi trafelato sulla sua
scrivania.
“Bene,
bene.” lo fulminò. “Lo sai che cosa
significa
arrivare a quest’ora?”
“Chiedo
perdono, signorina Nabiki!” disse il
ninja facendo ripetuti inchini. “Sono in ritardo.”
“Ma
davvero? Non me n’ero proprio accorta… vieni
qui, più vicino.”
“No,
pietà! Non succederà più, questa notte
ho
avuto molto da fare!” supplicò Sasuke.
“Una
volta per me è più che sufficiente. Non
intendo tollerare oltre, perciò prenderò da
subito adeguati provvedimenti.”
Aspettò
teatralmente qualche secondo, quindi
concluse: “In altre parole, sei licenziato!”
Sasuke
sbiancò. Aprì la bocca per dire qualcosa,
forse per implorarla ancora, poi ci ripensò e con aria
rassegnata si avviò
verso la porta. Lei però fu più rapida e lo
trattenne per un braccio.
“Guarda
che non ho ancora finito.”
“Co-come?”
balbettò il ninja. “C’è
qualcosa di
peggio?”
“Dipende
dai punti di vista.” Si spiegò. “La
novità è che ti riassumo. Non come semplice
dipendente, bensì in qualità di
aiuto-direttore delle mie imprese: vale a dire che d’ora in
avanti sarai il mio
consigliere, il mio braccio destro. Certo, mi rendo conto che questo
cambio di
mansioni implicherà, purtroppo per me, un consistente
aumento di stipendio.”
Dopo
quella sua affermazione, Sasuke dovette
sicuramente aver pensato che fosse impazzita.
“Vedo
che hai cambiato idea e deciso di rimanere
qui ad ascoltarmi.” commentò divertita.
“Lascia che ti spieghi. Semplicemente
ritengo che i tuoi continui lamenti siano un’ottima
‘voce della coscienza’ e
ciò può farmi comodo negli affari. E poi ho
compreso che non posso fare tutto
da sola, nemmeno io: al mio fianco ho bisogno di una persona leale e
fedele e
quella persona sei tu. Ah, un’ultima cosa: hai la giornata
libera. Buon Natale,
Sasuke!” disse.
“Buon
Natale anche a lei, signorina Nabiki!”
esclamò Sasuke con voce commossa e con lo sguardo di chi si
trovava al settimo
cielo. Di certo stava pensando che ora sarebbe potuto tornare dai Kuno
e avrebbe
potuto festeggiare il Natale con loro, con la sua
‘famiglia’. E di certo non
pensava, almeno non ancora, che immobilizzato com’era non
poteva andare da
nessuna parte.
Qualche
ora più tardi si trovava all'ingresso di casa Tendo. Quando
suo padre le aprì, accompagnato
da Kasumi, fu
attenta a mostrare loro uno dei suoi sorrisetti furbi.
“Nabiki!”
Akane sopraggiunse col piccolo P-chan
febbricitante tra le braccia. “Non dirmi che sei venuta per
pranzare con noi?!”
Decise
che quel momento era perfetto per sventolare
davanti a padre e sorella foto, negativi e un certo foglio di carta.
“Una
firmetta qui, prego.” disse. “Anche una del
tuo fidanzato che ci sta spiando di nascosto, se non è di
troppo disturbo.”
Ranma uscì dal suo nascondiglio e borbottò un
seccato “Che
ti credevi!” in direzione di Akane.
Suo
padre cercò con lo sguardo i due fidanzatini. Si fissarono
un attimo e annuirono. Firmarono tutti, senza nemmeno leggere. I soliti
ingenuotti.
“Perfetto,
come sempre.” disse, rimirando il
foglio tra le proprie mani e poi stracciando foto e negativi.
“Non
ti vergogni?!” ringhiò Ranma.
“Di
quello che ho appena fatto? E perché
dovrei?” Si voltò e si rivolse alla gente che
aspettava dietro di lei. “Potete
portare dentro la roba.”
Una
decina di persone entrò in casa, consegnando
una montagna di cibo e apparecchiando un’enorme tavola.
“Cosa
significa?” domandò suo padre.
“Quelli
sono gli impiegati dei miei fast-food.”
spiegò. “E ciò fa parte del contratto
che avete appena firmato. Temo ci sia
stato un malinteso, forse credevate di avermi appena venduto il terreno
su cui
sorge il dojo senza sapere la novità. Il vostro terreno non
mi interessa più.
Invece avete acconsentito alla mia partecipazione agli utili della
palestra di
arti marziali, in cambio di un’intensa attività
promozionale da parte della
ditta Tendo… e in cambio pure di questo pranzo natalizio,
che i miei uomini
stanno preparando.”
“Tu
hai fatto questo?!” esclamò sorpreso Ranma.
“Furba,
eh?” disse. “Con tutta la concorrenza
che c'è in giro, i centri commerciali non sono poi un grande
affare. Con
quest’operazione, invece, le arti marziali torneranno di
moda: e poiché il
vostro, cioè il
nostro dojo
è invece l’unico rimasto in
città, faremo soldi a palate… Stavo per
dimenticare: a qualcuno serve per caso
un dottore?”
“Dottor
Tofu!” esclamò Akane, vedendolo
arrivare. Lo sguardo di Kasumi s’illuminò.
“L’ho
fatto chiamare io, e il mio nome in questa
città ha un certo peso.” sorrise.
“Sembra proprio che sarà costretto a
trascorrere il giorno di Natale in questa casa, a curare il
porcellino.”
“Un
momento!” intervenne Ranma. “Come fai tu a
sapere…”
“Anche
questo fa parte del contratto. Forse non ci
vorrà molto tempo per le cure.”
proseguì, senza curarsi dell’interruzione.
“Ma
credo sarà bene per il dottore rimanere qui almeno tutto il
giorno, per
controllare i progressi dell’animaletto. Oh, a
proposito!” Porse al ragazzo col
codino un bollitore con dell’acqua calda. “Sai cosa
farci, vero?”
Ranma
annuì e prese Ryoga per la bandana,
conducendolo in un’altra stanza, subito seguito da Tofu e
Kasumi. Nabiki pensò
di improvvisare una scusa per trattenere Akane con sé, ma
con sua sorpresa non
ve ne fu bisogno.
“Grazie
sorellina!” Akane la abbracciò forte,
restituendole
sensazioni che non provava da tempo.
La
lasciò fare.
“Non
cambi mai, Akane…” sussurrò.
“E
tu sei appena ritornata in te!” le mormorò la
sorella minore in risposta.
“Beh,
ora basta!” si staccò dalla stretta.
“Troppi sentimentalismi, mi bastano fino al Natale prossimo.
E poi devo andare
a prendere gli altri invitati.”
“Gli
altri invitati?” ripeté Akane, mentre si
allontanava.
Si
diresse al locale di Ukyo, quindi alla dimora
temporanea dei
Kuno. Comunicò a Ucchan e Konatsu
che non li avrebbe sfrattati, in cambio di qualche okonomiyaki gratis
quando
passava dalle loro parti. E promise a Tatewaki e Kodachi che avrebbe
restituito
la loro villa e quanto altro si era presa con l’inganno. Certo, a patto di
poterci entrare anche lei
liberamente. Che facce fecero!
Sulla
via del ritorno, incrociò per la strada il
signore che il giorno prima era entrato nel suo ufficio. Gli si fece
incontro
e, senza lasciargli il tempo di proferire parola, gli disse:
“Come
sta? Credo che lei si ricordi di me, e
credo anche che i suoi ricordi al mio riguardo non siano dei
più piacevoli.
Sono un po’ in ritardo, ma volevo ricambiarle
l’augurio di buon Natale!”
“La…
la signorina Tendo?” domandò lui spaesato.
“Sono
proprio io.” confermò. “Volevo scusarmi
per quanto successo ieri, ma non con semplici parole. Passi nel mio
ufficio,
domattina, ho un’offerta da farle: ho intenzione di comprare
la famosa ‘villa
dello specchio’ e trasformarla in un museo a pagamento. Certo
per un
investimento del genere mi farebbero comodo delle agevolazioni fiscali,
perciò
pensavo di destinare parte degli utili in beneficienza, per esempio
alle cause
che mi stava proponendo lei. Tra l’altro poi avrei bisogno di
un custode,
magari qualcuno che abbia abitato quella villa per anni come
maggiordomo. Cosa
ne pensa?”
“Non…
non so cosa dire…”
“Ma
lo so io: stia attento a non inciampare e
cadere per terra!” e detto questo, lo sorresse per un braccio
proprio mentre l’interlocutore
aveva già perso l’equilibrio. Risero entrambi.
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Ranma
e Akane, tenendosi per mano, avevano
richiamato l’attenzione dei presenti. Nabiki sapeva
ciò che avrebbero detto, così
si recò in disparte sulla terrazza.
Grazie
alla pubblicità attuata dalla sua ditta,
il locale di Ukyo aveva ritrovato i propri clienti e la palestra Tendo
ne aveva
guadagnati tanti nuovi. E grazie al cielo non si era verificato alcun
crollo in
borsa, anzi la sua situazione economica aveva tratto un gran profitto
da quegli
investimenti.
“Allora,
Nabiki.”
“Così
pare, e devo ammettere che ciò rende la
vita molto più frizzante. Ma ammetto di essere ancora alle
prime armi, in
questa materia.”
“Dove
vuoi arrivare?”
“Forse
potrei avere bisogno di qualcuno che
m’insegni.”
“Lo
devo prendere come un invito a ricominciare
da capo, tra noi due?”
“Chissà,
Kuno. Chissà…”
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Grazie a LadyMija per aver aggiunto le storie tra le seguite :) Rinnovo i miei auguri di buon Natale a tutti i lettori silenziosi e annuncio che (a parte la roundrobin attualmente in corso con i due soci sotto il nome di Doctor Sleep) tornerò presto con nuove storie in cantiere, che spero di pubblicare anche qui su EFP.
Per qualunque cosa sono sempre presente su Facebook e in particolare nella nostra community dedicata a Ranma. Veniteci a trovare :D
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