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Autore: AryYuna    24/12/2014    4 recensioni
[SPOILER DECIMA SERIE]
Non avrebbe perso suo fratello. Non di nuovo.
Coda all’episodio 10x09 “The things we left behind”. Angst e h/c.
Buon Natale!
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Claire Novak, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Contesto generale/vago
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   Ho sentimenti contrastanti su questa stagione: da una parte trovo la storia del Marchio di Caino estremamente interessante, ma dall’altra ho talmente poca fiducia in Carver&Co che dubito saranno all’altezza dell’idea strafiga che hanno avuto inizialmente. Ma non voglio lanciarmi in un rant di venti righi su quanto trovo poco professionale dichiarare “quando scriviamo un cliffhanger non sappiamo nemmeno noi come si risolverà la cosa”: per una volta voglio elogiare una puntata.
   Il finale di metà stagione è stato
inaspettatamente bello. Nonostante il mio odio per qualsiasi cosa che non siano i fratelli Winchester, ho apprezzato molto il ritorno a un Castiel con uno scopo e persino Claire mi è sembrata meno caricatura del novanta percento dei personaggi scritti da Carver&Co. E poi c’è stato quel meraviglioso momento pro-John Winchester che mi ha fatto piangere di commozione e felicità.
   Una puntata così riuscita
meritava una fanfiction, no? E per questo ho iniziato a progettare questa storia appena comparsi i titoli di coda e dopo aver rebloggato su tumblr almeno trenta post su John.
   

   Disclaimer: sfortunatamente SPN non mi appartiene. Se mi appartenesse… beh, tanto per cominciare significherebbe che avrei contatti con Jensen Ackles e Jared Padalecki (e a proposito, nel caso ve lo chiedeste, nemmeno loro mi appartengono, purtroppo), e che qualcuno ricorderebbe allo sceneggiatore di turno il canon precedentemente stabilito. Tipo a suon di padellate sulla testa.
   
   
Potete trovare questa storia in inglese qui.
   
   Un enorme grazie alla pazientissima Enrica, che – pur non conoscendo Supernatural – ha letto e betato questa mia storia. Sei bellissima, amica mia *cuoricini*



Te lo prometto



   «Dimmi che hai dovuto
   «Non… Non volevo.»
   «No. Dimmi che si trattava di loro o te!»
   Dean non rispose.
   Sam abbassò le mani dal viso del fratello; ansimava come se avesse corso per chilometri, in soffi brevi e pesanti. Non voleva guardare il mare di sangue che li circondava, ma non riusciva a sostenere lo sguardo vuoto del fratello, l’oscurità che si faceva largo negli occhi verdi – verdi, cazzo, non più neri!
   
La sua mano indugiò sulla spalla di Dean, come a dargli conforto. Ma come poteva farlo? Il carnaio in cui erano immersi era stato opera di suo fratello, suo fratello, divorato dall’oscurità del simbolo che gli marchiava il braccio. Il simbolo che Sam non era ancora riuscito a cancellare, benché ci avesse provato e provato.
   Lasciò scivolare la mano.
   Credeva di avere ancora tempo, Sam. Lo credeva sempre, e quello era il suo errore: lo aveva creduto con Jessica, e aveva rimandato per settimane la proposta per cui aveva già comprato l’anello: voleva raccontarle la verità prima di chiederle di passare la vita insieme, e semplicemente gli mancava il coraggio di farlo; l’aveva persa prima di trovare quel coraggio. Lo aveva creduto con John, e aveva perso anche lui prima di riuscire a superare l’orgoglio che gli impediva di perdonarlo e farsi perdonare, di fare un passo avanti e costruire insieme un rapporto migliore, da pari. Lo aveva creduto persino con Amelia, nonostante fosse più grande, più saggio; nonostante avrebbe dovuto essere ormai un esperto di occasioni perdute. Non era stato il soprannaturale a strapparla a lui, ma l’aveva ugualmente persa; perché non aveva voluto dirle la verità, aveva rimandato ogni giorno per un anno.
   E ora… ora aveva perso suo fratello, di nuovo, perché non era stato capace di trovare una soluzione più in fretta, perché forse non l’aveva cercata abbastanza, ascoltando più il suo orgoglio che l’affetto che lo legava a Dean.
   Sentì alle sue spalle i passi di Castiel e Claire che lasciavano la stanza – Cas aveva portato fuori la ragazza sconvolta – e fece un respiro profondo per raccogliere il coraggio di affrontare quell’ennesimo colpo.
   Sollevò di nuovo una mano sulla spalla del fratello e strinse, comunicando con quel gesto il suo supporto, mentre con l’altra gli toglieva delicatamente il coltello insanguinato.
   «Risolveremo anche questa, Dean. Insieme» aggiunse, perché sapeva che per Dean avrebbe significato più di ogni altra cosa.
   Il maggiore alzò lo sguardo su di lui, ma era vuoto, perso. Sam ignorò il nodo che gli tolse per un momento in respiro e si alzò in piedi, la mano ancora sulla spalla del fratello. «Andiamo» disse e Dean lo seguì come in trance.
   All’esterno, Claire sembrava essersi calmata, ma tenne determinatamente lo sguardo lontano dai due Winchester.
   «Cas» disse Sam, «ti spiace guidare tu?»
   L’angelo lo guardò confuso, poi spostò gli occhi su Dean; il cacciatore non sembrava essersi nemmeno accorto che ci fosse qualcuno intorno a lui, continuava a guardarsi le mani sporche di sangue. Nemmeno quando Sam gli sfilò le chiavi dalla tasca si riscosse. Era inquietante vederlo così passivo riguardo alla sua piccola tra le mani di qualcuno che non fosse né lui né suo fratello.
   «D’accordo» rispose Cas, la fronte aggrottata, preoccupato per il suo amico.
   Guidò gentilmente Claire verso l’Impala e la fece salire dal lato del passeggero, prendendo poi posto accanto a lei dietro al volante. Quando furono tutti e quattro in macchina, mise in moto.
   «Dove?» chiese. Sam aprì la bocca per rispondere, ma Claire lo precedette.
   «Castiel, apprezzo quello che avete fatto per me, ma… non verrò con voi, se è quello che vi aspettate. Non sei venuto quando ho pregato per te, quando ero bambina e avevo bisogno; ora non mi serve più un padre – o un angelo che finge di essere un padre. So badare a me stessa» disse con rabbia.
   «Claire…» iniziò Cas, ma non sapeva come continuare. «Non puoi restare qui, Claire: la polizia troverà…» si interruppe. Fece un respiro profondo e riprese: «Non hai più un posto dove stare, non hai più Randy e Dustin. E se la polizia ti troverà prima dei servizi sociali…»
   Non ebbe bisogno di finire la frase: Claire sapeva cosa sarebbe successo quando la polizia avesse scoperto i corpi. Abbassò la testa.
   «Andiamo al bunker. Lì Claire sarà al sicuro… e noi potremo decidere il da farsi» rispose Sam. Dean non disse nulla, ancora impegnato a studiarsi le mani come se fossero il centro del mondo.
   Castiel incrociò alzò lo sguardo sullo specchietto retrovisore e annuì.
   «D’accordo.»
   
   Claire si addormentò rannicchiata contro la porta. Castiel accostò l’auto per un minuto per togliersi l’impermeabile e metterglielo sulle spalle, poi riprese a guidare. Dietro di loro, Sam lavava via il sangue dalle mani del fratello con un fazzoletto imbevuto di acqua santa. Dean sembrava ancora assorto nei suoi pensieri lontani miglia da ciò che lo circondava.
   Arrivarono a Lebanon, Kansas di mattina presto; per strada non c’era ancora quasi nessuno. Attraversarono la cittadina per raggiungere il bunker degli Uomini di Lettere e Cas fece il giro per entrare nel garage.
   Quando spense il motore, Claire si svegliò.
   «Dove siamo?» chiese stropicciandosi gli occhi.
   «Al sicuro.»
   La ragazza aggrottò la fronte, ma seguì l’angelo quando questi scese dall’auto, decisa a non restare nemmeno un minuto da sola coi Winchester.
   Rimasto solo col fratello, Sam scese a sua volta e fece il giro per aprire la portiera dal lato di Dean. Il maggiore lo guardò per un lungo momento prima di alzarsi e seguirlo per i corridoi del bunker fino alla propria stanza. Sam era turbato da quanto fosse inusualmente docile. Assente.
   «Dormi un po’, è stata una caccia lunga – anche se non è stata propriamente una caccia.» Dean sedette sul letto, ma non rispose. Sam gli diede una spinta delicata per farlo stendere e gli slacciò gli stivali, preoccupato dalla muta obbedienza del fratello. «Risolveremo tutto. Te lo prometto» disse alla fine, pur sapendo di non averne alcun diritto. Poi si voltò e uscì.
   Tornò in garage per prendere la propria borsa dal portabagagli dell’Impala e la portò in biblioteca, dove la lasciò abbandonata sul pavimento dopo aver recuperato il portatile per iniziare – riprendere – le ricerche. Castiel lo raggiunse poco dopo.
   «Claire sta bene?»
   L’angelo annuì. «È contenta di poter fare la doccia, anche se ho dovuto assicurarle più volte che nessuno sarebbe andato a disturbarla. Si è tranquillizzata quando ha visto che le porte si possono chiudere a chiave dall’interno.» Sam alzò un sopracciglio. «Non è stata una notte facile per lei. E non vi – ci – conosce abbastanza da potersi fidare, dopo quello che è successo – dopo quello che ha visto.» Il giovane abbassò lo sguardo. Cas sedette accanto a lui. «Lui come sta?»
   Sam scosse la testa.
   «Non ha detto una parola.»
   «Dean non è un assassino» disse gentilmente Cas, ignorando il sussulto di Sam. «Ed è ancora, almeno in parte, se stesso.»
   «Cioè non è abbastanza umano da controllarsi, ma è sufficientemente umano da potersi sentire in colpa per quello che fa. Meraviglioso» sbuffò Sam senza allegria.
   «Sam.» Il tono di Cas attirò la sua attenzione. Sentì una strana ansia farsi strada in lui. «C’è una cosa che devi sapere.» No. Non voglio. Qualsiasi cosa sia, non voglio. Il ragazzo annuì, anche se la cosa che avrebbe voluto di più al mondo era fuggire. «Quando ci siamo incontrati a Pontiac – mentre tu eri a parlare coi servizi sociali – Dean mi ha chiesto una cosa.» L’angelo fece un respiro profondo, lo sguardo che vagava per gli alti scaffali di legno scuro pieni di libri antichi. Cercava di evitare lo sguardo di Sam, e questo inquietava il giovane ancora di più. «Mi ha chiesto… Se fosse passato al lato oscuro… Mi ha chiesto di ucciderlo.»
   C’era un orologio a pendolo, da qualche parte nell’area principale del bunker. Il suo ticchettio era estremamente fastidioso, soprattutto perché i soffitti alti e i rivestimenti in legno delle pareti ne amplificavano il suono. Ci si sarebbe aspettato più silenzio in una biblioteca.
   «Cosa?» chiese Sam senza capire.
   Castiel chiuse gli occhi.
   «Non vuole tornare a essere un demone. Dean ha fatto del bene per tutta la sua vita, il pensiero di…»
   Sam si alzò di scatto, facendo cadere la sedia con un tonfo sonoro che rimbalzò per le pareti della sala, coprendo per un momento l’odioso pendolo.
   «Come osa!» gridò sferrando un calcio alla borsa che aveva lasciato a terra accanto al tavolo. «Non può arrendersi! Non può permettersi di arrendersi così! Non così, non ora, cazzo!» Strinse i pugni, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa da prendere a pugni. Non era solitamente il suo modo di fare; Sam era più tipo da urlare che da ricorrere alla violenza contro oggetti inanimati, era stato il suo modus operandi fin da ragazzino, quando aveva iniziato a litigare quasi quotidianamente col padre: Sam urlava, John urlava – e Dean veniva coinvolto suo malgrado nonostante cercasse solo di riconciliarli. Alla fine, Sam e John tornavano a parlarsi in modo civile e man mano più affettuoso – fino al litigio successivo. Era più Dean quello che sfogava fisicamente la sua rabbia, uccidendo le creature che cacciavano o rimorchiando qualche ragazza in cerca di una notte bollente e nulla più.
   Al momento, però, Sam non aveva nessuno contro cui gridare, ma aveva bisogno di dare sfogo alla frustrazione, al dolore che provò al pensiero di perdere di nuovo il fratello – stavolta a causa di… cosa, suicidio tramite un angelo? «Non gli permetterò di arrendersi. Possiamo risolvere anche questa, come abbiamo risolto tutto il resto. Toglieremo quel maledetto Marchio, sarà se stesso di nuovo. So che esiste una soluzione, e la troverò, cazzo!»
   Castiel non rispose. Restò seduto al tavolo, lo sguardo calmo, i suoi pensieri indecifrabili. Sam trovò la sua valvola di sfogo.
   «Non avevi alcun diritto di fargli quella promessa» iniziò. Cas però non era un essere umano come lo era stato John: era un angelo, e gli angeli non cedono alla rabbia così facilmente. «Non ti permetterò di fargli del male, angelo o no. Dean è mio fratello, e non ti lascerò nemmeno avvicinarti a lui, se credi di poter…»
   … O forse anche gli angeli potevano arrabbiarsi, bastava solo conoscere quali tasti premere: Castiel si alzò con un movimento ben più fluido e aggraziato dello scatto di Sam, ma non meno rapido e gli fu di fronte.
   «Non osare pensare nemmeno per un istante che io abbia intenzione di fare del male a tuo fratello, Samuel» disse con voce calma e glaciale. «Non potrei mai farlo» sibilò a pochi centimetri dal giovane, apparendo improvvisamente molto più simile alla creatura celeste che era stato quando lo avevano incontrato la prima volta che all’amico che aveva lottato e sofferto al loro fianco negli ultimi anni. «Non gli ho promesso nulla, perché sapevo che non avrei mai potuto mantenere una promessa simile.»
   Nonostante la sua superiore altezza, Sam chinò la testa come un bambino debitamente rimproverato – anche se era iniziata in modo diverso, la discussione si era conclusa esattamente come i primi litigi con John, prima che l’adolescenza gli insegnasse a voltare le spalle e sbattere la porta – e annuì.
   «Bene» disse incapace di non avere l’ultima parola. Odiava non riuscire a mantenere il controllo della situazione, ed era una cosa che accadeva sempre più spesso, ultimamente.
   Cas fece un passo indietro, gli occhi azzurri del suo tramite avevano un’espressione gentile.
   «Troveremo una soluzione. Insieme» disse ripetendo inconsciamente quasi le stesse parole che aveva rivolto Sam al fratello nel capanno di Randy.
   Sam sperava solo che una soluzione da trovare esistesse.
   
   Aiutato da Castiel, il giovane Winchester aveva ripreso le ricerche sul Marchio di Caino: avevano tirato giù altri libri, inondando il tavolo già ingombro, scartando poi volume dopo volume perché…
   Non c’era niente. Assolutamente niente.
   Non che Sam si aspettasse di trovare magicamente la risposta in poche ore quando non ci era riuscito in mesi, ma c’era sempre una piccola parte di lui che non voleva arrendersi, voleva credere che la presenza di Castiel avrebbe fatto la differenza. Ma nemmeno gli angeli sembravano sapere qualcosa del Marchio di Caino: il simbolo demoniaco era sparito dalla storia insieme a Caino, ritenuto morto nella grande battaglia in cui – si diceva – gli arcangeli avevano ucciso i Cavalieri dell’Inferno. Ora sapevano che la grande battaglia non era mai accaduta, e che a uccidere i Cavalieri era stato Caino stesso, ma per secoli la versione tramandata agli ordini inferiori di angeli aveva visto il Paradiso trionfare sull’Inferno; e questo significava che Cas poteva offrire alla ricerca solo un altro paio di occhi per leggere libri scritti da uomini ignoranti quanto loro.
   Verso ora di pranzo, Claire entrò in biblioteca con finta nonchalance, lo sguardo curioso che saltava da uno scaffale all’altro, la camminata esitante che tradiva la sua apprensione per trovarsi in un luogo sconosciuto in compagnia di uomini pericolosi.
   Castiel le sorrise chiudendo il libro.
   «Claire. Immagino che avrai fame» le disse con voce gentile. La ragazza trasalì come non aspettandosi di essere notata, nonostante fosse in piedi a pochi metri dal tavolo dove Cas e Sam conducevano le loro – infruttuose – ricerche.
   Nascose in fretta la sorpresa dipingendosi sul viso un’espressione spavalda. La posa rigida delle spalle però trasmetteva tutt’altro.
   «Non ho fame. Volevo solo chiedervi se poteste accompagnarmi alla fermata degli autobus» rispose decisa. Aveva tutta l’aria di essersi preparata il discorso, dopo il primo tentativo fallito della sera prima.
   Cas aggrottò la fronte.
   «Claire… Non puoi andare via da sola.»
   «Infatti ho chiesto un passaggio alla fermata degli autobus. Non so nemmeno dove siamo, non saprei arrivarci da sola» ribatté la ragazza, ed era chiaro che aveva riflettuto a lungo sulle possibili obiezioni che la sua richiesta avrebbe suscitato e le risposte migliori da dare.
   «E poi? Che piani hai?» intervenne Sam chiudendo finalmente a sua volta il libro che aveva davanti.
   «Questi non sono affari tuoi.» La ragazza fece un respiro profondo e raddrizzò la schiena, sollevò il mento. «Apprezzo il vostro aiuto, se non foste arrivati al momento giusto le cose sarebbero potute andare molto male per me.» Eufemismo. «Ma so badare a me stessa, ed è ora che vada.»
   «Claire, sei solo…» cercò di farla ragionare Cas, ma lei lo interruppe.
   «Solo una ragazzina? Dovevi pensarci prima di portare via mio padre, non credi, Castiel?» La sua voce era bassa e controllata, i pugni stretti l’unico segnale di quanto poco calma fosse in realtà. «So badare a me stessa, l’ho fatto per anni. Ora, se per favore poteste accompagnarmi alla stazione degli autobus vi sarei molto grata. O almeno potreste indicarmi come arrivarci?»
   Castiel guardò Sam in cerca di aiuto: voleva aiutare la ragazza, si sentiva responsabile per lei – dopotutto, era colpa sua se Claire aveva perso tutto, lui le aveva portato via padre e madre. Sam, d’altra parte, aveva bisogno dell’aiuto di Cas perché in gioco c’era la vita di suo fratello, e questo batteva qualsiasi altra cosa – compresi i problemi reali di un’adolescente senza colpe con una vita distrutta dal soprannaturale.
   «Ti posso accompagnare io» disse il giovane Winchester guadagnandosi un’occhiata confusa di Castiel e un mezzo sorriso sollevato da Claire. «Ma prima rifletti su una cosa: hai un posto dove andare? Qualcuno che si occupi di te? Sei minorenne e hai un passato di furti e piccola criminalità; quando la polizia troverà il cadavere di Randy e di quegli uomini cosa credi che farà? Come farai a convincere le autorità che tu e Dustin non c’entrate nulla?»
   Parlò con calma e guardandola negli occhi, e la ragazza alla fine abbassò lo sguardo.
   «Non dubito che tu sappia badare a te stessa, ma non hai bisogno di farlo; non ora, almeno. Aspetta un po’ di tempo, resta qui finché non avrai trovato qualcosa, finché… finché non si calmeranno le acque e potrai tornare a Pontiac, se lo vorrai.» Non le chiese di dare una seconda possibilità a Castiel, perché sapeva per esperienza personale quanto fosse difficile mantenere l’obiettività al di sopra dell’arroganza tipica dell’adolescenza.
   Claire rimase in silenzio. Dopo qualche secondo sospirò e annuì, ma non si mosse da dov’era.
   «Vado a preparare qualcosa da mangiare» disse Cas interrompendo il silenzio. «Sam, hai bisogno di una pausa. Ne hai bisogno» insistette quando vide che il giovane stava per protestare. «Ti farà bene interrompere per un po’: sarai più concentrato quando riprenderai.»
   Sam gli rivolse uno sguardo irritato ma alla fine ubbidì. Si alzò lentamente, senza guardare più né l’angelo né Claire e si incamminò per il corridoio che conduceva alla zona dei dormitori. Sentì la ragazza parlare con Cas, ma non ne distinse le parole.
   Proseguendo lungo il corridoio, però, sentì qualcos’altro. Si fermò, tendendo le orecchie; quando ne identificò la provenienza, si affrettò a coprire i pochi metri che lo separavano dal bagno. Passò davanti alla porta aperta della stanza del fratello, notando distrattamente il letto disfatto e vuoto, e si fermò prima di entrare in bagno.
   «Dean?» chiamò, incerto, bussando lievemente. Dall’interno provenivano dei gemiti. «Dean? Posso entrare?» Non ebbe risposta, ma spinse ugualmente la porta socchiusa verso l’interno.
   Trovò il fratello in ginocchio davanti alla tazza del gabinetto, la testa china, le mani che stringevano con nocche bianche il bordo di porcellana. La schiena sudata tremava per lo sforzo di vomitare.
   «Ehi» disse posandogli una mano sulla spalla e inginocchiandosi accanto a lui nello spazio angusto. Dean non rispose, impegnato a rimettere tutto il – tanto – cibo ingerito la sera prima. Sam spostò la mano su e giù per la schiena del fratello, comunicando il suo supporto. Quando i conati finalmente si calmarono, Dean alzò lentamente la testa e Sam trasalì.
   I suoi occhi erano lucidi e stanchi, il viso pallido. C’erano tracce di sangue sulle labbra.
   «Dean? Stai bene?»
   Domanda stupida. Nessuno vomita sangue, se sta bene.
   «Sto bene» confermò però il fratello, e Sam si sentì sollevato; non perché gli credesse, tutt’altro, ma ricevere una risposta era un enorme passo avanti: la versione quasi catatonica del fratello con cui era tornato al bunker poche ore prima lo aveva scosso più di quanto avrebbe immaginato, e Sam sperava di non vederla mai più. Nulla doveva avere il potere di scuotere a tal punto Dean Winchester.
   «Quello è sangue» gli fece notare Sam. Ma davvero, Sherlock?
   
Dean si portò una mano tremante alle labbra ed esaminò le macchie rosse che gli rimasero sulle dita.
   «Uh» rispose. «Non è niente.»
   Il minore alzò un sopracciglio.
   «È sangue, Dean. Dovrebbe stare all’interno del corpo, non all’esterno.»
   Dean chiuse gli occhi e Sam temette che stesse per svenire. Spostò la mano che ancora indugiava sulla schiena del fratello sulla sua spalla, per dargli sostegno in caso di bisogno. «È un altro effetto collaterale» mormorò Dean.
   Per Sam fu come uno schiaffo in pieno viso.
   «Del… Del Marchio?» chiese stupidamente.
   Dean evitò il suo sguardo e non rispose.
   Rimasero in silenzio, inginocchiati sul pavimento freddo del bagno, tra le pareti troppo strette. Alla fine, Sam si alzò, la mano ancora sulla spalla del fratello. «Vieni» disse solo, e Dean lo seguì. Barcollò per un momento quando fu in piedi, ma la presa salda del fratello gli fece ritrovare l’equilibrio. Lentamente uscirono dal bagno e percorsero il corridoio fino alla stanza di Dean; sedettero uno accanto all’altro sul letto.
   Il silenzio faceva quasi rimpiangere il ticchettare del pendolo della biblioteca.
   Un altro effetto collaterale.
   
Cioè era… normale? Dean ci era già passato l’anno prima? E Sam non si era accorto di niente?
   Dean era un maestro dell’inganno: era un talento necessario nel loro lavoro, ma il maggiore lo aveva praticamente elevato a una forma d’arte. Era impossibile scoprire qualcosa che Dean volesse tenere nascosto, a meno che il cacciatore fosse troppo stanco o ferito per riuscire a mantenere la maschera al suo posto; e anche così, era difficile riuscire a leggere il vero Dean.
   Ma era comunque triste per Sam pensare di essere stato così preso da se stesso, concentrato sul proprio dolore e orgoglio da non aver notato quanto stesse veramente male suo fratello. Si vergognava: al suo posto, Dean se ne sarebbe accorto.
   «Dean…» iniziò Sam, incerto però su cosa dire. Voleva confortare il fratello, ma si rendeva conto che le parole erano insufficienti.
   «Ieri sera, al capanno… Io non volevo» lo interruppe a sorpresa il maggiore. Teneva gli occhi fissi sulla porta accostata, deciso a non incrociare lo sguardo del fratello. «Ho cercato di… trattenermi. Ho supplicato quegli uomini di lasciarmi andare, di non… fare idiozie. Sapevo che non sarei riuscito a mantenere il controllo se mi avessero provocato. E così è stato» concluse in un sussurro. «Mi dispiace.»
   «Non è colpa tua» rispose prontamente Sam. Non sapeva cosa significasse veramente portare il Marchio, non sapeva fino a che punto Dean fosse consapevole di ciò che il simbolo demoniaco lo spingeva a fare. Ma conosceva suo fratello e sapeva che non avrebbe mai ucciso – trucidato – degli esseri umani se fosse stato in sé, nonostante fossero feccia.
   «Non so quanto potrò resistere ancora» continuò Dean come se non lo avesse proprio sentito. «L’altra volta… Ho iniziato a stare male quando ho cercato di uccidere Gadreel e tu e Cas me lo avete impedito. Il Marchio ha bisogno di essere nutrito. Vuole sangue.» Fece una pausa. «Avrei dovuto stare… meglio, non peggio, dopo quello che ho fatto. Però…» Strinse i pugni, chiuse gli occhi. «Il Marchio vuole di più» disse con un filo di voce.
   «Dean.» Sam rafforzò la presa sulla sua spalla, costringendolo a sollevare la testa suo malgrado, anche se i suoi occhi rimasero lontani da quelli del fratello minore. «Andrà tutto bene. Troveremo il modo di eliminare il Marchio e tornerai a essere te stesso. Te lo prometto.»
   «Sam…» protestò debolmente Dean.
   «Te lo prometto, Dean» ripeté Sam con decisione, e il fratello finalmente lo guardò negli occhi, vide la sincerità della sua promessa.
   Annuì.
   E Sam in quel momento capì che ne aveva il diritto e il dovere: non era stata una promessa a vuoto, avrebbe davvero salvato suo fratello. E sapeva anche come.
   Mentre convinceva Dean a seguirlo in cucina, dove Cas stava apparecchiando la tavola con Claire, la sua mente formulò un piano: avrebbe invocato Crowley e, volente o nolente, il demone gli avrebbe rivelato come trovare Caino.
   Sam era pronto a tutto. Anche a minacciare il re dell’Inferno.
   Anche a stringere un patto.
   Avrebbe salvato Dean.
   
   
   
   So che non andrà così, ma ci sono voci di un ritorno di Caino e ovviamente Crowley dovrà tornare a incrociare la sua strada con quella dei Winchester, quindi potrei non essere così lontana dalla verità. Nell’attesa, sogno momenti bromance tra i bros e Dean che vomita sangue.
   Ringrazio fin da ora chi ha avuto la pazienza di leggere e ancor di più chi si prenderà del tempo per scrivermi due righe. Spero la storia vi sia piaciuta :)
   Oh, e tanti auguri di buon Natale e felice anno nuovo! :)
   
   
   
   

   
 
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