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Autore: MerasaviaAnderson    26/12/2014    4 recensioni
•{ Special Christmas ~ Everlark ~ 1533 parole ~ Leggermente OOC }
•|| Rieccomi finalmente tornata in questo fandom con uno Special Natalizio (sempre se così si può definire una storia angst) ... Spero che vi piaccia, buona lettura!♥||
"«Peeta» Katniss iniziò a tremare, prendendo la mano del ragazzo «Almeno per stanotte … Resta.»
Lui la guardò, la scrutò con i suoi occhi color cielo, quando il suo cuore gli diceva di restare, di proteggerla, la sua mente gli diceva di scappare, di fuggire via perché l’ibrido sarebbe potuto riemergere e avrebbe potuto farle del male, di nuovo.
«Sai che non posso.»
Ma la prese tra le braccia, le regalò uno dei suoi caldi abbracci e le posò un bacio sulla fronte.
«Buon Natale, Katniss.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Far Away
 
 
 
 
 
Come ogni giorno, anche quella Vigilia di Natale, Peeta passò da casa di Katniss per portarle il pane.
Erano sempre stati molto silenziosi i loro incontri, nonostante lui fosse tornato al distretto da più di un anno.
Lui suonava, la guardava un secondo negli occhi, percependo il suo essere distrutta, le dava il pane, lei ringraziava e poi lui, con amarezza, girava le spalle ed andava via.
Quella storia continuava da sei mesi: lui che le portava il pane per assicurarsi che non morisse di fame, lui che la osservava da lontano, lui che cercava di sbirciare dietro la sua finestra.
E lei.
Lei che urlava il suo nome la notte, lei che lo implorava di tornar tra le lacrime, lei che stringeva il suo cuscino convinta che ci fosse ancora il suo profumo.
Tutto iniziò sei mesi prima, quando Peeta si era stabilito a casa di Katniss ormai da qualche settimana, sembrava tutto andar bene, fino a quando lei non si trovò un coltello puntato alla gola e lui si era ritrovato a stringere il corpo insanguinato di lei.
Si era fermato in tempo, prima che il coltello penetrasse troppo a fondo.
Haymitch ne dovette passare tante in quel periodo, quando Katniss era in ospedale e Peeta aveva ripetutamente tentato di avvelenarsi con i farmaci.
E il ragazzo giunse a quella conclusione: non si sarebbe mai più avvicinato troppo a lei, doveva rassegnarsi a non averla più accanto durante la notte e a non dover uscire dai suoi flashback aggrappandosi solo al dolore fisico, quello reale, come la cicatrice che lui aveva procurato sul petto di Katniss.
Quella Vigilia di Natale, Katniss lo guardò con gli occhi imploranti, ma lui restò fermo sulle sue posizioni, anche se dentro moriva dalla voglia di stringerla a sé, piangere e poterle dire quanto gli era mancata.
Ma fu quando Peeta allungò la mano per porgerle la busta del pane che Katniss notò qualcosa: un taglio, una ferita che probabilmente percorreva tutto il braccio, fino ad arrivare quasi al palmo della sua mano.
Katniss di scatto lo prese dal polso, prima che lui si potesse ritrarre.
«Cos’hai lì?» gli chiese con voce allarmata.
Lui sembrò irrigidirsi.
«Nulla. Nulla.»
«Vieni dentro.» lo scrutò con i suoi occhi grigi, minacciosi e impauriti al tempo stesso.
Ormai Peeta sapeva di non poter opporsi a quello sguardo.
Lentamente entrò in casa, appoggiando il suo cappotto sull’appendiabiti, le mani gli tremavano, lo sguardo vagava perso per la stanza.
«Vieni con me.» disse Katniss con voce ferma, mentre si faceva strada per le scale che portavano al piano di sopra.
«Katniss, non so se … » cercò di ribattere il ragazzo.
«Non discutere. Seguimi.»
Lo condusse in camera sua, ferma sui suoi passi, con tutti i muscoli tesi. Chiuse lentamente la porta alle sue spalle, mentre Peeta si faceva sempre più rigido e nervoso.
«Levati la camicia.» gli ordinò, mentre lo faceva sedere sul letto.
«Ma … cosa?»
«Ho detto di levarti la camicia.»
E lui obbedì, obbedì come uno schiavo, come un servo piegato al suo volere, anche se aveva paura, paura di potersi ritrovare nuovamente con il corpo di Katniss insanguinato tra le braccia.
Sbottonò uno ad uno i bottoni della camicia, se la sfilò e la poggiò delicatamente sul letto.
E Katniss li poté vede: lunghi tagli che gli attraversavano le braccia, cicatrici vecchie e nuove sul suo torace.
Aveva delle ferite che gridavano alla ricerca di aiuto, quelle grida che Peeta tratteneva durante la notte, quando voleva stringere il corpo di Katniss per restare ancorato alla realtà.
Improvvisamente le gambe della ragazza sembrarono non reggere più il suo peso, Katniss crollò in ginocchio davanti a Peeta, appoggiando la testa sul suo addome martoriato, mentre lacrime calde – trattenute per troppo tempo – le scendevano sulle guance.
«Perché, Peeta? Perché?» gli chiese, prendendogli le mani e stringendogliele forte.
Katniss sentì le mani calde di Peeta accarezzare le sue, darle conforto.
«Perché è l’unico modo per permettere all’ibrido di non impossessarsi di me. Legarmi ad un dolore fisico è l’unica cosa che mi impedisce di farlo riemergere. Lo sai, è successo anche durante la ribellione.»
«Io potrei aiutarti, Peeta, non devi farti del male … Ne hai già subito abbastanza.»
«Ne abbiamo già discusso, Katniss.»
Lei tirò un sospiro, alzandosi e dirigendosi verso il piccolo bagno in camera. Si asciugò le lacrime e tornò nella stanza con una bacinella con dell’acqua calda, del disinfettante e delle bende.
«Ma, Katniss …» cercò di ribattere Peeta.
«Permettimi di curarti, Peeta, come in quella grotta, tre anni fa.»
Lui restò estasiato dalle sue parole, non riuscì a rispondergli … Per la prima volta qualcuno aveva lasciato Peeta Mellark senza parole.
Semplicemente si lasciò curare da lei, si lasciò carezzare dalle sue dolci mani che vagavano sulle sue ferite, cercando di guarirle, di sanare quel dolore profondo che attanagliava l’anima di entrambi.
Appena ebbe finito e Peeta si rimise la camicia si guardarono a lungo, uno sguardo profondo che celava tante richieste nascoste nel corso del tempo.
«Peeta» Katniss iniziò a tremare, prendendo la mano del ragazzo «Almeno per stanotte … Resta.»
Lui la guardò, la scrutò con i suoi occhi color cielo, quando il suo cuore gli diceva di restare, di proteggerla, la sua mente gli diceva di scappare, di fuggire via perché l’ibrido sarebbe potuto riemergere e avrebbe potuto farle del male, di nuovo.
«Sai che non posso.»
Ma la prese tra le braccia, le regalò uno dei suoi caldi abbracci e le posò un bacio sulla fronte.
«Buon Natale, Katniss.»
E poi andò via, tornando a rifugiarsi nella sua piccola casa, dove nascondeva tutti i suoi incubi terribili, nascondeva anche le tele perfette dai disegni peggiori, cercava di celare la terra sotto cui aveva seppellito la speranza.
Doveva solo resistere, Peeta Mellark, non aveva alcuna vera ragione per vivere, ma almeno doveva sopravvivere … per lei, per assicurarsi che stesse bene.
 
Sentiva delle urla, Peeta Mellark, quella notte.
Urla strazianti provenivano dalla casa accanto alla sua; urla paragonabili a quelli di una donna a cui avevano strappato dalle braccia il proprio bambino; urla paragonabili a quelli di un uomo che aveva visto la propria amata morire tra le sue braccia.
Gridava in modo straziante, Katniss Everdeen. Gli era capitato molte volte di sentirla urlare durante la notte, ma mai in quel modo.
Si portò le mani tra i capelli: era straziante sentirla gridare in quel modo, il dolore di Katniss Everdeen gli trafiggeva il petto come una lama infuocata.
Stava per diventare ancor più pazzo di quel che era.
Così si alzò dal letto, si infilò velocemente la protesi e indossò la prima felpa che gli capitò sotto mano e non curandosi del freddo e della neve che c’era fuori corse velocemente verso casa di Katniss.
Aprì frettolosamente la porta di casa e dopo averla richiusa salì velocemente le scale, fino a raggiungere la camera di Katniss.
Spalancò la porta spaventato, con il cuore che batteva all’impazzata e con la gamba che gli faceva male, probabilmente per aver sistemato male la protesi … ma non gli importava, sapeva solo di dover proteggere Katniss dall’inferno.
Perché era l’inferno quello che lei viveva ogni giorno.
Katniss era rannicchiata sul letto, con la testa tra le ginocchia, che mormorava parole sconnesse, teneva le mani premute sulle orecchie per non sentire chissà quali lamenti strazianti.
Peeta riusciva a capire una sola cosa di quello che diceva: il suo nome.
Il suo nome ripetuto all’infinito, come una mantra, come un richiamo. Ma nella voce di Katniss c’era il terrore allo stato puro.
Lui si accovacciò al suo fianco, prendendola tra le braccia e attirandola verso il suo petto.
«Basta, basta, Katniss. Sono qui. Basta, ti prego.» si sentiva morire, il Ragazzo del Pane, mentre l’amata lo stringeva forte, per cercare quella consolazione che nessuno le aveva mai dato.
«Sono qui. Guardami, sono qui.» le accarezzava i capelli sudati, le asciugava le guance bagnate dalle lacrime, mentre la ragazza si teneva stretta a lui.
In quel momento, Peeta Mellark si era accorto di non esserci stato per troppo tempo.
Dov’era lui durante le altre notti come quella?
Dov’era lui quando lei soffriva gridando il suo nome?
E si sentì terribilmente egoista, non riusciva a pensare a come aveva potuto lasciare andare quel meraviglioso angelo tra teneva tra le braccia.
Diceva di farlo per il suo bene, ma non si rendeva conto di danneggiare entrambi.
«Non lasciarmi, Peeta. Ti prego non andare via.» sussurrò lei, spezzata, nascondendo la testa dentro l’incavo del collo del ragazzo.
«No, no che non ti lascio.» le mormorò a sua volta, stringendola ancora di più a sé, come qualcuno sarebbe potuto venire a portargliela via «Resto qui con te, tranquilla.»
Le baciò la fronte sudata e intrecciò una mano con la sua, cercando di trasmetterle la sicurezza che lui stesso non riusciva ad avere. Ma almeno ci provava, il Ragazzo del Pane.
Ci volle un po’ di tempo per farla calmare del tutto … Alla fine si era accoccolata sul petto di Peeta, teneva gli occhi chiusi e le mani saldamente strette attorno al corpo del ragazzo.
«Peeta?» mormorò, quando era sul punto di addormentarsi nuovamente.
«Sì?»
«Buon Natale anche a te.»
 
 
 
FINE
 

Angolo Autrice:
Eh sì, miei cari tributi, è passato un po' di tempo dall'ultima volta in cui ho pubblicato in questo fandom ... Ma meglio tardi che mai, no?
Sono stata molto impegnata con la mia Joshifer, Indelible Signs (Se vi va, magari fateci un salto! u.u) e ho avuto poco tempo da dedicare alle One Shot ... Anche se l'ispirazione è davvero tanta e ne sto plottando un bel po'!
Ho approfittato di questa occasione per ritornare all'Everlark e vi confesso che ho una mezza idea anche per una long! :)
Be', con questa storia volevo semplicemente augurarvi Buon Natale (forse sono leggermente in ritardo, okay) ma spero che vi sia piaciuta e di non aver creato un mostro! Hahahaha
Aspetto i vostri commenti! ;)
Un abbraccio.♥
_merasavia.
   
 
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