Fumetti/Cartoni americani > I Pinguini di Madagascar
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Autore: Koome_94    27/12/2014    5 recensioni
Soldato ha diciannove anni quando si iscrive al primo anno del College più rinomato degli Stati Uniti.
Timido e impacciato, si troverà subito nei pasticci, costretto dal regolamento scolastico ad iscriversi a uno dei mille Club Studenteschi.
Skipper, capo e fondatore del Club di Spionaggio, vede la sua associazione a rischio soppressione a causa della carenza di iscritti. Assieme ai suoi fratelli gemelli, il geniale Kowalski e l'esplosivo Rico, troverà nella giovane matricola dallo sguardo ingenuo la leva giusta per salvare il suo club.
Ma il Club di Spionaggio affonda le sue radici in una storia torbida e pericolosa, una vicenda di vendette e ricatti nella quale il giovane Soldato rimarrà suo malgrado invischiato.
Chi sono i misteriosi Johnson e Manfredi, che sembrano tanto tormentare il passato dei tre gemelli?
E che ruolo avrà Hans, il misterioso studente del progetto di scambio con la Danimarca?
Chi è il nemico che trama nell'ombra in attesa di vendetta?
Ma soprattutto, riuscirà Soldato a sfondare il muro di paura e rimorsi che attanaglia il cuore del capo del più folle gruppo di spie che l'America abbia mai visto?
Lo scoprirete solo se rimarrete con noi, fino alla fine~
[Human!College!AU]
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Kowalski, Rico, Skipper, Soldato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III~








A Soldato piaceva la scuola. Sin da bambino si era dimostrato un ragazzino studioso e attento, con una marcata predilezione per le materie umanistiche quali l’Arte e la Letteratura.
Ogni tanto  la sua testa perennemente fra le nuvole lo cacciava nei guai e spesso dimenticava a casa libri e quaderni, ma la sua dedizione e la sua voglia di apprendere erano sempre state sufficienti a garantirgli estati tranquille e spensierate.
Nemmeno ora che si era iscritto al college le cose erano cambiate più di tanto: certo, crescendo aveva smesso di dimenticare i compiti sulla scrivania e aveva imparato a non farsi beccare quando si distraeva in aula, ma la passione per lo studio non gli era passata, ed era proprio per questo che la mole spropositata di compiti e progetti che gli avevano rovesciato addosso già al primo giorno di lezioni non lo aveva spaventato per niente.
Da quando le iscrizioni ai club erano divenute ufficiali, Mortino aveva deciso di smettere di rivolgergli la parola, ma il ragazzo aveva la volontà più traballante che Soldato avesse mai visto, e il suo proposito di tenergli il broncio era crollato in meno di una settimana.
- Non capisco come tu abbia potuto voltare le spalle a Re Julien per allearti con quei tre psicopatici del Club di Spionaggio! Insomma, cosa avranno mai da offrire? Non sono belli nemmeno la metà di Julien! –
A quell’invettiva, il giovane si era limitato ad alzare un sopracciglio e fare spallucce.
- Avrebbero chiuso se non mi fossi iscritto. E poi Julien non ha bisogno della mia presenza, suddito più o suddito meno non se ne accorge neppure! –
Il suo compagno di stanza infilò a tracolla la borsa stracarica di libri e lo precedette lungo il corridoio, lasciando che fosse lui ad occuparsi di chiudere a chiave la porta.
- Se un club non è nemmeno capace di rimanere in piedi è giusto che chiuda i battenti! Julien dice che i gemelli sono gente da cui stare alla larga, secondo lui… -
Ma una voce squillante e allegra lo interruppe.
- Ah, non dare retta a quel megalomane di Julien! –
Soldato si sentì circondare le spalle da un braccio esile e tuttavia energico e si ritrovò a fissare un paio di vispi occhi nocciola.
La ragazza a cui appartenevano era poco più alta di lui e aveva un fisico asciutto e atletico, i suoi capelli castani erano raccolti in una sbarazzina coda alta e ai polsi portava un’infinità di tintinnanti braccialetti colorati.
- Tu devi essere Soldato, vero? Ho sentito Skipper parlare di te con i ragazzi! – aggiunse stringendogli energicamente la mano.
Mortino inclinò appena la testa da un lato, i suoi grandi occhi ambrati colmi di domande.
- Oh, giusto, non mi sono nemmeno presentata! Io sono Marlene, quarto anno! – esclamò con un grande sorriso, spostando continuamente il peso da un piede all’altro mentre allungavano il passo per raggiungere le aule in tempo per l’inizio delle lezioni.
- Sei amica di Skipper? – domandò ingenuamente Soldato, Mortino che roteava gli occhi accanto a lui. Probabilmente non aveva apprezzato il commento su Julien della ragazza.
La studentessa arrestò la sua marcia e inclinò leggermente la testa verso sinistra, sul volto un’espressione indecifrabile.
- A-amici? Beh, in un certo senso… - sorrise senza riuscire a celare il velato imbarazzo di quella replica.
- Ad ogni modo è bello che tu abbia voluto salvare il loro club. Qualsiasi cosa dica Julien, Skipper, Rico e Kowalski sono davvero dei buoni amici. Ti troverai bene con loro… - continuò con una luce dolce negli occhi.
Poi, rapida come era apparsa, prese a marciare verso il fondo del corridoio.
- Ah, tu, piccoletto! Dì a Jul che nel suo club non ci entro manco morta e che si può risparmiare gli imbarazzanti bigliettini anonimi! – e, con quell’allucinante sortita, sparì definitivamente dietro la porta della sua aula.
Mortino e Soldato si si scambiarono una lunga occhiata silenziosa, poi fecero spallucce e si affrettarono verso la loro classe.
Anche quel giorno le lezioni trascorsero senza particolari intoppi.
Ogni tanto Mort si appisolava sul banco, e il suo compagno era costretto a svegliarlo con qualche gomitata, ma i professori non sembravano farci caso, e tutto filò liscio fino alla quarta ora, quando Soldato aveva Chimica assieme a Rico.
Mortino li salutò con la mano e si diresse verso l’aula di Economia, lasciandoli soli in mezzo al viavai del corridoio.
- Ciao Rico! Com’è andata oggi? – domandò mentre l’altro lo salutava con un sorriso a trentadue denti.
Il ragazzo fece spallucce e biascicò cose senza senso, fra le quali il più giovane colse una lamentela nei confronti della mania dell’ordine di Kowalski e un invito a pranzo.
- Certo che vengo con voi! Non so se sarei in grado di resistere a un altro pasto con Mort e Julien seduti allo stesso tavolo! – rise, contagiando anche l’amico.
- E non essere così acido nei confronti di Kowalski, sono sicuro che non è così maniacale come dici. –
Rico roteò gli occhi e gli batté qualche comprensiva pacca sulla spalla che Soldato interpretò con un fremito come un “beata ignoranza”.
Quando, due ore dopo, i due raggiunsero la mensa, Skipper si era già premurato di tenergli il posto a tavola.
A vedere suo fratello chiacchierare con il novellino gli si scaldò il cuore. Nessuno -a parte forse Marlene, ma con lei era diverso- aveva mai cercato di spendere il suo tempo a capire i singulti di Rico, e addirittura quel ragazzino sapeva apprezzarli e rideva con lui, anziché di lui.
Senza riuscire a trattenere il sorriso che gli era nato spontaneamente sulle labbra, spostò appena la seggiola perché suo fratello potesse sedersi comodamente e salutò Soldato con un cenno del capo.
- ‘WALSKI? – domandò Rico, guardandosi attorno in cerca del gemello.
Skipper sospirò e poggiò il mento sulla mano con un piccolo sbuffo.
- Oggi è venerdì, ha Idraulica alle ultime due. – spiegò con aria grave.
- E quindi? – cercò di informarsi Soldato, curioso di scoprire qualcosa di più sul trio.
- E quindi oggi è il giorno della settimana in cui Kowalski massacra il suo orgoglio. – sentenziò indicando l’ingresso della mensa.
Marlene era appena entrata nella grande stanza accompagnata da una ragazza alta ed elegante, i lunghi e fini capelli biondi raccolti in una coda di cavallo e un piccolo e delicato neo sullo zigomo sinistro.
Le due chiacchieravano animatamente e di tanto in tanto scoppiavano a ridere.
Dietro di loro, sul viso l’espressione più ebete che si possa immaginare, c’era Kowalski, intento a balbettare chissà cosa all’indirizzo della bionda.
Quella, finalmente, parve accorgersi della sua presenza e fece segno a Marlene di proseguire da sola nella ricerca di un tavolo libero.
- Sì, Doris, ecco, io… Io mi chiedevo se… -
Doris, questo doveva essere il nome della misteriosa fanciulla, annuì e lo incitò a proseguire, mentre al tavolo Rico si spalmava una mano sul volto in segno di pura disperazione e Skipper alzava gli occhi al cielo.
- Sì, insomma… ti andrebbe di fare coppia con me… per il progetto di Idraulica? – riuscì infine ad urlacchiare Kowalski, pericolosamente rosso in viso.
Lei si guardò intorno e mantenne le labbra serrate in un’espressione di puro imbarazzo, poi si decise a rispondere.
- Ecco, Kowalski… Io apprezzo davvero tantissimo la tua proposta e scommetto che sarebbe davvero fico lavorare con te, ma… - borbottò, giocherellando con una ciocca della sua coda.
- Eccola, ci siamo… - anticipò Skipper mentre Soldato assisteva sconvolto alla scena.
- Sì, beh, vedi, mi sono già accordata con Samuel e lui… - ma il ragazzo la interruppe.
- Samuel? Tu vuoi lavorare al progetto di Idraulica con Samuel?! Ma Doris, quello è un idiota! Per la barba di Einstein, non sa nemmeno il Principio di Archimede, come puoi pensare che possa aiutarti? –
Doris incrociò le braccia al petto e gli rivolse un’occhiata raggelante.
- Senti, Kowalski, Samuel è il mio ragazzo e non mi interessa se non sa elencare i numeri primi a sette cifre, quello che conta è che mi ama e con lui sto bene. Quindi farò il progetto di Idraulica con lui, chiusa la questione! Buon appetito. – e, a passo pesante, raggiunse Marlene al loro tavolo.
Solo a quel punto Kowalski si rese conto che l’intera mensa si era voltata a guardarli e filò spedito al tavolo con i suoi fratelli, dove Rico gli riservò una comprensiva pacca sulla spalla.
- Davvero, Kowalski. Perché continui a farti male in questo modo? – lo prese in giro Skipper, ottenendo solo un mugolio di disperazione prima che il fratello si gettasse a capofitto sul pranzo con la morte nel cuore.
- Chi… chi era quella ragazza? – si azzardò a domandare Soldato senza distogliere lo sguardo dal disperato accanto a lui.
- DORIS! – spiegò Rico, come sempre a tono un po’ troppo alto.
Skipper scosse la testa e sorbì una sorsata del suo succo di frutta.
- E’ del secondo anno, è da quando si è iscritta che Kowalski ci prova disperatamente con lei. – raccontò.
- Non così disperatamente! – cercò di salvarsi in corner il gemello più grande.
- No, beh, hai ragione. Ci sono effettivamente cose peggiori di essere rifiutato per ben sedici volte e mezzo! – lo schernì il capo del Club di Spionaggio.
- E mezzo? – Soldato iniziava a non capirci più niente.
A quel punto Rico si esibì in un gesto eloquente con la mano.
“Storia lunga” comprese il ragazzino, incapace di trattenere un sorrisetto. Quei tre erano veramente un gruppetto eterogeneo…
- Comunque non è per parlare di me e Doris che siamo qui. – sentenziò Kowalski sistemandosi meglio gli occhiali sul naso e riacquistando un po’ della sua dignità, mentre gli altri continuavano a sbocconcellare il loro dolce.
- AH NO? – fece Rico, beccandosi un’occhiataccia dal fratello.
Skipper si asciugò la bocca con il tovagliolo e si schiarì la voce, portando le dita intrecciate davanti alla bocca e sporgendosi appena in avanti in modo da calare il tavolo in un’atmosfera di segretezza.
- Kowalski ha ragione. Domani mattina ci sarà la prima riunione ufficiale del Club di Spionaggio, Matricola, e mi aspetto da te la massima puntualità. – fece rivolto al più giovane.
- Signorsì Signore! – esclamò lui con un buffo saluto militare.
- Bene, mi piace la disciplina fra i sottoposti! Allora l’appuntamento è alle nove in aula 106. Mi raccomando, voglio la massima efficienza per la tua prima missione! -  ordinò, piantando i suoi occhi glaciali in quelli grandi e ingenui del ragazzino.
Soldato annuì con convinzione e sentì le labbra tenderglisi in un grande sorriso: non vedeva l’ora di incominciare.
 







 
Prima missione un corno.
Soldato sbuffò, togliendo l’ennesima graffetta ad un plico di fogli per poi ripinzarli semplicemente in ordine diverso, timbrandoli qua e là e crocettando liste e questionari.
Era da quella mattina alle nove, subito dopo il breve discorso di inaugurazione da parte di Skipper, che se ne stava relegato in quello stanzino striminzito a sbrigare noiosissimo lavoro d’ufficio.
Che cosa aveva a che fare quello con lo spionaggio?
Avrebbe dovuto immaginarlo, i ragazzi l’avevano preso nel gruppo solamente affinchè il club non fosse costretto a chiudere, ma non avevano mai davvero avuto intenzione di considerarlo come un membro della squadra.
Dopotutto era solo una matricola, cosa avrebbe dovuto aspettarsi, di essere eletto immediatamente a vice-capo fra gli applausi e la gloria?
Preso com’era dalle sue astiose elucubrazioni, non si accorse nemmeno che avevano bussato alla porta.
- TOC TOC! – fu la voce di Rico, sporto a mezzobusto dall’uscio, a riportarlo alla realtà.
- Ah, ciao… - lo salutò senza enfasi.
Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle e trotterellò fino alla scrivania, sedendosi sul ripiano di legno ed esaminando i documenti senza reale interesse.
- Li ho riordinati correttamente? Spero che a Skipper vadano bene, non vorrei mai rovinare la sua divertentissima ed emozionante giornata da spia con il mio noiosissimo lavoro mal fatto. – sbottò, lasciandosi cadere all’indietro sullo schienale della seggiola e incrociando le braccia al petto.
- Perché non sei con gli altri? – chiese poi, notando che l’amico non accennava a muoversi.
Rico gli sorrise e prese una spillatrice per poi aiutarlo nel lavoraccio.
- AMICI! – gracchiò con un occhiolino.
L’espressione della matricola si addolcì.
- Amici… - sussurrò.
- Grazie Rico… -
Rimasero assieme per tutto il pomeriggio, e Soldato si accorse che assieme a Rico il tempo sembrava scorrere molto più velocemente. Se non fosse stato per lui, probabilmente, avrebbe finito per pinzarsi gli occhi in preda alla disperazione.
Quando fu l’ora di dividersi, Skipper si mostrò più che soddisfatto del loro operato, ma un’ombra acquattata nei suoi occhi rendeva evidente che qualcosa lo impensieriva.
La settimana seguente la scena fu replicata, con la variante di qualche sporadica visita alla stanzetta da parte di Kowalski e del capo.
Al di fuori delle riunioni del Club, per assurdo, i gemelli avevano preso a frequentare Soldato sempre più assiduamente, e ormai a pranzo gli tenevano il posto a tavola senza nemmeno bisogno di chiedere.
Se con Rico e Kowalski ormai poteva definirsi amico a tutti gli effetti, però, il rapporto che lo legava a Skipper era molto più difficile da etichettare.
Purchè il più anziano non facesse nulla per meritarsi un simile giudizio, Soldato aveva la netta sensazione di non piacergli, complice forse il perenne atteggiamento di diffidenza, come se il ragazzino avesse dovuto fare qualcosa di terribile da un momento all’altro.
Incapace di trattenere la sua curiosità di fronte a quel comportamento, la matricola aveva preso a sgattaiolare fuori dalla sua stanzetta con le scuse più banali, lasciando a Rico la responsabilità di portare momentaneamente avanti il suo compito.
Gli dispiaceva che a causa sua dovesse perdersi il divertimento e fargli da balia, ma il ragazzo sembrava spassarsela un mondo assieme a lui, e questo lo sollevava molto.
Era stato alla riunione precedente che, fingendo di dover andare al bagno, Soldato era scivolato silenziosamente fuori dal suo “ufficio” e si era messo sulle tracce degli altri due gemelli.
Non aveva dovuto fare troppa strada: Skipper e Kowalski  erano nell’aula accanto e trafficavano con un paio di pc e una stampante.
Il maggiore, che grazie al cielo non lo aveva notato, si era tuttavia accorto di aver lasciato la porta aperta quel tanto che bastava per sbirciare all’interno e si era affrettato a richiuderla.
Su cosa stavano indagando i gemelli di così segreto da non poter essere condiviso nemmeno con un membro del loro gruppo?
Nella settimana seguente Soldato aveva cercato di scoprirlo in tutti i modi, con domande a trabocchetto per Rico e con insinuazioni rivolte agli altri due, ma non c’era stato verso.
Ogni volta che il ragazzo cercava di portare la conversazione su cosa si facesse mentre lui timbrava e pinzava, i tre cambiavano prontamente discorso.
Fu il primo venerdì di Ottobre, in un umido pomeriggio grigio di nebbia, che il giovane decise di essersi stufato.
- Sentite, non voglio mettere in discussione la vostra autorità, ma mi chiedevo se… - esordì, salvo venire prontamente zittito da un’occhiata gelida da parte di Skipper.
- Qual è il problema, Matricola? – fece, tagliente.
Soldato deglutì a vuoto, leggermente intimidito dal suo superiore, poi si fece coraggio e parlò.
- Ecco, mi chiedevo se per caso non potrei incominciare a lavorare assieme a voi. Insomma, ormai è un mese che passo i pomeriggi a riorganizzare i vostri documenti, pensavo che sarebbe carino se potessi unirmi a voi sul serio… -
Prima che Skipper potesse replicare in alcun modo, Kowalski prese la parola.
- Comprendiamo appieno il tuo punto di vista, Soldato, ma riteniamo che sia ancora un po’ presto perché tu possa essere messo a parte… - ma Soldato non gli lasciò il tempo di finire la sua frase.
- Un po’ presto?! Cosa c’è, credete che io non sia capace di fare quello che fate voi? D’accordo, magari sono un po’ impacciato, ma come posso dimostrarvi di essere all’altezza se non mi mettete alla prova? – sbottò, stufo di chinare il capo per via della sua posizione.
Rico protese una mano verso di lui nel tentativo di calmarlo, ma il ragazzino non gli diede minimamente retta.
- C’è un tempo per ogni cosa, Matricola. Non sappiamo ancora se possiamo fidarci di te a sufficienza per…. – ma anche Skipper venne interrotto dalla voce di Soldato, un poco più acuta di prima.
- Fidarsi? Ma stiamo scherzando? Cosa mai avrete di così oscuro da nascondere che io non possa sapere? Credete che andrei a spiattellare in giro i vostri segreti? Siamo amici, santo cielo! –
Questa volta fu il turno di Skipper di alzare la voce.
- Amici? Un amico non è altro che un nemico che non ha ancora attaccato! – gridò facendo minacciosamente un passo in avanti.
Il più giovane era troppo preso ad indignarsi per notare il lampo di dolore nelle iridi del capo.
Per nulla intimorito, rese gli occhi azzurri due fessure incandescenti e strinse i pugni lungo i fianchi.
- A quanto pare abbiamo un concetto completamente diverso di amicizia, Skipper. – e così dicendo girò sui tacchi e se ne andò senza fiatare, scomparendo all’angolo del corridoio.
Il trio rimase muto e immobile nell’aula 106 finchè il rumore dei passi in lontananza non fu completamente assorbito dalle pareti.
- Cosa c’è, adesso? – sbottò Skipper mentre Rico sembrava volerlo uccidere con lo sguardo.
- Sai benissimo che non possiamo parlargli di quella faccenda. E’ solo un ragazzino, è troppo pericoloso! – esclamò per difendersi.
- E’ chiaro che non possiamo raccontargli tutto, ma forse relegarlo a pinzare documenti è stato un po’ eccessivo, non credi che dovremmo cercare di renderlo un po’ più partecipe dei nostri progetti? Insomma, il Club di Spionaggio non lavora solo su quello, abbiamo anche una copertura da mantenere… - osservò Kowalski con un sospiro, mentre Rico annuiva convinto.
- Non sappiamo nemmeno se possiamo fidarci di lui! E se fosse un infiltrato? –
Il gemello più giovane mostrò la lingua in un’espressione schifata.
- Rico ha ragione, sei paranoico! – gli diede manforte Kowalski.
- E con ciò?! Se fossi stato più paranoico a tempo debito, adesso Johnson e Manfredi sarebbero ancora con noi e non avrei bisogno del ragazzino per tenere in piedi il Club! – urlò, improvvisamente paonazzo.
- Skipper, aspetta! – ma il richiamo di Kowalski fu del tutto inutile: il gemello di mezzo se n’era andato sbattendo la porta.
Il week-end fu grigio e piovoso, reso freddo da un fastidioso vento settentrionale che si infilava in ogni fessura generando spifferi e spalancando le finestre mal chiuse.
Skipper aveva passato Sabato e Domenica chiuso in camera sua a studiare.
Sdraiato sul letto, gli capitava spesso di rileggere più volte la stessa riga del manuale, distratto dal pensiero ricorrente della sua discussione con Soldato.
Che i suoi fratelli avessero ragione? Era davvero diventato paranoico?
Poi però lo sguardo gli cadeva sul letto intonso addossato alla parete di fronte, un letto vuoto e freddo che da anni non veniva più occupato, e le sue paranoie gli sembravano il minimo che potesse fare.
Come facevano Rico e Kowalski a non capire? Quella era una faccenda troppo delicata perché si potesse permettere di coinvolgere altre persone, e di certo non potevano pretendere che dopo quello che era successo riuscisse a fidarsi del suo prossimo così, su due piedi.
Lunedì aveva visto Soldato uscire dall’aula di Chimica assieme a Rico. Non era riuscito a capire di cosa parlassero, ma sembrava che il loro rapporto fosse rimasto tale e quale alla settimana precedente.
Per un momento si era illuso che tutto sarebbe filato liscio, ma Soldato aveva salutato suo fratello all’ingresso della mensa e si era diretto verso il tavolo di Julien, che l’aveva salutato con sufficienza.
Avrebbe voluto parlargli, chiarire la faccenda una volta per tutte, ma il suo orgoglio glielo impediva, e ogni volta che si ritrovava nella situazione adatta per spiegargli le sue motivazioni, la voce gli veniva meno.
Giovedì sera, finalmente, stufo di fissare un cuscino freddo e muto che non gli avrebbe mai ridato indietro il passato, uscì da camera sua e si diresse a passo deciso verso la stanza della matricola.
- Cerchi Soldato? E’ uscito una decina di minuti fa, non mi ha detto dove andava… - lo accolse la vocetta stridula di Mortino.
Lo sguardo di Skipper oltrepassò la sua testolina riccia e veleggiò oltre i poster e le fotografie attaccate al muro, fino a posarsi sulla finestra imperlata di gocce di pioggia.
- Penso di sapere dove trovarlo… - e, senza nemmeno ringraziare, lasciò il ragazzino sulla soglia e si incamminò verso l’edificio centrale.
Salì le scale di corsa, tanto che quando raggiunse la porta della terrazza aveva il fiatone.
Individuò immediatamente la schiena esile del compagno seminascosta da un enorme ombrello celeste e mosse un passo all’aperto, immediatamente mitragliato dalle gocce di pioggia.
- Matricola! – esclamò, pentendosi immediatamente della scelta di quel soprannome.
Quella era una scena già vista, una scena che gli portò alla mente ricordi indesiderati.
Scosse la testa e fece ancora qualche passo verso il ragazzino, che non accennava a voltarsi.
- Senti, io… credo di essere stato poco onesto con te. Non avrei dovuto parlarti in quel modo. E’ che, vedi… - ma il silenzio che imperversava su di lui gli chiuse la bocca.
- Davvero, io non credo che tu possa essere… Oh, dannazione, ti chiedo scusa! – sbottò, l’acqua che gli scivolava lungo gli zigomi marcati e giù per il collo, appiccicandogli la camicia alla pelle.
- Capisco se non vuoi più far parte del gruppo, ma volevo solo che sapessi che, insomma… Mi fido di te. Sono pronto a farlo. – e quelle ultime parole uscirono dalla sua bocca come un macigno.
Eppure erano vere, erano sentite.
Le parole più sincere che Skipper avesse pronunciato negli ultimi tre anni.
Finalmente Soldato si voltò, spezzando l’ordine di quello che sembrava un tetro e gocciolante incubo.
Aveva gli occhi rossi, ma le sue guance erano asciutte.
Non disse niente, si limitò a curvare le labbra verso l’alto e accoglierlo sotto il suo grande ombrello celeste.
- Ti verrà un accidente… - sussurrò semplicemente dopo qualche secondo di statico silenzio.
Skipper non replicò subito, stupito da come il ragazzino avesse deciso di perdonarlo senza bisogno di una parola.
- Sono sopravvissuto a cose ben peggiori… - scherzò, cercando di mostrarsi sarcastico nonostante l’imbarazzo che gli stava mandando a fuoco le guance.
L’altro scosse la testa e si incamminò lentamente verso le scale.
- Non volevo mettervi fretta, solo che credevo di non… Io credevo di non essere abbastanza per voi… - mormorò prima di chiudere l’ombrello.
- Soldato. –
Il ragazzino si voltò, sentendo la mano del compagno sulla sua spalla.
Si ritrovò a specchiarsi negli stessi occhi freddi e severi che poco meno di una settimana prima lo avevano fatto sentire il più inutile ed indesiderato fra gli esseri umani e si accorse che adesso erano più dolci, illuminati da un affetto senza nome, una gratitudine senza volto.
Il capo del Club di Spionaggio gli rivolse un caldo sorriso e pronunciò le parole che più gli premeva comunicare da quando i due avevano litigato.
- Tu sei essenziale. –
E Soldato, gli occhi improvvisamente lucidi e il naso che pizzicava, comprese che da quel momento ogni cosa sarebbe stata differente.
In effetti, la sua avventura era appena incominciata.













 
Note:

Buonasera a tutti e buone feste in ritardo! xD
Speriamo che abbiate passato un buon Natale all'insegna dei regali e del cibo! <3
Noi nel frattempo abbiamo preparato il terzo capitolo, nel quale finalmente assistiamo alle avventurose runioni del club di Spionaggio.
Wow. Che emozione. Davvero. -.-
Povero Soldato, deve essere stato seriamente un suicidio passare i pomeriggi in un francobollo di aula a pinzare e timbrare scartoffie... per fortuna che c'era Rico a tenergli compagnia!
Ma per quale motivo Skipper è così paranoico? Cos'ha da nascondere e perchè è così restio a fidarsi del suo prossimo?
Ma soprattutto, cosa è successo a Johnoson e Manfredi!?
Contemporaneamente abbiamo fatto la conoscenza di altri presonaggi che saranno di vitale importanza per la trama, ossia le ragazze. Adoriamo Marlene e Doris e... oh, povero Kowalski! Potrà mai a mettere una pietra sopra questa relazione impossibile? Oppure riuscirà a conquistare il cuore della sua amata? -Rico ha già iniziato a scommeterci denaro- xD
Grazie infinite a chi legge, segue, recensisce o preferisce, speriamo di essere sempre all'alezza delle aspettative! <3

Un bacione, e ancora buone feste!
Koome
   
 
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