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Autore: Gio07_w    27/12/2014    4 recensioni
Prompt di Snehvide (prompt list del gruppo: WCCS)
Una reunion non avviene. Sam perde per sempre Dean, e questo lo porta lentamente a perdere la testa. Inizialmente comincia a credere di riuscire a farcela a reagire, ma in realtà comincia piano piano a sostituirsi a lui. Inizia a presentarsi come Dean Winchester quasi per sfizio, così come per sfizio comincia a pensare, agire, mangiare, vestire, parlare proprio come fosse Dean e non Sam. Prima che se ne renda conto, ne ha gia' perso il controllo. Sam non esiste più, la sua personalità è stata completamente inghiottita da quella fittizia che si è creato per sentire meno la mancanza del fratello, e adesso quasi non ricorda più di essere stato Sam. Fin quando, uno o due anni dopo, Dean, - quello vero - fa ritorno.
Wincest ma non incest. Ci sono riferimenti a un rapporto tra i due che in passato era consolidato.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
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Words: 3525
Genere: What-if/Angst/
Prompt: Una reunion non avviene. Sam perde per sempre Dean, e questo lo porta lentamente a perdere la testa. Inizialmente comincia a credere di riuscire a farcela a reagire, ma in realtà comincia piano piano a sostituirsi a lui. Inizia a presentarsi come Dean Winchester quasi per sfizio, così come per sfizio comincia a pensare, agire, mangiare, vestire, parlare proprio come fosse Dean e non Sam. Prima che se ne renda conto, ne ha gia' perso il controllo. Sam non esiste più, la sua personalità è stata completamente inghiottita da quella fittizia che si è creato per sentire meno la mancanza del fratello, e adesso quasi non ricorda più di essere stato Sam. Fin quando, uno o due anni dopo, Dean, - quello vero - fa ritorno.

Wincest ma non incest. Ci sono riferimenti a un rapporto tra i due che in passato era consolidato.

Prompt di Snehvide (prompt list del gruppo: WCCS)
 

Sam guardava il contorno delle sue nuove occhiaie allo specchio, poi prese a guardare le labbra screpolate e per un secondo si domandò se fosse ancora in grado di aprirle, se farlo gli avrebbe fatto male, se la pelle increspata, stendendosi, si sarebbe lacerata e così facendo avrebbe preso a sanguinare copiosamente. Poi barcollò all'indietro, si distese di fronte al water e aprì la bocca per vomitare.
Vomitò l'alcool della sera prima poi bile, poi gli sembrò di vomitare acido.
Le labbra sanguinarono.
Pensò che avrebbe dovuto tagliare i capelli, che era più facile vomitare con i capelli corti: era stato Dean a dirlo una volta "tagliati i capelli Sammy, non voglio essere io quello a tenerteli su la prossima volta che vomiterai come se fossi la mancata reginetta del ballo" Avrebbe giurato di star per vomitare l'intestino, se non fosse stato del tutto convinto che non era possibile una cosa del genere.
Voleva vomitare l'anima.
Ma vomitò solamentre altro acido e ancora acido e la bocca gli sapeva di un amaro terribile misto al ferroso sentore del sangue.
Poi smise e si sentì terribilmente debole, svuotato, solo e voleva morire.
Voleva Dean.


DeanDeanDean.


Sentiva un odore pungente e nauseante inondare l'angusto bagno del motel in cui si trovava, gli occhi presero a pizzicargli.


DeanDeanDeanDean.


Si scosse, si tirò su, scaricò, si rimise davanti allo specchio.
Doveva fare qualcosa per le rughe che gli si stavano formando intorno agli occhi. Doveva dormire. Doveva prendere qualcosa per farlo.
La gola continuava a bruciargli, e tutto sapeva ancora di fuliggine e acido da batteria. Doveva lavarsi i denti, poi avrebbe dormito.
C'era lo spazzolino di Dean accanto al suo: era inutile ora, andava buttato.
Perché non smetteva di sanguinare?
Prese il suo di spazzolino e lo buttò dove giacevano anche alcune bottiglie di whisky della sera prima, poi si lavò i denti con lo spazzolino di Dean. Mandò giù qualche sonnifero e sperò che il suo fosse un sonno senza sogni.


 

Qualcuno stava bussando incessantemente alla porta da quelle che a Sam erano sembrate ore. Si era svegliato in preda al panico e ad una ritrovata voglia di vomitare, aveva passato qualche minuto nel letto a contorcersi come in preda ad un dolore insopportabile: il risveglio era il momento peggiore. Era come perdere Dean di nuovo.
Svegliarsi era come nascere. E nascere è come morire.
Strisciò fino alla porta del bagno poi si fermò qualche istante e respirò profondamente.
Si rese conto che riusciva a controllare la nausea se continuava a prendere profondi respiri. "Lei ha pagato per 3 notti signore" disse l'uomo alla porta, Sam sapeva che avrebbe dovuto ricordarsi di lui poiché era ovvio che era a lui che aveva pagato la camera per le tre notti, solo non si ricordava neanche come ci era arrivato lì o che giorno fosse. "Deve pagare se vuole restare." Dove teneva i contanti? Cos'era che doveva ricordarsi di fare? Respirare. Sentì la saliva accumularsi in bocca, corse in bagno richiudendosi la porta alle spalle.
Lasciò il motel la sera stessa.





Un tipo era stato spappolato da una gru nel Wisconsin, di notte... e in camera sua. Sam era in Wisconsin e se avesse lasciato perdere qualcun'altro sarebbe stato spappolato da una gru nella sua camera da letto.
Prese una stanza in un motel fuori città, diede il nome di Dean Page. Dean aveva già usato il cognome del chitarrista dei Led Zeppelin durante un caso in Ohio. Sam gli aveva chiesto di non utilizzarne anche il nome per non dare nell'occhio e per la prima volta, con suo grande stupore, era stato accontentato.
Alla fine, il caso non aveva dimostrato i risvolti interessanti che si sarebbero immaginati, aveva dovuto bruciare le ossa di un poveraccio che era stato, guarda caso, schiacciato da una gru.

Passò a ringraziarlo la bionda a cui aveva salvato la vita, voleva prendere un caffè, voleva conoscerlo meglio.
Sì, il suo nome era Dean. E sì, voleva prendere un caffè con lei. Se era stato all'università?
No, non c'era mai stato.

Sam non andava a letto con la prima che passava, di solito. Sam affiancava all'attrazione fisica quella di natura intellettuale. Dean non si era mai preoccupato di controllare che la tipa che si portava al letto avesse un cervello. Per una volta non era importato neanche a Sam.
Sam. Oramai solo Bobby lo chiamava così, per gli altri era John, Jimmy, Alex, Nick. Era chiunque e questo lo rendeva nessuno.

La mattina seguente gli venne naturale uscire dalla stanza del motel in punta di piedi, si guardò intorno e incrociò lo sguardo della donna delle pulizie: gli sembrò di essere giudicato, qualcosa nello sguardo della vecchia signora gliene dava l'impressione. Poi capì che non aveva senso preoccuparsene, lì Sam Winchester non era nessuno.
Questo faceva di lui Chiunque.

 

Quando arrivò al parcheggio qualcuno era poggiato all'Impala. Un ragazzino grasso, per la precisione, con le mani unte, una confezione di patatine al formaggio - che Sam odiava da morire - e la faccia da beota.
"Hey tu, sta lontano dalla mia piccola!" doveva essere sembrato davvero incazzato perché il ciccione si allontanò subito. Sam passò la manica della camicia sulla carrozzeria per lucidarla.
L'impala non era la sua piccola.

L'impala era la piccola di Dean.

Ma infondo che importava?
Lì lui era Nessuno. Chiunque. Poteva essere anche Dean.


 


 

Sam incontrò Elijah ad Atlanta. Elijah era un cacciatore sulla trentina. Voleva studiare medicina ma "sai com'è" era finito a fare altro.
Elijah parlava tanto e Sam non riusciva a capire se dipendesse dal fatto che amava fin troppo la sua voce o se avesse semplicemente voglia di parlare perché non aveva nessuno con cui farlo. Avevano concluso insieme quello che Elijah definì in seguito "un affare di poco conto" che implicava la presenza di due lupi mannari incazzati. Erano giunti alle stesse conclusioni seguendo le stesse piste e non c'era niente di strano.
Solamente che Sam non parlava davvero con nessuno da troppo tempo.
Nel giro di un quarto d'ora Sam sapeva che il ragazzo aveva lavorato con la sorella, ora lei ne era fuori, era orfano, a dodici anni si era innamorato di una certa Rose, aveva mezza discografia dei Metallica nel portabagagli che portava in giro per gli States.

"E tu?" fece una pausa "tu hai qualcuno che ti aspetta a casa?"
Sam mandò giù il groppo che gli serrava la gola, un groviglio di chiodi gli raschiò l'esofago fino a trapassargli i polmoni e trafiggergli il cuore.
"Ho un fratellino. Si chiama Sammy" prese un sorso di birra. Sorrise.
"Lui è tutto per me." Bugiardo. Bugiardo. Bugiardo. "È entrato a Stanford. Diventerà un avvocato, il migliore!"
Elijah sorrise di rimando, "allora sei un uomo davvero fortunato" disse, con sincerità.
"Sì, immagino sia vero."



Se qualcuno avesse aperto in due lo stomaco di Sam ci avrebbe trovato Prozac immerso nel whisky. Di notte si imbottiva di sonniferi per addormentarsi e vomitava concentrato di Dio solo sa cosa quando si risvegliava.
Piangeva, a volte. La mattina lo dimenticava.
La receptionist salutava Dean Winchester quando se ne andava.
Dean Winchester era salutato dal portinaio, dal barista, dalla ragazza che occupava la stanza infondo al corridoio.
Dean Winchester continuava ad essere salutato anche da morto.
In un certo senso questo lo rendeva presente. Sam non si era preoccupato di trovare una spiegazione a quello che stava facendo. All'inizio Dean era lì perché il suo nome veniva ancora pronunciato da qualche sconosciuto, perché qualcuno poteva ancora conoscere Dean Winchester attraverso suo fratello, poi Dean era lì semplicemente perché c'era. Perché era una parte di lui o forse era lui ad essere una parte di Dean? Non importava. Sam aveva ritrovato suo fratello e l'universo cominciava a girare nella giusta direzione. Sam aveva smesso di abbottonate la giacca del completo. Come faceva Dean.
Le sue canzoni preferite erano Ramble On e Travelling Riverside Blues dei Led Zeppelin. Le canzoni preferite da Dean.
Sam teneva la radio a volume alto. Aveva tagliato i capelli. Ordinava hamburger e patatine invece di un insalata salutare.
Raccontava di Sam.
Raccontava di un fratello lontano che stava per diventare avvocato, di quanto lo amasse e di come fosse felice di rivederlo domenica. Lunedì. Sabato. Per il suo compleanno. Quando era da solo, per qualche ora, era sé stesso. Essere sé stesso significava essere un concentrato di dolore. Essere i rimasugli di quello che era stato: gli scarti radioattivi e febbricitanti di Samuel Winchester, il ragazzo che era stato in grado di entrare a Stanford con il massimo dei voti. Significava essere un simulacro riempito per metà di dolore e per metà di rabbia.
Così Sam era Dean tutte le volte che essere un Sam senza il suo Dean diventava troppo difficile da sopportare. Finché Sam Winchester sparì completamente.
Insieme al suo dolore, al senso di vuoto e alla mancanza e venne sostituito da Dean perché era più facile. Perché si trattava di sopravvivere.



Sam arrivò in Kansas di notte e per la prima volta dopo mesi parlò a telefono con Bobby. Gli disse dov'era, rispose alle domande di ruotine ed evase quelle a cui non gli andava di rispondere. Quando Bobby gli chiese se andasse tutto bene Sam rispose di sì e assunse un tono di stupore ribadendo la risposta quando Bobby glielo richiese.
"Se hai tempo passa da casa nel weekend, ci divide solo il fottuto Nebraska. Non dovrebbe essere un problema."
"Nel weekend sono a Stanford, lo sai. Facciam-" vide la receptionist avvicinarsi, le sorrise, "devo attaccare Bobby."

Bobby rimase con la cornetta del telefono in mano ad ascoltare il segnale acustico che si ripeteva identico per alcuni secondi.
Sam aveva ripreso gli studi a Stanford? Lui avrebbe dovuto saperlo? Di che diavolo stava parlando?
Sospirò, forse era andato avanti. Dopo tutto era passato un anno dalla morte di Dean, nessuno ferma la propria esistenza per così tanto tempo a causa della perdita di qualcuno.


“Vorrei conoscerlo questo Sam di cui parli tanto,” gli aveva detto un giorno Elijah e a Sam vennero in mente tutte le volte che qualcuno gli aveva detto la stessa identica cosa.
“Non puoi, è impegnato con lo studio!” rispose così come rispondeva il più delle volte e assunse un espressione cupa di rimprovero.
Gli capitava di arrossire parlandone. Parlando di Sam: di sé stesso ma nei panni di Dean.
Si addolcì, “un giorno lo conoscerai”




"Sammy"

Castiel riportò indietro Dean un anno e tre mesi dopo la sua morte.

"Potrei sapere chi diavolo sei tu?”

Castiel avrebbe dovuto metterci molto meno tempo.

"Sammy che-"

Dean era stato all'Inferno e aveva mantenuto la sua lucidità mentale solo perché era sicuro che un giorno avrebbe riabbracciato Sam. E non stava succedendo. Se Sam avesse dubitato della sua identità, se l'avesse attaccato, inzuppato d'acqua santa, tagliuzzato con un qualche coltello d'argento non si sarebbe stupido. Ma Sam gli aveva chiesto chi fosse. Non aveva senso.

"Sammy, sono io. Dean. Tuo fratello."


Sam guardava qualche punto imprecisato oltre Dean, dietro di lui e lontano miglia. Dean cercava di incrociare lo sguardo con gli occhi sbarrati di Sam. Qualcosa lo infastidiva tremendamente in quella dichiarazione, e quel fastidio si trasformò in un insensata angoscia mista a paura. Si sentiva minacciato più di quanto avrebbe dovuto e nella stessa misura confuso. C'era qualcosa che non andava.

"No. No. Tu-"

Sam deglutì.

"Chi diavolo sei?" arretrò di qualche passo. C'era qualcosa in quel ragazzo. Non avrebbe saputo dire cosa.

"Tu non sei Dean. Non avvicinarti, resta fuori."

Sam tirò fuori il coltello che teneva sotto la camicia, "Devi dirmi chi cazzo sei, ora!"

Dean è parte di me.

La confusione di Dean gli si leggeva in faccia,

"Sam, fa tutti i test che vuoi; sono io!"

Non si fida. No. Non mi riconosce. Perché? Non sta succedendo davvero. Non può star succedendo davvero.

"Io." Sam deglutì, "io sono Dean. Tu non puoi," arretrò ancora.

Il maggiore restò sull'uscio, sentiva il sangue pompare nelle orecchie.

"Sam che diavolo ti prende?"

"Vattene!"

Io sono Dean. Io sono-

"Vattene. Va' via. Devi-"

Io sono Dean.

"-andartene"

Dean è parte di me.

Il sesso tra Dean e Sam era masturbazione.

Sam sentì la terra tremargli sotto i piedi poi si accasciò al suolo e tutto divenne buio.


 


 

Dean chiamò Bobby come faceva tutte le volte che non sapeva dove sbattere la testa. Bobby gli rispose al secondo tentativo e Dean sentiva che se ci avesse messo un secondo in più sarebbe impazzito.

"Dean? Sei arrivato da Sam? Ti ha pugnalato? Te l'avevo detto io ch-"

"Bobby, Sam," cercò di non far trapelare nessun tipo di emozione dalla sua voce, ma anche solo la pausa che fece per mandare giù il nodo che gli si era formato in gola, bastò a Bobby per capire che c'era qualcosa che non andava, "non mi ha riconosciuto."

"In che senso non ti ha riconosciuto?"

"Parlo russo Bobby?"

Bobby ripensò a qualche settimana prima e gli venne in mente l'ultima volta che aveva parlato con Sam.

"Sapevo che qualcosa non andava. L'ultima volta che gli ho parlato stava bene," Dean sollevò un sopracciglio come se Bobby potesse vederlo dall'altra parte della cornetta dopo un'attimo di silenzio aggiunse, "e allora?" Bobby si ritrovò a sospirare.

Nessuno ferma la sua vita per un anno a causa della perdita di qualcuno.


Rise di sè stesso.

"Sam Winchester che sta bene dopo aver perso suo fratello? Non c'è niente di più strano."

Nessuno a parte i Winchester.



Sam sognò sé stesso guardarsi allo specchio. Dall'altra parte c'era un bambino. Sanguinava e sanguinò fino a liquefarsi completamente. Sam si voltò per non guardare, perché una pozza di sangue si stava espandendo all'interno dello specchio fino a fuoriuscirne. Si trovò di fronte ad un'altro specchio, si specchiava di nuovo; c'era un bambino. Biondo con le lentiggini e gli occhi verdi. Identico a quello di prima.
Non riusciva a riconoscerlo e lo guardava morire. In silenzio.
“Non lasciare che mi succeda ancora,” diceva il ragazzo dello specchio, “puoi fermarlo. Ricorda. Ricordati di me.”
Ma Sam voleva svegliarsi perché era terribile perfino per lui, perché il sangue continuava a fuoriuscire dagli specchi e lui continuava ad arretrare.
Voleva svegliarsi perché non riusciva a parlare, urlare, piangere nonostante volesse farlo.
Perché il viso lentigginoso del ragazzo che continuava a morire era puntato su di lui, con gli occhi grandi e verdi sgranati, disillusi, ricchi di rimprovero.
“Se non ricordi ora, non ricorderai mai più.”


Quando si svegliò Sam era immerso in una pozza di sudore. Dean era rimasto lì tutto il tempo, seduto di fianco al letto e saltò in piedi quando lo vide aprire gli occhi.

“Finalmente ti sei svegliato! Cominciavo a preoccuparmi,”

“Io non-”
Chi era? Dove si trovava? Chi era il modello che gli stava di fronte?
"-non mi ricordo chi sono."

Dean aveva già conosciuto la morte, sapeva che significava morire e sapeva cosa significava essere scuoiati centimetro per centimetro di pelle per quarant'anni. E stava morendo di nuovo.
Si, strappatemi il cuore. Okay, dipingete le pareti del colore delle mie cervella. Ma Cristo, non questo.
Tutto.


"Sam. Ti chiami Sam."
Ma non questo.

Aveva bisogno di vomitare. Restò in apnea. Le pupille si dilatarono.
Non si erano abbracciati.
Era tornato dall'inferno e non aveva ancora abbracciato suo fratello.
Sei Sam. Come definire Sam. Sei Sammy. Mio fratello. Il mio amante. Tutto ciò che ho. Tutto ciò di cui ho bisogno. La ragione per la quale sono bruciato all'inferno.
"Sei Sam e sei-" il fratello che amo visceralmente, incontrollabilmente e con cui ho fatto sesso, "sei un mio amico."
Dean non voleva piangere, doveva, ma non lo fece si limitò a schiarirsi la voce e a dire, "davvero non ricordi nulla?"
"Io, ecco... Proprio non riesco a ricordarmi niente."
Assunse un espressione assente quasi stesse scrutando tra i cassetti vuoti della sua mente. Niente.
"So che non hai motivo di fidarti di me ma ti prego, fallo ugualmente. Troveremo una soluzione, vedrai."
Sam scosse le spalle "è il peggior discorso che abbia mai sentito"
"È l'unico discorso di cui tu abbia memoria!" Dean si imbronciò.
Quel ragazzone con l'amnesia era sempre Sam, il solito ragazzino supponente da far rigare dritto.

"Non ce l'ho una famiglia? Che ci faccio con te?" Dean si prese qualche secondo per rispondere. Poi esordì con un secco "sei orfano" e si fermò ad aspettare la reazione. Sam scrollò le spalle.
"Ah."
"Tutto qui?"
"Dovrei mettermi a piangere? Si può sapere che razza di tipo ero prima di prendermi questa botta in testa?"
"Eri un figlio di puttana proprio come lo sei ora."

Ti dicono che nella vita anteponendo il bene delle persone che ami al tuo, con un po' di fortuna, ne sarai ricompensato. Per non parlare dei benefici morali che dovresti ricavarne. Ma considerare qualcuno più importante di sé stessi significa automaticamente considerarlo più importante di chiunque altro. Ne deriva che essere disposti a morire per qualcuno è essere anche disposti a uccidere per questa persona.
Dean rideva. Beveva. Rideva.

C'è davvero differenza tra l'uccidere per amore e l'uccidere per la patria, la religione, un ideale, un hobby? O esiste differenza tra il morire per la persona amata e il morire e basta?

Dean era già morto una volta per amore. E nel suo morire per amore come nel suo bruciare all'inferno non era diverso da qualunque altra anima dannata. Avrebbe anteposto il bene di Sam al suo ancora una volta senza ottenere nulla in cambio. Avrebbe anteposto il bene del mondo intero a quello di Sam se fosse stato necessario.

Eravamo amici. Molto amici, come fratelli. Diceva, sarai un avvocato. Uno bravo. Ti trovavi bene a Stanford... ti ci troverai bene anche ora. Io?
Io verrò a trovarti, diceva.

Dean scaricò Sam davanti alle porte di Stanford ma non andò a trovarlo. In seguito, almeno per un po', si sarebbe fermato davanti alle porte dell'Università e avrebbe aspettato. Stringeva il volante fino a far sbiancare le nocche delle dita. Poteva ancora stare con Sam, essere il suo ragazzo, il suo amante senza essere anche suo fratello.
Era giusto? Sarebbe stato lo stesso?

Non si smette di essere cacciatori. Sam ha smesso perché ha dimenticato. Io no. Gli rovinerei la vita. Lo farei di nuovo.

Dean non aveva mai davvero deciso una volta per tutte cosa fare. Cercava una soluzione, non riusciva a trovarla e si arrendeva convincendosi che era la cosa migliore da fare. Poi riprendeva a cercare. Anche quando alla fine riuscì a scegliere gli capitava abbastanza spesso di cambiare idea.
Rispondeva alle chiamate di Sam, si preoccupava di chiamarlo ma non troppo spesso. Era lì quando Sam stava male. C'era quando stava bene; a festeggiare con lui.
Poi un giorno Sam gli chiese "perché si sentiva così legato a lui" e Dean vide nei suoi occhi qualcosa che gli fece capire che era solo questione di tempo e Sam si sarebbe innamorato di nuovo di lui. Allora si allontanò. Gradualmente. Disse di aver trovato un lavoro e Sam fu sinceramente felice per lui. Dean si tenne a distanza di sicurezza e Sam riuscì ad andare avanti. A farsi una vita. Riuscì anche a diventare un avvocato e a trovarsi una ragazza.

Riuscì a vivere sette anni perfetti e incompleti. Bellissimi e vuoti. Con Dean e allo stesso tempo senza di lui. Riuscì ad avere un cane, una squadra di calcio e tutto quello che Dean avrebbe voluto per lui.

Sette anni dopo la resurrezione di Dean, quest'ultimo stava concludendo un ennesima caccia a Baltimora. Aveva bevuto, ma non c'era caccia che non concludesse ubriaco da un paio d'anni a quella parte. Probabilmente era per questo motivo che l'ultima caccia gli aveva lasciato un bel ricordo: una cicatrice che gli sfregiava il viso e che partiva direttamente da sotto la tempia destra e arrivava fin quasi al mento. Questa volta il tasso alcolico che conteneva il suo sangue doveva essere leggermente più elevato e il vicodin che aveva in circolo nel sangue non fu d'aiuto perché gli artigli della lamia che stava combattendo riuscirono a conficcarsi lì dove Dean pensava di non aver più nulla. Prima di urlare per il dolore e prima che gli venisse strappato via il cuore Dean sorrise.

Sam non aveva mai avuto il coraggio di chiamare Dean e dirgli la verità. Era sempre stato troppo difficile e pensava ci fosse tempo per farlo. Poi il tempo non era abbastanza. Quando i medici lo avevano scoperto avevano dato a Sam almeno altri due anni di vita ma il cancro lo divorò in sei mesi.
 


Dean non venne seppellito. Sam finì in un cimitero della California. Ebbe una cerimonia bellissima, a cui partecipò più gente di quanta ne avrebbe mai conosciuta vivendo altri cinquant'anni.
Il corpo di Dean venne bruciato.
Durante il funerale di Sam la sua ragazza pianse e lesse un elogio con la testa bionda coperta da un velo nero.
Bobby pianse di fronte alla pira accesa.
Le ceneri del corpo di Dean e le ossa di Sam erano su due coste opposte e divise da dieci Stati e le loro vite era state divise da sette anni nel tempo.

Eppure per la prima volta non avevano nulla a frapporsi tra loro.


 

   
 
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