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Autore: Terre_del_Nord    13/11/2008    35 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Habarcat - I.003 - Yule

I.003


Sirius Black
Amesbury, Wiltshire - dom. 20 dicembre 1970

Il 20 dicembre, alle nove di mattina, scesi con Regulus, vestiti di tutto punto, nel salone principale: quel giorno si sarebbe tenuta la festa ufficiale per il bambino, in occasione del ritorno da Hogwarts, per Natale, di Rigel, suo fratello. Mio padre era andato subito dagli Sherton, addirittura il giorno dopo aver ricevuto la lettera, porgendo i nostri auguri, mentre mia madre si era trattenuta dal far loro visita, ripromettendosi di essere più presente dopo le festività di Natale. Mi guardai allo specchio nell’ingresso e mi sistemai una ciocca di capelli ribelli sulla fronte, squadrando Regulus che entrava nel salone: da quella sera non ci eravamo detti una parola, lui si teneva a debita distanza, temendo la mia vendetta, io lo ignoravo. Alla fine di quella notte burrascosa avevo deciso che avrei in parte seguito i consigli del caro fratellino, perché, per una volta nella mia vita, c’era qualcosa per cui valesse la pena impegnarsi. Inoltre certi pensieri che si facevano strada nella mia testa erano troppo spaventosi e sbagliati, anche per me. Quando entrai nella sala dell'Arazzo, trovai nostro padre, in un bel completo blu notte che lo affinava e ne esaltava lo sguardo, davanti al caminetto, con un sacchettino in mano, accanto a nostra madre, austera in un abito nero pieno di pizzi ed addobbata coi suoi gioielli più sontuosi: agguantò subito Regulus, il suo pupillo, appena ci vide, poi papà porse loro la polvere verdastra e, una dopo l’altro, pronunciando le parole "Sherton Manor, Amesbury" scandite bene, sparirono tra le fiamme. Mio padre mi fece una predica sui doveri dell’erede dei Black, sul rispetto, sulla nobiltà e sulla superiorità dei Purosangue, che non so cosa c’entrasse, visto che al ricevimento erano evidentemente invitati solo Purosangue, anzi Slytherins, proprio come noi; poi mi porse la polvere e sparii nel caminetto.
Mi ritrovai in una grandiosa sala, ampia e luminosa, costruita in pietra, con un pavimento decorato con marmi, disposti a mosaico, a rappresentare la Costellazione del Dragone; il soffitto era costituito da sette volte a crociera, poggianti su due file di otto pilastri che si innalzavano aprendosi in tante costoline; dal vertice di ogni volta scendeva un candeliere d’argento a dodici fiaccole, decorato con motivi serpenteschi. I due camini, posti ai lati corti della stanza, erano bocche spalancate di serpenti, con enormi smeraldi, al posto degli occhi. Sulle pareti lunghe c’erano otto ritratti per lato, raffiguranti alcuni antenati, incastonati in cornici di puro argento elfico, decorate ognuna con due serpi intrecciate, dagli occhi di smeraldo e il motto di famiglia ai loro piedi. Alshain Sherton, in una veste cerimoniale verde scuro con ricami d’argento, ci venne incontro per darci il benvenuto e ci abbracciò radioso, mia madre, stranamente affabile, gli diede un civettuolo bacio sulla guancia, chiedendogli di sua moglie e del bambino, complimentandosi e facendo un paio di battute, con cui sperava forse di estorcergli qualche indiscrezione.

    “Orion dice che è un bambino stupendo, almeno vi ripagherà in parte della delusione...”
    “Ti sbagli, Walby cara, tutti noi siamo felici e soddisfatti di questa nascita, più che felici!”

Alshain, pur affabile e gentile, chiuse rapidamente la questione, contrariato. Lo seguimmo nella stanza accanto, più piccola e intima, ma altrettanto bella e ricca, con il soffitto decorato a cassettoni d’argento, in cui erano rappresentate scene di caccia e di guerra e, alle pareti, una serie di affreschi che narravano la vita di Salazar Slytherin, mentre sul pavimento di marmo i mosaici raffiguravano questa volta le Costellazioni di Orione e dei Cani. Deidra e il bambino erano lì, su una poltrona davanti al caminetto, in attesa del nostro arrivo; nostra madre, continuando a fare quegli insoliti amorevoli complimenti, ci fece un cenno e noi, come paggetti, le consegnammo un pacchetto piccolo ma molto prezioso: quando Deidra l’aprì, trovò un ricco medaglione di bianco oro elfico, su cui erano incastonati dei diamanti di "javanna". Sherton fece un cenno di ringraziamento, Deidra, la cui bellezza era davvero indescrivibile, pur ancora molto pallida, rimase per un attimo senza parole, poi ci invitò a seguirla, in attesa dell’arrivo degli altri ospiti. Nostra madre non mollò la presa, interessata com’era ai loro figli.

    “Ho proprio voglia di vedere Meissa, Deidra, saranno quattro anni che non riesco più a incontrarla!”
    “Oh Walburga, mi spiace tanto, Meissa è raffreddata, non scenderà per il pranzo. Dovrai aspettare almeno fino a stasera, se vi fermerete per il rito. Ma venite di là con me, chiacchieriamo un po', è tanto che non abbiamo del tempo solo per noi. E anche io è da una vita che aspetto di parlare con questi due giovanotti. Dico bene Alshain?”
    “In realtà io avrei bisogno di parlare in privato con Orion, prima che arrivino tutti, torniamo tra cinque minuti..."

Deidra e nostro padre lo guardarono spiazzati, per un momento, quest'ultimo però, pur sorpreso e un po’ riluttante all’idea di non poter seguire subito la strega e il bambino, come si era aspettato, acconsentì cordialmente.

    “Mirzam intratterrà gli ospiti. Ormai scenderà a momenti con Rigel.”

Mia madre, cogliendo tutti di sorpresa, ci ordinò di restare lì e scivolò via dietro Deidra, Alshain, attonito per come ci aveva mollato, entrò con mio padre in una sala più piccola che si apriva dietro un’armatura, nascosta lungo il corridoio, promettendoci che sarebbero ritornati subito. Reg ed io tornammo nel salone di pietra, sollevati di non dover stare con nostra madre e subire un probabile interrogatorio, ma dubbiosi per il fatto di essere ora da soli, insieme, nella stessa stanza. Per fortuna, dopo poco, iniziarono ad arrivare altri invitati con i loro figli, accolti dal primogenito di Alshain, mentre dell’altro giovane non c’era traccia. Mirzam era un ragazzo di venti anni, alto quanto suo padre, portava i capelli scuri legati alla base della nuca in una coda corposa lunga fino a metà schiena; aveva lo stesso tatuaggio al lato del collo, il viso era più pallido, con delle timide lentiggini, gli occhi, più tondi, erano del colore della luna, c’era maggiore dolcezza nei suoi tratti, e sul volto aveva poco più di un accenno di peluria rossastra. Indossava un bell’abito cerimoniale di taglio classico, verde bottiglia, con intarsi serpenteschi intessuti d’oro, calzava stivali di pelle di Drago e sembrava non indossare gioielli. Ci salutò con appena un cenno del capo, con noncuranza, come se fossimo indegni della sua presenza, deludendomi, ma quando mi accorsi che teneva lo stesso comportamento formale anche con tutti gli altri ospiti, mi rasserenai: non ce l'aveva con noi. A mano a mano che le presenze aumentavano, decisi di allontanarmi da mio fratello per assistere in disparte a quel continuo apparire di Maghi e Streghe di alto lignaggio, allo sfoggio di sfarzo, eleganza ed autorità, apprezzando lo scarso interesse che tutti mostravano nei miei confronti: era una gradita novità, rispetto a quanto accadeva di solito a quel genere di feste. Quando vidi apparire i miei zii e le mie cugine senza Meda, mi sentii stringere il cuore, nessuno voleva dirmi cosa le stava accadendo, intorno a lei avevano eretto un muro.
Sospirando, sgattaiolai in giardino: Reg giocava a scacchi con uno dei Rosier, mio padre era con la sua cricca, mentre mia madre non aveva ancora mollato Deidra, a sottolineare con gli altri come fossimo la famiglia più vicina agli Sherton. Il parco era completamente innevato ed io, mentre la casa era piena di voci, di persone e di musica, mi diressi deciso sul retro, attratto da un silenzio irreale e ovattato: secondo le descrizioni di Alshain, doveva esserci un laghetto di ninfee, ora sicuramente ghiacciato, uno dei luoghi più intimi e suggestivi di tutta la tenuta; lì non sarebbero venuti a cercarmi, né si sarebbero accorti della mia assenza fin all’ora di pranzo: potevo starmene da solo, isolarmi da tutti e pensare agli affari miei. Avanzavo cauto nella neve, ogni tanto mi fermavo, e avendo sempre cura di non sporcarmi né bagnarmi i vestiti, mi allontanai dalla villa: durante una di quelle soste contemplative sentii delle voci nervose provenienti da un punto di fronte a me. Incuriosito m' avvicinai, appostandomi dietro a una siepe di sempreverdi, senza farmi notare e senza bagnarmi con la neve che m circondava.

    “Vieni qua, piccola Corvonero!”

Corvonero? Che cosa ci faceva una Corvonero nella casa degli Sherton la vigilia di Yule? Una voce maschile, profondamente sarcastica e strascicata emergeva dalle rive del laghetto, a pochi passi da me: mi sistemai meglio, così da sbirciare e capire cosa stesse accadendo, invano.

    “Vai al diavolo e lasciami in pace!”
    “Orribile, mia piccola selvaggia, davvero orribile ! Devi impegnarti ad imparare le buone maniere, sai ... sei già sgradevole alla vista, ora scopro che quando parli sembri ... un Troll, dico bene Bella?”

La risata di mia cugina sferzò l’aria, era agghiacciante. Mi accucciai contro i rametti della siepe e trovai un’apertura da cui sbirciare, mettendo a fuoco parzialmente la scena. Vedevo di profilo Bellatrix, vestita con un abito rosso e una mantellina di pelliccia, seduta scomposta sulla spalliera di una panchina di fronte al laghetto, i lunghi capelli scuri sciolti e mossi dal vento a incorniciarle il viso, in piedi accanto a lei, di ¾, un giovane alto, biondissimo, riccamente vestito con un elegante abito nero e un mantello di pelliccia con inserti d’argento, gli occhi di ghiaccio, i lineamenti affilati e perfetti, la nobile bocca sensuale che ghignava beffarda: Lucius Malfoy.

    “Se sono un Troll sono solo affari miei, Malfoy!”

La voce alterata del terzo personaggio sembrava quella di una ragazzina molto giovane, ma non mostrava esitazioni, era anzi furiosa e determinata; io cercavo di spostarmi per vedere chi fosse, ma quando mi resi conto che presto sarei finito nel campo visivo di Lucius, trattenni la mia curiosità e mi appiattii di nuovo contro la siepe, maledicendomi perché i risvolti dei pantaloni si era infradiciati a contatto con le foglie bagnate e le mie belle scarpe si erano leggermente infangate.

    “Questo, purtroppo per me, è ancora tutto da dimostrare…”

La voce del giovane era suadente ma tradiva rabbia, non riuscivo a non immaginarmelo con le fattezze di un serpente tutte le volte che ne sentivo parlare, ed ora, ascoltandolo, quella fantasia proruppe nel mio immaginario: cercai di concentrarmi ed aguzzare le orecchie, era sorprendente scoprire che qualcuno riusciva a far perdere la calma a quell’essere freddo e calcolatore.

    “Quanto è ribelle questo cucciolino spaventato!”
    “E tu taci, stronza!”

Alla risposta agitata e scomposta della ragazzina, Bella rise ancora più forte, la voce che faceva drizzare i peli della schiena, poi alzandosi avanzò verso di lei; Malfoy la seguì, mettendo in trappola la giovane.

    “Sarebbe bello cambiarti i connotati, scimmietta, ma ti farei un favore, persino un "DensAugeo" ti migliorerebbe!”

La voce di Bella, fino a quel momento simile a una cantilena, divenne cupa e feroce: da tempo pensavo che fosse completamente pazza, e quella scena non faceva che convircemene; Malfoy allungò una mano verso la ragazza sollevando delle ciocche corvine tra le sue dita guantate.

    “Hai ragione, non ci sono speranze: non sarà mai civilizzata, non sarà mai nemmeno al livello delle scarpe di un Malfoy!”

Si mise a ridere odioso e trionfante insieme a mia cugina, ma le risate non durarono a lungo: sentii il suono inequivocabile di uno sputo e, subito dopo, quello di piedi rapidi e leggeri che correvano nella neve, in direzione opposta alla mia. Scrutai meglio dalla siepe, sporgendomi persino un po’, e vidi Bellatrix rimanere attonita per qualche istante, per poi riprendere a ridere sguaiatamente, mentre un fiotto di saliva scivolava dalla guancia, a macchiare il bell’abito di Malfoy.

    “Lurida... !”

Il giovane era furioso e schifato, estrasse la bacchetta e si diede una ripulita, mentre Bella rideva tanto che sembrava stesse per soffocare.

    “Merlino, che ridere!”

Bella lo aiutò a sistemarsi il mantello e gli passò sensuale le mani nascoste nei guanti tra i capelli biondissimi, parlandogli divertita all'orecchio. A quelle parole, che non sentii, Lucius l’afferrò con rabbia, guardandola negli occhi come se la volesse fulminare. Bella sorrise, nei suoi occhi c’erano avidità e crudeltà pure. Sempre tenendole serrate le mani, Malfoy si inchinò, le sfilò i guanti neri e le baciò le dita una alla volta, poi la lasciò andare con delicatezza e, passato il braccio intorno alle spalle, provò a baciarle le labbra, ma lei si ritrasse.

    “Cattivo cattivo, Lucius, che non pensa già più alla sua piccola Cissa.”

Mormorò lei civettuola, a bassa voce, ma non tanto che non riuscissi a sentirla. Lucius si ritrasse di scatto, il viso rosso e gli occhi enigmatici persi in quelli divertiti di mia cugina. Bella gli prese la mano e se lo tirò dietro, verso la villa; io mi nascosi tra i ciuffi d’erba della siepe, cercando di sparire alla loro vista: ero perplesso da tutto questo e, soprattutto, ero curioso di sapere chi era la Ravenclaw che aveva sputato sul rampollo dei Malfoy, noto per essere pericoloso e vendicativo. Appena si furono allontanati, uscii dalla siepe, pregando che il disastro alle scarpe e ai pantaloni non fosse tale da mandare in bestia mia madre, poi ripresi a camminare, fin oltre un grande recinto di legno, seguendo le tracce della ragazza in fuga: non riuscivo a vederne la figura, in qualsiasi direzione guardassi. Ebbi paura per lei, forse era caduta e si era ferita. Come potevo trovarla e soccorrerla?

    “Tu sei Sirius Black, immagino...”

Mi voltai, sobbalzando un poco, verso quella voce ironica che aveva rotto la pace innevata: un ragazzino sui dodici anni, dai tratti inconfondibilmente Sherton, stava appollaiato sulla staccionata che avevo appena superato, a guardare bene sembrava proprio il recinto di un maneggio. Annuii e lui saltò giù, agile, cinto in un bel cappotto scuro attillato, la mano ornata da Rune tesa al mio indirizzo, il sorriso pieno e gli occhi d’acciaio di Alshain che occhieggiavano dietro ribelli capelli corvini, lunghi quasi fino alle spalle.

    “Mi chiamo Rigel, e sono qui per evitarti una settimana di punizione, se ti interessa...”
    “Una punizione? Ma che cosa…?”
    “Tuo padre ti sta cercando e promette fuoco e fiamme se non salti fuori, ma se fai come ti dico, forse riesci a cavartela con un giorno, due al massimo...”
   
Ammiccante, estrasse la Bacchetta dalla cinta e me la puntò addosso. Indietreggiai.

    “Che cosa credi di fare? Non puoi usare la Magia fuori dalla scuola, non sei maggiorenne!”
    “Credi che m’importi qualcosa del Ministero? Con tutti i Maghi che ci sono qui oggi, sfido chiunque a capire che sono stato io ad aiutarti con i calzoni e le scarpe! Piuttosto, fifone, vedi di stare fermo!”

Roteò appena il polso e mi ritrovai perfetto, come appena uscito di casa, poi mi diede le spalle per andarsene.

    “Aspetta!”
    “Dai, Sirius, se ci sbrighiamo posso far credere a tutti che eri dentro lo scantinato, c’è una porta che non si apre senza Magia: conoscendomi, nessuno dubiterà che sia stato io a chiuderti dentro per… diciamo... "sbaglio"!”
    “E perché lo faresti?”

Mi guardò sornione, scrollò le spalle ma non rispose, capii che era un piantagrane peggiore di me, il che mi diede la certezza che avrei preso due settimane di punizione, non un giorno, se mi avessero visto con lui.

    “Qui c’era una ragazzina, è scappata, temo si sia fatta male cadendo da qualche parte: dobbiamo trovarla!”
    "E tuo padre ti definisce una "mammola"? Hai dieci anni e già tendi agguati alle ragazzine!”

Non sapevo se sentirmi più offeso da mio padre o più esasperato da Rigel, che ora ghignava.

    “Guarda che non c’entro niente io, stava litigando con Malfoy e mia cugina Bella, poi è scappata e loro sono tornati in casa come niente fosse. Io sono arrivato fin qui per cercarla, ma non la vedo più.”

Rigel aveva smesso di ascoltarmi quando avevo pronunciato il nome di Malfoy: stringeva i pugni, tanto da sbiancarsi le nocche, e gli occhi avevano ormai un’aria truce che prometteva vendetta. Mi rispose con una voce sbrigativa e scocciata.

    “Da casa in questo momento manchiamo solo noi due, Black. Andiamo!”
    “Allora tu sai chi...”
    “Tuo padre dice la verità su di te: non sarai una "mammola", ma un impiccione lo sei di certo!”

Non lo disse con cattiveria, sul viso era ritornata l’espressione scanzonata, ma mi prese la mano deciso e mi trascinò verso lo steccato, fu allora che vidi le impronte della ragazzina finire lì. Mi guardai attorno confuso, non c’era nulla, a parte la staccionata.

    “E’ una Passaporta, sì, ma non dirlo a nessuno, per favore: io e mio fratello l’usavamo da piccoli se ci ferivamo nel parco.”

All’istante capii tutto, ero stato proprio un idiota a non esserci arrivato prima.

    “Era tua sorella vero? È lei che ha sputato in faccia a Malfoy!”

Mi guardò di nuovo, incredulo.

    “Gli ha davvero sputato in faccia?”

Annuii, paonazzo, temendo di aver fatto un' altra gaffe, ma lui si mise a ridere, orgoglioso.

    “Certo che era mia sorella! Salazar, avrei voluto vederlo, quel lurido pallone gonfiato!”.

Ero incuriosito, ma Rigel non aggiunse altro, mi prese la mano e l'appoggiò sul legno; subito mi sentii arpionare alla pancia, sbalzato in aria con quell’asticella che sembrava diventare fuoco puro tra le dita, e infine mi ritrovai steso a terra, in cantina, accanto a Rigel che, di nuovo in piedi, si sistemava i capelli e teneva il cappotto arrotolato sul braccio.

    “Lascia qui il mantello, ci penserà Kreya, e fai parlare me, tuo padre mi adora, ti assicuro che non ti torcerà un capello.”

Ritornai nel salone, un po’ sottosopra, due passi dietro a Rigel, raggiunsi subito mio fratello e mi resi conto, con sollievo, che davvero il più giovane dei fratelli Sherton aveva un ascendente notevole sui miei genitori: raccontò di avermi trovato di sotto, intrappolato dietro una porta che lui stesso aveva lasciato aperta per scherzo. Alshain, preoccupato per la mia scomparsa, si prese tutta la responsabilità, si scusò per l’incidente e fulminò Rigel con lo sguardo, ma mio padre, intuendo in parte la verità, mi lanciò un’occhiataccia. Poco dopo ebbe inizio il pranzo, l’unica cosa che dovevo fare a quel punto era far finta di non esistere, se non avessi combinato altri disastri forse per una volta me la sarei davvero cavata.
Il ricevimento si tenne nel salone grande fino a sera, noi ragazzini eravamo stati sistemati ad una lunga tavolata, mentre gli adulti e i ragazzi più grandi stavano al tavolo principale; rimasi in silenzio quasi tutto il tempo rispondendo a monosillabi a Reg che mi chiedeva dove fossi finito: mi conosceva tanto da sapere che avevo mentito e non era il caso di vantarmi, se non volevo mettermi nei guai o coinvolgere Rigel ancora di più. Speravo invano che il ricevimento finisse presto per potergli parlare ancora, inoltre ero incuriosito dalla bambina che aveva affrontato Lucius, ma Alshain si scusò con gli ospiti sostenendo che sua figlia era a letto raffreddata: vidi Bella e Malfoy sorridere perfidi e la cosa non sfuggì ai fratelli Sherton, che confabularono, lanciando occhiatacce all’indirizzo dei due. Malfoy rimase sempre con le mie cugine, il figlio minore di Lestrange e vari altri giovani, figli degli amici di mio padre: nessuno di loro ci fece più di un tiepido cenno di saluto, neanche dopo la fine del pranzo. Io, non avendo molto da fare, non staccai mai loro gli occhi di dosso, scoprendo che Cissa era letteralmente rapita da Lucius e che Bella la stuzzicava per questo, lanciando poi occhiate eloquenti al ragazzo: in quella stanza era più che evidente l’interesse ricambiato che Malfoy provava per la più giovane delle mie cugine; notai inoltre che il maggiore dei figli di Lestrange, più grande dei giovani presenti, non staccava gli occhi da dosso a Bellatrix, la quale invece, ogni volta che non si sentiva osservata, lanciava fugaci sguardi ammirati all’indirizzo di Mirzam, perso in pensieri tutti suoi.

    “Vieni a giocare con me in giardino?”

Da un po’ Regulus mi stava prendendo per la manica della giacca, e io continuavo a fingere di non essermene accorto, ma alla fine cedetti, purché non facesse più la lagna, attirando su di me gli strali di nostra madre: presi il mio mantello, che si era fatto portare speranzoso da un Elfo e lo seguii in giardino, sospirando esasperato.

    “Allora me lo dici dov’eri questa mattina? Perché lo so che quel ragazzo ha mentito per te.”
    “Certo, vado a dirlo a uno che mi tradirebbe dopo un secondo! E comunque è Rigel Sherton, non "quel ragazzo", e mi ha tolto dai guai, vero, al contrario di quello che avresti fatto tu. Sei dispiaciuto per questo?”
    “E perché l’avrebbe fatto?”

Il moccioso aveva la solita faccia da schiaffi, che mi ispirava sempre le mie performance migliori, ma non era quello il momento di agire.

    “Perchè al contrario di te non si diverte a vedermi nei pasticci! Mi puoi lasciare in pace adesso o devo sopportarti ancora a lungo?”

Senza aspettare una risposta avanzai nel giardino: ovunque c’erano "luci fatate" che rischiaravano il parco immerso nel buio del pomeriggio inoltrato, e panchine, siepi e fontane dai motivi Slytherin; una Magia diffusa teneva lontano il freddo invernale. Arrivato ai piedi di un imponente platano, alzai lo sguardo ad ammirare il maniero degli Sherton, probabilmente costruito nell’ottocento, con una meravigliosa veranda e le finestre a bow-window. Fu allora che vidi una figura alla finestra del secondo piano, rivelata dal chiarore della stanza alle sue spalle. Guardai con attenzione, sperando di cogliere qualche dettaglio in più, ma la tenda calò improvvisamente: chiunque fosse, si era accorto che mi ero fermato ad osservare.

    “Sirius, vieni corri!”
    “Che cosa vuoi ancora? Possibile che non puoi lasciarmi in pace un momento?”

Lasciai perdere la finestra e mi diressi scocciato verso mio fratello: non avrei avuto più pace per quel giorno, lo sapevo, ma dopo essermela cavata al mattino, era meglio non sfidare oltre la sorte.

    “Guarda laggiù, stanno duellando!”
    “Cosa ti inventi adesso?”
    “Scemo, laggiù! Non li vedi?”

Feci appena in tempo a voltarmi verso la zona più buia e nascosta, quando vidi due figure fronteggiarsi a suon di sinistri sibili e scintille di luce rossa che li illuminavano di un bagliore quasi satanico; uno scoppio più forte e una luce più intensa attirarono l’attenzione anche di chi ancora era in casa e rivelò l’identità dei contendenti: Rigel Sherton era finito a terra, nella neve, e provava a rialzarsi con difficoltà, mentre Lucius, in piedi, con un livido sulla faccia, si teneva il braccio sinistro, ferito all’altezza del gomito ed era stato appena disarmato. Urlando qualcosa di incomprensibile in gaelico, Mirzam, cupo come la notte più oscura, li raggiunse brandendo la Bacchetta nella mano sinistra, ponendo fine allo scontro, poi aiutò Rigel a sollevarsi; il fratello, pulendosi del sangue sulla guancia, guardava con disprezzo e sarcasmo all’indirizzo del cugino, con l’aria di chi aveva appena dimostrato qualcosa, ma Mirzam lo strattonò rispedendolo in casa e squadrò con disgusto Malfoy, mentre gli ridava la Bacchetta. Io sogghignai. Di certo non era stata una giornata esaltante per Lucius, dalla cui faccia ora era sparito il ghigno sprezzante: era stato messo in difficoltà davanti a tutti da un ragazzino ed ora filava in casa, stizzito, con Rabastan Lestrange che gli faceva scudo, in attesa che Malfoy senior finisse il rapido giro di imbarazzati saluti, per potersene finalmente tornare a casa. Mentre i bisbigli si alzavano tra i presenti, con le Streghe scandalizzate e i Maghi che commentavano chi con severità chi con chiaro entusiasmo, Alshain aveva lasciato i suoi ospiti per parlare con Mirzam, poi tornò a fare gli onori di casa rassicurando i presenti che si era trattato soltanto di una spiacevole disputa tra compagni di Casata, favorita dalle abbondanti libagioni. Gli ospiti sorrisero e ripresero le proprie ciance, a me però non sfuggì l’aria seria con cui Mirzam continuò a bisbigliare con suo padre: quando vidi Alshain rivolgermi uno sguardo preoccupato, mi fu chiaro che ormai sapeva la verità anche sugli eventi della mattina.
Col finire del pomeriggio, un po’ per volta, la maggior parte degli invitati salutò e se ne andò, finchè anche nostra madre ci chiamò per salutare e tornare a casa. Ormai mi avviavo mestamente al tedio di Grimmauld Place, quando Alshain invece di salutarci, ci invitò ad assistere con la sua famiglia al rito di Yule, che si sarebbe tenuto quella notte sulle rive di Loch Achall. Quando sentii mia madre accettare senza esitazioni, mi trattenni a stento dal gridare dalla felicità. Sicuramente c’era qualche losco motivo se Walburga Black era tanto entusiasta di quell’invito, ma a me in quel momento non importava nulla: per la prima volta avremmo celebrato il Natale secondo gli antichi Riti, il Solstizio di solito, a casa nostra, veniva ignorato e le festività natalizie si riducevano alla visita con scambi di regali ai vari zii e un sontuoso cenone a cui erano invitati amici e parenti. Nostro padre, un pò incerto all'inizio, finì col dare l'assenso definitivo poi, mentre nostra madre rimase in casa con i nostri ospiti a chiacchierare, ci invitò a seguirlo in giardino.
Nostro padre ci invitò a sederci accanto a lui, su una panchina.

    “Sono onorato di aver ricevuto quest’invito per voi due, sono poche le persone al di fuori della Confraternita del Nord a cui è concesso di assistere al Rito, quindi fate in modo di meritarvelo. Non tollererò nulla di anche solo lontanamente sconveniente! Se doveste disonorare il mio Nome, questa notte, passerete il resto dei vostri giorni in soffitta, a pane e acqua, sono stato chiaro?”

Annuimmo, non era una minaccia poi tanto diversa dalle solite.

    “Non stiamo andando a una cena tra amici, non saranno ammessi scherzi, risate, schiamazzi, non potrete allontanarvi da me e non potrete fare nulla senza il mio permesso, hai capito Sirius?”

Odiavo quando mi trattava da idiota di fronte a mio fratello, ma non era il caso di fare polemiche, quindi annuii. Mi guardò a lungo, ansioso, come per assicurarsi che potesse davvero fidarsi di me, poi si voltò verso Regulus, cui rivolse uno sguardo meno dubbioso.

    “Più tardi indosserete questi.”

Estrasse dalla "tasca porta-tutto" fissata all’interno della sua giacca due vesti cerimoniali bellissime, verdi scuro, con ricami Slytherin in argento: evidentemente sapeva dell' invito per lo meno dal giorno prima.

    “Quando arriveremo, ci troveremo subito nel bosco, che non è luogo per ragazzini incoscienti, qualsiasi cosa vediate o crediate di vedere, fate solo quello che faccio io, non costringetemi a farvi del male. Se avete domande…”
    “Padre, cosa c’è nel bosco?”

Mi osservò a lungo, incerto se fosse il caso di rispondermi.

    “A Loch Achall, come in tutte le Terre del Nord, c’è ancora una Magia Antica, diversa, no Regulus, non si tratta di Magia Oscura, ma anche Maghi con anni di esperienza, se non adeguatamente preparati, perdono se stessi, in quelle foreste. E i Maghi del Nord non vanno certo a dire in giro i trucchi per superare le prove. I miei inviti a comportarvi adeguatamente servono a non farvi correre rischi, non solo a non farmi disonorare da voi due. Adesso tornate dentro da vostra madre, è quasi ora di andare!”

Nel salone, trovammo la mamma in piedi davanti al caminetto, già avvolta nella sua calda pelliccia, che chiacchierava con Alshain e Rigel, anche loro già pronti. Era il momento, mancavano solo un paio d’ore alla mezzanotte e gli altri si erano già smaterializzati: Alshain cinse suo figlio e si smaterializzò, mia madre si avvicinò a Reg, gli cinse le spalle con un braccio e si smaterializzò con lui a sua volta. Un attimo dopo mio padre fece lo stesso con me.

***


Sirius Black
Loch Achall, Highlands - dom/lun. 20/21 dicembre 1970

Mi ritrovai in una radura innevata, immersa nell’oscurità, rischiarata appena dalla luce di un quarto di luna, che occhieggiava dietro le fronde imbiancate. Mio padre non mi sciolse dal suo abbraccio ma mi tenne stretto a sè mentre, orientandosi solo con le stelle, prendeva deciso una direzione, al buio; io scrutai il nero della notte, guardandomi attorno confuso, sembrava che gli alberi al limitare sussurrassero qualcosa di importante, io tesi l’orecchio per ascoltare, ma ero lontano, dovevo penetrare tra gli alberi se volevo capire. Stavo per disobbedire senza saperlo, quando un rumore di passi soffici dietro di noi mi fece tornare in me, rivelandomi dove si trovavano mio fratello e nostra madre.

    “MUOVETEVI! E NIENTE DISTRAZIONI!”

Mi lasciavo condurre incerto da mio padre, aiutato dalla luce che emergeva dalla Bacchetta di mia madre alle nostre spalle, ora sembrava che le voci fossero meno sinuose, ma con la coda dell’occhio mi sembrava di vedere occhi che mi osservavano tra le piante e un paio di volte, ne ero sicuro, doveva essere emerso un Centauro o un’altra creatura simile tra i rovi. Mio padre mi strattonò e mi guardò severo e io smisi di distrarmi: per fortuna altre tre Bacchette si illuminarono e Alshain, con i suoi figli, avvolti nei loro caldi mantelli neri, ci vennero incontro, in silenzio, indicandoci con appena un cenno del capo la direzione; si muovevano con passo rapido e sicuro, facendo apparire delle "luci fatate" che si muovevano davanti a noi, per svelarci gli eventuali ostacoli e allontanando definitivamente le ombre sussurranti della notte. Camminammo per diversi minuti nel bosco, fino a raggiungere una radura più grande, circondata da alture aspre ricoperte di una vegetazione selvaggia, quando guardai nell’unica direzione aperta, mi accorsi che ci trovavamo su una spianata che aggettava su strapiombi a picco sul lago. Attorno a me, tra la neve e gli alberi, si ergevano numerose tende, ai cui ingressi scoppiettavano piccoli falò, e intorno, seduti su tappeti e pelli, con in mano ricchi calici di bevande fumanti, vidi Maghi e Streghe, vestiti con gli abiti rituali del Nord.
Raggiungemmo la nostra tenda, dove Kreya, l’Elfa, ci attendeva all’ingresso, prese i nostri mantelli e scomparve dietro a un sipario di broccato borgogna, di fronte a noi una tenda di leggeri veli semi trasparenti nascondeva una specie di salone, illuminato dai bracieri e addobbato dai colori della Confraternita, sulla sinistra un pesante drappeggio di seta verde scuro, con i due serpenti intrecciati degli Sherton, indicava l’area padronale: Mirzam e Rigel sparirono là dietro, mentre Sherton ci indicò sulla destra il sipario di seta verde con i ricami d’argento Slytherin destinato a noi. Dentro c’erano altri ricchi drappeggi che celavano le "vasche rituali", necessarie a eseguire la Cerimonia di Purificazione: dovevamo lavare i piedi per non violare la Sacralità della Terra, le mani per accettare puri il Dono del Fuoco e il Viso, per avere Occhi Nuovi quando fosse rinato il Sole. Eseguito il Rito, nostro padre, già nella sua sontuosa tunica verde, ci diede le vesti cerimoniali e una volta pronti, mi permise di cercare Rigel purché rimanessi nella tenda. Regulus decise di non seguirmi mentre io andavo in avanscoperta: non trovai il ragazzo, ma suo padre, di cui spiai la vestizione attraverso i veli del sipario.
Stava finendo il Rituale della Purificazione ripassando con un unguento incolore i tatuaggi che aveva addosso: le Rune alle mani e al collo erano solo una minima parte di quelle che gli ornavano il corpo, formando un racconto che si dispiegava raffinato ed enigmatico sulla sua pelle. Mentre mi chiedevo il senso di quei disegni e dove fossero i suoi familiari, indossò una tunica verde scuro, con i soliti inserti argentei, si pettinò e si passò qualcosa sugli occhi; conclusa la preparazione congedò Kreya, che l’aveva assistito, indossò il caldo mantello nero, si voltò e mi sorrise: non so da quanto si fosse accorto che ero lì a spiarlo, ma non sembrava infastidito. Uscimmo insieme dalla tenda, dove ci aspettavano Reg, mio padre e i suoi figli, e, in disparte, mia madre, la signora Deidra e la bambina, con il capo velato, tutti in silenzio. Alshain si diresse di nuovo nel folto del bosco, oltre il Cerchio delle Tende, da cui si levarono altre figure velate e uomini avvolti nei mantelli: alcuni, tra cui Mirzam, portavano delle lunghe spade al fianco, nascoste tra i tessuti.
A un cenno della mano di una Strega anziana, le donne rimasero indietro, formando un cerchio, nel buio, mentre il corteo di uomini e ragazzi proseguì fino ai piedi di una quercia, su cui spiccava un folto cespuglio di vischio. Ci disponemmo in circolo, un vecchio Mago fece tre giri attorno alla quercia, estrasse la spada e tracciò a terra il Cerchio del Sole, poi accendendo il falò in mezzo al cerchio, parlò in gaelico, rivolgendosi ai quattro punti cardinali: la cerimonia aveva inizio. Il Mago ritornò nel circolo, un altro, vestito di bianco, si avvicinò all'albero con una piccola falce dorata, e in gaelico ricordò la Morte del Vecchio Anno, la Fecondazione della Terra, la Nascita del Nuovo Anno; una Strega uscì dal bosco seguita da quattro ragazzine col capo velato, si disposero sotto il ramo della quercia con un panno candido così che il vischio tagliato non si macchiasse cadendo a terra, poi la donna porse un rametto di vischio ai presenti e "trasfigurò" per loro vino e focacce, mentre il Sacerdote tracciava in terra la Croce Celtica ed invocava gli Spiriti dei Padri. A quel punto il nostro falò fu spento e con un tizzone di esso, tornammo ad accendere il falò del Cerchio delle Donne, per festeggiare tutti insieme la nascita della luce intorno al fuoco: pronunciata la formula di benvenuto, iniziarono i brindisi e la distribuzione di dolci, le donne si scoprirono il capo e fu allora che, tra i canti rituali, le fiaccole e un’atmosfera quasi sacra, ammirai per la prima volta Meissa Sherton. Mirzam si staccò dal nostro gruppo, per unirsi agli altri giovani impegnati nelle danze rituali: crearono delle suggestive figure muovendo corpi e spade con eleganza, completando elaborati disegni tracciati nell’aria dalle spade, chiudendosi a formare stelle a cinque o otto punte, e lasciando a terra le tracce dei Cerchi del Sole e di altre figure Cabalistiche.

    “E’ bravo mio fratello, vero?”

Rigel mi distolse dalle mie fantasie, annuii ancora ammaliato dai movimenti delle spade, mi voltai e vidi nel suo sguardo la totale ammirazione per il fratello. Lo invidiavo: perchè non avevo con mio fratello un rapporto simile? Perchè Regulus doveva sempre remare contro, invece di fare fronte comune con me? Mentre mi raccontava il significato di quelle danze, mi ritrovai a lasciar scorrere lo sguardo alle sue spalle, alla ricerca di Meissa: era una bambina ancora minuta, con i capelli corvini, lisci, lunghi fino alla vita, del padre aveva il taglio allungato degli occhi, i lineamenti fieri, anche se ancora bambini, della madre aveva i colori, l’incarnato da bambola, gli occhi verdi come smeraldi, timide efelidi sul viso, a darle un’espressione un po’ monella. Sul suo collo e sulle sue dita c’erano le Rune di famiglia: sembravano arabeschi di seta nera sulla sua pelle diafana. Mi ritrovai a pensare che Malfoy doveva essere pazzo o cieco, se l’aveva definita un Troll, perché era una delle ragazzine più carine che avessi mai visto, di certo la più bella tra le figlie degli amici di mio padre. E sentii il rossore salirmi dal collo fino alla punta delle orecchie, quando mi accorsi che mi guardava, studiandomi come io stavo studiando lei.

    “Lei è Meissa, in realtà non serve presentarvi, vi conoscete dalla nascita...”

Deidra fece una presentazione poco formale per non imbarazzarci, io le strinsi la mano, aveva la pelle morbida e delicata che profumava di rose, un sorriso grazioso e gentile e gli occhi semplicemente meravigliosi, sembrava simpatica, però mi sentivo stranamente in soggezione e oltre ai saluti non mi veniva nulla da dirle. Al contrario, mio fratello sembrò entrare subito, stranamente, in armonia con lei. La Cerimonia del Solstizio aveva lasciato il posto a danze e convivialità ed io, attorno al fuoco, mi godevo la compagnia più rassicurante di Rigel, che mi spiegava quello che mi circondava, mentre i nostri genitori banchettavano chiacchierando con gli Sherton: Meissa sembrava affascinata da mio padre, che, in effetti, si comportava in modo parecchio inusuale, scherzava e faceva delle Magie per lei e sua madre, mostrando un’affabilità che con noi non aveva pressoché mai, Alshain chiacchierava con mio fratello e Mirzam era sotto lo strenuo attacco di nostra madre interessata ai suoi progetti futuri, gli chiedeva se avesse già in mente di darsi al Quidditch o se preferisse una carriera politica al Ministero, e, soprattutto, se aveva già progetti matrimoniali. Il ragazzo si destreggiò con abilità parlando dei suoi progetti come cercatore nel Puddlemere, dove anni addietro aveva giocato anche suo padre, ma parlando di matrimonio, perse la sua baldanza, assumendo un’espressione imbarazzata, che interessò parecchio mia madre.
A poco a poco il cielo iniziò a rischiararsi, ad est, preannunciando la nascita del nuovo Sole, i canti e i balli si interruppero, il Mago-Sacerdote si levò in piedi e declamò una preghiera al Sole per l’Anno che iniziava; tra i brindisi, il fuoco fu ridotto a tizzoni ardenti e distribuito. Quando la Confraternita si sciolse, i maghi si ritirarono singolarmente e a gruppi nel sentiero del bosco, chi diretto alla propria tenda, chi per smaterializzarsi a casa appena al di fuori del sacro recinto. Alshain abbracciò mio padre per le spalle e si avviarono alla tenda discutendo allegramente, seguiti da sua figlia e poi da sua moglie e nostra madre, sicuramente impegnate in pettegolezzi. Rimasti appena un po’ indietro, Mirzam ci dedicò la sua attenzione: non era affatto scostante e antipatico, era anzi simile a suo padre e a suo fratello, anche se un po’ più timido e riservato di entrambi.

    “Vi è piaciuta la festa di Yule?”
    “Oh sì, è stato meraviglioso e tu sei davvero bravissimo con la spada.”

Mio fratello lo guardava in adorazione e Mirzam non poté fare a meno di sorridere.

    “Lo pensi solo perché era la prima volta che vedevi qualcuno farlo! Volete osservarla meglio?”

Ci fermammo e lui estrasse la spada da sotto il mantello, lasciandocela ammirare.

    “E’ la spada degli Sherton, realizzata con i metalli della Madre Scozia da più o meno mille anni, ora è solo un bel cimelio, ma ha avuto i suoi momenti di gloria, contro Babbani e Rinnegati.”

Era antichissima, con lo stemma degli Sherton inciso sull’elsa, riccamente decorata con altri disegni serpenteschi e medievali, con smeraldi di varie dimensioni incastonati sul pomolo, al termine della guardia e sulla coccia, era lunga circa un metro e mezzo, bellissima e affilata, con la scanalatura in cui era inciso a caratteri gotici il nome del fondatore : “Hifrig Sherton”.

    “Sembra che i ragazzi abbiano legato, che cosa ti dicevo, Orion?”

Alshain si era girato verso di noi, entusiasta di vederci già così affiatati, nostro padre annuì, aveva fatto bene a fidarsi e, per una volta, sembrava orgoglioso e sollevato.

    “Sì, si comportano da Black, se adeguatamente motivati. Sarete nostri ospiti a Grimmauld Place per Natale, vero Alshain?”
    “Ti ringrazio, Orion, ma durante le festività saremo per lo più in Irlanda, dai parenti di Dei.”
    “Allora sarete nostri ospiti a Capodanno. Ci saranno molti amici, e Cygnus con Druella e le ragazze!”

Nostra madre lanciò uno sguardo penetrante a Mirzam quando pronunciò queste parole e lui arrossì leggermente; mamma sorrise, beandosi di aver centrato un difficile bersaglio.

    “Non ti prometto nulla, Walby, ad Hogmanay avrei già un impegno con la Confraternita…”
    “Ma non potete disertare Londra per tutte le festività! Non dopo tutti questi anni di esilio!Voglio organizzare una festa meravigliosa per il vostro ritorno! Inoltre sarebbe un peccato privare Mirzam delle occasioni che Londra può offrire in questi giorni, e sarebbe un peccato privare Londra di un giovane tanto bello e intrigante, che ha unito evidentemente il meglio dei genitori …”

Si avvicinò e gli accarezzò il viso, guadagnandosi un’altra occhiataccia dal ragazzo.

    “Puoi invitare Mirzam quando vuoi, non c’è bisogno nemmeno del mio permesso! Certo, se hai altri piani, mi appello al tuo buon Nome e all’intelligenza di mio figlio…”
    “Questo è chiaro! Allora mio caro, posso invitarti per Capodanno a Grimmauld Place?”
    “Veramente ho già impegni a Inverness per Hogmanay, mi spiace, signora Black.”
    “Impegni galanti?”

Mirzam non le rispose, il suo sguardo ormai era decisamente scocciato.

    “Pazienza Walby, sarà per un’altra occasione! Adesso è meglio andare, ci rivedremo a gennaio, vi auguro di passare delle buone feste!”

Alshain sorrise divertito, mia madre abbozzò un sorriso, mentre l’uomo le baciava le guance e Mirzam la guardava infastidito; la signora Sherton e mio padre avevano assistito alla scaramuccia in silenzio, attoniti come noi più piccoli. Dopo gli abbracci e gli auguri, ci smaterializzammo nelle nostre rispettive case: arrivati a Grimmauld Place, io e Reg andammo a riposare in camera nostra, non mi ero reso conto di quanto ero stanco fino a che non mi sdraiai nel mio baldacchino, ero sveglio in pratica da quasi ventiquattro ore, eppure non riuscivo a prendere sonno, perchè nella mia mente si agitavano i flash della giornata trascorsa e sentivo che c’era qualcosa che mi sfuggiva. Non avevo idea di cosa avesse in mente mia madre, ma era più che evidente che stesse tramando qualcosa.



*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).

Valeria



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