«Era laida e l’amai, amai la morte, amai il mio annientamento. Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai, anima turpe, che si scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi non già nella ricerca disonesta di qualcosa, ma della sola disonestà».
Sant'Agostino – Confessioni (L. II, cap. 9)
L'amai
con tutte le forze, contro me stesso, contro tutto ciò che
ero
sempre stato e che avevo sempre pensato. L'amai perché era
l'unica
cosa che potessi fare, era l'unica verità del mio cuore,
della mia
anima. Lo amai perché amarlo era quanto di più
disgustoso potessi
fare a me stesso, la violenza più gratuita a cui potessi
sottopormi.
L'amai perché era sbagliato, perché sapevo che
questo amore mi
avrebbe distrutto, pezzo dopo pezzo, cellula dopo cellula e di me non
sarebbe rimasto più nulla, solo la polvere. L'amai con la
stessa
assurda intemperanza con cui un temporale si abbatte su una casupola
in montagna: lo travolsi con tutto il mio odio e il mio disgusto,
perché di odio e disgusto erano permeate le mie carni e i
miei
pensieri.
Lo
amai, amai la morte, amai il mio annientamento. Mi lasciai morire, in
quell'amore distruttivo e sbagliato, esplosi fra le sue braccia in
centinaia, migliaia di pezzi. Lo sentii, in modi in cui non avevo
sentito nessuno, dritto nelle mie vene, nella mia pelle. Lo sentii e
seppi che ormai era troppo tardi, che amare l'odio che mi divorava
l'anima era l'unica cosa che mi restasse da fare.
Lo
amai, e poi me ne andai. Lo lasciai lì, a raccogliere i
cocci,
perché aveva fatto ciò che non doveva,
perché aveva superato il
limite. Perché
mi aveva
amato anche lui.
Lo
odiai perché era così profondamente disgustato da
se stesso che
sentivo il suo dolore penetrarmi sin nelle ossa, perché solo
io al
mondo potevo capire quanto fosse inutile odiarsi nel profondo. Lo
odiai perché sembrava non capire, perché prendeva
tutto con una
tale leggerezza che mi sconvolgeva, ogni volta. Lo odiai
perché ero
stanco di cercare di convincerlo ad uscire allo scoperto, ad
accettarsi per ciò che era e che era sempre stato; ero
stanco,
sfiduciato e solo. E desideravo morire, e morivo ogni volta un po' di
più, perché più lo odiavo e
più sentivo di amarlo, di essergli
legato inscindibilmente. Sentivo che i miei sentimenti mi sfuggivano
dalle mani, che non potevo più controllarli, che la cosa
iniziata
come una sfida, un gioco, era diventata un mostro a tre teste, che
né
io, né lui riuscivamo più a tenere a bada.
Lo
odiai perché sentivo di amarlo a livelli inimmaginabili,
perché
sapevo di non poterlo abbandonare, di non poterlo lasciare, di non
potergli permettere di uccidere ciò che era.
Si erano amati perché era ciò per cui erano nati e si erano odiati perché odiarsi era doveroso. L'amore e l'odio non sono soltanto dei sentimenti: sono delle armi. E loro combattevano, ogni volta, e si amavano, e si odiavano, e continuavano a combattere la loro guerra solitaria, lontano dai curiosi occhi del mondo, l'uno contro l'altro, ognuno contro se stesso. E si erano mischiati la pelle e l'anima e le ossa, si erano annientati e ricomposti, erano stati l'uno per l'altro l'alfa e l'omega, il principio e la fine. E in quell'amore nascosto, malsano, totalizzante, si erano persi, si erano ritrovati. Perché ciò per cui erano nati era amarsi; non senza fatica, non senza dolore, non senza prove né paure, ma amarsi, amarsi, amarsi, sempre.
* * *
Angolo Autrice:
Seconda
storia nel fandom. Una bella Gallavich. Perché l'attesa per
questi
due mi logora, perché ho ritrovato una frase che avevo
trovato ai
tempi sul libro di filosofia e che subito mi era parsa meravigliosa,
ed è la frase riportata in alto, tratta dalle Confessioni di
Sant'Agostino. Il contesto è certamente diverso, totalmente
diverso, oserei dire. Ma leggendola fuori contesto trasuda
così
tanto angst che mi è sembrata adattissima.
Cercherò di non
dilungarmi come al solito, anche se credo di aver già
fallito
nell'intento :)
Il
primo paragrafo è ovviamente dal punto di vista di Mickey ed
è
ambientato durante i primi momenti della loro
“storia”, che
all'inizio, come sappiamo, più che una storia era un vero e
proprio
scontro continuo. Si amavano e poi Mickey cercava di far trapelare il
suo totale disinteresse per Ian. Ho cercato di porre l'attenzione
sulla lotta interiore di Mr Milkovich, perché chiaramente
è stato
cresciuto dal suo amabile
genitore con credenze totalmente diverse ed estirpare le cose che ti
inculcano da tutta la vita è un po' complicato. È
un argomento che
ho già trattato nell'altra fic, se volete leggerla il link
è questo
(viva l'autospam! ♥)
Nel
secondo, dal punto di vista di Ian, ho un po' imbrogliato. Ian non mi
è mai parso tanto scoraggiato, a dire il vero, e anzi
sembrava quasi
“divertito” (sempre parlando delle prime stagioni,
si intende,
poi nell'ultima dà di matto, e a ragione, direi) dal
comportamento
di Mickey che fa finta di non amarlo, per il semplice fatto che sa
che non è così. Però mi piaceva
renderla più drammatica, perché
umanamente parlando è una cosa che scoraggerebbe chiunque,
amare
qualcuno che, sostanzialmente, dice di usarti solo per il sesso. La
frase “perché solo io al mondo potevo capire
quant'era inutile
odiarsi nel profondo”si rifà alla canzone
“L'ultima notte al
mondo” di Tiziano Ferro (potete ascoltarla qui)
in cui si dice “e
solo io posso capire al mondo / quant'è inutile / amarsi nel
profondo”.
L'ultimo
paragrafo è una sorta di riassunto generale, da nessun punto
di
vista in particolare, o forse dal punto di vista di entrambi, non
saprei. La frase “E si erano mischiati la pelle e l'anima e
le
ossa” è ispirata alla canzone “L'odore
del sesso” di Ligabue
(potete ascoltarla qui),
in cui si dice “E
ci siamo mischiati la pelle, le anime, le ossa”.
Credo
di aver detto tutto; spero davvero che vi sia piaciuta, l'ho scritta
di getto e abbastanza tardi, non so cosa ne possa essere uscito.
Spero in una prossima volta molto vicina, e spero che si avvicini
presto la quinta stagione perché non ne posso più
di aspettare ç-ç