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Autore: _juliet    28/12/2014    9 recensioni
{Lo Hobbit | post!Battaglia dei Cinque Eserciti | what if? | Durincest}
I Nani scelgono un unico compagno per tutta la vita, restando al suo fianco per sempre. Se si innamorano di chi non possono avere, piuttosto che cercare qualcun altro, preferiscono vivere da soli. Cosa accadrebbe se, nella loro società, l'incesto fosse considerato un tabù punibile con la morte? Come reagirebbe il nuovo Re sotto la Montagna? La legge sarebbe davvero uguale per tutti?
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fili, Kili, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest, Violenza
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 – Capitolo 9 –



Bofur cercava di tenersi impegnato fischiettando motivi sempre più complicati. Aveva riordinato l'equipaggiamento, lucidato tutte le lame, unto tutti gli archi e si era sentito in dovere di controllare che le cotte di maglia fossero perfettamente a norma.
Alla fine si era dovuto arrendere all'evidenza che non era rimasto altro da fare se non farsi un bagno e mangiare qualcosa, innaffiandolo generosamente di birra. Il tutto, ovviamente, senza concedersi di riflettere troppo.
Aveva agito nel modo giusto? Dicendogli di voler parlare con il fratello, Kíli l'aveva colto di sorpresa; non era stato in grado né di dissuaderlo in modo efficace, né di rivelargli quanto aveva scoperto. La sua espressione triste l'aveva lasciato senza parole; voleva bene ai ragazzi e gli dispiaceva vederli soffrire.
La verità era che non gli importava un fico secco della legge: erano un popolo quantomai complicato e quelle norme erano vecchie, insensate.
Il suo proposito di non rimuginare troppo sulla faccenda era andato a farsi benedire e fu per puro caso che si rese conto che l'assenza dei due principi stava creando un certo scompiglio nella sala dei banchetti. All'inizio non se n'era curato perché lui sapeva che, con tutta probabilità, non si sarebbero fatti vedere; ma erano gli eredi e, in quanto tali, erano attesi.
Mentre deglutiva l'ultimo sorso di birra, vide Thorin rivolgere un sorriso tirato a re Thranduil, prima di richiamare una guardia con un gesto stizzito. Il Nano si avvicinò ed iniziò ad annuire, rigido.
Prima di comprendere pienamente le implicazioni del suo gesto, Bofur si alzò e raggiunse il lungo tavolo delle autorità.
«Mio signore» esordì, attirando l'attenzione di Scudodiquercia. «Kíli mi ha pregato di dirti che si è ferito durante l'addestramento e non sarà presente al banchetto.»
Thorin congedò la guardia con un gesto della mano. «Qualcosa di grave?» chiese.
«Nulla che una buona dormita non possa curare.»
«Manderò qualcuno a portargli del cibo.»
«Posso farlo io!» esclamò Bofur, con foga. Troppa, stai calmo. «E proverò a bussare alla porta di Fíli» continuò, cercando di adottare un'espressione neutra. «Dopo tutto, i loro appartamenti sono vicini.»
Il re gli rivolse un sorriso. «Lo sono» confermò.
Un quarto d'ora più tardi, Bofur camminava lentamente, cercando di non far traballare troppo il vassoio che stava trasportando. Quando imboccò il corridoio, gli parve di vedere qualcosa muoversi nella penombra.
«Kíli?» chiamò. «Fíli?»
Nessuno rispose. Il Nano attese ancora qualche secondo, ma alla fine si convinse che si era trattato solo del riflesso delle torce sulle pareti di pietra.
Con cura, si accostò alla porta del fratello minore, ma non udì alcun rumore. Si avvicinò allora agli appartamenti del maggiore e rimase in ascolto. Certo, era fievole, ma riuscì a riconoscere la voce di Kíli. Non stava urlando, ma parlando con calma. Era un buon segno?
Dovrei interromperli?, si chiese, appoggiando lentamente il vassoio sul pavimento. Ripensò alle lacrime silenziose di Fíli la notte prima. No, non era il caso.
Rivolse un'ultima occhiata al fondo del corridoio, sentendosi complice in qualcosa di illecito e paranoico. Tutti quei segreti non facevano proprio per lui. Sperando che, almeno, i ragazzi potessero riappacificarsi, tornò sui suoi passi, cercando di inventarsi una bugia convincente da rifilare a Thorin.

 

***


Kíli si lasciò sfuggire una risata nervosa, guardandosi intorno. Fino a qualche attimo prima affrontare suo fratello gli era sembrata una buona idea ma, improvvisamente, si sentiva a disagio, come se si trovasse di fronte a un estraneo. «Sembra che siano passati secoli dall'ultima volta che siamo stati da soli in una stanza» osservò, cercando di riordinare le idee.
Il maggiore non replicò. Si limitò a ravvivare il fuoco in silenzio. Quando le fiamme furono sufficientemente alte per i suoi gusti, si lasciò cadere sul letto e disse: «Ti ascolto.»
Era evidente che si fosse preparato a una sfuriata: teneva le spalle curve, come un bambino in attesa di essere sgridato, ed evitava ostinatamente di incrociare il suo sguardo.
L'immagine gli riportò alla mente le molte volte in cui si era preso la colpa al suo posto ed era stato punito per questo. Nonostante tutto, si ritrovò a sorridere, mentre un moto d'affetto gli scaldava il cuore: non era un estraneo, ma suo fratello. E, dopo tutto quel tempo, si trovava di fronte a lui ed era disposto ad ascoltarlo.
«Le tue spalle sono sempre state grandi, Fíli» esordì.
Il maggiore alzò lo sguardo, sgranando gli occhi. Aveva l'aria di chi si sarebbe aspettato di ascoltare tutto fuorché quella frase.
Kíli rise, divertito dalla sua reazione. «Le mie risse terminavano sempre con te che accorrevi in mio aiuto e mettevi in fuga i miei avversari. Stavi davanti a me e gli urlavi contro» spiegò. «Poi ti voltavi e ridevi.»
Per un attimo, il viso di Fíli fu illuminato da un lieve sorriso, mentre i suoi occhi si coloravano di una sfumatura più calda.
«Quella risata non è mai cambiata, da quando eravamo bambini. Era il suono che-» continuò Kíli, passandosi una mano fra i capelli, cercando di ignorare l'imbarazzo. «È il suono che preferisco. Ho sempre pensato che, finché avessi continuato a sentirla, avrei potuto fare qualunque cosa.»
Alzò un braccio e scosse la testa, quando Fíli aprì la bocca per parlare.
«In questi mesi ho fatto del mio meglio per distrarmi, ho sopportato, ho sorriso fino ad avere la mascella indolenzita» disse Kíli, avvicinandosi lentamente al letto. «Ogni volta che mi è stato chiesto se stavo bene, ho detto di sì. Ma non è così.»
Attento a non compiere movimenti bruschi, come se si trovasse di fronte a un animale spaventato, si inginocchiò di fronte al fratello. «Sapevo che avevi già abbastanza problemi senza preoccuparti anche di me» continuò. «E volevo disperatamente che tu ricominciassi a ridere.»
Fíli scosse la testa, nascondendo il viso fra le mani. Iniziò a mugolare qualcosa, ma Kíli alzò la voce: «Non ha funzionato. Tu sei sempre così infelice» disse. «Quello che mi fa impazzire è che, se non me lo permetti, io non posso aiutarti.»
Finalmente, il maggiore decise di alzare lo sguardo. «Vattene, Kíli» scandì, con voce roca.

 

***


«Cosa?»
La delusione sul volto di Kíli, dopo il discorso pieno di sentimento che aveva appena pronunciato, era evidente. Ma doveva andarsene, subito. Fíli si era commosso per le sue parole ed era felice che, nonostante tutto, suo fratello tenesse ancora a lui, ma non poteva permettersi di alimentare le sue speranze. Speranze sterili, sbagliate, si ricordò. Impure.
Aveva deciso che la sua soluzione era la distanza, aveva giurato a se stesso che avrebbe vissuto per sempre nascondendo i suoi sentimenti, cercando di essere tutto ciò che gli altri si aspettavano che lui fosse.
«Ti prego, Kíli» mormorò stancamente, mentre le spalle gli si ingobbivano sotto il peso dei suoi segreti. Distolse lo sguardo. «Lasciami solo.»
«No.»
«Fuori. Di. Qui.»
«Sei libero di buttarmi fuori, se ci riesci» esclamò Kíli, lanciandogli uno sguardo di sfida. «Ma ti avverto che io non sono diventato un gracile topo di biblioteca come te.»
Si era avvicinato ancora di più e Fíli avvertiva distintamente il suo odore di muschio, vento e sudore. «Perché cazzo non mi lasci in pace?» sbottò, allontanandosi di scatto.
«Perché tu non lo vuoi veramente» disse Kíli, mentre le sue guance si coloravano di rosso. «E neanche io» continuò, mentre qualcosa nel castano dei suoi occhi si scioglieva. «Mi manchi.»
Il silenzio più totale calò su di loro. Persino il crepitio del fuoco e delle torce sembrava non fare rumore. I loro sguardi si incrociarono, l'azzurro del cielo che si specchiava nel marrone scuro delle profondità della terra.
Era da molto tempo che non si trovavano così vicini ed erano passati mesi dall'ultima volta che Fíli si era permesso di guardarlo attentamente. Notò che le ossa del suo volto sembravano più pronunciate, come se avesse perso peso. Gli occhi erano cerchiati da ombre scure e, nonostante gli stesse sorridendo, sul suo viso l'angoscia era evidente.
«Ciao, fratellone. Finalmente mi stai guardando» commentò Kíli, scostandosi i capelli troppo lunghi dalla fronte.
Con orrore, Fíli vide che portava una camicia a collo alto. Quasi inconsapevolmente, allungò il braccio fino a scostare il tessuto e toccò i lividi scuri sulla sua gola. «Che cosa ti ho fatto?» chiese.
Al minore sfuggì una risata. «Cosa ho fatto io a te, piuttosto» commentò, in tono ironico.
Fíli sentì il suo cuore tremare. «Anche tu mi manchi» disse, cautamente. «Non pensare mai di essere un peso per me.»
«Non lo sono?»
«No.»
Kíli inarcò un sopracciglio, ma non replicò. Prese fra le dita una ciocca dei capelli del fratello e iniziò ad intrecciarla svogliatamente.
«Sei sempre stato bravo a blandirmi con queste cose» commentò Fíli. Si sentiva crollare in pezzi e la sensazione era piacevole in modo terrificante.
«Scommetto che una bella ragazza saprebbe “blandirti” meglio.»
Fíli non riuscì a impedirsi di scoppiare a ridere. «Oh, no, fratellino» mormorò, afferrando le sue mani e appoggiandosele sul volto. «Se non sei tu, nulla ha senso.»
La risata di Kíli continuò per qualche secondo, prima di affievolirsi fino a spegnersi completamente. «Cosa dici?» chiese, incerto.
Il maggiore sorrise, disperato, innamorato in modo abominevole. Strinse i suoi polsi, impedendogli di allontanarsi. «Se non sono le tue mani» iniziò, portandosi il palmo destro alle labbra, baciando la profonda cicatrice che lo squarciava.
Senza staccare gli occhi da quelli del fratello, allungò un braccio e sfiorò il suo viso, percorrendo il contorno della bocca con la punta delle dita. «Se non sono le tue labbra» sapeva cosa stava vedendo nello sguardo di Kíli ma, ormai, non poteva fermarsi; era completamente impazzito e avrebbe perseverato nella sua pazzia fino alla fine. «Se non sei tu sotto di me» la sua mano scese, con lentezza studiata, sul corpo che aveva di fronte; attorcigliò una ciocca di capelli, accarezzò la gola, sfiorò il capezzolo che si intravedeva sotto la stoffa della camicia; non andò oltre, ma i suoi occhi si abbassarono ancora, facendo arrossire Kíli violentemente. «Nulla ha senso.»
Quando fu abbastanza sicuro che avesse assimilato il concetto, Fíli lasciò i suoi polsi. Respirò forte il suo odore, gonfiando i polmoni più che poteva, cercando di imprimerlo ancora di più nella sua memoria. Infine, si ritrasse. Improvvisamente, la tensione che aveva accumulato in tutti quei mesi sembrò crollargli addosso.
«Capisci ora?» chiese, lieto che la voce gli si spezzasse. Meritava il dolore che stava provando, meritava che suo fratello lo odiasse. Era la giusta ricompensa per il trattamento che gli aveva riservato. «Ti voglio in quel modo.»
Kíli si alzò in piedi e raccolse le braccia al petto, come a voler creare una barriera fra di loro. Non che Fíli potesse biasimarlo; poteva solo immaginare l'orrore che doveva provare in quel momento.
Decidendo di farsi del male, alzò lo sguardo sul fratello. La sua espressione era seria e controllata, ma una lacrima solitaria stava percorrendo la sua guancia. Aprì la bocca e inspirò profondamente, prima di parlare.

 

***


«Perché?» riuscì a chiedere, cercando di ignorare il battito del suo cuore, che gli rimbombava insistentemente nelle orecchie.
La reazione di Fíli fu istantanea: tornò ad abbassare lo sguardo e si rabbuiò. «Mi dispiace. Se si potesse scegliere di chi innamorarsi, io...»
Kíli scosse la testa, sconvolto. Non riusciva a capire quale fosse l'emozione predominante in lui. Era sorpreso, sconcertato dalla confessione, ma una rabbia feroce e indignata gli ribolliva nelle viscere. «Perché hai deciso di non dirmelo?» chiese.
Fíli scoppiò in una risata sguaiata, senza allegria. «Perché?» ripeté, mentre gli occhi gli si accendevano di un sinistro lucore. Indicò bruscamente la sua scrivania, ricoperta di libri e rotoli di pergamena.
Kíli si avvicinò e sfogliò uno dei volumi: si trattava di un codice di diritto nanico. Confuso, ne aprì un altro e un altro ancora; sembrava che tutti avessero un segnalibro nella sezione Delitti contro la famiglia. Una frase, sempre la stessa, era stata cerchiata e sottolineata più volte: Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commetta incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, sarà punito con la tortura e la morte.
«È questo che hai fatto, per tutto questo tempo? Ti sei torturato?» chiese Kíli, mentre la sua ira non faceva che aumentare. Chiuse l'ultimo libro di scatto. «Di cosa avevi paura? Che ti avrei odiato?»
Fíli non si mosse e non replicò. Sembrava intenzionato a rimanere seduto e tremante sul letto, fissandosi ostinatamente i piedi.
Kíli sbuffò. Guardò per terra e si rese conto che uno dei fogli volanti era caduto, probabilmente mentre stava spostando i libri. Lo raccolse rabbiosamente, lanciandogli un'occhiata, e riconobbe la propria scrittura.
Era il biglietto che gli aveva lasciato tempo prima, chiedendogli un incontro in uno dei passaggi segreti. Si era presentato all'ora stabilita per molti giorni, ma Fíli non si era mai fatto vedere.
«Perché non sei venuto?» chiese.
«Mi dispiace.»
«E la tua scenata con Tauriel?» Kíli era consapevole che il volume della sua voce si stava alzando esponenzialmente, ma il torrente di sentimenti e parole era impossibile da arginare.
«Mi dispiace.»
«Sei mio fratello. Per Aulë! Siamo fratelli!» ringhiò Kíli, avvicinandosi al letto. «Perché non mi hai parlato?»
Se possibile, il viso di Fíli s'incupì ancora di più. «Mi dispiace. Io... non avrei mai voluto farti soffrire. Non m'importa di me stesso, ma non avrei mai permesso che tu... io ho fatto quello che ritenevo giusto.»
Kíli scosse la testa. Lasciò che le lacrime strabordassero definitivamente e si lanciò contro il fratello, circondandolo in un abbraccio. «Giusto per chi?»
Cercando di non pensare al viso di Fíli premuto contro il suo petto, chiuse gli occhi e percorse la sua schiena con le mani. Gli era mancato quel contatto, quel calore.
«Perché conservi quel biglietto?» chiese.
«Per rileggerlo e detestarmi.»
Suo malgrado, Kíli scoppiò a ridere. «Stai optando per la sincerità?» domandò, distaccandosi da lui per guardarlo.
Il fratello spalancò gli occhi in un'espressione meravigliata, come se si fosse appena ricordato di qualcosa. «Sì» rispose.
Prima che Kíli se ne rendesse pienamente conto, Fíli aveva tuffato la mano destra fra i suoi capelli e l'aveva attirato a sé, facendo aderire i loro corpi.
«Cosa stai facendo?»
«Perdonami.»
«Perdonarti? Per-»
«Per questo» grugnì Fíli, scontrando la bocca contro la sua.
Kíli era talmente sconvolto che provò l'impulso di difendersi e spingerlo via. La sua mano corse istintivamente al fodero del pugnale che teneva sulla schiena, ma il fratello dimostrò che, anche se si era dedicato più ai libri che all'allenamento, la sua forza non era affatto diminuita: afferrò il suo polso e lo trattenne con fermezza, ma senza fargli male. Schiuse le sue labbra con la lingua e inclinò la testa di lato, cambiando angolazione, baciandolo più profondamente. Dopo qualche istante, si staccò da lui per raccogliere aria e sorrise contro la sua bocca, mentre la prepotenza spariva, lasciando il posto a qualcosa che lo fece rabbrividire. Quel primo bacio sapeva di sangue e polvere, ed era fuoco che si riversava nelle loro vene.

__________________________

NdA: Salve. È passato un po' dall'ultimo aggiornamento, ma spero che questo capitolo sia valso l'attesa :)
Sono reduce dalla visione de “La Battaglia delle Cinque Armate”. Sono un po' amareggiata, perché mi aspettavo di meglio. Voi che ne dite?

  
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