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Autore: RLandH    30/12/2014    3 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Allora questa storia(che è la prima in questo fandom, il che mi sta facendo tremare le gambe), prima di essere letta deve essere presentata da un mucchio di premesse.
La prima (in assoluto): questa storia è stata pensata subito dopo l’uscita di THoH, quindi si, prendeva in considerazione sommariamente alcune cose avvenute in quel libro, perciò ignora totalmente BoO.
Il che non sarebbe importante alla fine, poiché questa storia si svolge nello stesso tempo del viaggio dei sette, se non fosse che uno dei personaggi (mitologici) di questa storia (non è tra i principali, ma tra i fondamentali) compare effettivamente in BoO; il mio personaggio è comunque molto diverso da come lo ha dipinto RR, anzi non sono rimasta molto entusiasta di come è utilizzato nei libri.
Quindi si, questa storia non fa spoiler di BoO in alcun modo, ma se qualcosa, nel futuro potesse tornarmi utile (come qualche mezzosangue random presentato nell’ultimo libro), potrei scegliere di utilizzarlo.
L’idea di scrivere questa storia, è stata ispirata da Haley Riordan ed il suo Alabaster C Torrigoton, quindi si, mi sono sentita in dovere di inserirlo in questa storia.
La storia è narrata da più punti di vista; di consuetudine, tutte le storie con diversi punti di vista, cominciano nella stessa zona, si sparpagliano e poi si ritrovano, questa non è così.
Ci sono molti – troppi – personaggi, ma sono davvero pochi – non abbastanza – importanti.
In ultimo c’è da dire che si questa storia essendo ispirata a quella di Haley Riordan, parla proprio di tutti(non proprio tutti) semidei che erano dal lato di Crono e che dopo la titanomachia si sono ritrovati “perduti”; si ecco questa storia nasce sullo stesso principio: “Cosa è successo a tutti gli altri?”, con l’aggiunta: “Ma davvero non hanno possibilità di riscatto?”, solo che ecco, mi sono chiesta poi: “Ma loro una seconda possibilità la vorrebbero? O sarebbero ancora interessati alla loro ideale età dell’oro?” Quindi si è nata questa storia per colpa di queste tre/quattro domande.
Forse è troppo ambizione per una prima storia in questo fandom, anche perché potrebbe divenire più lunga di quanto io stessa abbia pensato.
E si, per quanto paia fuori contesto, questo primo capitolo, si rivelerà avere senso, poi ... Non trattando in particolare di alcun mezzosangue.
Avvertimento: Non sarò regolare negli aggiornamenti, non lo sono mai. Non intendo mentire.
Buona Lettura
RLandH


























Il Crepuscolo degli Idoli









Arvey I








La Barzelletta Olimpica




















Pasticcino finì di mangiucchiare la carne attorno all’osso con un espressione disgustata in viso, “Il Puma non era di tuo gradimento?” gli chiese retorico un suo compagno accomodandosi al suo fianco sull’erba bagnata, “Certo, potremmo banchettare con carne celeste o mortale ed invece siamo qui a mangiare un gattino troppo cresciuto” aveva commentato stizzita la donna, prima di grugnire infastidita, “Oh no, la carne umana è divenuta così grassa negli ultimi duecento anni” aveva ribattuto il suo compagno con un tono stizzito. Pasticcino aveva deliberatamente ignorato i commenti di quello per rivolgere gli occhi al terzo, “Tu che ne pensi Arvey?” aveva domandato con tono rude, “Cibo è cibo” aveva risposto schietto lui. Le sopraciglia scure della donna si erano contratte, portando a raggrinzire la fronte, ma non aveva espresso per lui alcun segno di immane disgusto, anche se dai suoi occhi di pece, Arvey percepiva l’incredibile disprezzo che lei doveva provare per non averla sostenuta. “Su Zuccherino, abbiamo una missione da compiere” l’aveva presa in giro il secondo, sollevandosi dal suolo e raggiungendo Arvey posato sul tronco di un vecchio albero, “Chiami ancora così, Mikey, e ti spedirò nel tartaro a calci in faccia” aveva detto schietta la donna, abbandonato l’osso sul manto della foresta, assieme al resto delle ossa del puma, e raggiungendo i tre.

Pasticcino era alta sette piedi, aveva un fisico tonico, fasciato di muscoli definiti, una criniera di capelli di un nero lucido ed occhi pece, intrappolati in ciglia scure, aveva un naso adunco e grosse labbra carnose da cui svettavano denti giallastri, una carnagione olivastra ed un cipiglio di perenne furore, il corpo era fasciato con una giubba stretta di pelle, che scopriva le braccia, ricoperte da tatuaggi neri, dalle più colorite che richiamavano vecchie leggende dei popoli del mare e dell’Asia minore, se non per il grande cuore sul bicipite, Pasticcino ama ZJ. Per quelli della loro razza, la donna era considerata decisamente minuta. “Facci strada fratellino, sei tu che hai l’olfatto migliore” aveva detto stizzita quella, tirando un pugno in maniera poco gentile all’avambraccio di Mikey, che aveva incassato il colpo senza batter ciglio, esibendo soltanto un sorriso seghettato di rimando. Era vero Michael Sanguinaccio aveva il miglior olfatto tra quelli della loro tribù, era sempre stato il più abile a ritrovare i semidei, quando erano liberi e non avevano obbiettivi.

Arvey pensava fossero passati troppi anni da quando non dovevano rendere niente a nessuno, cosa che alcuni dei suoi compagni avevano condiviso con lui, così quando la madre dei Giganti e della Terra aveva chiesto ai Lestrigoni di inginocchiarsi al suo servizio e di aiutarla a rovesciare gli dei, in maniera non esattamente educata Pasticcino l’aveva invitata ad infilarsi la sua vendetta da qualche altra parte – più che a lei lo aveva detto alla dea della neve, Khione – e se n’era chiamata fuori. Mikey l’aveva seguita a ruota, da bravo fratello minore ed Arvey era andato con loro, anche perché quei due erano rimasti in fin dei conti tutto quello che rimaneva del suo clan e non aveva decisamente voglia di trovarne un altro.

“Direi di scendere in città” aveva proposto Sanguinaccio, prima di rivelare che effettivamente sentiva solamente il nefando odore di mortali, dovuto alla grande presenza della città vicina alla foresta, “Forse dalla città sarà più facile individuare qualche eventuale mezzosangue” aveva commentato con estremo ilarità, era tipico di Mikey non prendere mai troppo sul serio nulla, infondo c’era sua sorella a preoccuparsi di tutto e di tutti. “Male che va potremmo banchettare con carne umana” si era consolata, posando la testa sulla spalla del fratello, che gli aveva accarezzato i capelli con incredibile affetto. Mikey era la versione maschile di sua sorella, erano uguali in tutto e per tutto, se non per il fatto che lui la superasse di un piede e la brutta cicatrice che partiva dalla fronte ed attraversava il naso fino alla guancia, in obliquo ed ovviamente i capelli, il crine di Pasticcino arrivava al suo sedere, mentre le punte dei capelli di Mickey superavano appena le spalle. Differentemente da loro, Arvey preferiva portarli corti, non per un senso estetico o di ordine, era un Lestrigone, per l’Ade, ma era capitato che durante gli scontri, qualche mezzosangue si aggrappasse ai capelli in un ultimo disperato tentativo di ferirlo, prima di ritrovarsi il cranio spappolato dalla sua mazza da battaglia. Ironia della sorte a fargli il suo primo taglio era stato un mezzosangue sulla Principessa Andromeda, non sapeva il suo nome, nessuno in verità ne era a conoscenza, non parlava mai, in quattro anni di vita sulla nave non aveva mai aperto bocca, aveva occhi di brace fumante ed era armato di una daga di ferro nero dello stinge, aveva usato quello per recidere la criniera castana che per secoli aveva continuato a vegetare e crescere sulla testa del Lestrigone. Come molti dei mezzosangue fedeli ai Titani sopravvissuti alla battaglia di Manatthan, era scomparso, preferendosi alla macchia.
Gea non li voleva nella sua armata. Ed il pensiero di quel mezzosangue lo spinse a tranquillizzare la sua compagna :“Lo troviamo un mezzosangue, Pasticcino, tranquilla, gli dei sono sempre così prolifici”, quella aveva sorriso sghemba alla realtà della cosa.

La nebbia aveva ridimensionato agli occhi degli umani il loro aspetto bestiale ed la loro atipica altezza. Mickey era per alto duecentoquarantatre centimetri, decisamente troppo per un essere umano e lui era poco più basso. Con la foschia sembravano semplicemente colossi di un umana statura. “Joe direbbe che è come essere ad un buffè mangia finchè non scoppi” aveva commentato nostalgica Pasticcino, adocchiando qualche mortale che era sfilato al loro fianco del tutto privo di interesse, sfiorandosi con la mano calloso la parte del braccio dove svettava il nero del cuore. “Si, è esattamente una cosa che Zotico Joe avrebbe detto” aveva rimarcato Arvey, lanciando uno sguardo alla compagna. Pasticcino non era sempre stata Pasticcino, almeno non di nome, il carattere irascibile e selvaggio era sempre stato parte effettiva della sua indole, se non quando era con Zotico Joe.

Prima di lui, Pasticcino era stata semplicemente Candace Sanguinaccio, l’avevano conosciuta con le mani sporche di sangue semidivino mentre beveva il midollo da un femore spezzato, in compagnia di Michael. Erano gli anni settanta e come abitudine i lestrigoni cambiavano sempre i loro nomi per abinarli al tempo ed il luogo che li ospitava. Era stato Zotico Joe a ribattezzarla Pasticcino, perché era così che si riferiva a lei, la sua bella, la sua metà. Nessun altro però si permetteva di chiamarla in quel modo però, era una concessione solo del suo fidanzato; per lo meno fino alla morte del loro capo clan, per mano di un mezzosangue figlio dei tre, Percy Jackson, l’eroe, e da quel momento Candace si era ribattezzata definitivamente Pasticcino, per non dimenticare, e dopo la caduta di Crono, aveva stabilito che avrebbe cercato da se la sua pace, spolpando il petto del semidio che aveva ucciso la sua metà. Jackson l’aveva privata del suo cuore e lei avrebbe fatto lo stesso, letteralmente.
L’unico problema era il fatto che fosse ampiamente sconsigliato nominare i nomi Zotico Joe e del mezzosangue che l’aveva ucciso in presenza della Lestrigona, se non era lei a farlo. Pasticcino aveva guardato Arvey, prima di digrignare i denti, “Ogni notte sogno di assaporare il sangue di quel ragazzino” aveva detto sardonica, facendo sghignazzare suo fratello.


“Aspettate” li chiamò Mickey puntandosi in una direzione ed annusando bene l’aria, “Ucci Ucci Ucci sento odor di semideiucci” aveva commentato sornione, esibendo la dentatura seghettata con orgoglio, “Per il Tartaro, era ora” aveva detto sicura di se Pasticcino, piantando le mani sui fianchi asciutti, con un ostenta sicurezza di se, “Di là” aveva detto Mickey, indicando con il dito una traversa, cosa che sua sorella non si fece ripetere e da bravo Arvey si accodò ai due, con un espressione disinteressata. Non gli dispiaceva poter stuzzicare sotto i denti della tenera carne di semidio, ma non aveva così tanta fame, il puma lo aveva abbastanza sfamato e soprattutto per mangiare un mezzosangue dovevi prima farli fuori e certi davano davvero filo da torcere. Sperava che questo fosse una mezzacalzetta da uccidere facile come un mortale.

Più seguivano il percorso di Mickey, più il profumo del mezzosangue si definiva anche alle loro narici. Metteva l’acquolina in bocca, era greco, si percepiva dall’odore dolciastro che emanava, come quello dei fiori di campo, i mezzosangue romani odoravano sempre di sangue ferruginoso, poi la nota personale, era limone fresco. Era decisamente vicino, quando si accorse che non era una fragranza sconosciuta, “Ma questo …” aveva esordito, “Era uno dei mezzosangue della Principessa Andromeda” aveva mormorato famelica Pasticcino, passando la lingua rossa sulle labbra carnose, già pronta a leccarsi i baffi. Un altro odore si sovrappose a quello di fiori e limoni, un odore sgradevole come pochi, quello di sudiciume, Ciclopi. “Fantastico adoro i monocoli” aveva commentato con accidia Pasticcino, “Speriamo sia un tontolone del sud” aveva risposto Mickey, “Adoro fare conversazione sui cento metodi migliori per fare il formaggio” aveva aggiunto divertito, prima di ghignare. Arvey aveva evitato di fargli notare che loro neanche lo mangiavano quell’alimento, si sarebbe però volentieri mangiato una pecorella, aveva una carne davvero delicata. Alla fine avevano optato per cercare i ciclopi, era più probabile che trovassero prima la mezzosangue di loro, i Ciclopi avevano occhio per la caccia, rise alla sua stessa battuta, che non avevano espresso ad altavoce catturò gli sguardi straniti dei suoi compagni.
I tre lestrigoni scovarono con somma tristezza un solo Ciclope; era imponente, molto più alto di Mickey – dunque anche più elevato di Arvey – e forse anche più di quanto lo era stato Zotico Joe, aveva un viso squadrato, la pelle scura come la terra, cosparsa di barba ruvida, capelli scuri come la pece raccolti in una moltitudine di Dred che incorniciavano il viso scendendo fino a metà della schiena, aveva un naso schiacciato su cui svettava un grande occhio dall’iride nera come la roccia vulcanica, la cosa che contrastava di più era lindo bianco della sclera. Aveva un collo taurino, che collegava un imponente torace, con muscoli pompati sulle braccia, anche le cosce erano erculee , era ad occhi e croce decisamente più ingombrante e pericoloso di Arvey, ma probabilmente Mickey sarebbe riuscito a tenerli testa, non era alto quanto lui, ma aveva la stessa imponenza.
Il ciclope teneva le sue massicce braccia incrociate al petto, mentre con l’occhio strizzato gli studiava, il naso era storto, doveva aver riconosciuto l’odore dei Lestrigoni. “Volete la mezzosangue” aveva sputato fuori aggressivo, nell’occhio divampava il fuoco, “L’ho puntata prima io” aveva sibilato con sicurezza. Arvey imprecò, una femmina? Erano sempre così minute e poco nutrienti, rispetto i maschi. Mickey aveva ridacchiato sarcastico, come se davvero avesse lasciato perdere un buon pasto per accontentare un monocolo e così aveva retto lo sguardo. Il Ciclope aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma poi l’aveva richiusa, l’occhio si era assottigliato, come se li stesse studiando, “Ma voi tre …” aveva mormorato, prima che potesse finire la frase, Pasticcino si era intromessa: “Sei Linden, vero? Linden del Nord” aveva commentato Mickey con un sorriso scanzonato sul viso, “Eri membro dell’esercito dei Titani” aveva aggiunto abbastanza colpita. Era un iperboleo? L’arma di Arvey era stata costruita proprio da uno di questi. “Voi siete i fratelli Sanguinaccio” aveva mormorato Linden, fissando i due fratelli, prima di spostare anche l’occhio sul terzo membro: “ E tu sei Arvey Spacca Meningi. Mio fratello ha fabbricato la tua mazza” aveva ripreso, se possibile aveva strizzato l’occhio maggiormente, doveva essere un tick di quando pensava: “Eravate i lestrigoni sotto Zotico Joe” aveva commentato alla fine Linden; Arvey immaginò di vedere Pasticcino infrangere il pugno chiuso sul viso del ciclope, disintegrandoli il naso. Ma la Lestrigona si limitò a storcere le labbra, profondamente infastidita dal nome dell’amato, pronunciato con così tanta leggerezza, “Quindi che facciamo con la mezzosangue?” domandò alla fine Pasticino, tenendo le mani sulla vita in modalità sfida, “Per quattro è troppo” aveva considerato Mickey, “E già” aveva detto Linden.

Sarebbe stato più nel loro stile darsele di santa ragione fino a che qualcuno non fosse crepato. Si sarebbero potuto mangiare la carne a vicenda se non fosse stato che la carne dei lestrigoni era disgustosa e quella dei ciclopi immangiabili. Se non fosse stato che in uno scontro formale, Linden avrebbe potuto schiacciarlo come una pulce, eppure Arvey quel colpo lo sferrò lo stesso. Il Ciclope sembrò accorgersene solo quando l’immensa forza del lestrigone finì totalmente abbattuta nella sua massima potenza contro i sue denti storti. Linden era caduto a terra, finendo per creare una fossa sotto il suo abnorme peso.
Pasticcino aveva riso sguainatamente, ma suo fratello in un attimo di serietà aveva colto nella caduta del ciclope un’opportunità ed era fuggito dove il naso lo portava. La sorella lo seguì senza una minima obbiezione, cosa che anche Arvey alla fine si trovò costretto a fare, Linden si rese conto della loro fuga, quando riuscì a connettere cosa fosse successo, la sua bocca era impastata di sangue ed alcuni denti erano caduti. “Banchettiamo noi con il sangue divino” aveva esclamato estremamente divertito Mickey, mentre prendeva una curva, aveva travolto un mortale indaffarato fasciato in un completo elegante, ma sembrava non esserne preoccupato minimamente, ne dalle offese del l’uomo ne dal fatto che avrebbe potuto accorgersi di quanto poco umano fosse.

Mickey era finito a terra quando un grosso pugno fasciato ferro lucido si era schiantato sulla sua pancia, costringendolo a terra, buttando con se anche sua sorella che non era riuscita a fare un balzo indietro per scansarsi. Davanti a loro si stagliava la massiccia figura di un altro ciclope, solo che questo era un ragazzino, alto quanto Arvey, forse della stessa età, aveva un solo grande occhio azzurro e capelli di un castano sporco elettrizzati sulla testa, vestito con una vecchia e malmessa armatura sicula, Sheamus del Nord, un monocolo che aveva lavorato nella fucina della Principessa Andromeda, l’apprendista del ciclope che aveva costruito la mazza di Arvey. Pasticcino si era scrollato suo fratello di dosso, sollevandosi svelta da terra, “Ma tu sei il piccolo Sheam” aveva commentato a mezza-voce, “La mezzosangue è nostra” aveva detto con sicurezza in ciclope tirando su ancora una volta il pugno ferrato, mentre venivano raggiunti alle spalle da un ancora parzialmente frastornato Linden.
Pasticcino aveva sfoderato i denti come un animale selvatico, per nulla intenzionata a lasciare a due ciclopi un pasto che sperava di consumare da settimane.

Sheamus sollevò l’occhio al cielo, dove sopra le loro teste volteggiava un’altra creatura. Poi si era unita a loro, era una figura alta, dal fisico di donna, coperta di piume nere come quelle di un corvo, aveva zampe d’uccello con artigli neri, le braccia erano ali che terminavano con mani allungate rispetto quelle umane, anche queste con lunghe ed affilate unghia lunghe, il palmo, le dita e la parte visibile del dorso erano colore della polvere, il viso era appuntito e lungo, non aveva capelli, erano altre piume corvine, sorgevano dalla fronte ed in un incredibile moltitudine, arrivando fino alle scapole, oltre le zampe e le mani, il viso era l’unica zona di pelle scoperta, aveva una carnagione così pallida da sembrare quasi grigiastra, labbra sottili ed una bocca piccola, quasi a sembrare un taglio sul viso, un naso residuo da diverse tumefazioni e due azzurre iridi come schegge di ghiaccio, incastonate in due occhi lievemente a mandorla e sopraciglia arcuate corvine, un’arpia. “Oh tu non eri nell’esercito di Crono” aveva commentato Mickey sfoggiando il suo sorriso seghettato, “Lei non vi conosce, ma vi ha sentito. Lei, però, vuole la ragazza” aveva gracchiato l’arpia, la sua voce era stridule ed acuta, proprio come quella di un corvo, chiudendo i pugni sui fianchi.

Linden tenendosi le mani coriacee sulla bocca, insozzate ora del suo stesso sangue, li raggiunse, ponendosi alle loro spalle, l’occhio pece fissava dritto sulla nuca di Arvey, quasi a volerla perforare. “Vediamo un po’: Tre lestrigoni, due ciclopi ed un’arpia, non so voi ma sembra l’inizio di una barzelletta” aveva commentato alla fine Mickey, guadagnando una gomitata nel centro dell’addome da sua sorella, che non aveva mutato di un millimetro la sua espressione aggressiva. Arvey fece l’unica cosa che gli venne in mente, la stessa che avrebbe fatto Zotico Joe, il Lestrigone che l’aveva tirato su come un padre da che ne aveva memoria; afferrò la sua abnorme mazza da battaglia e la sferrò con forza contro l’arpia che spiccò il volo in tempo per evitarla, alla sprovvista però il tiro continuò fino a urtare il viso di Sheamus.

   
 
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