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Autore: _juliet    31/12/2014    2 recensioni
{Omega!verse | Stucky}
Steve Rogers vorrebbe qualcosa di più dal rapporto con il suo Omega, ma non sa come intavolare il discorso.
Per fortuna ha un buon amico disposto ad aiutarlo.
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Quarta classificata al contest "A/B/O - Omega!verse dynamics" indetto da dio-niso (e portato a termine da slytherin ele) sul forum di EFP.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante al contest A/B/O - Omega!verse dynamics di eamesie sul Contest Mania.

 

I get by with a little help from my friends –
 


Steve accostò con cura la porta dell'ufficio del Direttore Fury. Quasi non riusciva a crederci: dopo quella lunghissima settimana, finalmente era stato congedato ed era libero di tornare a casa.
«Bel lavoro» commentò Tony Stark, stiracchiandosi al suo fianco.
Basandosi sulle informazioni riferite da una talpa di cui non aveva voluto fare il nome, Fury li aveva mandati in Alaska, in uno dei laboratori superstiti dell'HYDRA, per distruggere un sistema informatico legato al Progetto Insight.
Nonostante avesse imparato ad apprezzarlo come persona, Steve non amava lavorare con Stark, perché lo considerava troppo imprevedibile; questa volta, però, era stato grato della sua presenza: in tutto ciò che riguardava i computer e i codici era molto più abile di lui.
«Strano che il vecchio non abbia deciso di mandarci subito in Siberia, in Islanda, o in qualche altro posto gelido nel mezzo del nulla» aggiunse Tony, indicando con un cenno della testa l'ufficio del Direttore.
Una giovane Omega, che stava percorrendo il corridoio nella direzione opposta, barcollò violentemente, lasciando cadere la scatola di cartone che teneva fra le braccia.
Steve le rivolse un sorriso gentile. Non avevano avuto molto tempo per dedicarsi all'igiene personale e l'odore di entrambi doveva essere molto intenso. Raccolse la scatola e la porse alla ragazza, che arrossì e si allontanò.
Tony ridacchiò, disinvolto. «A proposito di Omega» disse. «Per quella faccenda puoi contare su di me. Il mio prezioso aiuto ti costerà cento dollari, ma il successo è garantito.»
Steve aprì la bocca per protestare, ma la richiuse immediatamente. Durante una delle gelide serate in Alaska, la nostalgia di casa era diventata insopportabile e si era ritrovato a confidare a Stark i suoi problemi con Bucky. Per una volta, l'altro Alfa non aveva fatto dell'ironia e l'aveva ascoltato con attenzione e pazienza. Alla fine, aveva deciso di sua spontanea volontà di aiutarli, anche se non aveva spiegato in che modo.
“Eppure noi”, rifletté Steve, “non abbiamo dei veri e propri problemi.”
Quando erano riusciti a catturarlo, l'avevano avvertito che Bucky avrebbe potuto non essere più la persona che era stato. Aveva subito molti elettroshock, oltre a torture fisiche e psicologiche che l'avevano trasformato in una vera e propria macchina da guerra. La crioterapia aveva del tutto alterato i suoi ritmi biologici, ed era impossibile stabilire se e quando il suo ciclo sarebbe ripreso.
Nonostante questo, Steve non si era mai arreso; lentamente, aveva fatto in modo che l'Omega si abituasse alla sua presenza e l'aveva aiutato a distinguere i suoi ricordi dagli incubi che lo tormentavano. I medici erano contrari, ma lui non era riuscito a trattenersi e gliel'aveva detto: che in tutti quei decenni nulla era cambiato, che lo amava ancora, non avrebbe mai smesso di amarlo, che l'avrebbe amato fino alla morte.
Ormai era trascorso quasi un anno dal giorno di quella dichiarazione. Bucky aveva recuperato le sue funzioni biologiche e si era trasferito nel suo appartamento. Avevano ripreso la relazione che li aveva legati nei pochi mesi trascorsi insieme in Europa, durante la guerra. I loro corpi erano terribilmente compatibili e la loro chimica incredibile ma, ultimamente, Steve desiderava di più. Certo, il sesso con Bucky era speciale – non che avesse avuto altre esperienze, beninteso –, ma l'Alfa voleva qualcosa di più profondo, che li unisse nel corpo e nell'anima: un Legame.
Aveva cercato più volte di intavolare il discorso, ma la sua poca disinvoltura con le faccende di cuore non l'aveva aiutato. Come se non bastasse, Bucky non sembrava particolarmente interessato all'evoluzione della loro relazione: era un Omega, quindi non era indifferente a Steve, ma non prendeva mai l'iniziativa; ogni tanto manifestava lievemente il suo affetto, ma tendeva ad essere distante e piuttosto freddo, specialmente in pubblico.
Steve sospirò, scuotendo la testa. Aveva deciso di confidarsi perché pensava che Stark avesse più esperienza, ma improvvisamente non era più sicuro di aver fatto bene a parlargli.
«Sembra che tu abbia visite, Capitano» commentò Tony, riscuotendolo dai suoi ragionamenti cupi.
Bucky attendeva in fondo al corridoio, guardandoli con la schiena appoggiata alla parete e le mani in tasca.
Il tempo sembrò fermarsi, mentre il corpo di Steve si muoveva da solo, lanciandosi verso di lui senza staccare gli occhi dai suoi. Prima di rendersene conto razionalmente, aveva afferrato le braccia dell'Omega e le aveva strette in una morsa sopra la sua testa, inchiodandolo al muro con il suo corpo.
Bucky fremette, ma non oppose resistenza. Cercando di essere più delicato, Steve lasciò le sue mani e gli sollevò il mento per tuffare il viso contro la sua gola e respirare il suo odore. Sospirò; in quel momento poteva davvero dire di sentirsi a casa.
«Sei venuto a prendermi?» chiese, sfiorando le labbra dell'Omega con le proprie.
Bucky tacque, distogliendo lo sguardo annebbiato. «Sei stato via per una settimana» si limitò a dire. Il rossore che gli aveva colorato le guance era delizioso.
«Buck, io-»
Capitano Rogers, Steven”, trillò una voce femminile attraverso l'interfono, “è atteso nella sala riunioni al settimo piano.
Steve si lasciò sfuggire un grugnito e un'imprecazione che si addiceva molto poco a Capitan America. Prese il viso di Bucky fra le mani e lo baciò, rassegnato a ritardare il loro ricongiungimento.
«Ci vediamo a casa, d'accordo?» sussurrò, appoggiando la fronte alla sua.
«Ehi, Capitan Ghiacciolo!» esclamò Tony. Agguantò Bucky e lo circondò in un abbraccio. «Smettila di provarci con James, sei atteso ai piani alti.»
«Tu-» iniziò Steve, ma all'indignazione per essere stato interrotto in un momento di intimità si aggiunse lo sconcerto: come se il suo odore non fosse già abbastanza intenso, l'altro Alfa aveva iniziato a rilasciare feromoni, feromoni che impregnavano l'aria che Bucky stava respirando. La gelosia gli tolse la parola.
«Vai, Steve» disse Bucky, freddamente. Non sembrava affatto attratto dall'odore di Stark, ma gli voltò le spalle e si allontanò, mentre Tony lo seguiva ridendo.
Steve sospirò, rimpiangendo le guance rosse dell'Omega, e si avviò nella direzione opposta, senza guardarsi indietro.


***


Quando Steve arrivò al suo appartamento, la temperatura era calata di molto ed era buio. Aveva fame, ma l'ora di cena era passata da un pezzo e non aveva voglia di cucinare. Voleva solo sdraiarsi sul divano e addormentarsi davanti ad uno dei molti film sulla sua lista.
Dopo aver aperto la porta, scalciò via le scarpe svogliatamente e si tolse la giacca, ma un bagliore inaspettato attirò la sua attenzione: il salotto era illuminato, eppure non ricordava di aver lasciato la luce accesa, prima di uscire. Mantenendosi ben rasente alla parete, Steve avanzò e si sporse oltre la libreria.
Bucky stava dormendo sul divano, avvolto in una coperta. Come sempre, quando lo vedeva, Steve avvertì il suo cuore battere più forte e si sentì felice. Solo qualche tempo prima non avrebbe mai creduto di poter tornare a casa e trovare il compagno ad aspettarlo, proprio come ai vecchi tempi. Molti anni erano trascorsi e le difficoltà che avevano dovuto affrontare li avevano piegati, ma non erano riuscite a spezzarli.
Cercando di non fare troppo rumore, Steve sedette accanto a Bucky e spostò con delicatezza i capelli che gli ricadevano sul viso. Gli davano un'aria un po' trasandata, ma l'Alfa non se ne curava, perché gli piacevano; tutto di lui gli piaceva. Senza riuscire a trattenere un sorriso, si chinò e sfiorò le labbra di Bucky con un lieve bacio, respirando forte il suo odore.
L'Omega iniziò a muoversi lentamente e si stiracchiò, sbadigliando. «Steve» mormorò, senza aprire gli occhi. Allungò le braccia e lo strinse, avvicinandolo a sé. «Sei tornato.»
L'Alfa rise sottovoce. «Perché non vai a letto, se sei stanco?» domandò, ignorando il fatto che anche lui aveva programmato di addormentarsi in quel modo.
«Ti stavo aspettando» rispose Bucky. La sua presa su Steve si fece più salda, fino a trascinarlo sul divano accanto a sé. Con la mano metallica avvolse la nuca dell'Alfa, spingendolo contro le sue labbra in un bacio che aveva ben poco di casto.
Piacevolmente sorpreso, Steve sorrise contro la bocca del compagno. «Ben tornato a casa, Steven Rogers» mormorò. Lasciò docilmente che l'Omega lo rovesciasse sulla schiena e continuasse a baciarlo, mentre le sue dita gli si infilavano sotto la maglietta.
All'improvviso, Bucky afferrò il tessuto con la mano sinistra e, con un violento strattone, lo strappò. L'Alfa cercò di protestare, ma l'altro aveva già affondato il viso nel suo collo, respirando il suo odore, lasciando una traccia di fuoco sulla sua pelle. Quando iniziò a succhiare e mordere, Steve non riuscì a trattenere un gemito soffocato; riusciva ad avvertire i feromoni di Bucky impregnare l'aria, l'odore era inebriante e irresistibile... ma una piccola parte del suo cervello lo avvertì che qualcosa non andava: per quanto fosse piacevole, c'era qualcosa di strano nel comportamento dell'Omega.
Come per confermare quel pensiero, la mano metallica slacciò la cintura di Steve, mentre Bucky baciava il suo petto, abbassandosi con intenzioni più che prevedibili.
«Ehi, Buck-» iniziò l'Alfa, ma ingoiò la sua protesta quando Bucky addentò l'elastico dei suoi boxer.
«Ti voglio, Steve.»
In contrasto con le sue azioni, la sua voce era monocorde, distante... fredda. Steve dovette fare ricorso a tutta la sua volontà – e a gran parte della sua forza fisica – per riuscire a tapparsi il naso e ad allontanarlo.
L'Omega rimase immobile per qualche secondo, poi si passò una mano sul volto e appoggiò la schiena contro il bracciolo del divano, dalla parte opposta rispetto a Steve.
Per alcuni secondi tacquero entrambi, lasciando che il loro respiro tornasse regolare.
L'Alfa ruppe il silenzio. «C'è qualcosa che non va?» chiese, cercando di mantenere un tono di voce neutro.
Bucky scosse la testa. I capelli scuri gli ricadevano sul viso, nascondendo la sua espressione.
«Perdonami, io-» iniziò. «Io non so cosa-»
Steve notò che aveva raccolto le ginocchia al petto e le stringeva convulsamente, come faceva spesso all'inizio della loro convivenza, quando i sogni del suo passato nell'HYDRA tornavano a tormentarlo. Cosa poteva renderlo così disperato?
«C'è qualcosa che non va?» ripeté dolcemente. Coprì con un movimento goffo la distanza che li separava e gli prese il viso fra le mani. «Parlami, Buck.»
Gli occhi azzurri dell'Omega lo osservarono brevemente da dietro le ciocche scure, prima di tornare a guardare vero il basso. «Oggi, Stark ha suggerito che avremmo potuto bere qualcosa» iniziò sottovoce.
«Sì, mi sembra di avervi visto mentre vi allontanavate insieme» commentò Steve, in tono sarcastico. L'atteggiamento dell'altro Alfa, quel pomeriggio, l'aveva fatto imbestialire.
Bucky gli scoccò un'occhiata infastidita, ma non replicò. «L'alcool non ha effetto sul mio fisico, ma ho accettato» continuò. «Tutti mi dite che dovrei imparare ad essere più amichevole» aggiunse, restituendo il commento acido. «Stark ha cominciato a-»
«Quel bastardo ti ha toccato!» ruggì Steve. Gonfiò il petto e tese i muscoli, scoprendo i denti in un basso ringhio. Le sue narici fremettero e si rese conto che stava rilasciando feromoni.
La reazione di Bucky fu istantanea: il suo corpo iniziò a tremare, mentre affondava il viso nel collo di Steve e passava le dita metalliche fra i suoi capelli, respirando l'odore irresistibile dell'Alfa. «Sai che non l'avrei mai permesso» gemette sottovoce.
Steve cercò di calmarsi, imbarazzato; tendeva a dimenticare che Bucky era perfettamente in grado di difendersi da solo. Inoltre, non aveva fatto una piega quando Stark l'aveva inondato del suo odore.
«Cos'ha fatto allora?» chiese.
Bucky scrollò le spalle. «Ha cominciato a parlare di te» continuò. «Ha detto che non sei male per essere un novantenne. Ha detto che stava pensando... che stava pensando di-» si interruppe, mentre un moto di rabbia gli mozzava il respiro.
L'Alfa tacque, aspettando una conclusione che non arrivò. Resistette solo qualche secondo, prima di scoppiare a ridere.
Bucky gli rivolse uno sguardo di ghiaccio. «Non è divertente, Rogers» scandì.
«Sì, invece» boccheggiò Steve, cercando di riprendere fiato. «Alfa e Alfa? Cosa gli passa per la testa? È assurdo!»
«È molto raro, ma può succedere» lo corresse Bucky. «E siete stati insieme, completamente soli, per sette giorni. Scommetto che ti ha chiesto di dormire insieme per massimizzare il calore corporeo.»
La sua espressione seria e preoccupata scatenò un nuovo scoppio di risa.
«Ti ripeto che non è divertente!» esclamò l'Omega. «Non hai notato che oggi ti bombardava con il suo odore?»
Steve sospirò e lo prese fra le braccia. «Perché non è divertente?» chiese, appoggiando la fronte contro la sua. Senza aspettare la risposta, rilasciò una piccola quantità di feromoni.
Gli occhi di Bucky si colorarono di una sfumatura più scura, mentre le sue narici fremevano. «Perché tu sei mio.» mormorò sottovoce. «Sei il mio Alfa.»
Steve mugolò il suo assenso, sfiorandogli la gola con la punta del naso. L'Omega tentò, senza troppo successo, di nascondere il rossore che gli aveva colorato le guance. «Promettimi che starai attento a Stark» bofonchiò.
L'Alfa ridacchiò, affondando piano i denti nella carne di Bucky. «Sono pazzo di te da più di settant'anni. È impossibile che qualcuno mi allontani da te. Impossibile.»
L'Omega si morse il labbro e sorrise. «Bene» mormorò, sfiorando l'erezione di Steve attraverso il tessuto dei boxer. «Dove eravamo rimasti?»


***
 

Steve era uscito di casa di buon'ora, dopo aver preparato la colazione per Bucky e averla lasciata sul tavolo della cucina insieme a un biglietto disgustosamente sdolcinato.
Una volta fuori dalla stazione della metropolitana, raggiunse un piccolo café all'angolo fra due strade.
Tony Stark lo attendeva al solito tavolo. Sedeva accavallando le gambe e sembrava brillare di luce propria; non erano pochi gli Omega a rivolgergli occhiate impaurite e affascinate. Nonostante la giornata fosse decisamente nuvolosa, portava gli occhiali da sole. Quando lo vide, gli sorrise. «Allora, hai passato una serata romantica?» chiese, in tono ironico.
Steve arrossì violentemente, mentre i ricordi della notte appena trascorsa gli annodavano le viscere. «Hai esagerato con la tua messinscena. Era sconvolto» disse, cercando di eludere la domanda.
«Chiunque dovrebbe essere sconvolto per stare con te» commentò Tony. «Sto ancora aspettando i miei cento dollari.»
Una cameriera apparve e depositò un sacchetto di ghiaccio secco sul tavolo, prima di allontanarsi con un sorriso allusivo.
Steve si chiese a cosa servisse, mentre contava i soldi e si complimentava con l'altro Alfa. «Beh, devo ammettere che la tua trovata è stata geniale. Un Alfa che punta un altro Alfa. Come ti è venuto in mente?»
Tony rise. «Oh, non lo so, Capitano» disse, togliendosi gli occhiali e rivelando un occhio gonfio e un brutto livido che ricopriva lo zigomo destro. Prese il ghiaccio e lo appoggiò sul volto, sospirando di sollievo.
«Cosa ti è successo?» esclamò Steve, allarmato.
«Diciamo che ho scherzato con l'Omega sbagliato» Tony estrasse uno specchietto e rimirò la ferita. «Ah, quel braccio meccanico è meraviglioso» sospirò. «Guarda come mi ha ridotto con un solo pugno.»
Steve tacque, senza riuscire a capire se fosse più stupito, dispiaciuto o divertito dalla faccenda.
Tony gli rivolse un'occhiata infastidita. «Allora, i miei soldi?»

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NdA: È la primissima storia che ambiento in questo !verse, quindi ho optato per qualcosa di decisamente soft. Spero di non aver scritto un sacco di sciocchezze! In questa storia lo SHIELD esiste ancora per soddisfare i miei sordidi scopi. Chiedo perdono in ginocchio ai Beatles per aver usato un loro verso come titolo.

  
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