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Autore: ornylumi    01/01/2015    3 recensioni
Cosa c'è davvero dietro la creazione di una scena, dietro le emozioni portate sullo schermo? A volte è semplice scindere la propria vita da quella solo interpretata, distinguere i sentimenti veri da quelli recitati. A volte invece no.
La storia di una realtà celata dietro la finzione, raccontata da Colin.
N.B. Quanto scritto è totalmente frutto della mia fantasia. Non ha niente a che vedere con le vite vere di queste persone, delle quali, naturalmente, non so nulla.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Colin & Jennifer'
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L'ultimo bacio

 

A volte mi chiedo come sia possibile. Se davvero gli altri non vedano la realtà dietro la finzione, la profondità dei sentimenti che c’invade dall’interno e che può esprimersi quando le nostre dita s’intrecciano, gli sguardi s’incrociano e le labbra restano sospese in attesa di congiungersi. Forse chiudono gli occhi e si convincono di star sbagliando, come facciamo noi; perché è più giusto, perché è più lecito, perché è più facile. Lavoro e chimica sono parole innocenti, che non possono far male. Abbiamo imparato a usarle come un mantra, per giustificare quello che ci unisce quando non riusciamo più a nasconderlo.

Per essere un attore devi riuscire a fare due cose: dimenticare te stesso quando entri nella parte e ricordarti chi sei una volta che ne esci.

Me l’hai detto in una pausa durante le riprese, in un giorno in cui il freddo di Vancouver penetrava furente nei nostri cappotti e ci gelava le membra. Riportavi un insegnamento che ti era stato dato, lo facevi con quel sorriso che ti ha sempre contraddistinto e che ancora non era stato macchiato da ombre. Io ridevo con te, poiché non capivo: quale difficoltà poteva esserci nel secondo punto, nel tornare alla propria vita dopo aver girato una scena? Mi sento così ingenuo, adesso, così sciocco. Se quel maestro aveva ragione, allora io e te siamo due pessimi attori, perché siamo caduti esattamente in quell’errore: abbiamo lasciato che le vite di Uncino e di Emma c’incantassero al punto di mescolarsi con le nostre. Da quando, Jen, le parti si sono invertite? Da quando abbiamo iniziato a essere noi stessi durante lo spettacolo e a recitare per tutto il resto del tempo?

È stata tutta colpa mia, so che è così. Ho attraversato quel limite sempre più sottile che si frapponeva tra le nostre esistenze, ho messo da parte ogni vergogna e senso del dovere per lasciarmi andare a un sogno. Ho bussato alla porta della tua stanza d’albergo, mentre mi accoglievi con un’espressione stupita e il tuo solito, meraviglioso sorriso. Ti ho baciata fingendo di sentirmi insicuro, di voler provare una parte lontano dai riflettori; tu mi hai baciato fingendo di crederci. Ho lasciato che le mie mani vagassero lungo i tuoi fianchi e che il mio respiro si smorzasse contro la tua pelle, finché non ti ho sentita irrigidirti. Hai sollevato lo sguardo fino a incontrare il mio e lì vi ho letto quello che speravo, quello che non volevo, quello che da troppo tempo albergava nel mio animo. Ti ho baciata ancora, impedendoti di parlare, e ti ho stretta a me con l’urgenza della distanza prolungata, per tutte le volte in cui ero stato costretto a fermarmi dopo aver udito l’ennesimo “stop”.

Chiamami Emma. Mi sentirò meno in colpa.

È stata l’unica richiesta che mi hai fatto, mentre ti lasciavi condurre sul letto e liberare la pelle dai vestiti. Ho accettato, seppure controvoglia, perché ti dovevo almeno quella scelta, e forse per sentirmi meno in colpa anch’io. Ho sussurrato il tuo nome falso più e più volte, durante la notte, sebbene nella mente gridassi quello vero. E se c’era ancora un grammo di me rimasto in quella stanza, in una città tanto lontana da casa, l’ho perso in quell’istante, tra le braccia dell’unica donna a cui sentivo di appartenere.

Sapevo che tutto sarebbe cambiato, da allora. Sapevo che avremmo dovuto indossare una maschera con quelli che ci circondavano e fingere di essere ancora amici agli occhi del mondo, ma non mi aspettavo che sarebbe stato così facile. Forse la tua tattica ha funzionato, perché siamo stati abilissimi a mentire; forse, convincendoci di essere andati soltanto un po’ oltre il copione, abbiamo finito per crederci davvero. Non saprei spiegarmi, altrimenti, come abbiamo potuto ridere e scherzare mettendo da parte il ricordo di quella notte, nonché delle altre che sarebbero seguite. Abbiamo mantenuto ogni gesto e abitudine quotidiana apparentemente inalterati, sebbene le differenze fossero evidenti a un osservatore attento: come le tue dita che, mentre ti passavo il caffè, si trattenevano sulle mie un po’ più a lungo del necessario, sempre meno di quanto avrei voluto. O come gli abbracci e le carezze non previste che diventavano più frequenti a ogni ripresa, mentre noi giustificavamo queste iniziative con la passione crescente dei nostri personaggi. La verità era che cercavamo scuse, ogni possibile attenuante alle nostre colpe nel mondo da favola in cui ci muovevamo; e quando infine restavamo soli, lontani da telecamere e giudizi, non c’era volontà abbastanza forte da impedirci di lasciarci andare, ad uno di quei baci che i nostri fan avrebbero pagato per vedere.

Preparati, Swan… Stai per entrare nella storia.
Ah, sì? E perché?
Perché questo sarà il nostro bacio migliore. E anche quello che nessuno potrà mai immortalare in una “gif”.

Sei stata tu la prima a crollare, a risvegliarti da quel sogno. A pensarci adesso, non mi stupisce: la tua morale e il tuo senso del giusto non potevano resistere a quella catena di menzogne, sarebbero riemersi trascinando con sé anche i miei che avevo seppellito tanto a fondo. È successo dopo una visita inaspettata di Helen e di Evan, quando ho incontrato i tuoi occhi lucidi mentre abbracciavi il mio bambino. Ti ho seguita in camerino, scoprendo che piangevi, e in silenzio ho ascoltato la tua domanda: che cosa siamo diventati? Non sapevo cosa risponderti. Così mi sono avvicinato per stringerti a me, la tua fronte contro il mio petto, e ho tentato di consolarti come avrebbe fatto il vecchio Colin, l’amico che asciugava le tue lacrime invece di procurartele. Solo allora mi sono reso conto di quanto male ti stessi facendo: eri una delle persone più splendide che la vita mi avesse regalato ed io stavo deturpando una tale bellezza, un tale candore con i miei comportamenti meschini. Eri tutto ciò che desideravo, forse anch’io ero lo stesso per te, ma non certo quello di cui avevi bisogno. Per questo, capii che doveva finire: ti avrei lasciata libera di vivere la tua vita e, allo stesso tempo, avrei cercato di rimettere insieme i pezzi della mia, dedicandomi a quella famiglia che tanto dicevo di amare. Niente sarebbe cambiato finché eravamo sul set o in compagnia degli altri colleghi, ma non avremmo più concesso a noi stessi di superare i limiti del copione. Tu ti dichiarasti d’accordo, ma quando mi voltai, capii che dentro di me qualcosa si era rotto per sempre e che, al di là delle mie azioni, non avrei mai smesso di desiderarti.

Abbiamo resistito una settimana, forse due, magari qualcosa in più. Sono stati giorni vuoti che ho smesso di contare, mentre diventavo sempre più intrattabile e lacerato dalla tua mancanza. Se prima quella scelta mi era sembrata la più giusta, adesso mi appariva solo come un modo per aggiungere al dolore altro dolore, privandoci di sensazioni uniche che forse non avremmo più provato. Neppure tu eri felice, te lo leggevo negli occhi: cercavi conforto nelle altre persone, in ciò che ancora riusciva a farti sorridere, ma per tua sfortuna ti conoscevo troppo bene per non saper distinguere un’allegria reale da una simulata. Vederti star male mi uccideva più che starti lontano, poiché mi poneva davanti alle terribili conseguenze di quel che avevo fatto e a cui non c’era rimedio. Avrei voluto stringerti ancora, dirti che per te ci sarei sempre stato e che tutto sarebbe andato bene, ma niente andava più bene da quando eravamo separati. Il tempo non leniva le ferite, aumentava solo la consapevolezza del nostro distacco e di quanto fosse inutile fare marcia indietro, poiché ci avrebbe riportati a quella situazione da cui cercavamo di fuggire. Così stringevo le mani e serravo le palpebre, scacciando l’immagine della tua malinconia e ripetendomi che non potevo aiutarti, non io, non in quel modo. Ero andato troppo oltre e questo era il prezzo da pagare, l’impossibilità di essere per te la salvezza da quel baratro in cui avevo gettato entrambi.

Solo durante le riprese, quando mi veniva imposto di darti quelle stesse attenzioni che trattenevo tutto il giorno, potevo essere davvero me stesso. Riversavo nei baci finti e nelle carezze innocenti tutto l’ardore che la tua vicinanza mi provocava, sentivo i tuoi nervi rilassarsi e il tuo lato fragile farsi strada sotto il guscio, quello che in fondo hai sempre condiviso con Emma. Forse è per questo che abbiamo ceduto, poi: nessuno reggerebbe a lungo una situazione simile, fingere di non desiderarsi e poi fingere di farlo quando in realtà già lo fai, si rischia di impazzire. Non so chi dei due sia caduto per primo, in questo caso; so solo che la prima volta in cui ci siamo ritrovati da soli, la prima in cui credevamo di potercela fare, abbiamo fallito. In un attimo avevo di nuovo il tuo capo contro la mia spalla, sistemavo le tue ciocche dietro un orecchio e tornavo pienamente a respirare.

Mi dispiace, Colin. So che dovrei starti lontana, ma non ci riesco. Ho bisogno di te.

Le tue parole, intrise di un senso di colpevolezza che non avrebbe dovuto appartenerti, mi convinsero a una decisione che avrei dovuto prendere molto tempo prima, da quando quell’insensata separazione aveva avuto inizio. Non era giusta, non era onesta, ma era l’unica accettabile: almeno finché avessimo continuato a frequentarci, non ti avrei più lasciata andare. Se il lavoro mi imponeva di starti vicino, allora l’avrei fatto fino in fondo, senza mezze misure impossibili da tollerare. Quel che sarebbe successo dopo non m’importava, avrei lasciato scegliere a te se rincontrarmi o separarci per sempre.

Jennifer.

Per la prima volta ho pronunciato il tuo nome vero, quando ci siamo riuniti dopo settimane di distanza. Sotto di me, i tuoi occhi si sono spalancati mentre comprendevi quel che avevo fatto, per un attimo ho temuto che scappassi via. Ma poi, hai sorriso e ti sei lasciata di nuovo andare, avvicinando le labbra al mio orecchio e sussurrando a tua volta il mio vero nome. Era finito il tempo di nascondersi dietro un personaggio, perché noi non stavamo recitando, non lo facevamo più da molto. Quello che stavamo commettendo non era bello né esente da peccati, ma era reale: come il rapporto che ci univa, come l’intesa e la straordinaria chimica che migliaia di sconosciuti riuscivano a notare.

Oggi è un giorno come tanti, uno di quelli migliori in cui mi sveglio trovandoti accanto a me. Le persiane sono chiuse, naturalmente, ma un raggio di sole annienta quella barriera e finisce sulla tua schiena, sui tuoi capelli dorati, sul tuo volto angelico ancora addormentato. Resto qui a posarti lievi baci sulla fronte, in quel tempo indefinito che divide la notte dai nostri prossimi doveri, e a chiedermi una volta ancora – ho perso il conto, ormai – cosa provo davvero per te. È troppo facile dirsi ti amo, tutto il mondo lo dice, ma quanti sanno realmente cosa significa? Non è solo desiderio, non è passione, non è neppure sinonimo di voler bene. Se amare vuol dire mettere la tua felicità davanti alla mia, aver ceduto una seconda volta non per debolezza, ma perché tu ne avevi bisogno, allora io ti amo, Jen. Amo ogni tuo dettaglio, ogni difetto, la tua pelle troppo bianca e le lentiggini che ti cospargono le guance e il naso. Amo le pieghe ai lati della tua bocca, le curve delicate dei tuoi fianchi, i capelli che i tuoi fan credono perfetti ma che non lo sarebbero senza l’aiuto del parrucchiere, ed io lo so. Amo il tuo sorridere alla vita, quel trovare il lato migliore nelle cose più stupide e la tua fiducia nelle persone, immutata nonostante in troppi abbiano osato ferirti. Amo l’attaccamento che hai per la famiglia, per i veri amici, per tutti coloro che ti ammirano e di cui non conosci neppure il nome. Amo la tua fissazione per le foto, per il caffè, per le serate in cui si beve e si ride dimenticando qualsiasi dolore. Amo la passione con cui ti dedichi al lavoro, l’intensità con cui interpreti le emozioni di Emma e riesci a farle tue, ricollegandole a quelle che hai provato. Amo tutto questo di te, ma non lo dirò mai, né pretenderò di sapere se anche tu mi ami. Non posso farlo, perché sarebbe l’ennesimo errore, un altro limite che non devo permettermi di varcare se voglio salvare te e la mia famiglia. Desidero che tu abbia ciò che meriti, un legame indissolubile come quello dei tuoi genitori che cerchi da tutta la vita, e che non posso essere io a darti, anche se ti amo. Forse sei davvero la mia anima gemella, nata dall’altra parte dell’oceano e incontrata troppo tardi, ma questo significa soltanto che sarà più difficile rinunciare a te quando verrà il momento; sarà l’ultima prova, la dimostrazione finale di dove questo amore saprà spingersi.

Finirà tutto con il termine della serie, ce lo siamo ripromesso. Forse Uncino ed Emma avranno il loro lieto fine, ma noi non otterremo mai il nostro; perché la vita non è una favola, le streghe e i sortilegi sono più difficili da sconfiggere quando risiedono dentro di noi, nei nostri sbagli e nelle nostre debolezze. Quando smetteremo di incontrarci sul set non avremo più scuse per perpetuare nell’errore, attraversare l’oceano con il solo scopo di vedersi renderebbe insopportabile il peso della colpa, schiaccerebbe le nostre coscienze al punto da distruggerci. Ma quel momento è ancora lontano, l’entusiasmo con cui siamo acclamati fa sperare in una collaborazione duratura che non finirà domani, né tra sei mesi o tra un anno. Per questo mi concedo di non pensarci, abbasso il viso sulla tua nuca e sorrido quando sento che ti stai svegliando, mentre ridi sul cuscino per via del solletico e penso che c’è ancora un nuovo giorno da trascorrere insieme. Un altro, intero giorno in cui ti amerò con tutta la forza che ho dentro, sarò il tuo amico e il tuo sostegno e la tua allegria, sarò tutto quello che serve per farti star bene. Bramerò il tuo profumo e il verde mare dei tuoi occhi come un vero pirata brama l’oro, attendendo con pazienza che tu mi conceda di perdermi in essi. Farò questo e molto altro, oggi e per tutti i giorni a venire, fino a quando la scena conclusiva si chiuderà sul nostro ultimo bacio.


Note:

Ok, credo che a questo punto un paio di note siano d’obbligo, soprattutto per chi dovesse già conoscermi come autrice. Innanzitutto, che cosa ci faccio in questa sezione? XD Ho sempre scritto su un fandom diverso e non credevo che sarei mai approdata su altri lidi, ma la cosa più incredibile non è questa, no… La cosa incredibile è che fino a poco tempo fa, non dico che ero contraria alle RPF, ma diciamo che non ne capivo il senso. Trovavo assurdo e anche un po’ irrispettoso fantasticare su persone reali, che potrebbero persino offendersi se sapessero quello che facciamo, per cui non mi sarei mai sognata di pubblicare una storia del genere. Ma poi, beh… Ho conosciuto questi due e sono totalmente impazzita per loro, dentro e fuori dal set. Non li conosco personalmente eppure li amo, qualunque cosa siano nella realtà, hanno uno dei rapporti più belli di cui sia mai stata testimone. A quel punto l’ispirazione è volata da sé, non sono riuscita più a fermarla ed è nata questa piccola ff. Una volta che l’ho scritta, mi sono quindi detta “beh, sai che c’è di nuovo? EFP mi permette di pubblicarla, quindi lo faccio. In fondo, i diretti interessati non lo sapranno mai, e nella remotissima ipotesi in cui lo venissero a sapere (sì, sento le vostre risate fin qui :D) non esiterei a cancellarla subito, proprio perché li amo troppo”. In conclusione, questa piccola follia è a vostra disposizione. Spero possa piacervi quanto a me è piaciuto scriverla, in caso contrario sentitevi liberi anche di criticarla ;)
Ah, ultima cosa: se capitassero altri scrittori/scrittrici “colifer” su questa pagina, sappiate che ho letto le vostre storie e le adoro TUTTE, dalla prima all’ultima, anche se non le ho recensite perché sono una persona orribile (del resto shippo coppie non shippabili, sigh…) Per favore, continuate a scrivere su di loro anche se è sbagliato, è un vero toccasana per chi ogni tanto necessita di sognare. Grazie a tutti e auguri di buon anno!

   
 
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