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Autore: TaliaAckerman    02/01/2015    3 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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24








Sephirt rimase in piedi ancora per qualche istante.
Non tentò nemmeno di estrarre il coltello dal proprio corpo. Era troppo sbalordita, troppo esausta, troppo vicina alla morte.
Gala continuò a guardarla senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso, fissando il sangue che sgorgava dalla ferita nella schiena che lei stessa le aveva inferto.

– State indietro – aveva semplicemente ordinato - col fiatone - a coloro che avevano tentato di farsi avanti per aiutarla. – Non dite a nessuno ciò che avete visto.

Aveva sperato di parere perentoria mentre pronunciava quelle parole, e forse ci era riuscita dal momento che quella decina scarsa di uomini e donne le aveva voltato le spalle, affrettandosi ad allontanarsi.
Alla fine, anche l’ultimo briciolo di forza sembrò abbandonare le membra della strega nordica, e Sephirt crollò a terra come una bambola di pezza.
Mio dio… oh mio dio… La ragazza si soffermò sul volto della donna: gli occhi erano chiusi, ma un rivolo di sangue continuava a scorrere dalla bocca verso la gola, costituendo un immagine macabra e inquietante. Il suo corpo era immobile. Gala tentò di chinarsi per controllare che il battito del suo cuore fosse cessato, ma il dolore che la tormentava dalla testa ai piedi glielo impedì. Probabilmente lo schianto contro la parete le aveva procurato parecchie fratture e ossa rotte, perché a stento riusciva a muoversi. Quell’ultimo sforzo per impedire a Sephirt di uccidere Jel le era costato quasi tutto. In ogni caso, non udiva nulla, né vita, né un qualunque rumore.
Sephirt era morta. Lei l’aveva uccisa, salvando Jel dalla medesima sorte.
Jel!
Con un tuffo al cuore Gala si chinò sul corpo semisvenuto dell’amico. Represse un brivido d’orrore nel vedere la pelle della schiena brutalmente ustionata, ma il sollievo per il fatto che fosse ancora vivo fu più forte. Il mago la guardò con occhi stanchi, ma anche grati e in parte attoniti.

– Gala… ma… ma… eri morta…

Malgrado il dolore e l’ansia, lei scosse la testa con un piccolo sorriso. – Ci vuole ben altro per uccidermi – rispose, pur sapendo di risuonare ridicola, banale e infantile, cosa che al momento non le importava.
Aiutò Jel a mettersi seduto, poi mormorò:- Dobbiamo andarcene. Ce… ce la fai a camminare?

Jel scosse la testa, tossendo. – Non credo, mi dispiace. La… la mia schiena…

Molti uomini stavano tornando, chi a mani vuote, chi reggendo ampi catini pieni d’acqua. L’incendio.
Presto la folla sarebbe aumentata, e loro dovevano approfittarne per fuggire.

– D’accordo allora – esordì mentre qualche coraggioso, nel vociare generale, si faceva avanti ed entrava nella casa semi distrutta di Ftia per tentare di spegnere l’incendio dall’interno. – Leviamoci di qui, cerchiamo un riparo e aspettiamo che la confusione diminuisca, d’accordo?

Jel annuì a fatica. Anch’ella dolorante, Gala lo afferrò per i fianchi e lo voltò a pancia in giù – se non altro la schiena ferita non sarebbe strusciata sulla strada – poi gli prese alla bell’e meglio le caviglie e, con un ultimo sforzo, cominciò a trascinarlo via.
Voltandosi un’ultima volta vide sbalordita un paio di uomini accaldati e sporchi di cenere che trasportavano fuori dalla casa il cadavere ancora integro di Ftia. Vederlo ancora le portò un terribile groppo alla gola, e la ragazza non riuscì a trattenere le lacrime; quella notte avevano oltrepassato ogni limite.

- Dove sono i due ragazzi? – udì esclamare qualcuno. – La donna rossa è ancora qui, ma gli altri…?

In fretta e furia svoltò un angolo, si fermò un attimo a prendere fiato e poi riprese ad avanzare.

– Aspetta – la fermò Jel ad un tratto. – Posso… posso provare a camminare se vuoi…

- Jel…

- Posso farcela – lui sorrise, tentando di sembrare incoraggiante, atto di cui lei fu infinitamente grata. Sorreggendolo come poté lo aiutò a rimettersi in piedi, ed entrambi zoppicarono via. Il dolore in tutto il corpo – unito alla coscienza pesante come piombo – stava per avere il sopravvento quando la strega adocchiò un piccolo spazio nascoso sotto il portico di una casa.

– Nascondiamoci lì – disse in un soffio, cercando di impedire che Jel stramazzasse a terra lo condusse da quella parte. Parecchie decine di metri dietro di loro si scorgeva ancora un pesante bagliore rossastro, segno che l’incendio non era ancora stato domato.
Incrociarono un paio di persone che, allarmate, percorrevano la via nella direzione opposta alla loro, ma erano tutte troppo prese dal pericolo per accorgersene. Passarono relativamente inosservati, fino a raggiungere la nicchia sotto le scale in pietra che conducevano alla porta di un’abitazione un po’ più imponente delle altre. Si sedettero, e Gala trattenne un gemito di dolore. Vide Jel appoggiare la testa alle fondamenta di pietra, il volto contorto in una smorfia sofferente, ma non seppe come aiutarlo. Ora come ora, non sarebbe mai riuscita a trovare la giusta concentrazione per un incanto di guarigione. La ragazzina chiuse gli occhi, per impedire alle lacrime di scenderle copiosamente sulle guance. Non riusciva più a modulare il respiro, aveva troppa paura. Aveva ucciso. Aveva ucciso qualcuno per la prima volta… A Jel era già capitato di farlo per necessità, e due volte. Ma a lei no. E nel momento in cui aveva trapassato Sephirt da parte a parte aveva agito d’istinto, aveva dovuto farlo ma…vedere la donna accasciarsi a terra esanime, consapevole di essere lei la causa di ciò, l’aveva inorridita.
Ma… ma perché? Perché è dovuto succedere?

- Gala…- anche se stava soffrendo terribilmente, Jel continuava a mantenersi lucido. – Gala, qui non siamo al sicuro. Chiunque potrebbe vederci, dobbiamo andar via…

- E dove? – ribatté lei con un pizzico di disperazione. – Finché rimaniamo in circolazione da queste parti chiunque potrebbe riconoscerci… - fece per puntellarsi sul piano di terra battuta dove era appoggiata, quando avvertì qualcosa: una specie di piccola fessura. Che fosse…?

-Jel, spostati – ordinò. – Credo di aver trovato una botola!

Tastarono il terreno freneticamente, e quando alla fine la ragazzina vide Jel afferrare un sottile anello di ferro esultò mentalmente. Se fossero riusciti a nascondersi sottoterra avrebbero potuto riprendersi un po’, riposare senza essere visti…

- Aiutami a sollevarla – fece Jel ammiccando alla botola. – Non ce la faccio da solo.

Unendo gli sforzi riuscirono a tirare su il pesante pannello di legno; Gala guardò in basso con occhio critico. – Sembrerebbe una specie di cantina…- dichiarò, e Jel rispose. – A-andrà benissimo. Forza, caliamoci.

Non era un balzo particolarmente profondo, e con qualche difficoltà Gala riuscì ad atterrare in posizione eretta. Udì le proprie gambe scricchiolare orribilmente. Dopo aver richiuso la botola, Jel non fu così fortunato; nel momento in cui toccò terra le sue gambe cedettero, e il mago ricadde bocconi in avanti, sbattendo il volto.
– Jel!- esclamò lei spaventata, sollevandogli delicatamente la testa.

– Jel…- ormai la ragazzina non riusciva più a frenare il pianto. – Jel, ti prego non morire…

Il mago sorrise stancamente. – Non… non morirò, Gal….- la voce, così debole da essere ridotta a un sussurro, avrebbe suggerito il contrario, ma lei aveva il disperato bisogno di aggrapparsi a quelle parole. – Devo… devo solo… riposare…

- C-certo – Gala annuì. Con le ultime forze che le rimanevano spostò l’amico lontano dall’ingresso della cantina e lo adagiò accanto al muro. – Ce la puoi fare, va bene? Abbiamo tutto il tempo che… che vogliamo. Io sarò qui accanto a te.

- Gala…- mormorò il giovane stremato. – Gala, questa volta… questa volta… sei stata tu a salvare me. – Chiuse gli occhi e la sua testa ricadde all’indietro. Gala sorrise amaramente.
Poi scoppiò in lacrime.

                                                                        ***

Rimase con la testa appoggiata alle parete per ore ed ore. Lì accanto a Jel, tenendogli una mano. Giurando a se stessa che per nulla al mondo l’avrebbe abbandonata finché non si fosse svegliato. Aveva periodicamente appoggiato l’orecchio al suo petto per controllare che respirasse ancora. Aveva tentato di cogliere un qualsiasi rumore proveniente dall’esterno, sperando che a nessuno venisse in mente di andare laggiù a cercare una bottiglia di vino a quell’ora della notte. Aveva dormicchiato, aveva pianto, tentando di sopportare il dolore che le percorreva tutto il corpo. Solo quando la luce mattutina cominciò a filtrare dalle fessure della botola in alto decise che era arrivato il momento di fare qualcosa. Dopo aver tirato un profondo respiro distese le braccia per stiracchiarle, ma la fitta atroce di dolore che percepì lungo l’avambraccio sinistro le suggerì che probabilmente aveva qualche osso rotto in quel punto. Grazie al cielo non c’era traccia fratture esposte, ma faceva incredibilmente male comunque.
Avanti, Gala. Tu sei sempre stata brava con gli incantesimi di guarigione. Forza. Se vorrai pensare a Jel prima devi sistemare te stessa…
Esistevano diverse formule per curare danni di ogni natura, ma una volta il maestro Camosh le aveva insegnato che la migliore – e anche abbastanza semplice – per riparare ossa spezzate era l’incanto Diathim. Personalmente Gala si era mai imbattuta nella necessità di applicarlo, ma in quel momento le pareva la scelta migliore. D’accordo. Ce la puoi fare.
Poggiò delicatamente la mano destra sul braccio dolorante e tentò di liberare la mente. Sapeva che per usare al meglio una qualsiasi formula di guarigione era necessario lasciare spazio a sensazioni positive, di benessere e buona disposizione. E soprattutto essere sicuri di ciò che si stava facendo.
Beh, la strega non si era mai trovata in una situazione tanto paradossale.
Si concentrò tanto quanto il dolore le permettesse.

Diathim… - sussurrò morbidamente. Un piacevole calore le percorse la mano, ma le fitte non accennarono a diminuire. Non importa. Continua…

- Diathim…
- Il calore raggiunse anche il braccio rotto, e parve espandersi in tutta la sua lunghezza. Gala continuò a ripetere la parola per molti interminabili istanti, finché non avvertì di sentirsi meglio. Sì! Ce lo fatta!
Provò a muovere le dita e poi a piegare il braccio; era ancora un po’ indolenzito ma decisamente meno rispetto a prima. Riusciva a muoverlo senza fatica. Si rialzò e il dolore alla schiena le suggerì di continuare da lì. Ponendosi entrambe le mani sui fianchi, speranzosa ma con il cuore in gola, e ripeté l’operazione. La sua fiducia crebbe man mano che gli spasimi abbandonavano il suo corpo, che le sue membra riacquistavano forza e stabilità. Alla fine, dopo che si fu occupata anche delle gambe, che pur avendo un aspetto critico non avevano riportato danni troppo gravi, mosse qualche passo di prova. Non si sentiva esattamente come nuova ma decisamente in forze, molto più di prima.
Ora però doveva pensare a Jel.
Da quanto aveva visto il giovane era messo ancora peggio di lei, e la schiena ustionata pareva essere molto grave. Gala decise che sarebbe partita da lì.


                                                                        ***


Quando Jel riaprì gli occhi, per prima cosa si rese conto di essere prono, disteso su di un freddo pavimento di terra battuta. La seconda cosa a cui pensò fu il perché non avesse subito prestato attenzione al proprio dolore. La risposta arrivò quando, cautamente, con una mano si tastò la schiena ferita. Trattenne a stento un’esclamazione di sorpresa. Appoggiò le nocche a terra e si mise in ginocchio. Attorno a lui c’erano diversi scaffali colmi di contenitori e bottiglie, e a terra diverse botti di legno. Ma dove sono?
D’un tratto ricordò: lui e Gala si erano calati in quella cantina dopo lo scontro con Sephirt per ripararsi e riposare, ed evidentemente lui aveva perso i sensi per un bel po’. Ma allora… allora era stata Gala a curarlo?
La vide pochi secondi dopo, mentre riemergeva da dietro uno scaffale reggendo in mano una bottiglia di vino. Nel vederlo sveglio gli occhi le brillarono. – Jel!- esclamò la ragazzina, e poco mancò che lasciasse scivolare il contenitore a terra. – Dio mio, finalmente!
Si vedeva che moriva dalla voglia di correre ad abbracciarlo, ma tentò di trattenersi. Jel sorrise piano, poi le chiese:- Sei stata tu a fare questo? – si indicò la schiena.

Gala arrossì e rispose:- Io… ecco… io ci ho provato. Forse non ho fatto proprio un ottimo lavoro ma…

- Sei stata straordinaria!- esclamò lui, grato. Era davvero incredibile: se ripensava a quanto fosse stato atroce il dolore mentre si calava dentro la botola…

- Grazie – rincarò. – Grazie mille.

Gala pareva in parte fiera e in parte imbarazzata, e per aviare il discorso Jel lanciò un’occhiata alla bottiglia che l’amica teneva in mano. – E quella?

- Beh…- rispose lei un po’ rossa in viso. – Ho pensato che… insomma, il proprietario non ne avrà poi così a male, no? È una sola…

- Hai fatto bene – ribatte è lui. Dopotutto avevano bisogno di bere e mangiare qualcosa se volevano rimettersi in forze per affrontare il viaggio che li avrebbe condotti a Città dei Re. – Anzi, prendi tutto quello che riesci. Dobbiamo prendere provviste.

Per un attimo Gala lo guardò attonita, ma poi annuì senza fare storie. – Vuoi già ripartire, quindi?

– Appena sarà possibile – rispose Jel facendosi cupo. In effetti l’idea di rubare tutto quel cibo lo faceva sentire terribilmente in colpa, e ancora di più lo agitava il pensiero di continuare il loro viaggio. Non tentò nemmeno più di dirsi che sarebbe andato tutto bene; tutte le volte che l’aveva fatto alla fine aveva dovuto ricredersi amaramente.
Facendo piano si rialzò e si avvicinò alle dispense, afferrò il primo sacco che adocchiò e cominciò a raccogliere provviste conservabili: pane, marmellate, frutta, formaggi secchi, bottiglie e piccoli otri, mentre Gala faceva lo stesso.

- Direi che può bastare - disse alla fine. – Dovrebbe essere abbastanza per il viaggio fino a Città dei Re.

– Va bene, come vuoi – concordò Gala.

Stapparono una prima bottiglia di vino e, sforzandosi di sorridere, brindarono ironicamente alla loro guarigione. Poi Jel, dopo aver riflettuto, propose:- È meglio che uno di noi due prima di andare controlli se c’è via libera. E… dobbiamo controllare se i cavalli siano ancora dove li avevamo lasciati – Le speranze erano poche, ma tanto valeva tentare.

- Vado io – si offrì subito Gala, al che Jel la guardò stupito. – Tu sei troppo debole, non devi rischiare subito – continuò la strega tentando di apparire sicura.

Dopo poco il Consigliere concordò:- Va bene, vai. Ma fa’ attenzione. Probabilmente le guardie cittadine sono state informate e ci staranno cercando. Renditi disillusa, la bene?

- Certo – la ragazza annuì tesa. Si avviò verso l’ingresso della botola, ma prima che uscisse il mago la fermò:- Senti, Gala… per quello che è successo ieri… mi dispiace. Non avrei mai voluto costringerti a fare quello che hai fatto. Ma sei stata incredibilmente coraggiosa.

– A-anche tu – rispose lei con voce tremula, e il giovane vide il suo sguardo farsi addolorato. Era ancora visibilmente turbata. Lui le sorrise per incoraggiarla. – Dai, ora vai. Ce la possiamo fare.

Mentre attendeva che l’amica facesse ritorno, Jel si sedette contro il muro e rifletté su quanto era accaduto. Il duello con Sephirt era stato qualcosa di talmente folle che ancora stentava a crederci. Era pazzesco che fossero ancora vivi, pazzesco che se la fossero cavata. E Gala aveva ucciso Sephirt. Incredibile ma vero, Gala aveva ucciso qualcuno. Era terribile, certo, ma Jel gliene era enormemente grato: se non l’avesse colpita, in quel momento probabilmente sarebbero stati entrambi morti. Affondò il volto tra le mani, combattuto tra l’angoscia e il sollievo. Ora che ci pensava, forse, mandare Gala in avanscoperta non era stata una grande idea: avrebbero potuto rendersi disillusi entrambi e andare a cercare i cavalli insieme. Stavano solo perdendo tempo. Ma ormai era fatta, si disse Jel scuotendo la testa scoraggiato, bastava che Gala facesse attenzione e tornasse in fretta. Dovremmo presentarci a corte e raccontare tutto quanto al maestro Ellanor, gli suggerì una vocina nella sua testa. La segretezza è andata bene fino a un certo punto. Ora avete bisogno d’aiuto. Ci aveva pensato, in effetti; forse sarebbe stata una buona idea confidare la loro situazione ad un uomo di cui si fidavano, in modo da essere assistiti. Potevano chiedere una scorta, qualcuno che viaggiasse con loro e li proteggesse. E in più avrebbero anche potuto rimediare nuovi mantelli e spille…
No, si redarguì. Non sappiamo nemmeno se il maestro Ellanor sia davvero qui nella capitale, e a palazzo nessun altro ci conosce… Considerando che probabilmente al momento erano entrambi ricercati per omicidio, non sarebbe stato saggio presentarsi alla residenza reale senza prove della loro innocenza e del fatto che fossero Consiglieri. Se Ellanor fosse stato presente avrebbero potuto spiegare tutto, ma altrimenti…
Al mago venne anche in mente di avere mantello e camicia quasi completamente distrutti. Non poteva affrontare il viaggio verso nord-est in quello stato. Si guardò intorno, frugò fra i vari scaffali sul retro cercando fra il resto un qualche provvidenziale indumento, ma niente. Accidenti… Estrasse il sacchetto delle pietre da una tasca e si assicurò che fossero ancora al loro posto, poi si levò di dosso ciò che restava dei suoi vestiti e gli venne in mente che forse poteva sistemarli con la Magia. – Va bene…- mormorò. – Proviamoci.
Aveva appena finito di rattoppare alla meglio i brandelli di stoffa quando udì del movimento all’esterno. Rinfilandosi in fretta i vestiti temette per un attimo che fosse il proprietario della cantina che scendeva per prendere qualcosa, ma quando vide la figura di Gala se si calava all’interno tirò un sospiro di sollievo.

- Allora? – la incalzò. – Com’è la situazione?

- I cavalli sono spariti, mi dispiace – rispose lei scuotendo la testa. – Devono averli portati via. E… la strada di Ftia è sorvegliata da diverse guardie cittadine, sei o sette. Ce ne sono anche ai capi di questa strada, ma se ci rendiamo disillusi dovremmo passare inosservati…

- Bene allora. Sei pronta ripartire?

Anche se la sua espressione avrebbe suggerito il contrario, Gala fece un cenno affermativo con la testa, poi però chiese:- Ma… come facciamo con i cavalli? Non possiamo raggiungere Città dei Re a piedi…

- Andremo da Kor – rispose il giovane d’istinto. – Lo convinceremo a prestarci un altro paio di cavalli. Se gli sono stati riportati quelli vecchi potremmo persino reclamarli. E altrimenti… li prenderemo, in qualche modo – tagliò corto. – Dai, vieni.

Si caricarono in spalla i sacchi con le provviste e, dopo essersi applicati l’incantesimo della disillusione uscirono cautamente in strada. Nel massimo silenzio possibile percorsero diverse vie in direzione nord-est, sempre facendo attenzione a mimetizzarsi e a non farsi notare dalle guardie. Jel ricordava abbastanza bene la strada per raggiungere l’allevamento di Kor, e dopo circa mezz’ora riuscirono a raggiungerlo. Si resero nuovamente visibili. – Mi raccomando, rimani calma – avvertì Gala. – Non credo sappia che siamo ricercati, ma in ogni caso tu non perdere la testa. Non usare la Magia, d’accordo? Lascia parlare me.

Bussarono alla porta, e quando Kor venne ad aprire Jel trattenne un sorrisetto amaro; il giovane contadino era esattamente identico alla prima volta. Già, mentre loro rischiavano la vita e si facevano in quattro per Fheriea lui, come molti altri, era rimasto lì. Tranquillo. Ignaro. A curarsi dei propri affari.

– Salve Kor – esordì il mago sorridendo. – Siamo… siamo di nuovo noi.

- Mi dispiace, andate via –la repentina reazione del ragazzo li stupì non poco.

Jel mise un piede fra la porta e lo stipite per impedirgli di sbattergliela in faccia.

– Ma che succede? Siamo solo noi. Siamo qui per recuperare in nostri cavalli…

- Voi siete ricercati, non lo sapete? – rispose Kor nervosamente. – Le guardie cittadine vi danno la caccia. Ho saputo di Ftia – si schiarì la voce. – Una faccenda terribile. Io non… non dovrei nemmeno parlare con voi… Dovrei dire tutto alle autorità…

Jel se l’era aspettato. – Senti – tentò di tranquillizzarlo poggiandogli una mano sulla spalla. – Qualunque cosa tu abbia sentito, non è andata in quel modo. Non siamo persone pericolose. Abbiamo solo bisogno dei nostri cavalli, sempre se te li hanno già riportati. Poi ce ne andremo. Tutto quelli che devi fare è darci le nostre cavalcature. Ora.

- Io non credo sia una buona idea – ribatté Kor, e ora nella sua voce si leggeva ben più che semplice disagio. – Andatevene via.

Tentando di mantenere la calma e sperando che Gala facesse altrettanto, Jel respirò profondamente. – Per favore, Kor, non costringerci a prenderceli con la forza. Non vogliamo farti del male, ma si tratta di una faccenda importante. Se tu ci ridai i nostri cavalli e non spifferi niente alle guardie non ci rivedrai mai più, vero Gala?

- Certo che no – concordò lei in tono calmo. Guardò l’allevatore con occhi dolci. – Per favore, fallo per noi… poi toglieremo il disturbo.

Kor sembrò pensarci ancora un attimo, poi cedette.
– E va bene. Dopotutto quei cavalli sono vostri. Ma poi… dovete sparire, chiaro? Non voglio guai.
Jel e Gala si scambiarono un sorrisetto, poi lasciarono che il ragazzo li conducesse ai cavalli. – Me li hanno riportati stamattina, hanno detto che erano stati legati ad un porticato. Beh… buona fortuna.

Sembrava essere ansioso di lasciarseli alle spalle, perché non appena i due furono montati in sella si voltò e si allontanò a grandi passi verso la casa.

- Andiamo, Gal?

L’idea di ripartire così presto non gli piaceva, ma dopotutto Sephirt era morta, no? Non c’era più nessuno sulle loro tracce, se non altro non nello Stato dei Re. Lasciatisi alle spalle Tamithia le guardie cittadine non sarebbero più state un problema.
Vide l’amica annuire un po’ insicura, e anche lui deglutì. Prendiamo questa maledetta Pietra. Colpirono con le staffe i fianchi dei cavalli e, decisi, partirono.
Fuori Tamithia non imboccarono la Grande Via, bensì si diressero verso i campi appressi ad essa – non volevano passare in luoghi troppo trafficati – e spronarono i cavalli al galoppo. Jel aveva tutta l’intenzione di concludere quel viaggio il prima possibile. Mentre cavalcava, si voltò un’ultima volta verso Tamithia, verso quella splendida città che per loro era stato teatro di così tanti avvenimenti.
Non pianse nemmeno una volta per la morte di Ftia, eppure comprese che non avrebbe dimenticato tanto in fretta la sua fine. Era anche colpa loro se era morta. Se non l’avessero coinvolta in tutta quella storia al momento sarebbe stata ancora viva e vegeta, probabilmente, a cacciare e a fare le cose di tutti i giorni. Ma aveva commesso il terribile errore di fidarsi di Sephirt, che alla prima occasione l’aveva uccisa senza pietà. Se non altro non dovrai saldare nessun debito.
Si stupì di risultare così cinico. Quell’esperienza lo stava davvero cambiando in modo feroce. Eppure, lo sguardo atterrito della cacciatrice un attimo prima che la strega le tagliasse la gola… il mago si morse il labbro. Agghiacciante.
Si sforzò di non pensarci, ora doveva rimanere concentrato sulla missione: da quello che aveva sentito dire da Theor, la Pietra del Nord era nelle mani di un certo Malcom Shist o un certo Peterson Cambrel. Ma chi erano? Erano persone conosciute o no? La cosa migliore sarebbe stata chiedere informazioni in giro, una volta a Città dei Re. Poi si sarebbero recati al Palazzo Reale e si sarebbero fatti riconoscere dal Re o da qualche maestro. A quel punto avrebbero potuto unirsi al convoglio del sovrano che li avrebbe condotti fino a Grimal per consegnare le Sei Pietre al Consiglio.
Era incredibile. Quella volta, il loro viaggio stava per finire per davvero.








NOTE:

Eccomi qui, per una volta puntuale! Il capitolo è un po' di transizione ma spero vi sia piaciuto comunque.
Che bello, stasera vado a vedere per la
seconda volta Lo Hobbit 3 quindi sono euforica :D
Non so ancora bene quando riuscirò ad aggiornare ma credo che eviterò ritardi troppo grandi, o almeno spero. Ringrazio Edvige che ha gentilmente recensito lo scorso capitolo e chiedo a tutti di fare lo stesso con questo, se avete voglia ;) Alla prossima,
TaliaFederer
  
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