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Autore: Matih Bobek    02/01/2015    2 recensioni
Brevi ma intensi spaccati di vita familiare ambientati nei giorni nostri. Simpatici, allegri e solari, questi piccoli racconti vertono su una voce narrante, il giovane figlio, nato e cresciuto nella periferia romana, e la protagonista indiscussa della casa, nonché della storia, la madre: personaggio stereotipato, a tratti assurdo, tanto da sembrare quasi... un alieno.
le storie affrontano, di volta in volta, momenti tipici della quotidianità familiare, prendendosi beffa, in modo ironico e sottile, dell'idea maschilista della donna casalinga.
Lo stile utilizzato è fresco, colloquiale, giovanile e numerosi sono i riferimenti alla cultura popolare, comunemente nota, al fine di rendere più partecipe il lettore.
All'interno del singolo episodio, i cambi di narrazione sono frequenti, pur mantenendo fissa la focalizzazione interna: ogni storia è costruita su uno schema fisso, che vede una breve premessa della situazione, in cui la voce narrante è direttamente coinvolta nel racconto, poi una dettagliata narrazione, da vicino, guidata da una seconda persona, per facilitare la personificazione, e infine il dialogo, in cui il narratore spesso interviene come voce fuori campo.
Spero che vi piacciano, o perlomeno che vi lascino un sorriso, e che lascerete consigli e opinioni, per me utili al fine di perfezionare stile, trama o personaggi.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Quando mia madre è assente per lavoro, sembra che la casa se ne renda conto. Noi certamente lo facciamo: cerchiamo di incollare insieme, pezzo dopo pezzo, ogni frammento di serenità; proviamo, con risultati piuttosto soddisfacenti, a ricostruire una realtà alternativa basata sul " I piatti li lavo dopo" e su "Il letto sfatto non è un crimine"; Facciamo del nostro meglio, senz'altro, ma non è facile: le sue manie psico-compulsive sono infettive, come una peste purulenta. E si diffondono a macchia d'olio. Noi però siamo testardi, e abbiamo diversi assi nella manica: quindi, quando il mostro non c'è, si riattribuisce ad ogni parte della giornata il suo significato. Cosa voglio dire? Semplice: per mamma la mattina equivale a "si rifanno i letti", "si passa lo straccio" ovunque, anche sui muri, "si fanno i bagni", ovviamente a digiuno, perchè la colazione non è importante secondo lei. Per noi terrestri, la mattina vuol dire alzarsi, anche alle dieci se necessario, e perchè no, se si vuole pure a mezzogiorno ( orario inconcepibile per lei, non sia mai, a mezzogiorno si pulisce la macchina del gas prima di usarla per cucinare!); dopodichè, si fa colazione: un caffettino, quattro, cinque, trenta biscotti, e poi ci si concede quell'oretta scarsa per prendere coscienza di essere svegli, e si inizia a fare ciò che deve essere fatto... ovvero oziare. Certo, questa formula vale solo durante le vacanze. Termine inesistente nel vocabolario di uno studente universitario. Purtroppo. Tornando a noi, dopo aver oziato, si cucina, si mangia, possibilmente dalle due alle tre, in compagnia di Futurama e dei Simpson, si fa finta di lavare i piatti, magari allagando la cucina, per scatenare quella reazione " Oddiononsaifarenemmenoipiattilaprossimavoltastaifermo", e poi si prova a studiare. Vi assicuro, abituati ai canoni del caporale, questa prospettiva non risulta così alienante. Anzi: è un'ideale lontano, il cui raggiungimento è ostacolato da una serie di fastidiosi fatterelli inevitabili. O meglio, di UN fastidioso fattarello inevitabile, l'unico legame tra l'aliena lavoratrice e noi mortali oziosi: il telefono. Quello strumento diabolico. 
Mettiamo, sei spaparanzato sul divano col telecomando in mano, e con aria assente guardi l'ennesima puntata di Dawson's creek, che ogni tanto mediaset, così, ex abrupto, decide di riprogrammare. E' pieno pomeriggio, fuori sembra novembre, anche se in realtà è pieno agosto; la coltre di nuvoloni neri mangia l'azzurro del cielo, e i corvi volano bassi, infestando i campi attorno a casa tua. Manca solo Tim Burton appollaiato sul trespolo, e sei apposto. D'un tratto, vieni violentemente respinto nella tua oziosa realtà dallo squillo del telefono. E' lei. Lo capisci da quel suono stranamente metalicco e ruvido, che si appiccica al sistema nervoso senza pietà. Ti alzi, con il terrore dipinto sul volto, allunghi la mano, afferri la cornetta, l'avvicini all'orecchio e rispondi: " pronto?"
" So cos'hai fatto!" Il cuore si ferma.
" ... Mamma?" 
" Sei stato tutto il giorno a poltrire!" 
" Mamma, che angoscia! Ma non stai lavorando?" Trova il modo di ossessionarci anche a distanza di chilometri.
" Sì, ti ho chiamato perchè qui piove; ero preoccupata..." Oddio! Non me l'aspettavo. Voleva assicurarsi che stessimo bene, si preoccupa per noi.
" Che cosa dolce mamma! Noi stiamo ben..."
" Ma mica per voi! Ero in pensiero per i panni!" Mi sembrava strano. 
" Ah... scusa, loro stanno bene... " Sono quasi geloso. Cos'hanno i panni che io non ho?
" Allora portali dentro che sta per diluviare!"
 Nel momento stesso in cui finisce di pronunciare la parola diluvio, il cielo viene squarciato da un fulmine e una secchiata d'acqua si riversa sul cortile.
" Eh, guarda, ha iniziato a piovere proprio ora!" Forse porta sfiga. Forse.
" ODDIO, PORTA SUBITO DENTRO I PANNI, ODDIO, SI BAGNANO, ODDIO!" è entrata in iperventilazione. 
"Forse non è chiaro mamma: sta diluviando, non posso uscire per prendere i panni." A meno che non ci sia una canoa nascosta nella cappa del camino. Ho sempre sognato di fare Pochaontas in gardino."
" SI BAGNANO I PANNI, NON FAI MAI QUELLO CHE TI CHIEDO, CHE TI COSTA USCIRE UN SECONDO SOTTO LA PIOGGIA, PRENDI L'OMBRELLO BLA BLA..." Dopo un po' diventano solo suoni... ci si abitua.
" Ma', non ci sono ombrelli utlizzabili." Ma anche se ci fossero...
" E ti copri con una tovaglia!" Cioè, secondo lei dovrei uscire sotto il diluvio universale, manco fossì Noè, con una tovaglia a quadri verdi e bianchi addosso, per raccogliere quattro stendini pieni di panni BAGNATI, perchè altrimenti si bagnano. Schroedinger, altro che gatto vivo/gatto morto, ti presento mia madre!
" Ok, ok esco, resta in linea!"
Ti copri con la tovaglia a schacchi, esci di corsa, metti dentro casa i primi tre stendini, poi trascini il quarto, quello sprovvisto di rotelle, troppo facile altrimenti; nel frattempo, tua madre continua a parlare da sola al telefono: si sentono le ulra sino dal giardino. La pioggia non ti fa vedere nulla, e la tovaglia ormai è zuppa; con fatica riesci a mettere dentro l'ultimo stendino, ma purtroppo, scivoli proprio all'ingresso. 
" Ma'... sono scivolato!"
" SI SONO SPORCATI I PANNI?"
" No no... mi sono tipo slogato la caviglia..."
" MA I PANNI STANNO BENE?" 
" ..." Senza parole " Ci vediamo dopo!"
" Dimmi solo che i panni stanno ben..." Telefonata chiusa. E giornata di totale ozio, rovinata.
   
 
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